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Autore: Fiery    08/07/2010    3 recensioni
-JOEEEE!- chiamarono in coro le bambine. Mi voltai ancora una volta verso i bagni e lo vidi: Joe Jonas. Esatto, proprio lui. Il cantante dei Jonas Brothers, presente? Il mio ragazzo, già. Peccato che in quel momento non aveva un microfono in mano e non indossava nemmeno una delle sue famose magliette su cui la maggior parte delle sue fans sbavava a vista d’occhio.
Genere: Generale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Piccola scena ri-elaborata e sistemata, tratta da una fan-fiction molto importante per me <3. 875 parole per farvi ridere, si spera, nello stesso modo in cui ha fatto ridere me ;) Si spera in tanti bei commentucci, mi raccomando v.v xD

Disclaimers: Joe Jonas non mi appartiene e blablabla.

Dedicata a quella pazza di Hope, che mi ha dato l’idea, e a loro. I miei Friends. <3

Maria

 

 

Un inguaribile bambino ~

 

 

-Buongiorno! Grazie per essere qui.- salutai allegramente, mentre i genitori delle bambine, a cui insegnavo danza classica durante il post-scuola, si sedevano ad un lato della palestra: almeno tre volte a settimana i genitori prendevano parte alle lezioni, come ad accertarsi che andasse tutto bene e che le loro figlie di appena quattro anni non si facessero male. Non capivo per quale motivo il regolamento della scuola lo prevedesse, visto e considerato che una parte delle bambine, non solo sbagliavano ogni passo, ma si rifiutavano persino di iniziare a ballare. Agitazione, suppongo. C’era una parte di loro che riusciva tranquillamente a riproporre gli esercizi richiesti, entusiaste all’idea che i loro genitori fossero lì per ammirare i loro progressi. Ma c’era anche un’altra parte che non si definiva di certo “saltellante” all’idea di essere fissata. In più io ero maggiorenne e con me c’era un’insegnante più grande, una quarantenne del quale tutto il corpo genitori si fidava ciecamente. Ne avevo parlato anche con lei, infatti. La sua risposta è stata: dobbiamo trovare un modo di mettere a loro agio le bambine.

Scossi la testa: forse avevo trovato una piccola distrazione per loro, che le avrebbe di certo aiutate a fare lezione con più calma e entusiasmo.

-Bene, bambine. Oggi abbiamo un ospite.- annunciai, con un sorriso in viso, -E’ un… po’ più grande di voi.- annuii, soffocando una risata: un po’ era abbastanza riduttivo, -Ma, credetemi, non ve ne accorgerete. Non se dovreste parlarci, suppongo… Joe?- lo chiamai infine, voltandomi verso la porta che dava ai bagni, dove avevo viso sparire Joe poco prima.

Tutti mi fissarono, cercando di capire dove fosse questo fantomatico “Joe”. Lui, comunque, non accennò a presentarsi.

-Lo chiamiamo tutti insieme?- chiesi, incrociando le dita dietro la schiena, sperando fino all’ultimo che lui non fosse scappato.

-JOEEEE!- chiamarono in coro le bambine. Mi voltai ancora una volta verso i bagni e lo vidi: Joe Jonas. Esatto, proprio lui. Il cantante dei Jonas Brothers, presente? Il mio ragazzo, già. Peccato che in quel momento non aveva un microfono in mano e non indossava nemmeno una delle sue famose magliette su cui la maggior parte delle sue fans sbavava a vista d’occhio. Uscii dagli spogliatoi, sotto gli sguardi sorpresi delle madri e dei padri presenti. Mi appoggiai alla sbarra, sistemata a destra della palestra.

Il silenzio riempì le mura, gli sguardi scioccati dei genitori parlavano da soli. Le bambine, dopo un secondo di incertezza, scoppiarono a ridere, indicandolo e raggiungendolo velocemente. Soffocai una risata, mentre lo fissavo venire circondato dalle bambine per poter ammirare da vicino il tutù rosa confetto che l’avevo costretto a indossare. Il ragazzo sbuffò e tentò di sembrare disinvolto, con scarsi risultati, peraltro, -Bambine, alla sbarra. Joseph.- lo richiamai dolcemente.

Joe mi guardò scioccato, mentre le mie piccole alunne si allontanavano, senza riuscire comunque a staccare gli occhi di dosso da lui, -Che ho fatto di male, Mary?- bisbigliò al mio orecchio, con tono quasi supplichevole.

Mi indicai la fronte, dove si poteva ben distinguere la cicatrice del mese prima: nel tentativo di portare alcuni scatoloni in soffitta, lui aveva inavvertitamente incastrato una caviglia nella scaletta. Inutili i miei avvertimenti. Dopo aver strattonato la caviglia, per liberarla, tenendo in bilico uno scatolone piuttosto pesante, mi era caduto addosso. Il contenuto della scatola riversato a terra, io con un taglio in fronte. Niente di preoccupante o da corsa al pronto soccorso, comunque. Mi doveva un favore, però… giusto?, -Piccola vendetta. Alla sbarra, Joe.- ordinai con un sorriso d’angelo in volto, mentre lui spalancava occhi e bocca sorpreso.

Joe biascicò qualcosa su quando erano strette le gonne dei tutù, per poi sistemarsi tra alle bambine, lo sguardo puntato altrove, in modo da evitare quelli dei genitori. La bambina che gli stava davanti si voltò verso di lui e gli fece la lingua. Joe la fissò sconvolto, mentre io soffocavo un’altra volta le risate, -Allora… iniziamo la lezione.- annunciai, cercando di apparire il più naturale possibile.

-Ma... mi… mi ha fatto la…- balbettò Joe preso alla sprovvista, gli occhi castani allargati all’inverosimile, in chiaro segno di impietosirmi.

-Joseph.- gli scompigliai i riccioli scuri con una mano, -Fai il bravo e dopo ti porto a comprare un gelato, ok?- domandai sempre con tono allegro. Joe abbassò le spalle sconfitto, fino a quando io non sollevai un sopracciglio, pregustando già la mia vendetta, -Su le spalle! Devi dare il buon esempio!- lui si mise dritto, non prima che la bambina davanti gli avesse pestato un piede.

Di una cosa ero certa: vendetta o meno, Joe si rivelò utile. Le bambine non si distrassero nemmeno un momento e, cosa più importante, le visite dei genitori in aula diminuirono a una volta ogni due settimane.

Quella sera, quando presi il borsone, pronta a tornare a casa, vidi le mie alunne intorno a Joe – vestito e perfettamente rientrato nel campo cantante famoso. Mi avvicinai, mentre lui affermava che la prossima volta avrebbe indossato il tutù azzurro o verde acqua. La bambina della linguaccia e del piede gli buttò le braccia intorno alle gambe e lui scoppiò a ridere, inginocchiandosi a terra per scompigliarle i capelli.

Mi appoggiai al muro con una spalla, sorridendo teneramente: tutù o meno, Joe rimaneva sempre, nel cuore e nella mente, un inguaribile bambino.

 

 

 

  
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