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Autore: subaku no temari    04/07/2010    2 recensioni
Minnaa! Salve, sono arrivata anche a questa sezione di EFP. Vi starete mettendo le mani nei capelli visto che vi propongo un'altra delle mie storie piene di 'fronzoli', come alcune persone sostengono. Ma io me ne frego e continuo a pubblicareX°°D Allora questa piccola oneshot racconta del compleanno di Alfred, un compleanno passato tra i ricordi ed il presente. Ad un certo punto fa la sua entrata in scena Arthur... Che accadrà? Leggetelo! Vorrei ringraziare la mia beta che mia ha dato la sua benedizione! (Y)
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel maledetto ripostiglio

 

 

 

 

Quel maledetto ripostiglio.

 

Una calda giornata di Luglio. Il quattro di Luglio. Ma perché proprio quel giorno Alfred aveva avuto lo schizzo di provare ancora una volta a ripulire il suo ripostiglio? In un vano tentativo di liberarsi del ciarpame ammuffito che risiedeva in quelle quattro mura piene di polvere. Ma quel ciarpame aveva con sé ricordi amarissimi, ricordi che odoravano di pioggia. Di quella pioggia bagnata di sangue, del suo e quello di Arthur. Ah. Arthur. Era un po’ che non sai faceva sentire alla sede degli alleati, soprattutto dopo l’ultimo tentativo di Francis di prenderlo in sposo, per puro piacere personale e per vedere la faccia dello stesso Alfred che premedita un attacco nucleare a Parigi. Aveva mantenuto a stento l’istinto di lanciargli contro il triplo Big Mac che stava ‘elegantemente’ ingurgitando, seguita dalla lattina di Coca Cola che aveva davanti a sé. Abbassò lo sguardo, guardando ancora la maniglia di quella porta di legno, quell’unica porta che odiava varcare nella sua amata casa statunitense. Prese a torturarsi nervosamente le labbra rossissime con i denti, e per poco non le fece sanguinare, mentre nella sua mente vagavano brucianti ricordi di un passato da gentiluomo, giorni ormai morti da secoli. Ma lui non aveva il British Style nel sangue, era un tipo più libertino e meno formale come il suo ‘fratellone’. Fratellone… Socchiuse gli occhi afferrando la maglia della porta ripensando a quella parola. In fondo non era mai stato VERAMENTE suo fratello, eppure c’era quello stesso legame che per secoli li aveva uniti, sino a qualche secolo prima, dove aveva completamente rinnegato le sue origini in una sguaiata battaglia per la libertà dalla Madrepatria. Deglutì spalancando la porta, notando cumuli e cumuli polvere venir giù dalla porta come se fosse neve. Neve in pieno Luglio? Scosse la testa abbozzando una risata, mentre sfilava delicatamente gli occhiali rossi dal naso e li puliva sulla t-shirt su cui era impressa un’immagine di una bimba con in mano una lattina di Coca Cola. S’inforcò malamente gli occhiali sul naso, avendo una visuale più chiara di quello che lo aspettava, anche se era ancora semi-sfocato a causa della troppa polvere che aleggiava in quel momento nell’aria già malsana della stanza. Poggiò una scatola piena di vecchie carte e trattati risalenti ai primi decenni del sedicesimo secolo sul tavolo impolverato, guardando poi la piccola stanza, che sarà stata cinque metri per tre, piena zeppa di roba, da piccoli soldatini di legno a un fucile scheggiato. Deglutì guardando quell’ultimo e avvicinandosi per toccarlo, solcando quell’enorme graffio nel legno di pioppo che aveva l’arma da fuoco. Deglutì sentendo come se quella ferita fosse trasferita nel suo corpo, nel suo cuore. Ma un eroe, come lui sosteneva di essere, non poteva farsi distruggere da un evento passato, per quanto doloroso esso potesse essere. Si sedette per terra afferrando uno dei soldatini e guardando entrambi gli oggetti con le lacrime che stavano sfiorando le sue ciglia biondissime. No Alfred! Ricorda che un eroe non piange mai! Era una tattica di autoconvinzione che sembrò funzionare veramente poco. Una lacrima cadde sul legno del soldatino mezzo consumato e un’altra s’insinuò nella crepa del fucile, inumidendo il manico consumato da qualche tarma. Chinò il capo poggiando la fronte contro il manico di legno del fucile e le labbra sulla testolina consumata del soldatino. Scosse la testa mormorando qualcosa. Che prezzo aveva la libertà, eh Alfred? Il prezzo di aver lasciato qualcosa che ti è davvero caro. Non i soldi. Non i vestiti… Ma qualcos’altro. Un piccolo scricchiolio catturò l’attenzione di Alfred che mollò velocemente il fucile e l’oggettino per terra. Non voleva farsi vedere da nessuno in quelle condizioni. Lui era un eroe e gli eroi non si fanno prendere da sentimenti quali la malinconia. E sopratt- Arthur? Spalancò gli occhi celesti guardando la gracile figura dell’ex Madrepatria davanti alla porta del suo amatissimo ripostiglio che reggeva un pacchetto proveniente da una pasticceria. Deglutì alzandosi in piedi, asciugandosi velocemente gli occhi prima di proferire parola. Ma parola non ci fu, solo un boccheggiare da parte dell’americano che trovava le parole giuste che chiedergli in modo legante che diavolo ci facesse in America e non nella sua amata Cornovaglia insieme ai suoi amici immaginari. Quella stanza era talmente piena di ricordi che anche lo stesso Arthur rimaneva praticamente disarmato davanti a quel passato tanto scottante quando un ferro incandescente. Mosse un mezzo passo all’interno ma subito si bloccò notando i soldatino per terra, uno del set che gli aveva fatto costruire quando era piccolino. Deglutì guardandolo. Aveva le sopracciglia inarcate e gli occhi celesti come un cielo limpido d’Agosto un po’ arrossati. Che fosse la polvere ad avergli dato qualche problema? Deglutì porgendo la torta al ragazzone che sorride debolmente aggiustandosi gli occhiali sul naso con fare infantile.

Ahaha! Arthur! Cosa ci fai qui in America? Ti trovavi qui di passaggio? Ahahah!” Disse scherzosamente mollandogli qualche pacca sulla spalla. Ma lui non disse niente… Non reagì. Il che era decisamente strano da parte sua.

Alfred si grattò la nuca stagliandosi davanti a lui e notando lo sguardo scuro ancora puntato sul giocattolino di legno, mentre nella sua testa ripercorreva le immagini di quando glielo aveva regalato. Alfred così piccolo e negli occhi una scintilla che pochi avevano, se non solamente lui. Scosse la testa notando che c’era l’americano che lo stava scuotendo dalle spalle e rischiava seriamente si buttare all’aria la torta che aveva comprato per il suo compleanno.

E sta attento! Troglodita!” Si mosse appena all’indietro stringendo il dolce contenuto nella scatola bianca, sbattendo contro la porta e chiudendola di botto con una spallata. Vide Alfred scoppiare a ridere come se niente di tutto quello che c’era nella stanza significasse un passato doloroso tra di loro. Arthur controllò le scartoffie nella scatola sul tavolo, trovandoci altrui trattati che gli fecero venire in mente il periodo in cui Alfred era piccolino e spesso giocavano con quegli stessi soldatini nella sua casa in Cornovaglia, immersa nel verde. Poggiò accanto allo scatolone la torta ancora nascosta con un sorriso malinconico.

“Sai… Non immaginavo che li avresti tenuti quelli. Ti sei guadagnato la libertà su carta… Ma a quanto pare dai tuoi ricordi e dalle tue origini non l’hai ancora ottenuta.” Lo guardò indicando con un cenno del capo i soldatini di legno. Alfred ridacchiò grattandosi la nuca e mettendosi seduto sul tavolo accanto alla scatola. Sospirò guardandosi le scarpe da ginnastica in gomma, mentre dondolava i piedi.

“Non hai tutti i torti per una volta… A quanto pare la vecchiaia fa dire cose giuste!” Prese a ridere girandosi verso Arthur che non era decisamente in vena di scherzare. Appena vide il suo sguardo serio, corrucciato, ma decisamente tenerissimo, spense il sorriso giungendo le mani sulle gambe e riprendendo a guardare pavimento completamente impolverato.

Arthur, sospirando, si girò avvicinandosi alla porta di legno e ruotando il pomello per poter aprire la porta e andare via, ma questa non si apriva. Terrorizzato Arthur tentò in tutti i modi di aprirla, e lentamente cominciò ad andare nel panico.

“A- alfred?”

“Mh?”

“Perchè diavolo non si apre questa diavola di porta!?” Chiese ora completamente nel panico cominciando a tirare col pomello girato nel vano tentativo di uscire fuori di lì. Alfred alzò il capo cominciando a ridere mentre metteva i piedi per terra.

Ahah! Quella porta si apre solo dall’esterno!” Ci fu un attimo di silenzio in cui il cervello tarato di Alfred cominciò lentamente a funzionare, togliendo tutte le ragnatele formatesi negli ingranaggi della sua ragione. Se Alfred avesse avuto un po’ di buon senso, una volta, avrebbe fatto cambiare quella dannata serratura difettosa. Poi realizzò. “Oddio siamo intrappolati qui dentro!!” Prese a tirare la maniglia insieme ad Arthur, che appena sentì che la porta si apriva solamente dall’esterno, si lasciò cadere all’indietro poggiandosi al tavolo appena accanto.

“Dannazione… Lo sapevo che venire qui avrebbe causato solo guai…” Sussurrò portandosi le mani alla bocca. Alfred agitato si girò verso di lui ammosciando le braccia, in un impeto di tristezza per quello che aveva detto. Non solo era costretto a rimanere nella stessa stanza con Arthur, erano pure bloccati, senza possibilità di uscire finché non fosse intervenuto il maggiordomo di Alfred.

“Se ti da tanto fastidio, allora perché sei venuto?” Vide Arthur non rispondere alla sua frase detta con  agitazione e tanta tristezza da parte sua. Deglutì solamente prendendo a rimuginare, tenendo sempre quegli occhi verdissimi meravigliosi verso il pavimento. E lui che pensava che allo statunitense avrebbe fatto piacere se fosse passato da lui per la festa della loro indipendenza dalla stessa Inghilterra.

“Volevo farti gli auguri…” Proferì con fare flemmatico, schiudendo quelle labbra rosse come una fragola, mentre continuava a guardarsi le scarpe nere lucidissime, ancora per poco.

Alfred spalancò gli occhi poggiando una mano vicino al suo fianco e alzandogli il viso con la mano. Lentamente si avvicinò come l’intenzione di baciarlo, ma qualcosa, forse una fatina di Arthur, lo fermò, cominciando a concentrare lo sguardo sulla scatola bianca.

“C’è una torta lì?” Chiese l’americano allungandosi e prendendo la scatola. Vide Arthur annuire debolmente ed aprire la scatola che aveva tra le mani, mostrando una meravigliosa torta colma di panna bianchissima e di fragole tagliate a spicchietti.

“Buon compleanno, Alfred.” Disse dolcemente prendendo una fragola e ficcandogliela tra le labbra, notando l’espressione stupefatta dell’ex colonia che lo fissava interdetto. Le guance si arrossarono mentre prendeva a mordere lentamente il pezzetto di fragola arrivando alla falange del ragazzo, leccandola. Arthur ritirò la mano imbarazzato e concentrando lo sguardo ora sul fucile che giaceva accanto al soldatino di legno. Lo trovò estremamente interessante in quel momento, mentre ne studiava la completa fisionomia e si soffermava sul buco nel legno, causato dal suo moschetto secoli addietro, quello stesso giorno dove si era rivelato debole agli occhi di una persona a lui importante.

“Arthur?” Lo chiamò subito l’altro inarcando le sopracciglia.

“Sì?” si girò guardando Alfred che lo aveva chiamato in quel momento ma non poté dire altro a causa del fatto che aveva le sue labbra sulle proprie, premute lentamente. Che diavolo stava facendo!? Arthur! Per amor dei tuoi unicorni, folletti e fatine, STACCATI! Ma proprio non lo ascoltava il cervello. Lo aveva semplicemente spento premendo le labbra contro quelle del ragazzone americano, sentendo il dolce sapore della fragola su esso. Alfred gli prese la nuca accarezzandogli i capelli biondi che ricadevano parzialmente sul collo, coccolandolo. Lo fece sedere sul tavolo e in quel momento Arthur entrò in allarme.

“A- Alfred… No…” Sussurrò terribilmente tenero scostandolo da sé. Il biondo lo guardò con un sospiro e gli poggiò una mano sulla sua testa accarezzandogli i capelli biondi, notando quanto Arthur fosse carino col viso arrossato che risaltava i suoi occhi verdissimi come due meravigliosi smeraldi. Ridacchiò poi tornando chino sul fucile e sulla piccola miniatura del militare, con un grosso sospiro.

Arthur, confuso, si portò una mano alle labbra riflettendo un momento sul perché di quel bacio e su di un altro perché: perché non lo aveva ricoperto di coloriti insulti in madrelingua per il suo gesto? Si toccò le labbra con le dita guardandolo mentre metteva a posto i soldatini.

“Non avrai intenzione di buttarli?” Chiese subito il britannico. Alfred si girò sorridendogli malinconicamente mentre si aggiustava gli occhiali sottili sul naso. Rimase un momento in silenzio sospirando.

“Sono stato solo una colonia, no?” Disse amaramente aprendo le braccia in segno di rassegnazione nei suoi confronti. In quel momento Arthur spalancò gli occhi scendendo velocemente dal tavolo e lasciando che le scarpe nere, ora con un po’ di polvere sopra, risuonassero nella stanza, raggiungendolo con due falcate. Si parò davanti a lui afferrandogli il colletto della maglietta.

“Sta un po’ zitto, stupido americano.” E così tirandolo verso di sé e baciandolo tenendosi sulla punta dei piedi con fare tenero, ma nonostante questo Alfred dovette comunque abbassarsi. L’americano spalancò gli occhi, socchiudendoli poi, riportando la mano dietro la nuca e ricambiando dolcemente il bacio. Arthur si allontanò di malavoglia dalle sue labbra.

“Sarai stato anche una colonia… Ma… Non ho mai pianto per averne persa una…” Lo guardò con i suoi occhi smeraldini, specchiandosi i quelli suoi che erano due limpidi pozzi azzurri. Alfred non poté fare a meno di ridere della cosa che aveva detto. Era troppo felice e non ce la faceva ad essere serio.

“Chissà Francis come ci rimarrà quando verrà a sapere che ho baciato il suo amato Arthur!” Prese a ridere più sguainatamene.

“Stronzo…” Commentò in modo colorito il ragazzo stretto a lui.

“Lo so, anche io ti amo…” Gli riprese la nuca baciandolo nuovamente, ma subito Arthur si allontanò da lui guardandolo un momento preoccupato.

“Quanto dobbiamo stare qui dentro?”

“Spero il più possibile.” Sussurrò Alfred, ritornando a baciarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~Note dell’autrice:

Benissimo. Ho contagiato anche Hetalia con le mie storie, felici? 8D Io direi di no.

Allora come avete potuto leggere è una one-shot veramente molto semplice,

e mi sono fatta aiutare dal polveroso ripostiglio di Alfred che questa volta

sembra aver fatto molto. Ahaha!

Comunque sia essendo la prima storia, e soprattutto per il compleanno di Alfred, che scrivo,

non so che sia molto IC sinceramente, anche se ho avuto la benedizione della mia beta,

il che mi rincuora decisamente molto! <3

Prego lasciate un commentino ed aiutate l’UsUk a crescere

Anche se ci sono delle ignoranti come me a scrivere su EFP c:

Baci fue.

  
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