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Autore: KatNbdwife    19/07/2010    2 recensioni
Un breve viaggio nella mente di una stalker.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la disavventura di Tom con le stalker ho tentato di calarmi nei panni di una di loro (anche se, la mia, è una stalker pacifica) per cercare di capire come vive una ragazza il cui unico interesse è quello di seguire un personaggio famoso.
Questa One Shot, dunque, è più un esperimento che altro. Spero vi piaccia comunque.

Stalking love


Lo vedo.
Cammina un paio di metri avanti a me, tiene la testa bassa, le mani nella tasche dei jeans. Scommetto che ha indossato quelli della Diesel, la marca italiana che tanto gli piace. Sì, mi sembrano proprio quelli.
Anche la maglietta è della Diesel, ne sono certa. Vedo il bordo sbucare dal giubbotto di Dior, è nera orlata di argento. E’ quella, la riconoscerei a chilometri di distanza.
Con una mano armeggia nella borsa, starà sicuramente cercando il pacchetto di sigarette, Marlboro rosse, pacchetto rigido.
Quello morbido l’ha comprato solo una volta ma non gli piaceva, lo so. Le sigarette si erano sicuramente disperse per tutta la borsa e la cosa l’ha fatto innervosire.
Si ferma un secondo per accendere, accendino giallo. Di solito usa quello, oppure opta per quello nero. Certo, li cambia spesso, ma da una settimana a questa parte accende sempre con quei due.

Le guardie del corpo si fermano con lui e ripartono solo quando lui ricomincia a camminare.
Lo vedo osservare distrattamente le vetrine, non si ferma a guardarle come fa quando ha del tempo libero. Di sicuro è di corsa, deve fare una commissione e credo anche di sapere cosa debba comprare.

Svolta l’angolo e si infila nel grande supermercato, non prima di aver gettato la sigaretta in un posacenere accanto all’ingresso. Le porte scorrevoli si aprono al suo passaggio mentre io aspetto qualche minuto prima di seguirlo.

Entro con disinvoltura, prendo un carrello e fingo di fare la spesa. Comprerò qualcosa da mangiare, già che sono qui. Mi tengo a debita distanza, non deve accorgersi della mia presenza.
Lo vedo trafficare fra gli scaffali dei dolciumi, sta cercando le caramelle gommose. Poco dopo, si sposta con decisione verso il reparto casalinghi, sta sicuramente comprando qualche accessorio per l’igiene della casa. E’ fissato con i deodoranti spray, quelli che profumano di lavanda o muschio bianco.

Fa tappa in gastronomia prima di spostarsi verso la cassa. Ha il carrello stracolmo di vettovaglie, le guardie del corpo lo aiutano con le borse mentre lui paga.

Quando lo vedo scomparire dietro le porte, realizzo che non farò in tempo a pagare le cose che ho comprato senza correre il rischio di perdere le sue tracce.
I commessi che girano per i reparti non mi guardano, quindi mollo il carrello con dentro tre cose in un angolo ed esco.
Nessuno fa caso a me, nemmeno io farei caso a me se fossi nei panni di un altro.

Continuo a tallonarlo, cammina velocemente mentre pesca una caramella dal sacchetto. Chiacchiera con le guardie del corpo, ride e gesticola.
Non sento le sue parole, mi arrivano solo suoni ovattati e semicoperti dal rumore del traffico.
Aumento l’andatura, ora sono solo a due metri da loro. Estraggo il cellulare dalla tasca e fingo di mandare un messaggio.
Una guardia del corpo si volta, io lo fisso senza espressione, come se stessi guardando il nulla. Non devo dargli l’impressione di sapere chi sia.
Continuo ad armeggiare con il telefonino, ma rallento l’andatura per non dare troppo nell’occhio. Non do mai nell’occhio, sono brava a seguirlo senza farmi notare.

Dopo circa dieci minuti di cammino, spariscono dietro il cancello di una villetta. Passo oltre, fingendo disinteresse e mi apposto qualche metro più in là. Siedo sul marciapiede e piango.

Non credevo che la mia ossessione mi portasse a perdermi.
Ho perso me stessa il giorno in cui ho trovato lui e non sono più riuscita a tornare indietro.
Vivo attraverso la sua vita, rido quando ride lui e mangio solo quando lo fa lui.
So a che ora si alza, so cosa mangia, come si veste, a che ora va a letto, conosco i locali che frequenta, la musica che gli piace, le cose che detesta.
Da un anno a questa parte, so tutto di lui.
Lo seguo giorno e notte, non frequento più l’università perché perderei solo ore preziose e rischierei di lasciarmi sfuggire dei dettagli che mi serviranno il giorno in cui lo avvicinerò. Allora, capirà che io sono perfetta per lui, perché non potrei mai fare o dire qualcosa che non gli vada a genio: io so tutto di lui. So tutto.

Estraggo dalla borsa un libro. Devo preparare un esame e ne approfitto per studiare, seduta sul marciapiede. Non frequentando, devo studiare per conto mio. Almeno gli esami li faccio, anche se mi secca perdere tutte quelle ore.

Dedico mezz’ora allo studio, poi torno a casa e mi apposto alla finestra. Vedo tutto, alla perfezione. Quando ho detto ai miei genitori che da Zusmarshausen mi sarei trasferita a Berlino per comodità, hanno accettato di buon grado.
Non ho fatto fatica a trovare un appartamento accanto alla loro casa: quando hai un bel po’ di soldi e qualche conoscenza in campo edilizio, risulta tutto più facile.
Volevo comprare un telescopio da puntare verso la sua finestra, ma avrei dato troppo nell’occhio e se mi scoprisse, mi odierebbe.
Lo so.
Ho detto che so tutto di lui.

Mi apposto alla finestra e aspetto. Prima o poi uscirà, di solito si siede sul piccolo terrazzo e si crogiola al sole, quando ci sono belle giornate come questa.
A volte esce anche Tom e si piazza sulla sdraio con un libro. Altre volte, invece, parlano per ore.
A pensarci bene, credo che il telescopio mi serva: potrei leggere il loro labiale e capire cosa si dicono.

E’ passata un’ora e ancora non è uscito.
Poi, come una stupida, capisco il motivo. Sciocca! Come ho fatto a non pensarci prima? Oggi è mercoledì e da circa un’ora è iniziato il suo telefilm preferito! Ovvio che non sia uscito, lui non si perde una puntata!
Lo so.
Io so TUTTO di lui.

Abbasso la tapparella e accendo la luce. La mia stanza è tappezzata di lui. La sua faccia mi osserva da ogni angolatura. In una ride, in una è serio, in una canta, in una parla.
Sul letto c’è un cuscino. C’è la sua faccia sopra.
Anche sul desktop del computer.
Anche sulla tazza che uso per fare colazione.
Anche sulla penna che uso per scrivere.
Anche sul notes sul quale appunto le mie cose.

Eppure nessuno sospetterebbe mai nulla. Perché nessuno entra nella mia stanza.
Mai.
Nella mia stanza c’è anche un bauletto, appoggiato a terra, accanto alla scrivania. Dentro ci sono i mozziconi delle sue sigarette, i bicchieri di plastica nei quali ha bevuto, l’asciugamano ben piegato che ha gettato dopo un concerto.
Io lo seguo sempre. Entro nei locali e nei ristoranti in cui entra lui ma nessuno mi nota mai.
Non mi noterei nemmeno io, l’ho già detto.

Nella mia stanza non ci sono specchi.
Ma, anche se ci fossero, io non vedrei il mio riflesso.
Io non esisto più.
Mi sono persa.
   
 
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