Il
parco della paura.
Finalmente il confronto che aspettavo da mesi stava
avvenendo...e nonostante tutte le volte in cui me lo ero immaginato, nessuno
dei miei sogni ad occhi aperti avrebbe mai potuto essere neanche lontanamente
vicino a ciò che stavo vivendo realmente in quel parco.
Una volta un mio amico mi raccontò di quando fu a un
passo dalla morte, e mi descrisse esattamente ciò che aveva provato: la paura
che gli bloccava le gambe, il sangue che diventava freddo nelle vene e si
bloccava senza riuscire a scorrere, le immagini di tutta la sua vita che gli
scorrevano nella mente.
Ma nonostante avessi puntata una pistola alla schiena, e
davanti a me ci fosse un piccolo ponte mezzo spaccato dove sapevo che sarei
dovuta salire…non riuscivo a sentire niente di ciò
che sentì lui. La mia mente era fin troppo lucida, le mie gambe marciavano
sicure senza tremolii, e soprattutto il mio sangue scorreva normalmente e anzi,
forse era più caldo in quel momento che in tanti altri della mia vita.
Alimentato da una forza invisibile ma più forte di tutto il resto.
“Ti avevo avvertita. Ed i miei avvertimenti sono stati
fin troppo espliciti. Però, tu hai voluto giocare all’eroina…
e adesso non mi resta che farti sparire. Primo, perché sai troppo. E secondo,
perché il capo è molto arrabbiato con te. Paolo è uno dei nostri migliori
pusher, e i nostri affari non possono permettersi assolutamente di perdere un
così valido collaboratore. Mi dispiace… non avrei
voluto che finisse così.”
Altra cosa che mi era stata detta, era che in punto di
morte la voce non ti esce più, come se il tuo “canale vocale” fosse stato
chiuso con dei massi. Pure per quel particolare, non era affatto il mio caso.
Io la voce la sentivo scorrere bene nella gola, e non intendevo lasciarla lì.
Se dovevo morire …v olevo
farlo con un minimo di dignità.
“Se adesso mi uccidi, sta pur certa che Paolo vi tradirà.
E mi vendicherà. E se pensi che ti supplicherò di non sparare … o se speri di
vedere la paura nei miei occhi… beh, in questi mesi
non hai capito poi molto di me.”
La ragazza mi guardò con un ghigno, e come avevo previsto
mi fece cenno di avvicinarmi al ponte. Risparmiandole il fiato che avrebbe
sicuramente tirato fuori per dirmi “sali sul ponte”, salii il primo scalino e
poi quelli successivi. Non potevo negare di provare un certo senso di fastidio
nel morire volando da un insulso ponte …
“Oh, grazie mille. Mi hai risparmiato di dovertelo
ordinare.” rise “Ma guardati…stai in piedi su un
ponte che crollerà da un momento all’altro…con una
pistola puntata contro…e ben presto te ne andrai
nell’Aldilà. Stai per morire. E per cosa?”
“Per una cosa che tu non potrai mai capire. Un sentimento
che ti sarà sempre estraneo, come del resto tutti gli altri sentimenti
esistenti al mondo. L’amicizia, cara mia. Io non ho giocato all’eroina. Non ho
mai cercato tutto quello che è successo negli ultimi mesi. Che ci posso fare se
sono fatta così? Se metto la vita di coloro che amo davanti alla mia? Se, in un
mondo corrotto e che gronda egoismo e cattiveria da ogni parte, io sono sempre
rimasta semplicemente me stessa? Non ci posso fare proprio niente: sono fatta
così, e ne vado molto fiera! Sì, è vero, sto per morire. Ma ritengo quasi un
onore avere la fortuna di morire al posto di qualcuno che amo. È un bel modo
per andarsene, secondo me.”
Ecco. Per l’ennesima volta mi ero messa a filosofare! Ma
che ci potevo fare? Non mi ero mai pentita di ogni scelta che avevo preso. È
vero, mi avevano portata sul quel ponte, a quella precisa scena, a un passo
dalla morte…ma mi avevano anche regalato tanti
momenti stupendi e indimenticabili, che sarebbero rimasti sempre con me.
“Ehi, Giudi. Eccolo qui, il
nostro Paolo.”
Da un sentiero poco più avanti era uscito Mirko, uno del
giro della droga in cui mi ero ‘infiltrata’ convinta di poterne portare fuori
il mio migliore amico Paolo. E invece non era servito quasi a niente. Anzi, no,
una cosa importante era successa. Dopo mesi passati nel silenzio e
nell’indifferenza, finalmente avevo recuperato il rapporto con Paolo, che per
varie cose era andato perso. Ed eravamo anche più uniti di prima!
“Gaia! No, ti prego non farlo Giuditta. Spara a me.
Uccidi me, ma risparmiala! Lei voleva solamente aiutarmi, lo sai!”
“Sai che non sono io che decido, Paolo. Il capo mi ha
ordinato di liberarmene. Non posso fare altrimenti! In fondo mi stavi pure
simpatica. Hai un carattere decisamente atipico, lo sai vero?”
Mi uscì fuori una risata. Non so bene se era nervosismo,
isteria, o semplice ‘allegria’ ispirata da una situazione alquanto strana,
ovvero io e la mia futura carnefice che conversavamo tranquillamente, come se
niente fosse, del mio carattere!
“Oh, sì che lo so! E anche di questo vado decisamente
fiera. Paolo, tranquillo. Andrà tutto bene,io non ho paura. Sono fiera di ciò
che ho fatto. E di quello che sto facendo. Morire al posto tuo non mi turba
affatto. Né mi dispiace.”
Sapevo che sarebbe stata comunque dura separarmi da lui,
ora che ce l’avevo davanti. Ma quello che non poteva affatto immaginare,
avendoli lasciati davanti a casa mia a 40 km di distanza, era che dal piccolo
boschetto sarebbero usciti gli amici a me più cari, e anche…il
ragazzo che amavo!
“Oh mio Dio!! Gaia!!!!”
“Lasciala andare, s…..za!!”
“Non t’ha fatto niente, se la tocchi ti ammazziamo!!!”
Ecco.
Adesso qualcosa di quello che mi era giunto alle orecchie dal mio amico, si
stava purtroppo avverando: i miei occhi si stavano gonfiando in modo
improvviso, e il mio cuore stava rallentando lentamente i battiti …
Proprio per evitare queste sensazioni li
avevo lasciati a notevole distanza dal posto in cui ero, perché sapevo che
avendoli davanti, mi sarebbe venuto a mancare una parte di coraggio.
“Ma guarda…sono
venuti proprio tutti, a darti l’ultimo saluto!” il suo sguardo era serio “Beh, visto
che a quanto pare ai tuoi amici piace il pericolo…magari
potrei scaldare la pistola.”
Fu quando vidi la pistola puntata contro di
lui, che il mio cuore iniziò a martellarmi così forte nel petto da farmi male… No, non lui…lui non
centrava niente…non poteva morire a causa mia…
“Giuditta, fermati!” gridai “Lui non centra
niente.”
Il suo sguardo tornò su di me e si fece
piuttosto infastidito, probabilmente perché stavo scendendo dal ponte e mi
stavo avvicinando a lei. Non le piaceva che la gente le si facesse troppo
vicina, lo sapevo. Forse anche per quello mi stavo avvicinando, per provocarla …
“È me che vuoi. Sbaglio, o hai cercato lo
scontro con me da quando ci siamo viste? Bene, eccomi qua. Adesso finalmente
sono qui davanti a te. Avanti, Giuditta! Non dirmi che non ti stuzzica l’idea…perché non ti credo!”
Vidi l’espressione di Giuditta cambiare
immediatamente: avevo fatto centro. Era quello che lei bramava, avere uno
scontro diretto, e io l’avevo appena accontentata. Però, adesso che lo avevo
fatto, sentivo nascere un grosso timore, e un’enorme paura. Non per me. No,
ormai avevo smesso di avere paura per me stessa. In effetti non l’avevo mai
fatto! Era per Loro che avevo paura. Perché se avessi fallito, sapevo con chi è
che Giuditta se la sarebbe presa…
“Bene. Mirko, tieni la mia pistola. Passami i
bastoni che usiamo per allenarci di solito.” mi sorrise falsamente “Sai in che
cosa consiste lo Jodo, Gaia? Pensi di potercela fare?
Barattiamo la libertà di Paolo.”
“Te l’ho detto migliaia di volte, Giuditta,
ma visto che a quanto pare non sembri sentirci tanto bene, adesso te lo ripeto.
Io non ho paura di te. Non m’incuti neanche un briciolo di timore. Puoi far
paura ai tuoi colleghi, o ai cosidetti ‘pesci piccoli’ del giro…ma
su di me non hai alcun effetto. Avanti! Dammi questo bastone. Paolo sarà libero…”
A quanto pare avevo sottovalutato la sua
voglia di combattere, perché non feci in tempo ad afferrare al volo il bastono
che Mirko mi lanciò, che Giuditta mi si avventò contro con una tale furia che
ne fui quasi travolta; ma, ringraziando i miei innumerevoli professori di
ginnastica, avevo i riflessi abbastanza pronti.
“Devo ammettere che sei piuttosto agile. Ti
rinnovo la mia offerta, Gaia. È Paolo, in cambio di te. Lo lascio andare, lo
lascio tornare alla vita di sempre…in cambio tu entri
nel mio giro. Hai un bel carattere. Un pusher come te mi servirebbe per gli
affari più importanti.”
“Ti piacerebbe…”
risi “E invece te lo puoi scordare. Non voglio aver niente a che fare con la
droga, le armi, la violenza…”
Non finii il discorso, che mi si avventò
nuovamente addosso! Stavolta portai il bastone in alto davanti a me, a
contrastare il suo che puntava a spaccarmi di netto la testa! La respinsi, e
con sorpresa anche mia, la gettai per terra! Mi avvicinai, ma inaspettatamente
sentii il bastone fra i piedi, e mi ritrovai a terra con Giuditta sopra di me
che cercava di premere il bastone sulla mia gola.
“Gaia!!!!”
Le voci dei miei amici, il loro tono
spaventato, e i loro volti…le espressioni colme di
pianto e disperazione…mi fece capire che non valeva
ancora la pena morire. Sì, morire per proteggere una persona a te cara è nobile,ma
non potevo lasciarli soli. Ognuno di loro aveva bisogno ancora di me e del mio
aiuto. E non li avrei abbandonati. Non finché potevo evitarlo.
“Non vincerai, Giuditta. No, questa volta
no!”
Non so dire cosa mi fece scattare, ma sentii
crescermi dentro una tale forza, e un tale coraggio, molto più potenti di
quelli avuti fino a quel momento! I miei amici, la mia famiglia, i valori per
cui mi era stato insegnato che dovevo resistere e andare avanti…cedere
sarebbe equivalso a tradirli tutti.
Facendo leva sulle mie poche conoscenze del
salto con l’asta, provato a scuola, col bastone puntato per terra e uno scatto
veloce, le assestai un doloroso calcio in pancia! Pensavo che sarebbe finita
lì, invece Giuditta non so come riuscì a rialzarsi. Iniziai a correre verso il
fiume.
“Fermati!!! Come hai osato??!!”
Finimmo a lottare sul ponte, il che non mi
dava molta sicurezza! Ma continuai a combattere, e quando pensavo di aver vinto…sentii improvvisamente il ponte cedere sotto ai miei piedi…vidi il terreno ‘rialzarsi’…Giuditta
era attaccata alla mia giacchetta e tentava di non precipitare…ma
fu inutile.
La nostra lotta continuò nell’acqua, e benché
sopra di me ci fossero 5 cm di acqua, riuscivo a sentire le grida dei miei
amici: furono quelle voci a darmi di nuovo la forza per non arrendermi. La mia
rabbia verso Giuditta mi portò a formulare un pensiero orribile: lasciare che
la corrente se la portasse via.
La afferrai per la camicia, riunii tutte le
forze che mi restavano, e riemersi. Sentire le grida di giubilo dei miei amici
fu una sensazione troppo bella da descrivere! Issai Giuditta sulla piccola
riva, mentre vedevo un paio di braccia che afferravano me per portarmi fuori
dal fiume. Duccio.
“Come stai??”
“Oh, bé…sai…a parte
aver fatto un bagno extra, il che puoi solo immaginare quanto mi dia fastidio…direi piuttosto bene!”
Le braccia dei miei amici che mi stringevano
forte, i sorrisi che mi donavano, erano il premio più bello che il cielo
potesse donarmi dopo gli ultimi mesi! Erano stati tempi difficili, ma agendo da
squadra, e come una famiglia, ne eravamo usciti.
“Gaia!” Paolo mi strinse forte “Mi dispiace
tanto! Sorellina, scusa!!”
“Va tutto bene, Paolo. Ti voglio bene.” gli
sorrisi “Te l’avevo detto, o no, che ce la facevamo? Ora è finita. Sei libero!
Tornerà tutto come prima. E anche meglio!”
Ci si
avvicinarono tutti gli altri.
Sì, era finalmente finita. Avevamo passato
mesi orrendi, a litigare, discutere, ignorarci, ma il nostro affetto l’uno per
l’altra aveva sempre fatto da padrone; In un mondo prigioniero di avidità,
violenza, guerre, sangue, droga, e corruzione…per una
volta avevano vinto i sentimenti.
L’amicizia, l’amore, la lealtà, avevano vinto!
Perché anche se il cielo è coperto da
nuvoloni fitti e scuri, e sembra che neanche un raggio di luce possa scalfirle
né passarci attraverso, bisogna continuare a sperare, a lottare con le unghie e
coi denti…e il Sole tornerà a splendere!