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Autore: ballerinaclassica    11/07/2010    8 recensioni
«Ma non sei un vecchio sbavoso.»
«Come, scusa?»
«Ho detto che non sei un vecchio sbavoso!», gli ripeté il ragazzo, urlando. Probabilmente credeva che lui fosse sordo.
[USA/UK ♥ Franada]
Genere: Commedia, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Could this be the magic at last. [Could it be magic]
Autore: BigBro__ (ballerinaclassica su EFP)
Fandom: Axis Powers Hetalia.
Pairing: USUK (America/Inghilterra); Franada (Francia/Canada).
Numero scheda: 1
Rating: Verde.
Avvertimenti: AU, One Shot, Shonen Ai; genere: Fantasy (e vagamente Horror), Sentimentale, Commedia (e Parodia).
Note dell'Autore: Il titolo è preso da una frase della canzone "Could it be magic" di Barry Manilow;
Presenza di cibo inglese e dannoso, stupidità americana... E in questa FanFiction Canada riveste un ruolo fondamentale...
... Ahahah. Non ditemi che ci avevate creduto.

Questa FanFiction partecipa al Contest Destino o Casualità? Indetto dal forum Japan in Wonderland. Pubblicherò i risultati in un'altra fic, visto che non sono ancora usciti. D:
Infine, ammetto che sembra affrettata, ma purtroppo il concorso prevedeva un limite massimo di pagine. E la cosa più difficile è stata evitare di scrivere troppo (come faccio di solito). Il concorso chiedeva di scrivere una fic che vedesse due personaggi legati in un certo senso dal destino, e io l'ho interpretata un po' come una trama alla "Sliding Doors" che è uno dei miei film preferiti! E poi, era richiesta l'apparizione di uno spirito. Beh, forse non è proprio uno spirito quello che apparitò, ma è altrettanto inquietante! xD
Ho intenzione di scrivere uno spin off a rating rosso di questa storia, ma sono un po' a corto di idee. Sarà ovviamente una USA/UK, se qualcuno volesse indirizzarmi può farlo tramite recensione, con un prompt o più semplicemente con qualche consiglio. :3







«Alle otto, alle otto! Ah, ho capito! E-- Aspetta, come si chiama il tipo che l'ha organizzata?»
Alfred incastrò il cellulare tra la spalla ed uno zigomo, le mani nel lavandino, i capelli pieni di gel ed un ciuffo che sfidava la forza di gravità e la vinceva (eroicamente). Dall'altra parte dello specchio, il riflesso di un ragazzo biondo, folte sopracciglia e labbra sottili, lo guardava scuotendo la testa. Lo trovava attraente, Matthew disse qualcosa, ma Alfred non lo ascoltava, troppo impegnato a fissare quel ragazzo. Lui ricambiava gli sguardi, arrossendo di tanto in tanto e abbassando il viso di conseguenza.
Probabilmente avrebbe dovuto abbassare il tono di voce, forse.
«No, aspetta, non ti sento bene Matthew. Potresti parlare ad alta voce, almeno una volta?»
Mentre suo fratello scandiva per bene ogni lettera, il ragazzo usciva, sbatteva la porta dei bagni e scompariva nel corridoio lasciando dietro di sé soltanto un rumore di passi svelti. Stupido Matthew, e Alfred che sperava di lanciargli qualche occhiatina in più.
«Kirkland. Okay, Arthur Kirkland, ho capito!»
Matthew sospirò, Alfred cominciò a ridere.
«Matthew, sarà il massimo! Una seduta spiritica, ci pensi? Ahahahah, ovviamente un eroe come me non si fa di certo intimorire da un paio di fantasmi!»
A quel punto, quando suo fratello dall'altra parte del ricevitore mormorava qualcosa riguardo al terrore di Alfred per i fantasmi, lui, che ovviamente non lo stava minimamente ascoltando, si infilò il cellulare in tasca.

Dietro la scrivania del suo ufficio, Arthur maneggiava il cellulare. Lo aveva sentito vibrare in bagno ed era corso via, per poi accorgersi di non essere comunque riuscito a rispondere alla chiamata.
C'era un ragazzo che parlava con qualcuno, era carino, avrebbe voluto chiedergli chi fosse, ma la telefonata glielo aveva impedito. E non c'era nulla di peggio di dover leggere il nome di Francis sul display e di doversi poi accorgere che quel dannato mangia rane aveva provveduto ad inviargli anche un sms, nel caso in cui Arthur fosse impegnato con un lavoro.
Qualcosa sull'incontro di quella sera, il nome Matthew e la parola bacio vicine, “è un mio caro amico, ha detto di voler portare suo fratello”. Arthur trasse un paio di conclusioni, secondo le quali Francis, come al solito, lo costringeva a riempire il salotto di casa sua di sconosciuti con i quali aveva fatto sesso (e in quel caso, di sconosciuti con i quali aveva fatto sesso, più parenti).
Il presidente di un noto marchio era seduto davanti a lui, voce soporifera, un sorriso falso e nuove proposte per una campagna pubblicitaria che potesse lanciare il suo prodotto. Arthur ascoltava con un'espressione annoiata palesemente dipinta sul viso. Quel lavoro non gli piaceva, nessun collega simpatico, nessuno che avesse la sua età o giù di lì – soltanto uno spagnolo, ma era bastato scambiarsi un paio di frasi per capire che non avrebbero mai potuto andare d'accordo.
«E infine, vorrei illustrarle un paio di idee, i miei sottoposti hanno già preparato la maggior parte del lavoro. Se vuole posso-»
«Sì, certamente, se ha bisogno di un proiettore o di una stanza con più luce per mostrarmi delle foto, possiamo spostarci.»
Arthur desiderò con tutto se stesso che l'uomo gli rispondesse di sì, almeno avrebbero perso del tempo e lui sarebbe diventato l'ultimo cliente della giornata, prima di tornare a casa e gustarsi la partita del Manchester United assieme ad una birra – ah, giusto, Francis, la seduta e i suoi amichetti.
«La ringrazio», gli rispose l'uomo, seguendolo fuori dal suo ufficio.

Aver trovato un posto di lavoro in Inghilterra era stato veramente il massimo. Gli era bastato gonfiare il suo curriculum di qualche bugia e spedirlo in giro per Londra. Tempo una settimana ed aveva avuto un numero sufficiente di possibili datori di lavoro da potersi girare l'intera città ed avere solo l'imbarazzo della scelta.
Alla fine, aveva scelto una compagnia che si occupava di pubblicità. Non sembrava un lavoro stancante ed in più gli uffici erano parecchio vicini all'appartamento che aveva trovato per trasferirsi lì con suo fratello. Matthew sembrava essersi invaghito di un certo francese, lunghi e morbidi capelli biondi, occhi blu come il mare della Manica e – bleah – Alfred aveva subito pensato che comunque si guardasse la loro relazione, quel tipo non aveva niente di attraente. Nemmeno un bel paio di tette – nonostante sia Alfred che Matthew fossero gay.
Alfred sistemò il nodo della cravatta e controllò che non avesse nulla tra i denti sullo schermo del cellulare. L'ufficio del suo futuro capo era lì, di fronte a lui, meno di un metro e mezzo e-
«Kirkland? Arthur Kirkland?», domandò a voce alta.
Dove aveva già sentito quel nome?

Aveva passato almeno tre quarti d'ora a sbadigliare. Quell'uomo aveva la voce più soporifera che le sue povere ed inglesi orecchie avessero mai ascoltato... E lui aveva quel genere di colloqui almeno due o tre volte a settimana.
«Perfetto», disse, alzandosi in piedi non appena gli vennero mostrate anche le ultime foto relative al progetto, «entro un mese dovremmo avere una bozza, la farò chiamare dalla mia segretaria.»
E aggiunse un cenno di saluto, non appena l'uomo aprì la bocca per replicare.
Davanti la porta del suo ufficio c'era lo stesso ragazzo che aveva incontrato in bagno, Arthur sollevò un sopracciglio, avrebbe voluto chiedergli perché si trovasse lì, ma qualcuno gli toccò la spalla.
«Signor Kirkland», gli aveva mormorato un ragazzo che lavorava lì già da mesi e che ancora aveva una pessima pronuncia inglese, «è pronto il primo set fotografico per quella ditta sportiva, ve~»
«Dannazione, era ora! Chiamate Braginskj e inviatelo al più presto, siete degli incompetenti!»
«Aaah! Signor Kirklaaaaa~nd! Per favore, non mi uccida! Io non ho fatto nienteeee~»
Arthur sbuffò e si passò una mano sul volto, scompigliandosi la frangia e poi le sopracciglia.
«Va bene, va bene, ho capito!», disse al ragazzo, cercando di controllare il tono di voce, «Non piangere però, Feliciano! Va' a telefonare, d'accordo? Altrimenti dì a Beilshmidt di farlo, se tu non ricordi dov'è il telefono.»
Feliciano gli sorrise e scattò sui tacchi, petto in fuori, pancia in dietro ed un saluto militare, prima di correre via. Ma quando Arthur si era voltato, di nuovo interessato alla porta del suo ufficio, anche l'altro ragazzo era scomparso.

«Arthur Kirkland.»
«
Cosa?»
«Arthur Kirkland, il tizio da cui dovremmo andare stasera si chiama Arthur Kirkland, giusto?»
Matthew, dall'altra parte del ricevitore, mormorò un “
”.
«Cazzo Matt, è il mio capo! Stiamo andando a casa di un vecchio a fare una seduta spiritica, te ne rendi conto? Sarà sicuramente una delle cose più noiose del mondo intero!»
«
Ma Alfred, io--»
«Ah, stasera davano anche la maratona dei film Disney in tv, e noi saremo a casa di un vecchio a lucidargli la dentiera!»
«
Francis ha detto che non è vecc--»
«E sono sicuro che odia gli hamburger e che non ce ne offrirà nemmeno uno! Ne sono sicuro come sono sono sicuro che sarà noioso, Matt!»
«
Ma Fran--»
«E dannazione, il mio capo, te ne rendi conto?! La persona che molto probabilmente, tra un mese o anche meno, odierò di più al mondo!»
«
Al--»
«Ma perché ti sto ancora ascoltando?»
Senza nemmeno aspettare la risposta di Matthew, Alfred aveva chiuso la telefonata ed era uscito di nuovo dal bagno, sbuffando. Fidarsi di suo fratello era stato una fregatura totale.


Quando Arthur era tornato a casa, il suo primo istinto era stato quello di rilassarsi davanti alla partita, il secondo quello di telefonare Francis e di capire che razza di gente avrebbe avuto a casa da un momento all'altro, il terzo di insultarlo.
«Ma è mai possibile che tu debba sempre combinare qualcosa?! Sei soltanto uno stupido mangia rane, la prossima volta tieni la tua lingua a posto e-»
«
Mh, non mi risulta che la mia lingua non ti piaccia
«Inutile, con te non si può mai affrontare un discorso serio.»
«
Andiamo, Arthur, sono soltanto un paio di amici, te lo giuro! E poi non sei sempre fiero di mostrare le tue capacità di cartomante praticamente a chiunque?!»
«Mago, io sono un mago, non un cartomante.»
Dall'altra parte del ricevitore, Francis soffocò una risatina.
«
Come vuoi, sarò da te tra qualche minuto, prepara una calorosa accoglienza
Arthur provò ad ignorare le vocali allungate e la sua insopportabile “r” moscia. Il tavolo, doveva preparare il tavolo e le sedie, forse un vassoio di scones e qualche tazza di tè.

Nello stesso istante in cui aveva salutato Arthur e interrotto la telefonata, Francis aveva sentito il suo cellulare vibrare. Sul display uno dei nomi che desiderava leggere in quel momento più di ogni altro.
«Matthieu~»
Ma dall'altra parte del ricevitore, non c'erano i sussurri di Matthew, bensì una risata acuta ed una voce irriverente e vagamente insopportabile.
«
Ahahahah! E questo sarebbe il tuo ragazzo, Matt? Ma ha una voce completamente da gay!»
Qualcuno sussurrò qualcosa riguardo al fatto che Francis fosse veramente gay e un “e poi cosa c'è di tanto strano? Anche tu lo sei...” appena accennato.
Francis si passò una mano sulla fronte. Matthew gli aveva parlato più volte di suo fratello, Alfred, un americano tutto parole e supereroi, fermamente convinto dell'esistenza degli alieni e di super poteri nascosti in lui. A quel punto Matthew aveva aggiunto anche un “probabilmente avrà soltanto il fegato radioattivo, viste le schifezze che mangia ogni giorno”.
«Sì, esatto, sono io», rispose Francis, mettendo in moto la sua auto, «e tu devi essere Alfred.»
«
Ahahahah! Sì! Vedo che tutti conoscete l'eroe! Senti, François
«Mi chiamo Francis.»
«
E io che ho detto? Comunque, senti, non è che questo Kirkland è un vecchio? Sai, ho notato che è il mio capo, ma io e lui non ci siamo ancora visti
Francis ridacchiò, divertito da quella serie di parole, «Kirkland? Beh, lui è un po'-»
Alfred non seppe mai cosa “un po'” fosse Arthur Kirkland, perché Francis era entrato in galleria.

«Se devi trovarti un fidanzato in Inghilterra, almeno trovatelo con un cellulare decente.»
«Ma-»
«Aaaah, magari questo Kirkland è anche un pervertito, a giudicare dalla voce del tuo amichetto.»
«Veramente lui-»
«Diamine, diamine, non ci posso pensare. E se sbava?»
«Se ci annoiamo possiamo andare via...»
«Ho avuto un'idea geniale, Matt! Se ci annoiamo, andiamo via!»
Matthew annuì e strinse il suo orso di peluche, passando la cintura di sicurezza anche davanti al suo pelo morbido.
Adorava quando suo fratello non gli dava ascolto e faceva tutto di testa sua, una vera delizia.

Arthur lo stava completamente ignorando. Lui, col suo mantello da cartomant- da mago e la sua aria altezzosa. Portava vassoi di scones da una parte all'altra, lasciando dietro di sé un odore di cibo bruciato, vagamente nauseante. Fino ad ora non gli aveva rivolto la parola. Aveva aperto la porta con aria arrabbiata, come se avesse davanti a sé il più temibile dei criminali.
«Da te c'è un certo Alfred?»
«Cosa?»
«Alfred. Un ragazzo di nome Alfred lavora da te?»
«Che cosa vuoi che ne sappia io.»
«Un ragazzo americano...»
A quel punto, Arthur si bloccò. Ricordava di aver incontrato un ragazzo con un inconfondibile accento americano, probabilmente uno yankee trasferitosi dal New England, ex rozzo newyorkese che sperava di far fortuna nella sua splendida Londra. Ex rozzo newyorkese carino, però.
«Può darsi», rispose velocemente, per troncare la questione all'istante.
«Perché se è lui sta per-»
In quel momento, però, il campanello suonò. Arthur stava per andare ad aprire la porta, ma il fischio della teiera lo costrinse a bloccarsi a metà corridoio e a tornare indietro di corsa.
«Va' ad aprire tu!», aveva urlato a Francis, una volta in cucina.

Quando Francis aprì la porta, si trovò davanti il un ragazzone di quasi due metri, capelli levitanti e un'enorme “S” stampata sul petto. Oh, sì, e accanto a lui c'era Matthew, ovviamente. Passò un braccio attorno alle sue spalle, cercando di inquadrare Alfred – perché quello doveva sicuramente essere Alfred.
«Ciao, francese!», gli aveva strillato, battendogli un poderoso pugno sulla spalla.
«Alfred.»
Francis accompagnò Matthew in casa, mentre Alfred entrava cautamente, guardando da una parte e dall'altra come se temesse di essere la futura vittima di un agguato improvviso. Un agguato improvviso da parte di un vecchio che sbavava.
«Si può sapere che stai facendo?»
«Ssh- Lui dov'è?»
«Lui chi?»
«Kirkland.»
Francis cominciò a ridacchiare ed indicò la cucina.
«Se sei tanto curioso...»

Arthur era chinò sulla cucina, stava versando il tè in quattro tazzine, per sé e per i suoi ospiti. Aveva sentito dei rumori e delle voci, quindi, molto probabilmente, Francis aveva già pensato ad accoglierli nella maniera più calorosa.
A quel punto, però, quando stava per portare il vassoio in salotto, si sentì osservato. Arthur era sempre stato sicuro che la sua casa pullulasse di poltergeist, di fate e di altri spiriti che si mostravano soltanto di notte (o quando lui era ubriaco) ma non credeva che potesse mai arrivare a trovarsi faccia a faccia con uno di loro.
Si voltò lentamente, le mani che tremavano sul vassoio e gli occhi vagamente preoccupati, deglutì.
«Kirkland!»
Arthur sussultò e per poco non gli cadde il vassoio dalle mani. Davanti a lui c'era un ragazzone, con gli occhiali storti e un sorriso sbilenco. Se non era il ragazzo di Francis, doveva essere suo fratello. E... Stranamente aveva l'impressione di averlo già visto da qualche parte.
«Ma non sei un vecchio sbavoso.»
«Come, scusa?»
«Ho detto che non sei un vecchio sbavoso!», gli ripeté il ragazzo, urlando. Probabilmente credeva che lui fosse sordo.
«No, spiacente. Se avevi voglia di vederne uno, alla fine dell'isolato c'è un ospizio. Tutti i vecchi sbavosi che desideri.»
Arthur lo superò, diretto in salotto e lasciando dietro di sé l'orlo svolazzante del suo mantello nero.

Avevano cominciato a fargli male le ginocchia circa dieci minuti prima, cioé da quando avevano iniziato a stare immobili ad occhi chiusi senza che succedesse nulla di interessante. Arthur Kirkland canticchiava qualcosa sui marshmallow arrostiti su un fuoco da campo. Per quanto ridicola potesse sembrare, quella canzoncina diventava inquietante quando la si ascoltava al buio, nel bel mezzo di una pseudo seduta spiritica.
Alfred teneva un occhio aperto e fissava ognuno dei presenti. Matthew che stringeva la mano di Francis, Francis che faceva altrettanto e Arthur Kirkland, completamente concentrato sull'invocazione dello spirito, che continuava a cantare. Aveva cercato di capire chi fosse quel Kirkland da quella stessa mattina, mentre parlava al telefono con suo fratello, e infine aveva scoperto che si trattava semplicemente della prima persona che aveva incontrato quel giorno e con la quale non aveva potuto avere il suo colloquio di lavoro. Probabilmente Arthur aveva fatto lo stesso, chiedendosi chi fossero gli sconosciuti che Francis gli portava in casa.
Improvvisamente, mentre fissava Arthur attraverso le lenti dei suoi occhiali, qualcosa in mezzo al tavolo comparve. Era... Era una testa. Una testa sorridente, un naso adunco e un sorriso angelico. Se soltanto non fosse stato per il rubinetto sporco di sangue, Alfred avrebbe potuto addirittura trovarlo simpatico.
«Oh, buonasera!», sussurrò la testa, con uno strano accento, forse russo, «Potresti riferire al signor Kirkland che Braginskj ha finito di preparare tutti i suoi documenti? Vado a metterli ora nel suo ufficio.»
Alfred, la bocca aperta ed un'espressione terrorizzata, annuì.
«Arrivederci, allora», disse la testa, mentre ruotava su se stessa, il sorriso ancora stampato in faccia, e scompariva sulla superficie del tavolo.

Arthur riuscì a percepire, tramite i suoi “infallibili” poteri paranormali, l'agitazione di Alfred dall'altra parte del tavolo e aprì un occhio. Alfred era pallido, aveva gli occhi spalancati e fissi in un punto.
«Che diamine stai facendo, razza di idiota?», gli borbottò contro, le sopracciglia aggrottate e l'espressione seria.
«L-l-lì», Alfred additava un punto apparentemente vuoto, «B-B-B-Braginskj... D-d-d-d-dice che i suoi documenti s-s-s-s-sono pronti.»
Arthur non era sicuro di aver capito, ma poi si ricordò di quella mattina a lavoro, e di Feliciano che lo supplicava di non fargli del male, nonostante fosse un totale incompetente.
«Quando hai parlato con Braginskj, scusa?»
Quando Alfred non rispose, pensò che la cosa migliore fosse portarlo in bagno e cercare di farlo calmare.

Dall'altra parte della porta poteva sentire qualche gemito di Matthew e una risatina da parte di Francis. Alfred scosse la testa e afferrò l'asciugamano che Arthur gli stava porgendo.
«Si può sapere che ti è successo?»
«Niente», mormorò in fretta, lui era un eroe e non poteva confessare di aver avuto paura, «probabilmente deve essere stata la fame.»
Arthur annuì distrattamente, mentre si sedeva accanto ad Alfred e gli frizionava i capelli con un altro asciugamano. Lo aveva accompagnato in bagno e gli aveva infilato la testa sotto il getto di acqua fredda, per farlo riprendere. Alfred fortunatamente era stato in grado di parlare di nuovo dopo qualche minuto.
«E poi la tua voce era inquietante», disse ridacchiando.
Arthur, fingendosi offeso, gli pizzicò la pancia.
«Ricordati che sono il tuo capo e che quindi mi devi rispetto, moccioso.»
«Mh, sai», Alfred prese l'asciugamano dalle mani di Arthur e lo guardò negli occhi, l'espressione stranamente seria e qualche goccia d'acqua che ancora scivolava giù dalle tempie, «ho passato praticamente tutta la giornata a capire chi diamine fossi. Penso che se questa stessa mattina noi due ci fossimo incontrati e tu mi avessi assunto, ora sarei a lavorare per te, invece che qui. Il destino invece ci ha fatto incontrare, fortunatamente per te.»
«Un americano egocentrico? Fidati, ti avrei mandato via prima ancora di conoscerti.»
Alfred rise, passandogli un braccio attorno alle spalle.
«Stamattina, in bagno, non eri così sicuro di te, quando mi guardavi. In un certo senso sembravi... Timido e impacciato.»
Arthur arrossì, abbassando il mento e cominciando a fissare insistentemente il suo mantello nero.
«Finalmente possiamo stare insieme.»
«...Eh?», Arthur si voltò di scatto e lo guardò, inarcando un sopracciglio.
«Mh, sei veramente un vecchio sordo», mormorò Alfred, avvicinando il viso al suo.

   
 
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