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Autore: The Green Manalishi    16/07/2010    0 recensioni
Disclaimer: Warhammer40K e nomiassociati sono di proprietà della Games Workshop, ad eccezione dei personaggi di mia invenzione: questa fan fiction non è a scopro di lucro, riferimenti ad episodi e persone sono puramente casuali.
NdAmministrazione: secondo il regolamento, l'introduzione deve contenere un accenno alla trama o una citazione significativa ripresa dalla storia. L'autore deve perciò provvedere a modificare questa introduzione (può contemporaneamente cancellare in autonomia questo messaggio)
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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p>Il mondo di Warhammer 40.000 è molto semplicemente classificato di tipo gotico fantascientifico. L'elemento centrale e più famoso dell'universo di Warhammer 40.000 sono gli Space Marines, anacronistica combinazione di super-soldati fantascientifici e cavalieri fantasy, migliori combattenti dell'Imperium del genere umano, una versione distopica e decadente degli stati intergalattici.

L'ambientazione di questa storia è il Materium, con tutte le azioni concentrate nella Via Lattea. Gran parte di essa è controllata dall'Imperium degli umani, preponderante potenza galattica presente. Altre razze presenti sono gli Orki -una rozza razza pelleverde-, gli Eldar -i precedenti "protagonisti" delle scene nella galassia caduti in rovina per aver ceduto alle pulsioni primordiali di piacere-, i Tau -una giovane e dinamica razza che fonda la sua società sul raggiungimento del "Bene Superiore"-, i Tiranidi -una razza di insettoidi che sfrutta entità biologiche e modificazione genetica per espandere il proprio habitat- gli Eldar Oscuri -rimanenza degli Eldar che si fece corrompere dalle tentazioni del Caos, arrivando perfino a far nascere una divinità malvagia nel corso dei propri rituali-. Una storia dinamica e sparsa per la galassia è possibile grazie ad un separato piano di esistenza, l'Immaterium, comunemente chiamato Warp. Il Warp è descritto come un reame del pensiero, dove i desideri e le emozioni possono prendere forma fisica, e le correnti e i reflussi possono permettere vasti viaggi interstellari, in modo difficile ma pur sempre possibile. In questo reame del pensiero, si nascondono anche sinistre entità. Le più potenti di esse sono le Divinità del Chaos, Khorne (un dio della violenza, della carneficina, della guerra e dell'onore marziale), Nurgle (un dio delle malattie, della putrefazione e della pestilenza), Tzeentch (un dio del cambiamento, della mistificazione, dei sortilegi e, infine, della falsa speranza) e Slaanesh (dio della depravazione, del piacere, del dolore e della decadenza).

Gli dei del Chaos sono il risultato dei più forti impulsi nelle anime vive degli abitanti dell'universo. I loro culti hanno delle relazioni piuttosto dinamiche ed a volte antagonistiche, Khorne si oppone a Slaanesh, mentre Nurgle a Tzeentch. Nurgle è la personificazione della decadenza, Tzeentch dell'evoluzione, Khorne personifica la rabbia e il coraggio, mentre Slaanesh l'epicureo o il sensuale. Questi quattro poteri non sono le sole entità del Warp, ma sono le più grandi e potenti. Come detto, questa è la natura stessa del Warp: oltre l'umana comprensione, veramente inconoscibile.

Lo stesso imperium vanta tra le proprie fila diverse fazioni che hanno il medesimo scopo: la Guardia Imperiale, i sopra citati Space Marine, i Cacciatori di Demoni, i Cacciatori di Streghe, i Cacciatori di Alieni, la Sorellanza, l'Officio Assassinorum e la Legione dei Titani; questi stessi gruppi hanno poi al loro interno "truppe" specializzate e con le proprie caratteristiche speciali come i più famosi: lupi siderali, angeli oscuri, angeli sanguinari e ultramarines per gli space marines; oppure cadiani, vitriani, cataciani, vendolandiani, vostroiani e guardie della morte per la guardia imperiale.

È importante sottolineare che il background di Warhammer 40'000 è un'opera immensamente dettagliata, considerata tra le più curate al mondo.

 

 

 

 

Parte I

“Non mi riesce proprio batterti, eh, Syl?”

Allart sorrise all’amico, scrutando una vecchia scacchiera per Regicidio posta su un tavolo di fronte a lui. Seduto, accarezzava una piccola cagnetta nera trovata pochi giorni prima da alcuni soldati tra le macerie dello spazioporto Amus DA3.
Peggy, così chiamata a seguito di una breve ma confusionaria discussione, era presto diventata la mascotte dell’intero gruppo d’armata.

“A quanto pare non ancora, commissario.”

Sylvan Brute non rivestiva alcun ruolo particolare al di fuori di quello di vessillario, ma era il migliore amico nonché uomo di fiducia dell’ufficiale.
Gli aveva salvato la vita almeno mezza dozzina di volte nel corso della campagna di Seekend e della Tredicesima Crociata Nera, tanto che aveva ricevuto l’onore di portare lo stendardo del 17° reggimento. Era un veterano molto più anziano di Allart, sfiorava quasi i trent’anni di servizio, ma aveva conservato una muscolatura impressionante ed aveva dimensioni tali da poter quasi competere con un nobile adeptus astartes, tanto che le reclute più giovani parlavano ironicamente di come sua madre potesse essere stata deflorata da un Ogryn.
In realtà, si trattava soltanto di una malattia il cui nome era finito disperso nel tempo. Malgrado questa terrificante apparenza, però, egli era un uomo di grande ingegno e sapeva essere un ottimo consigliere per il talvolta troppo impulsivo comandante.

“Beh, credo che adesso sia ora di andare. Se domani sera torniamo interi potresti fare un altro tentativo..”

Il commissario sorrise.

“Sai che non ce ne sarà il tempo.”



Mancavano poco più di ventiquattro ore all’inizio delle ostilità.
Ancora un giorno per dormire e poi sarebbero dovuto tornare all’inferno.
C’era tensione, tra i soldati così come tra gli ufficiali: Un solo giorno e la seconda guerra di Faaris IV sarebbe scoppiata.
Era come se tutti, all’interno del campo Cetriano stabilito all’esterno della colonia Ganimes, sentissero nelle proprie menti e nei propri cuori il trascorrere dei secondi lenti ed inesorabili, del breve giorno che li separava dalla gloria-o dalla morte.
Tuttavia, Black era molto fiducioso circa il risultato della campagna e prevedeva di riuscire a concluderla nel giro di quattro mesi circa.
Ma quante persone avrebbero dovuto morire in quel lasso di tempo!
Si dice che agli occhi del costruttore di imperi gli uomini non siano uomini, ma macchine:
Così era per la maggior parte degli ufficiali che aveva conosciuto.
E allora perché lui li sentiva tanto vicini?
Perché sentiva già i loro spettri chiamarlo nella notte?
Lola non se ne lamentava, ma il commissario era certo che lo avesse notato.
Così Allart non versava una lacrima, ma piangeva nel cuore i propri soldati ancora vivi.
Per sua fortuna, almeno, aveva una donna forte a dargli conforto:
Ma in quei giorni era incapace di pensare ad altro se non a ciò che sarebbe accaduto, e come dargli torto, dal momento che aveva milioni di vite sulle spalle?
Quando i soldati Cetriani erano arrivati sul posto, la cittadinanza li aveva accolti come salvatori della patria.
Allart aveva perciò concesso loro un paio di serate per bere, visitare Ganimes o trovare qualche bella ragazza particolarmente predisposta a dimostrare la propria gratitudine.
Il risultato fu la creazione di un forte legame tra i soldati della guardia e la popolazione Valariana, tanto che, da quanto gli era stato raccontato, ci erano stati addirittura un paio di matrimoni arrangiati in fretta e furia. Povere ragazze, pensava.
Sarebbe riuscito a riportare loro i mariti ancora vivi?
Domande che pesavano come macigni.
Ma come li aveva ammoniti, la pacchia finì presto, ed infatti eccoli lì, tutti schierati ordinatamente al suo cospetto mentre il maresciallo Dejares ed i vari capitani delle compagnie controllavano i propri soldati, tra loro,il capitano “Sledge”.
Il suo era soltanto un soprannome, in quanto proveniente da uno dei reggimenti di Krieg integrati da Cetria e distrutti nel corso delle guerre per poi essere attaccati come toppe a qualche altra armata “ferita”.
La sua patria non si prendeva l’impegno di dare dei nomi ai propri figli destinati al martirio:
Per inciso, infatti, lui era semplicemente l’ufficiale AL-950221, ma i soldati avevano avuto bisogno di un nome da chiamare.
E poi, il suo codice non era proprio semplice da ricordare per della gente che non aveva altro pensiero se non quello di tornare a casa sani e salvi.

“Soldato, il tuo fucile!”

La voce del maresciallo riecheggiònell’aria, spaccando il vetro del silenzio formatosi in quella calda mattinata soleggiata.

“Dov’è il tuo fucile?”

Allart li raggiunse. Un soldato stava a mani vuote, a meno di un metro da lui, il maresciallo rosso di rabbia.

“Venduto, signore.”

Il milite continuava a guardare avanti, lo sguardo perso nel vuoto, pavido ad incrociare gli occhi infuocati del superiore.

“Venduto?”

Ripeté questo allibito, iniziando sin da quel momento a meditare ad una giusta pena da impartire.

“Affermativo, signore..”

Tremava, era pallido in volto.
Forse sarebbe stato congedato con disonore.
Forse sarebbe stato frustato.
Forse sarebbe stato ucciso.
Intanto, il maresciallo lo colpì allo stomaco con violenza allucinante, facendolo cadere in ginocchio con le mani premute al ventre.

“E per quale motivo, sentiamo?”

Silenzio.

“Perché?!”

Gli urlò ancora, quasi ci stesse prendendo gusto.

“Per.. Per comprare.. Del cibo, signore.”

Dejares scoppiò in una risata inquietante e malsana, atta quasi più a scaricare la rabbia che il divertimento.

“Cibo? Per te? Che c’è, il rancio del signor McGüten non è più di tuo gradimento?”

“Negativo, signore. Per.. Per.. Dei bambini, signore.”

Un altro pugno rispedì a terra in soldato che si stava rialzando.

“Loro non.. Non avevano più nulla, signore..”

“Hai smarrito il tuo equipaggiamento, verme! E per questo verrai condannato all’esecuzione somm..”

“Basta così.”

Si decise ad intervenire Allart.

“Ci penserò io a trovare la punizione giusta per lui. Maresciallo, prosegua nella sua ispezione, mi faccia avere il rapporto entro questo pomeriggio. Tu, vieni con me.”



Allart e il soldato camminavano per il campo in silenzio. Il comandante osservò il proprio sottoposto, poteva avere al massimo cinque anni meno di lui.
Ma ciò che lo rendeva superiore al coetaneo, perché lui fosse al comando e lui a morire, gli era ancora ignoto. Era per questo che stava in mezzo a loro, ed il motivo per cui era tanto legato ai propri uomini.
Continuò ad avanzare finchè non giunse ad un punto ove pareva non esserci presenza estranea.

“Tu non hai sbagliato”

Esordì.

“Come scusi?”

“Hai fatto bene a vendere quel fucile. In fondo, che senso ha salvarli dalla morte rapida di un fucile e farli morire lentamente per la fame?”

“Nessuno, Colonnello.”

“Esatto.”

Gli sorrise. Poi estrasse una piccola lama da una sacchetta che portava attaccata alla cintola.

“Aspetta una ventina di minuti, poi ferisciti in fronte e torna sanguinante da Dejares. Digli che ti ho costretto a fare un centinaio di flessioni e poi ti ho preso a pugni. Ricordati di passare dall’armeria per recuperare un’arma, e tieniti pronto per domani. Due pugni ed una cicatrice non ti rendono certo indisposto alla guerra.”



La missione era semplice: Entrare in controllo della raffineria e ricacciare i rinnegati Faarisiani verso le paludi.
Il primo Valkyrie Cetriano giunse rombando nel cielo sopra le teste dei cultisti, bombardandoli con le proprie gondole lanciamissili, riscuotendo un pesante tributo dalla fanteria nemica che veniva falciata senza pietà dai missili a frammentazione sparati dall’aeromobile.
Tuttavia, essi continuavano ad avanzare verso la raffineria, implacabili.
Il Valkyrie venne abbattuto da un proiettile demolitore che uccise tutto l’equipaggio e ben cinque dei passeggeri, lasciando il resto della squadra veterana imbarcata inchiodata tra il rottame del proprio trasporto e l’obbiettivo, con un’orda di cultisti in arrivo.
Il sergente von Stauf gridò con tutto il fiato che aveva in corpo ai propri uomini.

“Rialzatevi, rialzatevi! Per l’Imperatore, non siamo ancora finiti! I rinforzi arriveranno presto.”

Un numero incalcolabile di proiettili danzò davanti ai loro visi.
Il vox della squadra segnalò squillando l’arrivo di una comunicazione.

“Sergente Stauf, qui…Te. Sia…o Sta… Intercettati da alcuni cac…ici.Ragg.. l’obb..”

“Ricevuto, Col..Cap.. Maresciallo?”

Chiuse la comunicazione, confuso, Non sapendonemmeno chi fosse stato a recapitare tale messaggio.

“Stanno ricaricando.. Avanzare verso la raffineria, ora!”

Tuonò nuovamente il sergente.

“Signore, attenzione!”

“Furia” Flames si scagliò sul superiore, facendolo cadere a terra.
Pochi secondi dopo, una carica da demolizione esplose alle loro spalle.

“SANGUE AL DIO DEL SANGUE! TESCHI PER IL TRONO DI KHORNE!”

Il grido furioso dello zelante cultista solitario che li aveva raggiunti echeggiò in tutta la vallata, prima che esso venisse falciato dal volume di fuoco incrociato dell’intera squadra.

“Veloci, dentro la raffineria. Resteremo lì fino all’arrivo dei rinforzi, non posso combattere una guerriglia con cinque soldati”

Quanto tempo passarono lì dentro, a nascondersi dai cultisti? Forse minuti, forse ore. Stauf fissava il pavimento, seduto contro ad un muro.

“Signore”

Lo chiamò il soldato Wayne

“Arrivano!”

Il veterano indicò il cielo visibile da una finestra con un sorriso stampato sul volto.
Due compagnie del 17° vennero paracadutate sulla pianura, la prima alla guida del commissario Black stesso, la seconda al comando del Maresciallo Dejares.
Lola von Brecth stava in mezzo ai fanti, ripetendo ad alta voce gli ordini dei comandanti in un’orgia incomprensibile di spari ed esplosioni mentre i soldati appena arrivati avanzavano verso l’orda caotica paralizzata.
Il comandante rinnegato sbraitò, urlando ordini ai propri sottoposti, i quali però non lo ascoltavano più:
In meno di un quarto ‘dora, il culto era in fuga.
Allart scese dal proprio Valkyrie assieme a Brute e ad una squadra veterana, affiancato da un’altra squadra specializzata nell’uso dei lanciafiamme che ripulì velocemente la zona piena di cultisti.
Il Demagogo tentò la fuga, ma venne colpito al ginocchio da un proiettile laser vagante.

“Prendentelo”

Ordinò privo di entusiasmo

“E fatelo interrogare per tutta la notte. Se saprà dirci qualcosa, tenentelo in vita, potrà esserci utile. In caso contrario, non esitate a fucilarlo”

Mentre parlava, osservava il generale nemico strisciare ferito nel fango. Non aveva chance, e questo lo sapevano entrambi.

Parte II

“Dimmi il senso dell’obbedienza.
Dimmi il senso della tua angoscia, o quello del dolore che ti porti appresso da due giorni per quel foro nella spalla.
Spiegami per quale ragione continui a sopportare di veder morire coloro che ripongono in te la propria fiducia, e ne trascini nella polvere i cadaveri per tutto il campo di battaglia.
Tu non resisti più, vero?
Certo che no.
Lo sappiamo entrambi.
Perché continui a mentire a te stesso?
Tu non sei tagliato per questo ruolo.
Non sei fatto per obbedire senza pensare…
Questo lo hai sempre lasciato fare agli altri.
A loro, a quei cani che mandano dei bambini a correre sui campi minati per rendere sicuro il proprio passaggio, mascherando il proprio desiderio di sangue con una malsana e malriposta parola.
Questa parola la ha trovata qualcuno molto tempo fa.
Fede.
Ah, ah!
Non era questo che voleva Lui, sai?
Lui vi voleva liberi da queste credenze..
Da queste superstizioni..
Dalla Fede.
Ma voi non avete capito.
Il bisogno di dare qualcosa in pasto alla massa famelica che avete radunato era superiore.
E avete fatto di un eroe un Dio.
Potremmo rivelarti cose che distruggerebbero tutto ciò in cui credi..
Oh, no, scusa.
In realtà tu non credi.
Tu fai e basta.
Non ti sei mai attaccato alla parola fede, no.
Tu hai scelto di aggrapparti ad un altro termine.
Dovere.
Dovere di salvare più gente possibile dalle tremende carneficine in cui conduci i tuoi soldati tutti i giorni.
Desiderio di proteggere chi ne rimane coinvolto inutilmente.
Questo ti costerà caro, sai?
A loro non piacciono i tipi come te.
No, no signore.
Nemmeno un po’.
Tu sei troppo buono, non sei mai stato adatto a fare ciò che loro pretendono da te.
Sei divertente..
Direi anzi comico.
Probabilmente se tuo padre non fosse stato un colonnello tu saresti diventato uno schiavo.
Magari una sottospecie di contadino, se favorisci una visione più rosea.
O forse saresti riuscito a tirare fuori l’orgoglio e gridare a tutti le tue idee.
Quelle che nascondi a tutti con tanta cautela.
Non ti piacerebbe poterne parlare…?
Almeno con lei?
Sì, lei, quella donna che adesso dorme al tuo fianco, splendidamente immersa tra i cuscini che voi ipocritamente avete preteso ai danni di qualche poveruomo.
Cos’è, non ti fidi?
Temi la sua reazione?
Parla, uomo, parla, poni fine al tuo silenzio che ti consuma dall’interno ogni giorno di più.
Lei ti seguirebbe, fidati di me.
Anche gli altri ti seguirebbero:
Hai la loro fiducia.
Brute, Dejares, Sledge, Stauf.
Stravinsky,Chandrilla, Pentelias, Fritz. .
Verrebbero con te, se tu decidessi di ribellarti alle imposizioni di questo Impero corrotto e decadente.
Potresti prendere i tuoi uomini ed iniziare a fare realmente del bene.
Non è forse ciò che vorresti?
Fallo.
Hai il nostro supporto.
Tutto è già stato visto:
Tu lo farai, e con grande successo.
Io lo so.
Noi lo sappiamo.
Non ci credi?
Prova!
Che cosa ti costa, uomo?
La tua vita è così fragile e priva di valore, adesso…
Cosa avresti mai da perdere?
Non i tuoi uomini, te lo ho già detto.
E nemmeno la tua donna.
E’ questo, tutto ciò che conta per te, no?
E allora difendilo.
Difendi tutti loro come meglio puoi, anziché portarli avanti in cariche senza speranza nel nome di un cadavere putrescente.
Di un uomo che è stato frainteso…”

Allart si svegliò di soprassalto.
Solitamente i sogni vengono scordati sin dal momento del risveglio, ma le parole di quella voce così…
Coinvolgente rimbombavano nella sua mente come l’eco di un urlo d’orrore senza luogo né tempo.
Non rammentava il discorso, ma il significato dello stesso era rimasto saldo nel cuore del commissario.
Per quanto odiasse doverlo ammetterlo…
Quella voce aveva ragione.

“Ricorda le mie parole, uomo...”

Sì agitò nel letto, cercando la provenienza della voce con lo sguardo ormai spento e perso nel buio.
Sentì Lola muoversi sotto le coperte, assopita.
La guardò.
Era stupenda..
Il suo angelo.
Per un attimo, scordò la voce, concentrandosi sul suo viso radioso, su quella luce nell’oscurità.

“Ci risentiremo molto presto.
E sappi che Io ti vedo.
Non per ciò che fai, ma per ciò che sei.
Destinato a qualcosa di diverso.”

“Che cosa succede?”

Gli chiese lei, stanca e al contempo stupita dall’espressione sconcertata che era comparsa sul volto del commissario.

“Non… Non hai sentito nulla?”

“Che cosa avrei dovuto sentire?”

“Niente… Niente. Sono solo un po’ stanco..”

La abbracciò, cercando di rimettersi a dormire.

“Ti vediamo.”


Parte III

Dopo aver supportato la caccia ai cultisti fuggiti nelle paludi del sottosettore A4 per una manciata di giorni, il commissario Black e le varie compagnie paracadutiste che lo avevano seguito nella prima battaglia si ridiressero verso la colonia di Sancti Thor, fatta eccezione per il capitano “Sledge” che dovette restare per una settimana ancora a supervisionare la propria compagnia intenta a ripulire le paludi dalla feccia caotica.
Lo spostamento fu dovuto ad un imminente offensiva caotica verso la raffineria Gales, passando per Thor, infatti, il comandante poté rifornire le proprie truppe prima della impegnativa difesa.
Nella mattinata era stato avvistato un gruppo non troppo nutrito di avanguardie caotiche, carne da macello che sarebbe divenuta preludio della battaglia imminente.
Black raccolse alcune squadre di volontari da guidare personalmente per dare loro il benvenuto, appostandosi con i propri soldati tra il fitto fogliame del sottosettore.
Non appena la prima squadra di cultisti giunse a portata di fucile, i Cetriani si alzarono dalle proprie coperture sommergendoli di fuoco laser per poi tornare nuovamente tra gli alberi, mentre i caotici rimasti in piedi caricavano a testa bassa.
Quando le prime granate d’assalto costrinsero le guardie imperiali ad uscire dalle proprie coperture, essi non poterono fare altro che subire il violento assalto delle controparti caotiche.
Tra la mischia, Allart riconobbe una figura distinta:
Un vecchio uomo dal profilo ricurvo, dagli occhi e i palmi delle mani aperte traboccanti di energia, avanzava sicuro in sua direzione assieme a cinque cultisti dotati di lanciafiamme, probabilmente la sua guardia del corpo.
Lo zelante commissario non esitò a scagliarsi in sua direzione, seguito da un paio di soldati vicini ed il fido vessillario Brute, ma venne scagliato a terra con facilità dai terrificanti poteri demoniaci dello psionico traditore mentre i suoi uomini proseguivano nella controcarica.
Si rialzò e tornò correndo verso lo scontro, ancora dolorante, ma deciso.
Il primo ad accorgersi di lui fu uno dei cultisti che puntò il lanciafiamme in sua direzione, ma Allart fu più rapido ad aprire il fuoco con il proprio requiem che donò una sublime doccia di sangue a tutti i combattenti vicini.
Osservò per l’ennesima volta la semplicità con cui Brute troncava il collo di un traditore prima di balzare addosso allo psionico, cogliendolo di sorpresa.
I due rotolarono per terra per alcuni metri, e facendolo Allart perse la propria spada tra il fogliame, così come il demagogo perse il proprio bastone:
Fu quindi istintivo colpirlo con un pugno sul naso, poi con una testata nei denti ed un colpo con il caricatore della pistola requiem nel viso.
Il caotico stordito riuscì ad esercitare un campo di forza che fece rotolare all’indietro il commissario, azione che concedette al primo il tempo di rialzarsi e recuperare il bastone.
Allart sparò ancora in ginocchio verso la gamba dell’avversario, il quale cadde a terra ferito.
Poco dopo, la sua gamba esplose lanciando per aria pezzi informi di carne ed ossa:
Il commissario amava la propria pistola.
Aveva fatto modificare personalmente i propri proiettili aumentandone il potenziale esplosivo, amplificando così l’esplosione prodotta dagli stessi una volta penetrati nel corpo di un nemico.
Il caotico urlò, sopraffatto dal dolore, e Black non esitò a puntare alla testa.
Un clangore metallico, seguito dal silenzio.
Poi le sue orecchie accolsero un nuovo rumore.
Ossa spezzate dall’interno.
Gli piaceva.
Tuttavia il momento di gloria durò poco, poiché il commissario venne colpito alla spalla destra da un proiettile vacante che lo riportò alla realtà.
Strinse i denti.
Vedendo il proprio comandante sconfitto, i caotici si ritirarono lentamente, inseguiti da alcuni Cetriani insoddisfatti che falciavano facilmente con le loro armi vigliacche.
Allart si guardò intorno, gli era rimasta una dozzina appena di soldati:
Dovevano lasciarli andare.
La cosa migliore che poteva fare in quel momento era tornare a Sancti Thor e riprendersi in fretta per organizzare le difese: Quello scontro era stato soltanto un piccolo antipasto del massacro che stava per giungere.

Parte IV

I conti non tornavano.
Era passata una settimana da quando Allart aveva sentito per la prima volta quella voce ultraterrena nella propria testa.
Non era più accaduto.
Forse si era trattato soltanto di un’allucinazione prodotta dallo stress accessivo, ma lui non riusciva a convincersene.
Era stato tutto così…
Reale, ma onirico al tempo stesso.
Era avvenuto nella notte prima di un previsto attacco del chaos allo spazioporto Amus DA3, anticipato da una rapida guerriglia in cui il commissario aveva riportato una leggera ferita alla spalla sinistra.
Le forze avversarie erano state viste avanzare verso di loro, non erano fuggiti.
Ma erano spariti.
Così, nel nulla:
Se ne era persa ogni traccia.
Allart aveva fatto perlustrare scrupolosamente la zona circostante per molte miglia al fine di evitare un attacco a sorpresa, aveva tenuto le truppe pronte per tutta la durata di quei sette giorni, ma nulla era avvenuto.
Il commissario stava da solo, su un balconcino del centro di comando che dava una meravigliosa vista sui verdi boschi di Valar, e si interrogava su come un esercito potesse sparire così, rimproverandosi di non riuscire a venire a capo della questione.
Sentiva che sarebbe stato fregato da uno dei loro comandanti.
Si sentiva impotente.

“Vuoi le risposte, uomo?”

Un fremito.
Eccola nuovamente…
La voce.
Sentì le orecchie fischiare ed il battito del cuore accelerare non appena essa pronunciò la propria prima parola.
La aveva riconosciuta subito, dal primo momento.
Non aveva dimenticato neanche un dettaglio.

“Chi sei?”

“Una voce nella tua testa. Allora, Commissario, vuoi sapere?”

“E’ opera tua?”

Attimi di silenzio.
Una gelida risata.

“Cosa ti fa credere che io sia così potente? Te lo chiedo per l’ultima volta. Vuoi la canoscenza, Allart?”

“E perché dovrei fidarmi di te? “

“Beh… Perché non dovresti, piuttosto?”

Qualcuno lo raggiunse.
Si voltò.
Brute.
La voce svanì così come era arrivata.

“Tutto apposto?”

Gli chiese.
Ad un osservatore esterno poteva risultare disarmante il tono confidenziale che l’alfiere utilizzava con il proprio ufficiale, ma nessuno nel reggimento ci faceva ormai più caso.
Lentamente anche il resto del gruppo d’armata vi si era abituato.
In fondo, se il commissario si trovava lì in quel momento non poteva che essere merito suo.
O colpa sua, a seconda dei punti di vista.

“Sì Brute.. sì..”

“E la ferita alla spalla?”

“Sto bene.”

L’ alfiere sospirò, guardando verso terra. Il suo amico non stava affatto bene.
Lo sentiva.
Trasudava un’aura di inquietudine mai vista prima, era come se la preoccupazione non spiegata dell’uomo potesse quasi essere toccata con mano.

“Hai qualcosa da dirmi, Syl?”

“Beh, la commissaria Von Bretch mi ha mandato a dirti di raggiungerla all’entrata del bosco a nord-ovest… Sembrava… Spaventata, ansiosa.”

Allart annuì poco convinto, avviandosi verso l’esterno.
Nel farlo diede una pacca sulla spalla all’amico, che lo osservò andarsene con sguardo preoccupato. Sylvan inizava a non capire più che cosa stesse accadendo.
Entrambi i suoi commissari , solitamente figure rigide ed impassibile, erano in crisi, benché cercassero di mostrarlo il meno possibile.
Situazione quantomeno interessante, dal punto di vista di una guardia imperiale.




“Lola…”

La giovane donna, che fino a poco prima si trovava di spalle, si voltò lentamente.
Si fissarono a lungo, senza proferire parola.
Nessuno dei due sapeva cosa l’altro potesse avere in testa, eppure era come se la malinconia fosse condivisa, come se si capissero pur non conoscendo le ragioni del cruccio altrui.

“Mi stavi cercando?”

Lei esitò.

“Sì.”

Non disse altro per diversi, lunghi momenti in cui i due continuarono a scambiarsi sguardi devastati, resi ancora più gravi trovando la propria espressione riflessa sopra gli occhi altrui.

“Io… Io credo di…”

Si mise a piangere.
Il commissario si accigliò, non comprendendo.
Si avvicinò a lei, avvolgendone le spalle con il braccio illeso e stringendola a sé senza forza.
Attese alcuni secondi ancora, sospirò.

“Allart… Io… Vorrei Josephine qui con me. Ho… Ho bisogno di lei. So che può sembrare una richiesta stupida, ma… E’ l’unica persona in grado di aiutarmi, adesso.”

“Aiutarti… A fare che cosa?”

Non rispose, ma lo abbracciò immergendosi completamente nello scuro cappotto d’ordinanza, la fronte appoggiata ad una breve serie di medaglie e stemmi del commissariato cuciti con cura.

“Io…”

Le accarezzò i capelli, cercando di farla calmare e darle il coraggio di parlare. Non capiva…
Ma questo nuovo atteggiamento di Lola lo preoccupava e lo incuriosiva allo stesso tempo.
La sentì respirare profondamente, Lei gli gettò le braccia attorno al collo.

“Io aspetto un bambino, Allart.”


Parte IV



“Lola, nostro figlio è una benedizione… Non voglio che le due persone più importanti della mia vita restino qua in balia di continui attacchi caotici.
Per favore, torna a Mordia, da Josephine…
Almeno per un po’.
Almeno finchè non sarà nato il bambino…
O la bambina.
Lei potrà sicuramente aiutarti e capirti meglio di chiunque altro che si possa trovare qui..”

“No…
No, non ne ho la benché minima intenzione, Allart…
Voglio stare qui.
E’ il mio dovere nei confronti dell’ Imperatore, e…”

“Fanculo all’Imperatore!”

Un fulmine a ciel sereno.
Ecco come si presentò la risposta del commissario alle orecchie della compagna.
Black stesso risultò sorpreso della propria frase.
Era stato come…
Come se non fosse stato lui a parlare, ma una voce esterna avesse urlato i suoi pensieri spingendoli fuori dalla mente e rendendoli parola.
Sì sentì profondamente in imbarazzo, tacette.
Lola, dal canto suo, non sapeva che cosa dire.
Semplicemente…
Non si sarebbe mai aspettata una simile reazione.

“Voglio solo starti vicina…”

“Hai visto?
Non è così difficile.”

La voce.
Come già accaduto nei giorni precedenti, le orecchie iniziarono a fischiare, la vista si offuscò.
Iniziò a faticare nella respirazione.

“Ehi, stai bene?”

Non appena la commissaria pronunciò la prima parola della propria frase, tutto sfumò.
Sembrava che la voce svanisse all’arrivo di espressioni esterne.

“Sì… Sto bene, scusami.”

“Sicuro?”

“Non ti preoccupare…”

“Sei strano, ultimamente…”

“Pensiamo alle cose importanti…”

“La tua salute per me lo è.”

Rispose lei, grave.
Allart tacette per l’ennesima volta.

“Ho l’Impressione che tu mi stia nascondendo qualche cosa..”
Proseguì.

“Ti svegli urlando tutte le notti… Talvolta ti ascolto mentre parli da solo, gridando al nulla di sparire, di lasciarti stare…”

Lui esitò, sentendo lo sguardo dell’altra pesare sul proprio viso.
Inspirò a testa bassa.
Glie lo avrebbe detto?

“Lola, io…”

Avrebbe davvero trovato il coraggio di farlo?

“…Sono soltanto nervoso, ultimamente.
Lo sai, te ne ho già parlato.
Tutta questa responsabilità…
Mi agita, mi agita enormemente.”

“Non mi prendere in giro, maledizione!”

Urlò contro di lui, muovendo di istinto alcuni passi in avanti.

“Calmati…”

“No, Allart, no! Voglio che tu me lo dica… Ora!”

Tentennò, aprendo leggermente la bocca in un movimento inconscio o istintivo.
Non aveva più scelta.
Si appoggiò ad un albero, tolse il berretto dal capo.
Attese alcuni secondi, fissandola negli occhi.

“Io…
Non posso…”

“Dimmelo.”

Non poté più opporre resistenza allo sguardo della donna, uno sguardo fiero dietro al quale si trovava una mal celata disperazione.
Senza rendersene conto, si morse il labbro inferiore con tale forza da farlo sanguinare.
Mandò giù il proprio sangue.
Il sapore matallico lo confuse, ma gli diede una sorta di coraggio.

“Sento…
Sento una v…”

“Colonnello, ordini dal dipartimento”

Lo interruppe il maresciallo Dejares, raggiungendoli di corsa, sostenendo una velocità impressionante.

“Ci è appena stato ordinato di spostarci immediatamente attraverso il settore numero sette, Mecadon, invaso dagli Orki, e recuperare la Ars Machina per il Mechanicus..
E’ un punto vitale per la creazione di corazzati ed il mantenimento di tutti gli altri presenti sul pianeta.
Dopo di che dovremo raggiungere Castrum Praetorio, conquistare il cannone Voce dell’Eternità e stabilire una nuova base per attaccare Strige nel tentativo di sottrarla dal controllo caotico.”

Esitò.
Guardò Lola per un istante, come per giustificarsi.
Poi si voltò verso Dejares.

“Mh.
Il terreno di Mecadon è sabbioso e infidamente instabile…
Non possiamo permetterci di paracadutare le truppe, finirebbero per piantarsi nel terreno fino al collo, senza contare le tempeste di sabbia costantemente presenti…
Non voglio nemmeno immaginare la fine che faremmo attraversando il settore a bordo dei nostri aeromobili.
Metti in marcia l’armata, fai preparare un Valkyrie per la commissaria e falla accompagnare da una degna scorta.
Dì loro di evitare Mecadon e Mineris e di passare sorvolando su Vreda e Numea.
Il 17° ed il 9° dovranno scendere dai propri trasporti al confine di Valar e proseguire a piedi..
Sarà un inferno.”

“Sì, Signore.
Oh, e..
Il 17° Reggimento vi offre i propri più sinceri auguri, signore.”

Annuì, dopo di che il maresciallo si congedò con un perfetto saluto militare ritirandosi a passo spedito.
Non era ancora sparito dalla loro vista quando cominciò a sbraitare lanciando ordini a destra e a manca.
Lola attese che il compagno proseguisse il discorso, ma le proprie speranze non giunsero a compimento.

“Tu andrai direttamente a Castrum Praetorius, Lola. Ci vediamo là.”

“Mi devi ancora delle spiegazioni!”

“Hai sentito, dobbiamo andarcene subito.
Ti spiegherò tutto quando avremo più tempo, te lo prometto…
Stai tranquilla, non ti preoccupare per me.
Pensa piuttosto al bambino…”

La baciò per un lungo istante prima di andarsene verso i propri uomini in un tangibile stato di malumore.
Lei allungò un braccio, come per afferrarlo.
Sospirò.
Venne raggiunta dopo alcuni minuti dal tenente dell’aria Dowding, che le porse il medesimo saluto offerto da Dejares in precedenza, impeccabile.

“Commissaria, sono appena stato incaricato dal Mar…”

“Sì, lo so.”


Parte VI

Allart osservava cupo la scena della propria vittoria.
Giunto al confine tra Valar e Mecadon, il gruppo d’armata in marcia verso quest’ultimo era stato fatto preda di un’imboscata delle forze del chaos appartenenti alla banda da guerra Bestie dell’Annientamento supportate da un’estesa Waagh orkeska.
Per sorte o per fortuna, le forze della FDP presenti nella vicina Colonia Salice ricevettero in tempo la richiesta di aiuto e marciarono in soccorso dei cetriani.
Tuttavia, il commissario si scoprì a disprezzarli profondamente.
Non si erano dimostrati altro che un branco di conigli al comando di un incompetente ufficiale, che, pretendendo di imporre la propria tattica scantonata era quasi arrivato ad attaccarlo fisicamente.
Patetici…
Ecco dimostrata la differenza tra la gloriosa guardia imperiale e quei rifiuti casalinghi.
Inutile dire che molte teste erano state fatte saltare da Allart in persona, ufficiale incluso.
Lo aveva trovato molto più facile, rispetto a dover eseguire uomini del proprio reggimento, cosa che faceva soltanto in casi estremi.
Nonostante ciò, i poderosi carri del 41° Corazzato Cetriano avevano abbattuto i trasporti nemici dalla distanza, lasciando le truppe nemiche appiedate a correre sotto pesanti bombardamenti.
Un massacro.
Le poche truppe che giungevano alle squadre appostate sulle colline venivano falciate dai colpi di fucile laser dei numerosi fanti o dalle violente manate degli Ogryn della FDP, gli unici ad aver dimostrato, paradossalmente, un minimo di valore.
Ma soprattutto, verso la fine dello scontro, una ridotta forza Eldar era giunta in loro soccorso massacrando Orki e Astartes senza distinzione per poi sparire nuovamente nel nulla mentre le guardie imperiali finivano i nemici rimasti a terra feriti o in fuga.
Allart non riusciva ancora a spiegarsi la ragione di tale intervento.
Che cosa erano venuti a cercare?
Perché non avevano attaccato i suoi uomini?

“Siamo pronti per rimetterci in marcia, signore”

Gli fece notare Brute, avvicinandosi con l’asta del logoro stendardo cetriano poggiata sulla spalla.
Annuì.

“Molto bene”

E così erano ripartiti alla mattina successiva.
Erano entrati a Mecadon senza troppe difficoltà, tralasciando le numerose tempeste elettromagnetiche o sabbie mobili che di tanto in tanto si presentavano ad interrompere il tragitto delle guardie imperiali.
Numerosi soldati erano morti di fame o di sete nel deserto del settore, e giunsero a destinazione soltanto i soldati più ostinati, coraggiosi o folli.
Più di una volta il commissario aveva dovuto interrompere con la violenza brusche liti per le borracce che portavano ancora alcune gocce d’acqua e aveva dovuto osservare con sommo disprezzo come i suoi nobili soldati si fossero tramutati in sciacalli all’interno di quel deserto di polvere, rubando qualsiasi cosa dai cadaveri di quei poveri disgraziati che avevano mollato la spugna, addirittura foto personali.

“Obiettivo in vista, commissario”

L’alto gotico di Sledge aveva sempre avuto un accento molto strano agli orecchi di Black o dei fanti cetriani, fatto dovuto alle origini del capitano.
Allart annuì, facendo cenno al sottoposto di passargli il binocolo che teneva tra le mani rivestite da neri guanti di pelle.
Scrutò l’orizzonte.
Obiettivo in vista?
In realtà si poteva scorgere solamente la figura dell’enorme complesso un tempo posseduto dai Tecnopreti di Marte, adesso avvolto dalla sabbia che si scatenava in una tremenda tempesta.
Sulle sommità degli edifici principali, il colonnello poteva scorgere delle figure magre e ricurve.
Erano stati avvertiti circa la presenza di Orki nel settore..
Ma quelli non potevano essere pelleverde.
Fece cenno di fermarsi per attendere.
Attesero a lungo che la tempesta cessasse, pazienti.
I soldati resistevano stoici, decisi a non mollare proprio in quel momento:
Ma poteva farli combattere?
Non aveva altra scelta.
Avanzarono con cautela tra le dune, seguiti da numerosi corazzati Leman Russ e trasporti Chimera per le truppe e gli ufficiali più fortunati.
Allart aveva deciso di comune accordo con Brute di cedere il proprio ai pochi feriti superstiti dello scontro precedente, che ovviamente sarebbero rimasti nelle retrovie durante l’invasione.
Il comandante dei corpi di redenzione, tale colonnello Worden , aveva ricevuto l’ordine di andare in avanscoperta con i propri detenuti, ma il gruppo d’armata non aveva più ricevuto notizie:
Probabilmente quei pazzi avevano ucciso il colonnello ed erano fuggiti tra la sabbia, o, in alternativa, potevano essere tutti morti negli stenti del deserto.
Quando la polvere e la sabbia si depositarono nuovamente a terra li videro.
Cultisti.
Per l’ennesima volta!
Dovevano aver conquistato la posizione dagli Orki mentre il gruppo d’armata era in marcia in loro direzione..
Ordinò ai fanti di posizionare le armi pesanti.
I Leman Russ si fermarono , prendendo a tuonare morte contro i ripari dei cultisti:
Poco contava distruggere edifici, tutti gli Imperiali presenti avevano imparato a proprie spese che contro le forze del chaos vi era un solo criterio ragionevole: Lasciare in mano loro il meno possibile.
Così avrebbero fatto.
Numerosi eretici lasciarono i propri rifugi urlando per il terrore causato dai colpi di una coppia di Leman Russ Eradicator mentre i più coraggiosi tra i rinnegati avanzavano a bordo di chimera dagli scafi ormai tristemente irriconoscibili.

“Abbattetelo!”

Sbraitò alle due squadre di fanteria più vicine, indicando con la spada ad energia due chimera particolarmente chiassosi in avanzamento verso di loro.
I colpi di cannone laser sfrecciarono nell’aria concedendo appena il tempo ad una decina totale di Ogryn Khorniti di fuoriuscire dai trasporti prima che essi esplodessero sgraziatamente.
Si alzò nuovamente la tempesta:
Gli Ogryn avanzarono verso di loro, coperti.
Una delle squadre al suo fianco non vide l’origine dei proiettili di largo calibro che strapparono cinque vite dalle sue fila, e sotto lo sguardo del commissario, fecero per voltarsi.
Il sergente Gorbeink andò quasi a sbattere il viso contro la pistola requiem di Allart, mentre Brute continuava a sbraitare gli ordini dell’ufficiale a destra e a manca.

“Tornate a combattere.
Potrete indietreggiare soltanto quando sarò io a darvene il permesso, e se ne sarà davvero il caso, potete essere pur certi che non esiterò a farlo.”

I bestioni divennero visibili al placarsi della sabbia, soltanto per venire sommersi dall’ordinato fuoco laser dei fanti imperiali e dal tiro coordinato dei due Eradicator.
Un bestione testa d’osso rimase però in piedi e caricò il nemico più vicino a sè:
Allart.
Il commissario sentì lo scoppio lontano di un veicolo caotico, abbattuto dal Vanquisher alle loro spalle, pochi secondi prima che il bestione gli saltasse addosso.
Portò avanti la spada, risoluto.
Il mostruoso rinnegato la affondò come se nulla fosse stato nella propria pelle lorda di sangue, alzando il braccio per colpire l’avversario facendo leva sulla mera forza fisica e puntare al collo per spezzarlo con un potente mal rovescio.
Purtroppo per lui, il suo piano, fin troppo astuto per uno della sua specie, non giunse mai a compimento, interrotto da un proiettile requiem in mezzo agli occhi.
Allart chiuse i propri mentre il suo viso veniva sommerso dal sangue e dalle cervella dell’essere deforme.

“Smontate le armi pesanti ed innestate le baionette.”

Urlò calmo ai propri soldati in ascolto

“Preparatevi ad assaggiare nuovamente l’essenza del chaos sulla vostra anima.
Lo avete fatto molte volte, e non mi avete mai deluso.
Tutto quello che vi chiedo è di dimostrare una volta ancora la nostra superiorità a questa feccia traditrice:
Maggiore sarà il nostro impeto nell’ assaltarli, più grande sarà il loro nel fuggire riconoscendo i nostri simboli!
Avanti, dunque, verso la gloria!”

Con un urlo di sfogo i soldati percorsero la duna guidati dal proprio generale, raccolti attorno al vessillo cetriano che sventolava lacero e glorioso nell’aria di Mecadon.
Giunsero all’interno del complesso industriale solo per trovarlo già assaltato dai detenuti di Worden, che massacravano la feccia caotica in rotta con il la medesima violenza con cui un cane sbrana un osso polposo:
In fondo, a loro bastava pensare che ogni coltellata sarebbe equivalsa ad un minuto di libertà in più.
Nel giro di un’ora la presenza caotica nella zona strategica venne interamente estirpata dalla carica dei Cetriani e dei loro insani ma preziosi alleati, la loro sporca bandiera piantata sulla cima della costruzione più alta per gridare a tutti le coraggiose gesta appena compiute dai figli di un mondo piccolo e dimenticato.




“Comandante”

La voce giovane e squillante del tenente Gutredn dei corpi di redenzione distolse il commissario dai propri pensieri dedicati al proprio futuro.

“Commissario, vorrei sottoporre alla vostra attenzione il detenuto Fy-862, precedentemente conosciuto con il nome di Rudolf Axelgher.
Ha fatto a pezzi un plotone di rinnegati con le proprie mani e sostiene di dovervi parlare urgentemente circa questione di massima segretezza tra lei e la sua persona…
Richiesta che non è stata assecondata dal colonnello Wobben, ma ritenevo che sarebbe stato meglio in ogni caso informarla di questo…
Soltanto per avvertirla di stare attento.
Come avrà capito, tra tutti i pazzi che maneggiato quotidianamente lui è uno dei peggiori.
Grazie per l’attenzione, colonnello.”

Il giovanotto fece per andarsene.

“No, aspetta.
Voglio parlare con lui.
Qualsiasi uomo in grado di rispedire così tante anime corrotte alle loro assurde divinità si conquista di diritto il potere di parlare con chiunque egli desideri all’interno del mio gruppo d’armata.”

“Come desidera, signore.”


E così adesso era di fronte a lui.
Il detenuto Fy-862 aveva ancora le vesti stracciate e gocciolanti sangue e respirava a fatica, trascinando fastidiosamente i propri abiti avanti ed indietro in un movimento frenetico che cominciava ad infastidire il commissario.
Aveva richiesto un incontro privato, e nonostante tutti i sottoposti lo avessero raccomandato di non fidarsi, Allart aveva voluto ascoltare il legionario.
La pistola requiem era stretta in pugno e pronta a fare fuoco a qualsiasi evenienza.
Controllava scrupolosamente i movimenti di quello strano figuro, accertandosi di non esporgli mai le spalle e di non averlo mai ad una distanza minore di tre metri.
Di colpo il detenuto di fermò, fissandolo negli occhi con uno sguardo di ghiaccio che si fece largo nell’anima del commissario come una lama si fa spazio tra la morbida carne.
Parlò, muovendo rapidamente le labbra secche e screpolate.

“Anche lei le sente, sì, signore?
Loro me lo hanno detto.”

Parte VII

Spalancò gli occhi per la sorpresa.
Fy-862 gli fece un mezzo sorrisetto, divertito.
Iniziò ad avvicinarsi lentamente a lui, che alzò la pistola, diffidente.
L’uomo si fermò di colpo, fissando l’arma.

“Commissario, lei non capisce…
Loro sono nostre amiche.
Le voci…
Dobbiamo farci dominare dalle voci.
Le hanno detto del plotone, sì?”

Allart annuì, fissandolo con diffidenza.

“Come diavolo crede che un poveraccio come me possa aver fatto una cosa del genere?
Sono state loro.
Pensi per un istante a quello che sono riuscite a far compiere a me…
E capirà che con il loro potere in mano lei non avrà limiti.
Me lo hanno detto loro, sa?
La bramano.
Vogliono esaudire i suoi desideri.
Basta chiamarle, e loro arriveranno per lei…”

Sarebbe stato suo dovere di puntare alla testa e premere il grilletto.
Ma si fermò.
Poteva essergli utile…
Forse poteva dargli delle risposte.

“Sono demoni, non è così?”

“Demoni?
Hahahahahahahaha!”

La risata del detenuto venne stroncata da un potente cazzotto nei denti che lo fece finire a terra.
Sputò due di essi con allarmante tranquillità, osservandoli per qualche istante prima di rialzarsi.

“Inizia a perdere il controllo, signore?”

Si mise nuovamente a ridere.
Allart lo puntò nuovamente, guardandolo negli occhi.

“Rispondi alla mia domanda.”

“Oppure?
Spara?
No, non lo farà mai.
Le sono troppo utile.
Io ho le risposte..
Solo io.
Se dovessi accidentalmente morire, beh…”

Sparò al ginocchio.
La linfa vitale del detenuto schizzò per la cella, sporcando gli stracci del legionario penale e la divisa del commissario.
Egli urlò disperato, cercando di afferrare incredulo l’aria dove una volta si trovava il suo stinco.
Fissò Allart con occhi colmi di terrore.
Poi gridò furente strisciando impacciatamente verso di lui, che lo allontanò con un calcione.

“Parla o ti faccio saltare anche l’altra.”

Fy-862 scosse la testa, assumendo nuovamente la propria espressione di spavento.

“Io..
Io non lo so..”

Il commissario fece per premere il grilletto quando quel verme lo interruppe urlando ancora più forte.

“No!
No!
Giuro, non ne ho idea!”

Lo osservò con disprezzo.

“Suppongo che quindi tu non sappia nemmeno come farle tacere.”

L’uomo scosse la testa, ancora scioccato e tremante.

“Allora non mi servi.”

Si preparò a finirlo, più per sfogo che per altro.

“Uno spreco di tempo…”

Il detenuto balzò in avanti, stringendosi alla gamba destra del commissario.

“Pietà…
Sono solo un verme, che senso ha uccidermi?”

Strillò piangendo con voce rauca.
Esitò, mosso dalla pietà.
Quel sentimento che da troppo tempo non riusciva più a tenere a bada.
Si liberò di lui scuotendo la gamba.

“Che cosa volevi da me?”

“Dirle di arrendersi, commissario.
Loro ottengono sempre quello che vogliono…”

Il pianto dell’individuo si fece ancora più intenso, ed Allart capì che era il momento di andarsene.
Annuì per poi lasciare la cella, turbato.
Notando la divisa lorda di sangue, il tenente Gutredn si fermò a fissarlo incuriosito, ed il superiore lo fulminò con lo sguardo facendolo voltare per l'imbarazzo.
Dunque proseguì a passo spedito, sparendo tra la confusione del campo militare.



Stava seduto al buio su una grande roccia che dominava l’accampamento, fumando distratto una bacchetta di lho.
Aveva perso quel vizio da alcuni anni, ma il nervosismo glie lo aveva fatto ritrovare.

“Voglio parlarti, bastarda.
Dimmi chi sei, che cosa vuoi, e facciamola finita.”

Disse tra sé e sé a bassa voce, lanciando per terra la bacchetta che si spense sulla sabbia.
Restò in silenzio per alcuni minuti, osservando dall’alto le tende dentro le quali stavano riposando i suoi soldati.
Presto avrebbero dovuto rimettersi in marcia.

“Io voglio aiutarti.
Sappiamo entrambi che nel profondo del tuo cuore, tu brami la libertà che questo sistema opprimente ti ha negato.
Possiamo fartela ottenere…
Tutto ciò che devi fare è ascoltarmi.”

“Sono qui per questo.
Ma prima dimmi chi sei.”

“Io non ho nome…
Siamo stati mandati da una forza più grande.
Ciò ti sia sufficiente.”

“No, non mi basta!”

Si scoprì ad urlare nella notte.
Decise che sarebbe stato meglio calmarsi, o avrebbe rischiato di svegliare qualcuno che avrebbe probabilmente scacciato la voce.
Con sua sorpresa, per una volta non voleva che ciò accadesse.

“Dovrà bastarti.
Ascoltami bene.
Quel cane ti ha detto il vero…
Obbedisci a noi e potrai avere ogni cosa.”

“Voglio soltanto ottenere il tuo dannato silenzio!”

“Lo avrai.
Ma ovviamente, per ottenere una cosa, dovrai perderne un’altra…”

“Che cosa?”

Non ebbe risposta.
Solo una rauca, gelida risata che gli fece accapponare la pelle.

Parte VIII

Altri tre giorni di marcia nel deserto di Mecadon, altre perdite.
Se avessero avuto il loro Valkyrie…
Se non avessero mandato loro su quel dannato settore, quante vite sarebbero state risparmiate?
Ma non si fermavano.
Di tanto in tanto qualcuno cadeva, veniva rapidamente controllato da chi gli stava di fianco, e, nel caso fosse ancora vivo, caricato sulle spalle.
Altrimenti, venivano semplicemente lasciati lì: Non potevano permettersi ritardi sulla marcia.
Avevano ancora una faccenda da sbrigare…
Una faccenda da sbrigare su Castrum Praetorio.

Usciti dal deserto, molti soldati si gettarono a terra per baciare l’arido terreno del nuovo settore.
Benché devastato e inospitale, quello era un vero paradiso rispetto ai sette giorni d’inferno passati sul settore sette in preda alla fame e alla tempesta.
Il cannone Vangelo Imperiale era vicino, ma Allart rifiutò di passare all’azione senza che i superstiti avessero prima ricevuto un degno rifornimento e si curò di far ricevere delle medaglie simboliche come riconoscimento a tutte le squadre rimaste in piedi, carristi inclusi.

“Quando torneremo a casa”

Prometteva,

“Saremo accolti come eroi e vi prometto che provvederò a ricompensarvi adeguatamente per ciò che state passando.
Siete effettivamente la migliore armata di Guardia Imperiale su questo fottuto pianeta*, e sono orgoglioso di ognuno di voi.”

Il gruppo d’armata trovò rifugio nella colonia Cadiae II, distante non più di una dozzina di chilometri dal loro obiettivo.
Allart concesse come fatto in precedenza una serata di riposo e svago ai soldati, cosa di cui avevano evidentemente bisogno dopo i tremendi giorni passati tra la cenere.
Quando venne a sapere del loro arrivo su Castrum Praetorio, Lola insistette per farsi accompagnare sino alla colonia nei pressi della quale l’esercito cetriano si era stanziato per ricongiungersi al proprio reggimento.
Così, nella notte di libertà garantita alle guardie stremate, i due membri del commissariato poterono ritrovarsi dopo il breve periodo di lontananza che li aveva tenuti divisi per un tempo che era sembrato molto più lungo di quanto in realtà non fosse stato.
La mattina successiva il gruppo d’armata venne radunato e gli equipaggiamenti controllati nuovamente, in previsione dell’attacco che avrebbe visto la riconquista di uno degli obiettivi strategici più importanti del pianeta: Di fatti, il cannone Vangelo Imperiale era l’arma principale di Faaris IV per rispondere alle minacce in orbita, arma di cui l’Imperium era stato momentaneamente privato dalle forze del chaos.
Allart entrò nella tenda di Lola, preparandosi a salutarla prima di partire nuovamente:
In quell’esatto momento, prese vita un inferno.

“I Legionari! I Legionari penali!”

Due colpi di fucile laser bucarono una delle tele, mentre un altro proveniente dalla direzione opposta colpì un’asta della tenda che si ripiegò su sé stessa.
Aprendosi un varco verso l’esterno con la spada, il commissario fuoriuscì dai tessuti squarciati tenendo la compagna per un braccio.
Ciò che si presentò ai loro occhi era incredibile:
Tutti i legionari penali del gruppo d’armata erano in rivolta, aggredendo i soldati Cetriani con tutto ciò che trovavano a disposizione nell’accampamento.
Brute intercettò un detenuto armato con una pala che correva in direzione dei due commissari, sfondandone il petto con una poderosa spallata.
Allart non cessava mai di sorprendersi per la forza e la corporatura dell’alfiere, pari o forse addirittura superiore a quella di un divino Adeptus Astartes.

“I carcerati, Allart.
Sono in rivolta!”

Detto ciò si voltò per scaricare il proprio fucile laser su una massa di fuggiaschi che caddero pesantemente a terra.
Lentamente, i soldati cetriani nelle vicinanze si fecero intorno alla figura del commissario e dello stendardo reggimentale, senza smettere di sparare ai legionari impazziti.

“Che cosa gli prende, signore?”

Domandò ad alta voce una delle guardie imperiali più vicine a lui.
Alan Goerman aveva un aspetto giovanile, benché avesse dimostrato di possedere l’istinto di sopravvivenza di un vero veterano.

“Non ne ho idea, ragazzo”

Rispose

“Ma sappi che l’unica reazione possibile al tradimento è la vendetta.”

Dopo aver seminato scompiglio nell’accampamento, i legionari penali si diedero alla fuga tra gli stracci dei tendaggi distrutti .

“Ecco che cosa cercano.
La libertà.
Che cosa c’è di male in questo?
Non è quello che vuoi anche tu?”

Nonostante il trambusto, le urla e gli spari, poteva sentirla chiaramente.
La sua tortura.
La sua maledizione.
Quando sarebbe finita?

“Attenzione, Commissario!”

Un gruppo di detenuti ritardatari comparve alle loro spalle e fece fuoco su di loro con fucili laser strappati dalle mani dei commilitoni uccisi.
Distratto dalla voce, Allart non li aveva notati, ma, per sua fortuna, Sylvan Brute non aveva avuto lo stesso problema.
Il vessillario si lanciò spontaneamente contro i suoi due commissari, tirandoli a terra appena in tempo per evitareper evitare parte della scarica di fuoco laser che finì per colpire alcuni malcapitati soldati.
Gli altri cetriani, voltandosi, falciarono con facilità il gruppetto di rivoltosi per poi andare a controllare le tre sagome distese a terra, coperte dallo stendardo logoro e strappato del diciassettesimo reggimento.
Il soldato Goerman esitò, cercando con lo sguardo il volto del proprio sergente.
Pentelias annuì, ed al suo cenno, il cetriano sollevò la stoffa che ricopriva i tre corpi.

Parte IX

“Do.. dove mi trovo?”

Scosse la testa, la vista appannata e la mente confusa per il recente risveglio.

“Su un letto dell’ ospedale di Nostra Signora Martire, su Castrum Praetorio.
Ha passato diverse ore privo di sensi, commissario.
Ha subito un forte impatto.
Non abbia troppa fretta a rimettersi in piedi.”

Rispose una voce femminile.
Non riuscì a riconoscerla, probabilmente era la prima volta che quella donna gli rivolgeva la parola.
La visuale si fece sempre meno appannata, finché Allart non fu in grado di vedere chiaramente la propria interlocutrice.
Non poteva avere che una manciata di anni più di lui, quella donna, i capelli tagliati e tinti di bianco come da tradizione dell’adeptus sororitas.

“Io sono Sorella Clersia dell’ordine ospedaliero.
Se…”

“Dov’è Lola?
Sylvan?”

“Come scusi?
…Oh…”

Clersia portò una mano davanti alla bocca, capendo a chi si stesse riferendo l’ufficiale attonito.
Esitò per alcuni secondi, sospirando.
Tenne lo sguardo basso, mentre gli parlava.

“Il soldato veterano Sylvan Brute è stato colpito al fianco sinistro da due colpi di fucile laser…
Purtroppo non ce l'ha fatta, i colpi provenivano da distanza ravvicinata ed hanno colpito con la propria piena potenza.”

Allart chinò la testa e chiuse gli occhi.

“Era un bravo amico…”

Disse riaprendoli.
Il suo sguardo si perse nel vuoto.
Si sentì smarrito, solo, per alcuni istanti, poi sbattè nuovamente le palpebre…

“E…
E la commissaria?”

Fu quasi timoroso nel chiederlo.
La sorella lo guardò per alcuni istanti, grave.

“E’ ancora viva, ma…”

“… Il bambino?”

Non ricevette risposta.
La sororita si morse il labbro inferiore e scosse la testa, senza trovare il coraggio di guardare il commissario negli occhi.
Allart deglutì.
Non si sarebbe detto di lui un commissario già al normale stato delle cose, men che meno si sarebbe potuto fare in quel momento in cui sosteneva un’espressione che non era in grado di rappresentare neppure in minima parte quanto egli fosse distrutto all’interno.
Si alzò dal letto, le ossa delle gambe e delle spalle scricchiolarono rumorosamente non appena assunse la posizione eretta.

“Commissario, è meglio che…”

Clersia lo prese per un braccio, fermandolo.
Non trovò il coraggio di finire la frase.

“Zitta”

Le disse

“Portami da lei.”


La sorella si arrestò al di fuori della stanza.
Lola stava lì, sul suo letto, a testa bassa.
Al suo fianco nessuno, molto probabilmente aveva preteso solitudine…
Come biasimarla?
Alzò la testa non appena lo sentì arrivare, il visto triste rigato da due lunghe lacrime.
Si fissarono a lungo negli occhi, come se l’uno volesse rassicurare l’altra di non avere alcuna colpa, benché non ve ne fosse.
Non riuscivano a trovare parole.
Soltanto a condividere il freddo, gelido vuoto appena creatosi nei loro cuori.
Restò accanto a lei a lungo, senza proferire parola, mantenendo la mano della commissaria salda in mezzo alle proprie, lei incapace di parlare, lui ammutolito dagli eventi.
Forse…
Forse era destino?
Forse era tutto già stato scritto?
Oppure…

“Era questo il tuo prezzo, maledetta… Era questo ?!”

Pensò appoggiando la testa al muro e lasciando Lola per un istante.
Nessuno rispose…
La voce era sparita.
Clersia si affacciò alla stanza, facendogli cenno di muoversi in sua direzione, ma continuando ad evitare il suo sguardo.
Diede un bacio sulla fronte alla compagna, le fece una leggera carezza, bagnandone il capo con le proprie lacrime che fu infine costretto a liberare.
Le asciugò velocemente, dirigendosi verso la porta.
Dejares lo attendeva, non eretto come al solito, ma ricurvo, quasi ingobbito, abbattuto.
Allora anche lui era in grado di provare pietà?

“Signore, mi dispiace…
So che questo non è affatto un buon momento, ma…”

“Vai al sodo…”

“Nuovi ordini dal dipartimento.
L’attacco al cannone Vangelo Imperiale è rimandato.
Il dipartimento ha comandato un nostro nuovo spostamento verso Strige, al fine di sottrarla alle forze del chaos che lo infestano sino alle fondamenta.
Hanno avvertito anche la presenza di numerosi guerrieri Tau”

Annuì, sconfortato.

“E così vogliono usarci come carne da macello, quei figli di puttana!”

Figli…
Trovarsi a pronunciare quella parola lo divorò all’interno più di quanto i recenti avvenimenti non fossero già stati sufficienti a fare.
Sbattè i pugni contro il muro.
Poteva rifiutare di farlo?
Attese in vano di udire un lontano “Sì, puoi”, di udire la voce.
Ma essa continuava a non giungere.
Aveva mantenuto la promessa.
Ma il prezzo…
Non se lo sarebbe mai potuto perdonare.

Parte X

Erano passate settimane dalla ribellione dei legionari penali che aveva portato alla morte di Brute e alla perdita del bambino da parte di Lola.
Nonostante l’accaduto, la commissaria si era ripresa abbastanza velocemente.
O meglio, riusciva a trattenere il proprio dolore per la maggior parte del tempo.
Allart, invece, era divorato dalla colpa che lui stesso si attribuiva per quanto successo, anche se, in fondo, lui non aveva potuto sapere che cosa la voce avrebbe preteso da lui –né, tanto meno, lo aveva accettato.-
Al vessillario sacrificatosi per loro fu dedicata una degna cerimonia, pur se molte forze lealiste sul pianeta se ne lamentarono, definendola una perdita di tempo.
Il commissario decise di non rispondere a questi comandanti irrispettosi, né tanto meno si interessò a scoprire chi essi fossero:
Preferiva restare nel dubbio e combattere eventualmente al loro fianco piuttosto che doversi trovare a reprimere il desiderio di sparare loro nella schiena in una simile occasione.

“Signore, abbiamo appena oltrepassato il confine con il settore Strige”

Lo informò il tenente Dowdings dalla cabina di comando del Vendetta su cui era imbarcato assieme a Lola, padre Zachar e nove fanti in armatura a carapace appartenenti alla 24° compagnia del 9° reggimento da assalto aviotrasportato assegnato al gruppo d’armata.

“Siamo stati mandati qui per liberare questa regione”
Gridò ai fanti, guardandoli negli occhi uno dopo l’altro mentre cercava di imporre la propria voce sul rombo causato dal motore del loro trasporto.

“E se pensate che riportarla in seno all’Imperium sarà cosa semplice, vi sbagliate di grosso.
Sapete bene che cosa significhi combattere contro questi bastardi, sapete che non si fermeranno davanti a nulla, e che dovremo eradicarli da ogni singola zolla di terra su cui li troveremo appostati per rispedirli nel loro maledettissimo buco!
Siamo qui per un solo motivo:
Non c’è uomo in tutto il dominio dell’Imperatore in grado di farlo con efficienza e ferocia pari a quella di un soldato Cetriano.
Siete pronti a dimostrarlo ancora una volta?”

I soldati ruggirono in coro la loro risposta risposta.
Allart non fece in tempo ad udire la risposta, coperta dalle esplosioni dei Valkyrie vicini abbattuti a colpi di cannone laser.

“Avvicinarsi al portellone!”

Strillò Dowding dalla propria postazione, lasciandosi travolgere dalla fretta di liberare il proprio prezioso carico mentre tentava di evitare i dardi nemici.
Il commissario incontrò per alcuni secondi lo sguardo duro del sergente Maverion, prima che l’addetto al requiem pesante destro spalancasse loro il portellone laterale dell’aeromobile.

“Dodici ok!”

Allart osservò in lontananza una delle scene sotto di lui, in cui alcuni uomini già sbarcati mantenevano la posizione sparando invano contro un rhino del caos in avvicinamento verso di loro.
Ipotizzò rapidamente che sarebbero arrivati sopra di essi, quando tutta la squadra avrebbe confermato di essere pronta allo sbarco.

“Undici ok!”

Uno stregone emerse dal trasporto truppe assieme ad una squadra di marines corrotti, puntando i fanti in difficoltà.

“Dieci ok!”

“Nove ok!”

“Otto ok!”

Due soldati Cetriani caddero sotto i colpi degli Astartes rinnegati, mentre il loro sergente venne colpito da una scarica di energia lanciata dal loro comandante.

“Sette ok!”

La pelle dell’umano prese a cadere al suolo, tra l’orrore collettivo dei suoi commilitoni.

“Sei ok!”

Uno degli uomini a terra indicò il loro trasporto, urlando qualcosa ai compagni prima di venire falciato da una rombante spada a catena che lo colpì alla schiena.

“Cinque ok!”

“Quattro ok!”

“Tre … ok!”

“Padre Zachar…”

Pensò mentre controllava il proprio equipaggiamento.

“”Due ok!”

“Lola.”

Concluse.
La commissaria gli diede un colpo sul braccio.

“Uno ok!”

Rispose lui.
L’addetto all’arma pesante gridò, Allart si tuffò nel vuoto, ed il paracadute antigravitazionale entrò in azione senza alcun ritardo.
Esso rallentò progressivamente la caduta dell’ufficiale fino a che egli non giunse illeso sul terreno , raggiunto dal resto della squadra nel giro di una manciata di secondi.
Uno dei marines del caos impegnati nel massacro si voltò verso di loro, e così fecero i suoi alleati mentre le guardie sopravvissute all’assalto cercavano riparo tra le piante circostanti.
Era stata una vera fortuna non finire sopra una di esse, di cui il settore era colmo oltremisura.

“Fuoco!”

Impose mentre i corrotti marines indivisi si apprestavano a caricarli.
Le guardie Imperiali salvate poco prima riemersero dal fogliame per fornire fuoco di copertura, e numerosi marines caddero sotto gli spari incrociati delle due squadre.

“Per l’Imperatore!”

Strillò rauco padre Zachar.

“Sia egli la nostra forza e il nostro scudo!”

Allart lo seguì alla carica assieme ai soldati della propria squadra e a quelli soccorsi poco prima, nuovamente spronati sotto la guida di due commissari e di quel furente membro dell’ecclesarchia, solo per vederlo immediatamente decapitato dalla lama psionica dello stregone che ne raccolse la testa per mostrarla agli imperiali e lanciarla ai loro piedi.
Tuttavia, il commissario non si fermò, e così fecero i veterani, furiosi nelle proprie armature ancora lucide.
Accese la propria spada potenziata nello stesso momento in cui essa venne a cozzare contro quella del demonologo, il rumore metallico invase le orecchie degli astanti che li avevano già lasciati isolati dal resto dello scontro.
Il suo avversario sghignazzò, scrutandolo divertito dall’alto della propria stazza.
Allart balzò in avanti, cercando di colpire lo stregone con un fendente diretto al petto, il quale però riuscì ad anticiparlo facendo incontrare al viso del commissario il pugno chiuso della propria antica armatura.
Egli perse il berretto e sentì alcuni denti scheggiarsi, mentre un lungo taglio interno causato dai loro frammenti gli fece assaporare il suo stesso sangue.
Finì debolmente a terra, lo stregone lo incitò a rialzarsi.
Si mise su un ginocchio, riprendendosi parzialmente dall’impatto appena in tempo per parare un fendente diretto alla testa.
Sputò a terra respingendo il nemico, cercò di colpirlo alla vita.
L’avversario lo parò con facilità e tentò di recitare un’antica litania, ma venne interrotto da un nuovo attacco del commissario.
Lo stregone utilizzò la propria forza superiore per sbilanciare il comandante imperiale e tentare di colpirlo al fianco con un raggio di energia proveniente dalla propria mano, frutto di antichi studi e del potere donatogli dal proprio padrone nel giorno in cui la sua anima cadde nel baratro della corruzione.
Allart si buttò a terra con un guizzo, ed il colpo finì ad una manciata di spanne dalle sue gambe.
Si rimise in piedi per rispondere alla nuova carica dell’opponente, tentando di anticiparne l’ offensiva con un fendente orizzontale all’altezza del petto.
Il campo di forza attorno alla spada tagliò l’aria per poi spaccare l’armatura adorna di simboli blasfemi producendo rumori atroci, trapassando senza sforzo il carapace del rinnegato e squarciandone il nero cuore sinistro, fermandosi poco prima di giungere a contatto con quello secondario.
Lo stregone urlò furioso, per poi rispedire Allart a terra spingendolo con il piede destro.
Il commissario riuscì a portare con sé la propria spada prima di cadere sull’erba scolorita di Strige.
Rotolò di lato appena in tempo per evitare un colpo verticale e si rialzò scoordinatamente, notando che l’arma del caotico aveva finito per conficcarsi nel terreno.
Approfittò di tale fatto per calare rapidamente la lama potenziata sull’avambraccio dello sfidante, che si ritrasse solo per essere finito da un colpo di requiem in mezzo alle lenti dell’elmo puntuto.
Spense la spada e la ripose nel fodero, passandosi sulle labbra la mano libera nel tentativo di asciugarle dal sangue che le bagnava.
Raccolse il cappello da commissario ed alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Lola estrarre la propria spada dalla giuntura del pettorale di un Astartes steso a terra e sparare alla testa di un campione privo del proprio elmetto.
I pochi uomini rimasti si raccolsero attorno a lei, intenta ad imporre lo spietato verdetto dell’Imperatore ai nemici morenti.
La osservò sfogarsi per il proprio dolore, apprestandosi a raggiungerla.
Alzò lo sguardo, distratto dal rombare dei motori di due Valkyrie sfreccianti sopra le loro teste.
Sentì dei gemiti alle proprie spalle e si voltò, puntando allarmato la pistola verso il terreno.
Il sergente Maverion gli chiese flebilmente di porre fine alle sue sofferenze, premendo contro il ventre aperto con l’unica mano rimastagli.
Il commissario scelse di assecondarlo, ma evitò deliberatamente di guardarlo in faccia quando si trovò a premere il grilletto.

“Signore, s…”

Un colpo di fucile requiem mise a tacere il soldato che gli si stava avvicinando, che cadde a terra con un tonfo sordo.
Cominciò ad innalzarsi una folta nebbia, ed Allart non perse ulteriormente tempo per raggiungere il proprio gruppo.

“Restate sparpagliati!”

Asserì nervosamente.
Numerosi proiettili giunsero loro dalla foschia, costringendoli a cercare riparo e nascondiglio nel fitto fogliame.
Una seconda squadra, questa volta capeggiata da un condottiero rivestito da una superba armatura nera, giunse correndo in loro direzione.
I marines si fermarono, guardandosi attorno alla ricerca delle sagome scorte pochi secondi attraverso la bruma.
Il commissario attese alcuni secondi prima di dare ordine di aprire il fuoco, facendo investire gli eretici vicini da numerose scariche di fucile laser a breve gittata.

“Carica!”

Urlò emergendo dalle foglie, sfoderando ed attivando la propria spada per la seconda volta.
Il condottiero nemico lo anticipò, sferrandogli un potente malrovescio con il proprio maglio potenziato.
Allart venne scagliato diversi metri più lontano e sbatté violentemente la schiena contro un albero, cadendo a terra tramortito.
Per sua fortuna, comunque, il campo rifrattore fece il proprio lavoro, impedendo all’arma di quell’adoratore degli dei oscuri di sfondargli il torace.
Cercò di rialzarsi mentre il colosso avanzava in sua direzione, deciso a schiacciarlo.
Imprecò sottovoce, riuscendo a malapena a sdraiarsi su un fianco a causa del dolore procuratogli dall’urto subito.
Il caotico puntò la propria pistola verso la sua testa, pronto a premere il grilletto.
Allart tentò disperatamente di rialzarsi, ma tutto ciò che ottenne fu di finire schiena a terra.
Chiuse gli occhi, e per la prima volta dopo mesi di guerra tornò a pregare quell’Imperatore in cui ormai non credeva più di fargli salva la vita.
Minaccioso, il marine avanzò sghignazzando in sua direzione, riponendo la pistola in una fondina ed estraendo un coltello da combattimento da un fodero stretto alla vita.
Era chiaro, voleva divertirsi con lui.
Perché nessuno veniva a salvarlo?
Forse erano troppo impegnati nella mischia, forse erano già morti.
Non sapeva dirlo, non aveva occhi che per il proprio boia, che con la propria elevata stazza ostruiva ogni vista.
Il commissario urlò per il dolore quando la lama del nemico inginocchiato si infilò lentamente tra le sue costole, finendo preda di una sofferenza tale da non riuscire neppure ad udire le grida di malsana soddisfazione del proprio carnefice.
Non volle nemmeno provare ad immaginare in quale sorta di lozioni ed intrugli fosse stato immerso il coltello per potergli infierire una simile sofferenza senza togliergli la vita.
Il condottiero scoppiò a ridere nuovamente, ma la sua ilarità venne questa volta interrotta dalla sfrigolante figura di un’arma potenziata che si introdusse silenziosa tra le sue spalle.
Piantata in diagonale dal collo al costato, essa aveva immediatamente polverizzato le corde vocali dell’astartes: Mai più avrebbe egli pronunciato eresia.
Lola estrasse la propria arma dal corpo che cadde a terra fragorosamente.
Nonostante la vista offuscata, Allart riuscì a riconoscerla.
Le sorrise.
Poi, ogni cosa attorno a lui prese freneticamente ad incupirsi fino a svanire nel buio più totale.

  
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