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Autore: Xanver    16/09/2005    18 recensioni
Due anni dopo la 1a serie, gli europei al campionato, l'improvvisa morte del padre di Ralph, l'impossibile sorella di Ralph, un misterioso ma bellissimo campione di cui innamorarsi e...un vecchio nemico del bey blade. Commentate please...(sarebbe anche la mia 1a fic^^)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andrew McGregor, Gianni, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Oliver, Ralph Jurges, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un mite giorno di primavera avanzata. Il vento soffiava gelido sulle verdi colline, era un paesaggio tranquillo, con degli splendidi campi, piantagioni, boschi fitti sulle colline. Grandi prati, macchiati di fiori variopinti, l’erba, accarezzata dolcemente dal vento, ondeggiava ai piedi di una cinta imponente di mura grigie, un maestoso maniero, le cui torri sembravano interloquire con l’immenso cielo azzurro. L’enorme castello dominava tutto il paesaggio, creando un’atmosfera completamente medievale. All’interno della roccaforte si svolgeva un’intricata conversazione. In una piccola stanza ovale, illuminata a giorno da due grandi finestroni, dal pavimento lucido, un soffitto alto e slanciato, alle cui pareti erano posti imponenti librerie piene di libri di ogni forma e colore, al centro della stanza un tavolo rotondo, attorno al quale erano accomodati quattro giovani ragazzi, che sorseggiavano pacatamente delle tazze di tè.

***

-Secondo me sarebbe meglio, abbiamo talento, perché non esporlo? - Olivier mi parve un tantino seccato quando pronunciò quella frase, era ovvio, la discussione era stata lunga e pesante, e ora, tutti e tre i miei compagni si aspettavano da me una decisione.

-Mi pare chiaro di no! Non ho alcun’intenzione di partecipare ad uno stupido campionato! Sapete benissimo che l’onore della nostra squadra è dovuto al fatto che combattiamo sempre da soli! Diglielo tu, Ralph! - Ora la decisione toccava a me.

Andrew, esasperato, mi aveva appena messo alle strette.

-Ralph! Ti vuoi muovere?! Mi sono stufato! -Ancora lui, ma che avevo fatto per meritarmi una croce simile ad Andrew?

Infine decisi di prendere la parola e spiegai loro lentamente:

- Sentite, ultimamente ci siamo allenati parecchio, migliorando di non poco le nostre prestazioni e, anche se non vi sembrerà, siamo molto uniti. - Vidi il solito sguardo spazientito puntarsi su di me.

- Sì. Sto parlando anche di te Andrew. -

- Io non voglio formare una squadra! -

-Spetta al capitano prendere le decisioni! Tu non c’entri niente! Vai avanti Ralph! - Lo rimbeccò Gianni, poi mi rivolse un’occhiata di conforto e asserì, infondendomi coraggio e forza per andare avanti.

- Secondo queste ultime evoluzioni, noi siamo pronti per formare una squadra, partecipare, e a dipendenza di come si presenta la strada, arrivare in finale. -

- Coosa?! Mai ! Neanche per sogno! Scherziamo, noi?! Ralph! Avevi sempre detto che la forza dell’amicizia non esiste e che le squadre sono il rifugio per i deboli! -

- Adesso smettila, Andrew! Devo ricredermi anche io! Se non ti stanno bene queste regole, puoi andartene, come sai, qui in Europa il bey blade è uno sport molto praticato e non avrei difficoltà a rimpiazzarti!-

- Magari con qualche plebeo, eh? - Sbatté un pugno sul tavolo irritato.

Bene, era l’occasione per infliggergli la stoccata finale.

-Sì, anche con un plebeo, che sia abbastanza in gamba. - Osservai l’espressione di Andrew contorcersi in un’ira quasi incontenibile, che a stento riuscì a controllare.

- Grrr…se è proprio questo che vuoi hai vinto! Parteciperò con la vostra squadra! -

-La nostra squadra, anche tua. - Lo corressi.

Notai che digrignò i denti, era difficile per lui farsi degli amici, era abituato a combattere da solo, il suo carattere non avrebbe di certo giovato alla squadra, questo lo sapevo, ma era l’unico modo per aiutarlo a crescere. Sin dall’inizio, quando fu proposta questa mozione, non s’era mai dimostrato sicuro, sapevo benissimo il perché; anche se non voleva ammetterlo, e probabilmente non lo avrebbe mai fatto, il gioco di squadra lo spaventava, era una novità, per tutti, ma per lui in particolare. Non aveva mai conosciuto, prima di noi, l’amicizia.

Sì. Mi sarei preso la responsabilità di coinvolgere Andrew con la squadra, le persone come lui ne avevano bisogno.

Mi voltai verso gli altri, dovevo essere stato assorto per molto tempo nei miei pensieri, non avevo neanche sentito le reazioni dei miei amici, Olivier ormai si preparava a lasciare la stanza, Gianni si occupava del suo bey blade, Amphyl, lo spolverava minuziosamente, Andrew…mi guardava.
Quando anche gli altri due uscirono dalla stanza, mi decisi a rivolgergli la parola.

- Che hai Andrew? -

- Ralph…non sono capace di stare in una squadra. - Sembrava veramente sincero.

Lo squadrai, potevo capire ciò che provava, ma sapevo anche che Olivier e Gianni sapevano essere dei fedeli compagni.

-Imparerai…nessuno nasce perfetto. -

- Forse non ci siamo capiti, odio avere dei compagni! - Non lo sopportavo quando alzava la voce, e in quel momento l’aveva fatto.

- Ora basta! Se ho deciso di farvi partecipare vuol dire che sarà per tutti uguale, se vuoi incontrare Kei in campo devi stare in una squadra! -

- Si gioca per vincere, quante possibilità abbiamo noi, noi, che non abbiamo l’unità ?! - Si alzò di scatto sbattendo le mani sul tavolo.

- Tutte. Man mano che gli incontri proseguiranno acquisteremo anche questa virtù, non dimenticare una cosa, siamo dei campioni, preparati, forti e in grado di arrivare alle finali. Non riuscirai a rovinarci! -

Andrew mi guardò, aveva capito.

-Sì, va bene. Però se non ne sarò in grado non infuriarti. Lo faccio solo perché sei il mio migliore amico, e perché per me sei un esempio da seguire. -

- Nemmeno io so se sarò in grado. - Risposi per confortarlo. - Comunque questa è già una dimostrazione di amicizia, hai capito che significa essere uniti. -

In cuor mio pregai che quelle mie parole sincere avessero toccato il mio amico e che ora potesse, anche se lontanamente, aver cambiato idea sul gioco di squadra.


Qualche giorno dopo comunicammo ufficialmente la decisione alle fonti BBA e a parecchi magazine di tutto il mondo. In poco tempo ci giunsero le reazioni delle altre squadre, tra cui i Blade Breakers, gli All Starz e i White Tigers. Erano tutte reazioni piuttosto positive, anche se io sapevo che probabilmente quell’improvvisa notizia aveva mandato all’aria i loro piani sullo svolgimento del campionato.

Mancavano ormai poche settimane al campionato, Andrew, Olivier e Gianni tornarono a casa nelle loro rispettive nazioni: Regno Unito, Francia e Italia.


Fu la settimana dopo che avvenne un fatto terribile, e da lì cominciarono a piovere guai l’uno dopo l’altro.

Era una mattina all’apparenza comune.

Mi alzai presto, come al solito e scesi al piano inferiore del castello, nella sala da pranzo, dove, come sempre, Johann, aveva preparato una colazione gustosa e abbondante.

Mi accomodai e cominciai a mangiare con gusto il mio primo pasto, non sapevo che sarebbe stato l’ultimo da solo.

Forse una mezz’ora più tardi squillò il telefono.

Udii Johann rispondere, e con stupore esclamare un: «È terribile!».

In seguito, con espressione mogia mi porse l’apparecchio.

Non esitai a rispondere.

-Sì, Ralph Jurgens. - Dall’altro capo rispose una voce fredda e impassibile.

«Signor Jurgens, parlano le autorità russe della sicurezza interna ».

Cosa potevano voler da me le autorità russe in persona? Che cosa era successo? Non mettevo piede in Russia da più di un anno. Spinto dalla curiosità proseguii la conversazione.

- A cosa devo questa telefonata? -

«Mi dispiace moltissimo doverle comunicare questa notizia. Questa notte, mentre tornava a casa, suo padre è stato ucciso. Un colpo d’arma da fuoco, preciso e veloce. È morto dissanguato verso le ore 5 del mattino, fuso orario di Mosca.».

La voce rispose tutto d’un fiato, lasciandomi un vuoto dentro. Mio padre era morto. L’unico dei miei genitori rimasto in vita era stato appena ucciso. Che cosa sarei stato io d’ora in poi? Il mio animo perse la vitalità che avevo sempre avuto…la lucidità, la razionalità, persi tutto in quell’istante, non so se mai più riacquistai completamente quelle qualità.

Mi guardai. Sì. Tremavo. Ero a pezzi, eppure mio padre non l’avevo mai più visto da quando la mamma era morta, mai più. Probabilmente era stato quel vuoto così forzato, forse anche non desiderato dalla mia parte, ma obbligato dalla sua, a farmi sentire così solo in quel momento, più di quanto non lo fossi stato in tutto il resto della mia vita. Non avevo mai rivolto a mio padre una frase di dolcezza o d’affetto, non dopo la scomparsa di mia madre.

Improvvisamente la voce dall’altro capo del filo mi risvegliò dai miei pensieri.

«Signor Jurgens, tutto a posto? Leggendo i registri della vita di suo padre ci risulta che la moglie è morta anni fa, lasciando in eredità il suo castello ai due figli, lei e sua sorella, che era sotto affidamento del padre, il quale l’ha iscritta ad un collegio. Ora lei capirà che la ragazza non ha più un luogo dove stare, la preghiamo pertanto…»

Mia sorella? Ora ricordavo, era rimasta con papà, papà, perché adesso lo chiamavo papà, non era un po’ troppo tardi? Ora era morto…e io non gli avevo dimostrato tutto il bene e la gratitudine che provavo per lui, che mi aveva fatto nascere, e s’era preso cura di me.

Mia sorella…la mia mente vagò per qualche istante, alla ricerca di un’immagine ricordo di mia sorella, non la vedevo dal funerale della mamma. Probabilmente negli ultimi otto anni s’era fatta più alta. Avrei dovuto prenderla in custodia? Sì, non l’avrei abbandonata in un qualche stupido collegio russo, nel quale la tenevano rinchiusa a studiare come una matta.

«Signor Jurgens? È ancora in linea?». Mi accorsi che il silenzio che avevo tenuto durava ormai da quasi tre minuti…

-Sì, mi scusi, ero assorto. -

«Parlavo di sua sorella, ha intenzione di tenerla al collegio o prenderla in custodia e farla abitare con lei nel castello che vi ha lasciato vostra madre?» Mi ero dimenticato che il castello era anche suo, pertanto non avrei potuto cacciarla da una casa che apparteneva anche a lei.

- Me ne prenderò cura io. -

«Bene. In tal caso, provvederemo a fornirle un boing russo, perché possa giungere da lei in giornata.»

- S-sì…- Non riuscii a pronunciare altro, avevo la mente persa in una moltitudine di ricordi…la cui fonte era sparita, nel nulla, morta.

«Signor Jurgens?»

Che cosa volevano ancora? Con che altro volevano tormentarmi?!

- Sì? -

«Le prometto che faremo il possibile per recuperare il mal vivente che ha ucciso suo padre. Ci stiamo già lavorando…la preghiamo soltanto di mantenere la calma. »

-Capisco, sì. - In fondo, le autorità avevano pienamente ragione. Non potevo mostrarmi debole, dovevo curare mia sorella…dovevo ostentare la retta via.

«Ora dobbiamo lasciarla, ci spiace, ma dovremo andare ad indagare parecchio per il caso di suo padre, ah, un’ultima cosa…ora che suo padre è deceduto, il controllo dell’impresa russa di estrazione petrolifera e di torba nella regione di Yakutia è suo, quando sarà abbastanza grande, anche sua sorella Alexandra ne avrà il controllo.»

-B-ene, provvederò. Ora, se vuole scusarmi…-

«Buona continuazione signor Jurgens, e condoglianze da tutta la nazione russa. »

Riattaccai la cornetta, ero semplicemente distrutto…inoltre entro mezzogiorno, tutti i telegiornali avrebbero trasmesso la notizia, per me sarebbe stato angosciante.

Tirai un lungo sospiro, pregai di riuscire a tirare avanti e chiamai Johann.

- Johann, prepara la camera degli ospiti, da stasera avremo un nuovo inquilino. -

- Obbedisco, signore, e tengo a farle sapere che sono mortificato per la scomparsa di suo padre. -

-Grazie Johann, ma ora vai. -

Appena rimasi solo tornai in camera, dove mi buttai sul letto e tristemente mi addormentai.

***

Un’ottima mattina quella, non c’è che dire, avevo già stracciato cinque blader di livello superiore, sapevo d’essere la migliore.

Mi voltai per osservare tra le vetrate l’equipe di controllo dei giovani blader, non capii perché erano sorpesi, tra loro, scorsi Yuri Ivanov, il capitano della squadra rappresentante il nostro monastero. L’odio puro che regnava tra noi due, indissolubile, era indescrivibile. Non aveva nulla più di me, se non il talento, era un blader molto più bravo di me.

Il perché era chiaro, in altre circostanze avrei dovuto considerarlo un esempio da seguire, ma lui, era un ragazzo, e come tutti gli esseri schifosi della sua specie, era un privilegiato per Vorkov, che lo trattava porgendogli tutti gli onori, quanto a me, non perdeva mai occasione per criticarmi in modo pungente, e, ultimamente, anche i suoi tirapiedi, come Yuri, Boris e gli altri due incapaci, avevano adottato l’abitudine. M’ incamminai verso la stanza a me adibita, con un violento calcio aprii la porta e mi sedetti sul letto, stringendo il mio potente bey blade.

A pensarci bene, mi trattavano male, perché ero l’ultima ragazza rimasta al monastero, le altre…beh…finite male…o buttate in mezzo alla strada. Odiavo quel posto, quando mio padre mi vendette a Vorkov credei che fosse una semplice scuola di bey blade e un posto per imparare a scrivere e far di conto, invece, ben presto mi accorsi che non era così.

Stavo ancora pensando agli affari miei quando la porta si spalancò improvvisamente.

Yuri Ivanov mi squadrò disgustato.

-Il signor Vorkov ti vuole vedere, Alexiel -

Sussultai, che potevo aver fatto? Come mai voleva vedermi?

- E sbrigati! - Mi rimbeccò irritato.

Lentamente mi alzai dal letto e uscii, passando davanti allo sguardo impassibile di Yuri Ivanov. Il quale mi guardò negli occhi, sdegnato, e commentò freddamente:

- Cosa ci troverà in un’incapace il signor Vorkov…ascolta, stupida ragazzina: tu sei solo un’incapace! -

Continuai imperterrita, nonostante le sue parole, lentamente, lo sguardo chino sul pavimento, in quel momento avrei tanto voluto essere più forte di lui per fargliela pagare, quello stupido! Neanche immaginava ciò che io avevo passato, ma lui non l’avrebbe mai provato, era un intoccabile ragazzo…

-Sbrigati! - Gridò, infastidito dal mio silenzio.

Continuai, avvicinandomi, cominciai a provare dei brividi di freddo alla schiena, e, anche se non l’avrei mai ammesso, il mio cuore batteva all’impazzata, dentro di me, io tremavo. Giunti all’ufficio di Vorkov, Yuri Ivanov aprì la porta e mi spinse dentro, per poi chiuderla con un fragore e una violenza indescrivibili.

L’ufficio era completamente scuro. Ora tremavo davvero. Mi avvicinai stando sull’allerta, con il cuore in gola, cosa mi avrebbe fatto questa volta Vorkov? Cercai di non pensare alle varie possibilità, infatti, non appena la sedia sulla quale Vorkov era seduto scricchiolò ebbi l’impulso di darmela a gambe, ma sapevo che se l’avessi fatto l’avrei pagata cara.

- Alexandra, devo darti delle notizie. -

-M-mi d-dica, Signor Vorkov. -

-Non aver paura, sai benissimo che io non ti ho mai fatto nulla di male in tutti i begli anni in cui sei stata qui…- Lui si alzò e mi si avvicinò, il mio respiro cominciò ad affannarsi, la mia fronte s’imperlò di sudore in pochi attimi, il mio fiato scoppiò in un assordante respiro quando mi carezzò la guancia con quel suo mellifluo sorriso, il panico s’impadronì di me, no, non ancora…disperata mi affidai al fato, pregando che per una volta almeno mi preservasse dall’orribile destino che mi spettava.

Vorkov mi si avvicinò ancora, avvertivo il suo straziante alito sulla mia bocca…tremavo.

-Ho delle importanti notizie da darti…-

Mi sentivo uno schifo dentro…il suo fiato sulle mie labbra. Ero nauseata. Avrei tanto voluto poter vomitare.

- D-dica, signore. -

Lui mi guardò e mi prese per la maglietta.

- Stamani, tuo padre è morto, assassinato. -

Non feci una piega, quell’essere spregevole meritava una morte peggiore nella mia mente, ma perché Vorkov aveva deciso di mettermene al corrente?

- Andrai a vivere da tuo fratello Ralph. -

No, non era possibile, quella giornata che sembrava cominciata bene…ora stava inesorabilmente diventando la più schifosa della mia vita.

- No! Non voglio vedere quel fallito di mio fratello! -

-Silenzio! Tuo fratello è il capitano della squadra europea, che quest’anno a sorpresa parteciperà al campionato mondiale di bey blade. -

-Ebbene? Non capisco…io che c’entro? -

-In breve, abbiamo carenze riguardo ai dati di questa squadra, andrai da tuo fratello per raccoglierne il più possibile. -

Tornare in casa di mio fratello, …e mia. Odiavo quel ragazzo, avevo vaghi ricordi di lui, ma ciò che stava facendo e aveva fatto era abbastanza forte da poterlo definire uno schifoso essere vomitevole!

Purtroppo però le mie possibilità di risposta erano scarse…

- Signorsì. -

- Dovrai raccoglierne il più possibile, tutto ciò che troverai sarà indispensabile. La Borg conta su di te per una vittoria schiacciante quest’anno. Porterai con te un portatile con il quale ci collegheremo ogni giorno e tu mi fornirai le informazioni riguardo la formazione e i dati della squadra. Ricordi gli allenamenti che seguisti tempo fa? Quelli che ti avrebbero permesso di calcolare, studiare e raccogliere dati esatti in tempo reale, riuscendo a trasformarli in cifre? Userai il tuo cervello per raccoglierli, mediante il portatile li elaborerai, e infine l’invierai a me.- Mi mise tra le mani un portatile.

- Sissignore. -

- Va’ a prepararti. Fra un’ora partirà il tuo aereo. -

-Sissignore. -

- Aspetta. Torna qui. - Il mio stomaco fece un salto mortale all’interno del mio corpo, cominciai a sentirmi davvero da schifo, tremando, il mio respiro si affannò nuovamente, più forte, più forte, impallidii lentamente, ma mi voltai e tornai indietro verso Vorkov.

- M-mi v-voleva si-signore? -

- Su, non avere paura. Alexandra…- Mi guardò negli occhi, che verme, voleva farmi stare male sempre, con quel suo finto fare da uomo generoso, mentre invece era spietato e…e non aveva rispetto per nessuna creatura, tranne che per i ragazzi del monastero.

- Alexandra, piccola stella del mio cielo, mi mancherai…non deludermi, e soprattutto non nominare mai il monastero quando sarai con tuo fratello, né con qualsiasi suo compagno. -

Mi accarezzò i capelli biondi scuri e mi passò una mano lungo tutto il corpo, una scossa mi attraversò l’anima, volevo piangere, non volevo che mi succedessero cose brutte, non oggi, no .

Guardai altrove, cercai di non pensare a dove metteva le mani, cercai di scacciare quei pensieri, cercai nella mia testa l’impossibile tesi che quello fosse solo un brutto sogno...di lì a poche ore sarei stata libera, anche se, con una tra le persone che più odiavo al mondo. Decisi quindi di farla pagare cara a Ralph, per avermi abbandonato a questo terribile destino, l’avrei fatto soffrire strenuamente, lentamente, avrei riversato su di lui ricordi spiacevoli del passato, tutto, pur di fargliela pagare.

-Ora puoi andare, stellina. - Mi sorrise ancora in quel modo mellifluo, toccandomi le labbra…avrei voluto morderlo, ma se l’avessi fatto, l’avrei pagata cara.

Lentamente, ma con passo deciso proseguii verso l’uscita pregando di non sentire ripetere quell’orrendo nome da aristocratici: “Alexandra”.

Quando riuscii a toccare la maniglia della porta mi sentii salva, fulmineamente uscii dalla stanza, giurando di non rimetterci mai più piede.

-Strano…oggi non piangi come al solito eh? Ah! Debole femmina! - Yuri Ivanov, accanto alla porta.

Mi soffermai a guardarlo in quegli occhi gelidi con sguardo altrettanto freddo.

-Non ci vedremo più allora. Io lascio questo schifo di posto. -

- L’elemento più inetto del gruppo d’incapaci se ne va allora? La femminuccia? L’unica che aveva resistito a questi allenamenti duri? -

Squadrai il suo viso con l’odio più puro che mai ebbi in corpo…

- Forse prima di parlare dovresti ragionare e guardare che c’è dietro, ragazzo. -Strinsi gli occhi.

- Una femmina, ma ora non ci vedremo più, finalmente. Potremo tornare la squadra più forte del mondo…senza vergognarci di certi elementi inutili.-

-Già…- Sogghignai. -Ma prima vorrei farti un saluto, Yuri Ivanov. - Detto fatto, un pugno ben diretto, rapido, potente e preciso colpì il suo volto: la mia rivincita. Dopo anni di tolleranza, la mia reazione era giunta. La cosa che mi fece più felice fu quando un istante dopo vidi una cascata di sangue colare dal naso di Yuri Ivanov. La mia soddisfazione era alle stelle, corsi via.

-Maledetta femmina! - Gridò lui.

In camera preparai i pochi vestiti che Vorkov mi aveva fornito, per lo più pantaloni stracciati, Jeans di terza o quarta mano, felpe dei Demolition Boys, un vecchio mantello rattoppato, un paio di guanti bucherellati, una vecchia berretta, che mi ero procurata da sola rubandola ad uno sciocco passante e un paio di scarpe rimediate, grandi di almeno tre numeri e qualche paio di calze sfilacciato.

Un’ora più tardi giunsero al monastero due esponenti delle autorità russe, le quali mi portarono con loro e mi accompagnarono all’aeroporto, m’infilarono in un piccolo boing, spiaccicata assieme ad altra gente e quando l’aereo partì, pensai solo: “Arrivederci Vorkov, sto arrivando Ralph, preparati.”

Il viaggio fu lungo e tedioso. Quando si concluse non credei di essere arrivata a destinazione, nel paese che era, mediante carte, la mia nazione, ma che io continuai a rinnegare in favore del mio paese di nascita: la Russia.

Un tassista mi attendeva, chiamare taxi il suo veicolo mi sembrò un insulto, quella era una vera e propria limousine. Senza dire una parola gli posi i bagagli tra le mani e mi accomodai in quella lussuosa automobile. Non mi sembrò strano che mio fratello Ralph volesse mettersi leggermente in mostra, sciocco, gliele avrei fatte pagare tutte.

L’autista mise in moto l’automobile, annunciandomi che il viaggio sarebbe durato due ore.

***

Quando sentii la notizia non ci credei.

Il telecomando mi cadde di mano, rimasi a bocca aperta, scrutando lo schermo del televisore, e il conduttore del telegiornale, che continuava a parlare d’altre notizie.

Cercai di tornare semi-cosciente e cambiai canale, per accertarmi della notizia su un’altra rete. Era proprio così.

«Ora passiamo alle notizie di cronaca nera. Il presidente della grande impresa russa per l’estrazione del petrolio nella regione di Yakutia, il tedesco Stephan Jurgens è stato trovato morto nei pressi della sua abitazione, nei dintorni di Verhojansk, al momento non si hanno accertamenti su chi possa essere l’assassino, o l’eventuale mandante. L’uomo è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla nuca. La polizia non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. La vittima viveva da nove anni da solo, dopo la morte della moglie, quindi non si esclude la possibilità che l’assassino sia una donna. Per le azioni dell’impresa si prevedono giorni neri, caratterizzati da picchi negativi».

Ero raggelato, com’ era possibile? Caddi seduto sul mio letto.

Com’era potuto succedere?!

Era semplicemente assurdo, che sarebbe successo a Ralph?!

Non potevo lasciarlo solo. Doveva essere a pezzi.

Mi rizzai in piedi, il mio capitano non poteva stare male, dovevo aiutarlo, Ralph inoltre era anche il mio migliore amico!

Uscii dalla mia stanza, corsi giù per la scalinata del corridoio e irruppi in salotto repentinamente, dove mio padre leggeva una rivista e mia madre si stava facendo fare una manicure dalla nostra domestica.

- Devo andare in Germania da Ralph, immediatamente! -

Mio padre alzò gli occhi dalla rivista e mi osservò bieco.

- Andrew, lo sai benissimo che questa sera dobbiamo andare ad una cena di riunione dei più grandi nobili scozzesi, vero? Dovremmo partire tra una mezz’oretta, ti sei dimenticato che rappresenti la nostra famiglia alla partita di golf delle cinque? Su, andrai domani dal tuo amico Ralph. -

- Ma non capisci! - Protestai. - Suo padre è stato ucciso! -

Fu quindi il turno di mia madre.

-Cosa? Herr Stephan è stato ucciso?! È terribile!- Ammirò le proprie unghie, e poi guardò me.

- È per questo, che devo andare da Ralph! Chissà come si sentirà! -

Lo sguardo di mio padre si attenuò.

- Andrew, ascolta, come credi di poter raggiungere il tuo amico Ralph? A quest’ora i voli all’aeroporto sono tutti bloccati a causa dello sciopero dei piloti e degli assistenti di volo! -

-Non andrò in aereo! Abbiamo l’elicottero noi! -

Mia madre abbassò lo sguardo.

-Abbiamo dato al pilota un giorno di ferie. -

-Maledizione! Perché proprio oggi?!-

-Noi che ne potevamo sapere?! Abbassa il tono, signorino! -

Odiavo quando mio padre mi rimproverava, ma la dolcezza di mia madre era sempre riuscita ad ammorbidirmi in queste situazioni.

- Su tesoro, stai calmo, domani il nostro pilota tornerà e potrai andare a consolare Ralph, in Germania, per il momento devi solo star calmo, non c’è nulla che tu possa fare, vuoi telefonargli? -

- No mamma, lascia stare. Hai ragione, lo raggiungerò domani. Che strazio! -

Tornai in camera mia, mezzo deluso, ma tranquillizzato dalle parole rasserenanti di
mia madre.

***

Il viaggio in auto stava sembrando ancora più lungo e noioso del volo in aereo. Non avevo fatto altro che sbadigliare, a causa del fuso.

Durante il viaggio, cominciai ad odiare quel paesaggio. Mi mancava il freddo, la neve dell’inverno moscovita, per non parlare poi delle montagne innevate nei dintorni della mia località natale, Verhojansk, nella fredda Siberia, tutto attorniato dalla Taiga. Quella non era casa mia, e io non ci avevo messo tanto a capirlo.

Dopo quasi due ore, avvistai una gran collina, in mezzo al verde dei boschi di latifogli, sulla cui rupe un’immensa rocca dominava il paesaggio. Doveva essere quello il maniero di mia madre, pensai, anche se mi sembrava un intero oppido.

Quello era la casa che mio fratello mi aveva sottratto, solo perché ero più giovane, con quella banale scusa, ora era uno dei più grandi proprietari terrieri della regione. Gliel’avrei fatta pagare cara. Non ci sarebbe stata una volta in cui la sua sofferenza sarebbe stata tale. Sogghignai al pensiero, questa volta non ero più la bambina docile, remissiva e malleabile di nove anni fa.

Ralph mi avrebbe pregato in ginocchio di perdonarlo.

Arrivati al castello spalancai lo sportello dell’auto brutalmente, noncurante del valore inestimabile della vettura.

Avvistai due persone avvicinarsi tranquillamente a me e all’autista, che nel frattempo aveva scaricato il bagaglio.

Una di loro era Ralph, l’altra mi sembrava un pinguino di maggiordomo.

Ralph era molto alto, aveva un’espressione severa in viso, ma al contempo anche intristita, probabilmente per la morte di suo padre, i suoi capelli non erano cambiati, sempre ribelli, come del resto l’essenza e la meschinità erano sempre restate uguali.

Quando ci trovammo l’uno a dirimpetto dell’altro mi sorrise.

- È molto tempo che non ci vediamo, mi dispiace che sia successo per una circostanza così triste, Alexandra. -

Lo guardai con odio.

- Avrei preferito non vederti del tutto, Ralph Jurgens. Non chiamarmi Alexandra, odio quel nome. -

  
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