La fanfiction partecipa all'iniziativa 2010: a year togheter indetta dal Collection of starlight, con il prompt 318. Senza nome non so più chi sei.
Lacrime
che ci sono, per un uomo che non c'è
C’era
qualcosa di insano nel ricercare ovunque quella splendente corazza;
ogni cavaliere che incontravano lo fermavano e, con voce accorata, gli
chiedevano se fosse il caro Agilulfo, pregandolo di sollevarsi la
visiera. Quando poi, si mostrava loro la misera carne, miseramente
esistente, entrambi –sia Rambaldo che Bradamante- finivano
per sospirare, affranti, spronare il loro cavallo e andarsene, senza
dire una parola.
Ma se in Rambaldo la tristezza era quella dovuta a non trovare un confidente, in Bradamante lo strazio che la divorava era uguale a quello di un uccello che, cercando per il cielo, non riesce a trovare il suo compagno.
Difatti la giovane cavaliera aveva perso non solo un uomo –il suo uomo!- ma anche quell’idea che esso incarnava, quella fantastica personalità che poteva essere incarnata solo da un uomo che, straordinariamente, non aveva carne.
Vagando di villaggio in villaggio, la ragazza, chiedeva se qualcuno l’avesse visto quel cavaliere che non c’era e tutti, credendola pazza, le rispondevano che no, non poteva essere così.
O uno esiste o non esiste.
O uno c’è o non c’è.
Fine della storia.
Ritrovandosi una sera, al calar della notte, da sola sotto un albero dalla corteccia spessa e ruvida, così, affranta, si rivolse all’aria: -oh, mio prode eroe, cosa è stato di te? Cosa è stato della tua corazza brillante e forte? Della tua voce profonda e sincera? Cosa è stato della tua precisione e della tua diligenza?
Ti hanno tolto un nome e, ahimè, io non ti trovo più! Se chiedo del cavaliere che non c’è la gente mi risponde che non ti ha visto, che non si può vedere chi non c’è! Se chiedo giù, all’accampamento, a quei rozzi di soldati mi dicono che non esiste un cavaliere!
Ma io non ci credo! Oh, mio Agilulfo, io non ci credo! Gli altri potranno non riconoscerti senza nome, ma io! Io no! Io potrei vederti e chiamarti, anche se tutti ti disconoscono!-
E così diceva, piangendo e singhiozzando, facendo sì che la sua corazza fredda venisse infranta.
Ormai era calata la sera, e le cose iniziavano a scomparire, i loro limiti si facevano più effimeri e impalpabili e gli occhi della giovane donna vennero toccati dal Sonno.
Cadde, come cadde chi sviene, sfinita –per la prima volta nella sua vita- dall’amore e dalla stanchezza.
Non si accorse che, proprio dietro quella quercia dalla folta criniera stavano fermi i pezzi di un’armatura candida, lustra, sui quali salivano, al passo strascicato che madre natura ha loro donato, lente lumache.
Era notte ormai, e tutto sparì.
Angolo autrice:
scritta in... 10 minuti abbondanti.
Per qualunque domanda, attinente alla storia, a me o agli uccellini che cantano fuori dalla mia finestra, potete usare questo sito e porgermela anonimamente -certo, se vi firmate mi fa ancora più piacere xD- Mi diverto terribilmente a rispondere *-*.
Se volete condividere la storia su facebook -e dubito fortemente di ciò- per favore lasciate un commento o inviatemi una mail o, in generale, fatemi sapere. Grazie.
Ma se in Rambaldo la tristezza era quella dovuta a non trovare un confidente, in Bradamante lo strazio che la divorava era uguale a quello di un uccello che, cercando per il cielo, non riesce a trovare il suo compagno.
Difatti la giovane cavaliera aveva perso non solo un uomo –il suo uomo!- ma anche quell’idea che esso incarnava, quella fantastica personalità che poteva essere incarnata solo da un uomo che, straordinariamente, non aveva carne.
Vagando di villaggio in villaggio, la ragazza, chiedeva se qualcuno l’avesse visto quel cavaliere che non c’era e tutti, credendola pazza, le rispondevano che no, non poteva essere così.
O uno esiste o non esiste.
O uno c’è o non c’è.
Fine della storia.
Ritrovandosi una sera, al calar della notte, da sola sotto un albero dalla corteccia spessa e ruvida, così, affranta, si rivolse all’aria: -oh, mio prode eroe, cosa è stato di te? Cosa è stato della tua corazza brillante e forte? Della tua voce profonda e sincera? Cosa è stato della tua precisione e della tua diligenza?
Ti hanno tolto un nome e, ahimè, io non ti trovo più! Se chiedo del cavaliere che non c’è la gente mi risponde che non ti ha visto, che non si può vedere chi non c’è! Se chiedo giù, all’accampamento, a quei rozzi di soldati mi dicono che non esiste un cavaliere!
Ma io non ci credo! Oh, mio Agilulfo, io non ci credo! Gli altri potranno non riconoscerti senza nome, ma io! Io no! Io potrei vederti e chiamarti, anche se tutti ti disconoscono!-
E così diceva, piangendo e singhiozzando, facendo sì che la sua corazza fredda venisse infranta.
Ormai era calata la sera, e le cose iniziavano a scomparire, i loro limiti si facevano più effimeri e impalpabili e gli occhi della giovane donna vennero toccati dal Sonno.
Cadde, come cadde chi sviene, sfinita –per la prima volta nella sua vita- dall’amore e dalla stanchezza.
Non si accorse che, proprio dietro quella quercia dalla folta criniera stavano fermi i pezzi di un’armatura candida, lustra, sui quali salivano, al passo strascicato che madre natura ha loro donato, lente lumache.
Era notte ormai, e tutto sparì.
Angolo autrice:
scritta in... 10 minuti abbondanti.
Per qualunque domanda, attinente alla storia, a me o agli uccellini che cantano fuori dalla mia finestra, potete usare questo sito e porgermela anonimamente -certo, se vi firmate mi fa ancora più piacere xD- Mi diverto terribilmente a rispondere *-*.
Se volete condividere la storia su facebook -e dubito fortemente di ciò- per favore lasciate un commento o inviatemi una mail o, in generale, fatemi sapere. Grazie.