A
dodici anni, la ragazza decise che il sesso era la cosa più
fantastica del
mondo. Non aveva esperienza diretta, né, ripensandoci,
desiderava averne già
avuta, ma le apparve chiaro, mentre prendeva il sole gentile di giugno,
che
desiderava a tutti i costi provare il piacere scuro che la
sessualità aveva da
offrire, come se fosse un buon frutto appena nascosto, appena fuori
dalla
portata della mano. Mentre le sue amiche sognavano di incontrare il
ragazzo
giusto al quale dare il primo bacio, la ragazza decise che quella
storia dell’amore
non faceva per lei, e che di innamorati ce n’erano
già tanti. Quello che la ragazza
voleva era il piacere. L’idea fu talmente folgorante che
decise di non farsela
scappare, e appena fu tornata a casa l’annotò con
cura, dicendo:
Caro
diario, oggi sono andata al mare coi nonni e mi sono messa a pensare
davvero a
quello che voglio fare della mia vita e tutte quelle cose lì
e ho capito che
sono pronta per fare sesso. Mi chiedo come deve essere. Non sto nella
pelle di
scoprire com’è avere qualcuno in quella maniera
lì. Se lo dicessi a qualcuno mi
riderebbero in faccia, oppure mamma metterebbe una mano davanti alla
bocca, sai
come fa lei, quindi lo dico a te, e ti ordino di scoppiare in fiamme se
qualche
impiccione cerca di frugare dentro di te.
Rilesse
quel pezzetto della sua mente migliaia di volte nel corso della sua
vita,
cercando di riafferrare quell’elementare gioiosità
che il tempo, e le vere
relazioni, e, alla fine, gli agognati rapporti, avevano seppellito da
qualche
parte assieme alla sua innocenza; e poi si diceva che forse erano
sempre stati
la stessa cosa.
Col
tempo la curiosa monomania sessuale di quei mesi soffocanti
d’estate s’affievolì,
e ne rimase un’educata curiosità, che sarebbe
divampata nuovamente quando
sarebbe arrivato il primo ragazzo, ma non quello giusto; anni dopo,
ancora
diciannovenne, e dopo la più grande e importante avventura
della sua vita, la
ragazza ripensò a quella storia, al ragazzo (quello giusto),
al momento (quello
sbagliato) e alla sfortuna e ai mutevoli casi della fortuna. Quindi
riprese in
mano quel diario, in cui aveva confidato quella prima pulsione dura e
sfacciata,
e cominciò a scrivere quella storia.