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Autore: y3llowsoul    05/07/2010    5 recensioni
Kidfic. Charlie ha un incubo e viene nella camera di Don il quale non è molto contento di questo fatto.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Need You

Disclaimer: La storia appartiene a me, ma Numb3rs appartiene agli altri...
Timeline: Kidfic. Don ha 12 anni e Charlie 7.
Beta: Come sempre la geniale Alchimista (la quale ha anche dato quel titolo fantastico)



I Need You

Don si lasciò cadere sul suo letto, stremato. L'allenamento di baseball oggi era stato di nuovo veramente duro. Sogghignò. Era stato duro, sì, ma i suoi sforzi avevano dato frutti. L'allenatore l'aveva di nuovo elogiato. E – oltre a questo – era un divertimento puro sfogarsi fino allo stremo. Domani avrebbe sicuramente avuto dolori muscolati come uno stupido, ma per questa sera non se ne importò.

Si addormentò dopo poco e nel suo sogno ritornò sul campo sportivo. Nell'allenamento aveva lanciato qualche palla veramente bene e anche catturato e battuto. Inseguì con i suoi occhi una palla che sembrava volare fino al sole. Schermò gli occhi con una mano. Non c'era bisogno per lui di cominciare a correre, lo sapeva, visto che il pallone avrebbe continuato a volare, sempre avanti, e non sarebbe tornato finché si fosse svegliato...

Qualche metro davanti a lui, all'improvviso e completamente inattesa, qualcosa di bianco cadde sul terreno, e quasi nello stesso momento Don si svegliò. Era ancora buio attorno a lui e si chiese cosa l'avesse svegliato. Sentiva già la forte tentazione di voltarsi e continuare a dormire, ma poi si fermò teso. Non era da solo. Poteva sentire che c'era almeno un'altra persona nella sua stanza.

«Donnie?»

Don espirò rumorosamente. Solo suo fratello.

«Cosa c'è?» borbottò nel buio, ed era subito, considerevolmente più sveglio di pochi secondi prima. Veramente grandioso, Charlie ci era di nuovo riuscito con grandissimo successo!

Poteva vedere la sua figura accanto alla porta, pressato contro il muro. Ottusamente Don si chiese se ce l'avesse fatta a chiudere di nuovo occhio questa notte o no. Ma a questa domanda si era legata direttamente un’altra: per quanto tempo Charlie l'avrebbe snervato adesso? Guai se aveva in un qualsiasi modo a che fare con la matematica.

«D-Donnie, s-sei s-sveglio?»

«Adesso sì» brontolò Don sapendo che Charlie, malgrado difficoltà occasionali nel realizzare quando stesse dando noia, si era accorso che lo stava snervando.

«M-mi dis-dispiace» balbettò Charlie e a Don sembrò che suo fratello stesse un po' singhiozzando. «Ma ho pa-paura».

«Del tuo letto, o cosa?»

Charlie non rispose subito.

«Ho f-fatto un sogno brutto» confessò poi.

Don gemette a bassa voce. «Allora torna nel tuo letto e tenta di addormentarti di nuovo» fischiò nella direzione del telaio della porta.

Poteva distinguere come la figura per qualche secondo non fece altro che stare semplicemente in piedi, prima di spostarsi con un scatto dal muro e attraversare la stanza fino al suo letto.

«Posso rimanere da te?»

Non si faceva fatica realizzare che Charlie aveva fatto appello a tutto il suo coraggio, sia per attraversare la stanza sia per fare quella domanda. In ogni caso, Don poteva immaginare cose molto più belle che fare la mamma e prendere il suo snervante fratello minore con sé nel suo letto. E poi Charlie aveva già sette anni; gradualmente avrebbe dovuto essere abbastanza maturo per dormire nel proprio letto. Don, in ogni caso, all’età di Charlie non dormiva nel letto di qualcun'altro già da tempo.

«Perché non vai da mamma e papà?»

«Dormono già» biascicò Charlie mogiamente.

«Lo stavo facendo anch'io!» Nonostante Don bisbigliasse, si poteva facilmente riconoscere l'irritazione nella sua voce.

Don non era sicuro, ma gli sembrò di vedere che gli occhi di Charlie ad un tratto luccicassero più di prima. Quell’impressione si era appena confermata, quando suo fratello minore tentò di dissolverla strofinando una mano su gli occhi.

Don gemette. Era sempre snervato e stanco e voleva semplicemente dormire, ma a questi sentimenti, se ne mischiò adesso un altro che non veniva dalla sua mente, ma dal suo cuore.

Sentì come suo fratello respirò profondamente per alcune volte prima di continuare a parlare bisbigliando: «Vuoi... vuoi che me ne vada, sì?»

Il respirare non era servito quasi a nulla e Don non fece fatica a filtrare il singhiozzo. Non rispose. Stava ancora lottando contro sé stesso.

«M-mi dis-spiace» ripeté Charlie infine dopo qualche attimo, e si era già voltato a metà per lasciare di nuovo la sicurezza della camera di Don e per ritornare ai mostri nel suo incubo – quei mostri che si appostavano per assalirlo e lo canzonavano e che volevano annientarlo, che lo bersagliavano sia durante il giorno sia durante la notte...

Qualcosa lo teneva per il polso. Automaticamente un brivido freddo corse giù la sua spina dorsale, prima che si fosse voltato e si fosse accorto che era Don. Suo fratello si era messo a sedere sul suo letto, e Charlie non poteva allontanare il pensiero che Don, tranne i suoi genitori, era l'unico essere umano nel mondo da cui si sentiva veramente sicuro e protetto.

«Aspetta, Charlie. Sta' qui» disse Don, e una nuova speranza spuntò in Charlie. Suo fratello non gli aveva detto di andare via? Chiedendo con uno sguardo se avesse veramente capito bene, Charlie diresse grandi, fosforescenti occhi verso suo fratello, tentando di distinguere e di decodificare il suo sguardo.

Don stava tentando la stessa cosa, in ogni caso con un successo superiore a quello di suo fratello minore. Le speranze e il sollievo di Charlie erano palpabili nell'aria. E poteva anche distinguere altra cosa: sentiva come se Charlie stesse tremando. Lasciò scivolare il suo sguardo lungo la figura del fratello e non fece fatica per realizzare la ragione, malgrado il buio: Charlie era su piedi nudi e il suo pigiama consisteva solo di un paio di pantaloni corti e di una maglietta. E nonostante le notte californiane fossero calde, dire che erano talmente calde sarebbe stato esagerato.

«Vieni qui» offrì Don senza pensarci su, sollevando un po' la sua coperta.

Charlie esitò per un momento - non riusciva a credere che tutto questo stesse veramente succedendo – prima di decidere di non strapazzare più la sua fortuna e di strisciare nel letto, accanto a Don.

Don abbassò la copertina, avendo cura che Charlie fosse davvero ben coperto. Aveva accettato la richiesta di Charlie piuttosto con riluttanza e a causa del senso del dovere, ma adesso sentiva scomparire la sua precedente irritazione sempre di più. Perché anche se Charlie qualche volta poteva essere proprio un rompiscatole, era pur sempre suo fratello, e in quest'attimo quel pensiero non provocò emozioni negative in Don, solo positive.

«Cosa hai sognato?» chiese a voce bassa.

Charlie non rispose immediatamente. Ma, tuttavia, non voleva irritare di nuovo suo fratello con il suo silenzio. «Gli altri, a scuola».

In segreto sperava che Don l'avesse lasciato perdere, ma poteva anche scordarselo.

«E questo è stato un incubo?»

Don sembrava confuso e Charlie si sentiva di nuovo solo. Suo fratello maggiore, il grande eroe benvoluto, naturalmente non poteva capire perché Charlie detestasse la scuola. Va bene, non detestava veramente la scuola. Amava le lezioni in generale; la cosa che detestava erano le pause. Tutti lo consideravano un fricchettone e nessuno voleva avere a che fare con lui. E poi era il più piccolo della sua classe e questo era perfetto per battute e bullismo. Tutti contro uno. Appena oggi lo avevano chiuso in un armadio nella sala di biologia e non lo avevano lasciato uscire fuori; aveva dato calci e pugni alla porta e urlato e aveva avuto panico, ma non l'avevano lasciato uscire finché, dopo minuti durati come eternità, il professore era tornato...

La voce lo riportò nel presente molto di più agevole.

«Qualcuno ti ha seccato?»

Charlie annuì solamente. Non osava dire di più.

«Chi?» volle sapere Don. Il suo istinto del protettore sembrava essersi svegliato.

Charlie tirò su col naso. «Tutti. Sempre».

Don deglutì. Non l'aveva saputo. Certo, non gli era sfuggito che alcuni seccassero Charlie a volte. Ma il fatto che questo problema fosse su serio così grave per suo fratello...

In un tentativo senza speranza di riparare al suo disinteresse e alla sua disattenzione precedenti, Don mise un braccio attorno all'addome di Charlie. Come se potesse compensare con quel gesto il fatto che non l'aveva protetto prima. Certo, malgrado le non rare rivalità e i litigi tra di loro, aveva sempre protetto Charlie quando era necessario. Però solo quando aveva realizzato il pericolo. Ma questo sembrava non esser successo troppo spesso se si voleva confidare nelle parole di Charlie e nei suoi incubi...

Adesso Don sentì dissolversi anche l'ultimo frammento dell'irritazione verso suo fratello, almeno per stanotte. Naturalmente suo fratello minore a volte riusciva davvero a snervarlo. E naturalmente qualche volta Don era anche invidioso di lui. Ma in quel momento, quando sentì la figura fragile accanto a se, gli fu chiaro che Charlie era più che un piccolo genio. Era suo fratello. E poteva darsi che fosse un eroe e giovane di talento se si trattava di numeri, ma aveva problemi considerevoli a vedersela con altri ragazzi – o loro con lui.

Don sapeva che non avrebbe dovuto allietarsi per questo, ma era semplicemente così sollevato di aver finalmente trovato questa debolezza in Charlie. Il suo fratellino non era perfetto. Era semplicemente un uomo, non un astratto genio matematico. Aveva problemi a trovare il suo posto e il suo cammino nel mondo, problemi reali che anche Don poteva capire.

E quello in cambio significava che Don non era senza di senso. Charlie aveva bisogno del suo fratellone, aveva bisogno di qualcuno che lo proteggesse, che gli mostrasse le cose veramente importanti perché potesse imperare anche lui a trovare il suo cammino nel mondo reale.

Charlie aveva bisogno di lui.

E aveva appena fatto quest'osservazione quando Don si sentì ad un tratto tanto meglio. Suo fratello aveva bisogno di lui – ecco ciò che per tutti gli anni non aveva riscontrato, eppure sempre sperato: che non fosse completamente inutile per il suo fratellino. Non aveva capito finora che cosa gli fosse mancato per tutto quel tempo, mentre Charlie poco a poco era arrivato alle sfere più alte della matematica e lui aveva cominciato ad avere paure. Non paura che i suoi genitori avrebbero potuto trascurarlo, o almeno non principalmente quella, ma piuttosto paura che suo fratello minore si sarebbe allontanato da lui, che prima o poi non l'avrebbe più ammirato e che infine l'avrebbe completamente dimenticato.

Poteva sentire il suo respiro, calmo e regolare. Charlie si era addormentato. E prima che anche Don si fosse addormentato, i suoi pensieri confusi trovavano, quasi da soli, la loro meta senza che lui vi contribuisse e senza che in seguito sarebbe stato in grado di ricordarsene consciamente: Charlie aveva bisogno di lui e lui aveva bisogno di Charlie – e non importava come si sarebbero svolte le loro vite, quel fatto sarebbe rimasto tale per sempre, per tutta la vita.


Fine.




  
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