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Autore: Little Firestar84    20/07/2010    3 recensioni
Un convegno a Las Vegas, e qualche giorno senza Jane: il paradiso per Lisbon "Quando ti ho detto fà quello che ti pare non intendevo prendi pure l’aereo per Las Vegas, prenota una suite nel nostro stesso albergo e poi aspetta che arriviamo noi con in mano un cartello con il nome “Teresa Lisbon” scritto a caratteri cubitali.” "Come se non sapessi che sei felice di vedermi, Teresa" Ma Las Vegas è piuttosto grande, perciò evitare jane non sarà un problema... o no? fic partecipante al Jisbon day contest, con un tocco di Rigspelt...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attraverso le pesanti tende delle finestre della suite d’albergo, le luci del giorno stavano facendo finalmente irruzione nella lussuosa stanza ma Teresa, sveglia da un paio d’ore, non si stava concentrando su quel particolare. La sua attenzione era tutta sul soffitto,  forse perché riteneva che se Jane era in grado di ricevere le risposte a tutte le domande esistenziali da “Elvis” per lei ci fosse la possibilità di ricevere un simile trattamento dal perfetto soffitto del Montecito. Magari il soffitto dell’hotel di Las Vegas poteva dirle come risolvere il grosso guaio in cui si era cacciata. O magari le bastava ripensare a come tutta quella storia assurda fosse iniziata.

Come inizio non era poi tanto assurdo; si poteva dire, infatti, che l’inizio fosse stato del tutto normale. Il CBI era stato caldamente invitato a partecipare, in cambio di un sostanzioso sussidio governativo, con tre agenti a un seminatio full-immersion di alcuni giorni sul profiling criminale, e la scelta era ricaduta sul team di Lisbon, sia per l’altissimo numero di casi risolti sia perché Hightower aveva deciso che quei giorni potevano essere considerati ferie( e  suddetto team era quello con minori giorni di ferie fatte di tutti); due giorni prima, Teresa era quindi sbarcata con  Rigsby e Van Pelt in aeroporto,  lasciando a Sacramento sia Cho (“se succede qualcosa chiamami”) che Jane, lasciato libero di fare quello che voleva (“puoi anche partire per l’Alaska, senza di me però preferirei che evitassi di entrare in questo palazzo, non che mi passi per la testa che tu mi possa dare retta, però”); nelle intenzioni dell’agente anziano significava avere finalmente un po’ di pace con Jane fuori dai piedi,  per Jane, quel “fai come ti pare” poteva significare anche “prendi pure l’aereo per Las Vegas,  prenota una suite nel nostro stesso albergo e poi aspetta che arriviamo noi con in mano un cartello con il nome “Teresa Lisbon” scritto a caratteri cubitali.”  Il “Jane” urlato dalle deliziose labbra di Lisbon (non che Jane le considerasse deliziose, era un risaputo da tutti che quelle labbra fossero deliziose) era praticamente incluso nel pacchetto, dato che il suddetto consulente/mentalista/spina nel fianco di Lisbon viveva per infastidire Lisbon (ma solo perché adorava la reazione di Lisbon furibonda, era adorabile, davvero. Non che lui lo pensasse, era risaputo, anche questo).

Però, dopo il primo “Jane” urlato in tono incredulo, la sua espressione era cambiata, e lui aveva studiato attentamente quel mezzo sorriso che lei aveva tentato di nascondere in ogni modo nel più breve tempo possibile, e per una volta aveva lasciato perdere. Non che volesse davvero lasciare stare Teresa, no, semplicemente, aveva deciso che, per una volta, avrebbe fatto il suo interrogatorio in forma privata.  Anche se questo non significava che lui non  la potesse (i.e. volesse) stuzzicare un po’…

“Andiamo Teresa, lo so che sei felice di vedermi!” le aveva detto lui camminando al sua fianco, cingendole le spalle con un braccio.

“Certo, come no, e segretamente desidero avere la peste”  era stata la risposta della poliziotta, che si era liberata della morsa di Jane. Durante la corsa in taxi verso il Montecito, hotel e casinò della strip, Teresa aveva poi pregato la misericordia divina che le venisse in aiuto, perché davvero sentiva il bisogno di staccarsi da Jane per un po’;  quell’uomo non si limitava infatti a scompigliare tutti i suoi piani e seccarla fino allo sfinimento, no, doveva anche essere così… adorabile e sexy, con quell’aria malinconica, il carattere da bello e dannato a cui nessuna donna poteva resistere ,sentendosi in dovere di salvarlo da sé stesso… e Teresa non era certo l’eccezione. Anzi, lei probabilmente era peggio di tutte le altre donne, perché tra i miliardi di uomini presenti sul pianeta si era innamorata proprio di lui. Las Vegas doveva essere un periodo, seppur breve, passato lontano da Jane, a riflettere su cosa le stava accadendo, su cosa provava, preferibilmente dedicato a combattere quelle emozioni, anche in compagnia di uno sconosciuto, se possibile e necessario. Dopotutto, che bene le poteva fare amare Jane, considerando che lui non la notava nemmeno come donna?

Strano ma vero, la misericordia divina decise di venire in suo aiuto, attraverso tre eventi.

Punto uno: Jane aveva ottenuto una mega-suite dall’altra parte dell’albergo, e gli era bastato un solo sguardo alla giovane rossa che sedeva al tavolo dell’accettazione per ottenere il prestigioso trattamento di favore.

Punto due: per quanto Jane amasse seccarla, adorava di più starsene stravaccato da qualche parte, e il letto dell’albergo non era certo differente. Perciò, facendo colazione presto, la mattina successiva al loro arrivo nella città del peccato l’aveva vista mangiare in pace e tranquillità.

Punto tre: la prima sessione del convegno si era dimostrata anche migliore del previsto, perché… aveva conosciuto un uomo!

Il tizio che era stato seduto accanto a lei si chiamava Nick Stokes ed era un ragazzo all’incirca suo coetaneo con capelli e occhi color nocciola, che, dopo quindici anni passati a Las Vegas, non aveva ancora perso del tutto l’accento texano. Per quasi tutta la durata dell’intervento avevano chiacchierato  a bassa voce, lui parlandole dei casi strani cui aveva lavorato (dalle diaboliche bambine di otto anni che avevano spinto giù da una scala la loro anziana vicina perché la donna non voleva regalare loro un gattino, al tizio che si credeva un vampiro), lei raccontando di Jane (ovvero dei suoi metodi investigativi del tutto particolari e delle continue visite di lui ai vari pronto soccorso per mettere a posto il naso, che gli veniva rotto almeno una volta ogni due o tre mesi), per poi finire a discutere di come entrambi volessero essere da tutt’altra parte, ma fossero stati obbligati a partecipare, entrambi per ordini superiori (e Nick, in particolare, per ordine del suo capo, ovvero il tizio che era sul palco a parlare in quel momento).

Morale della favola: Lisbon era troppo di buon umore, finita  la prima sessione del convegno, per arrabbiarsi con Jane, o perlomeno, per arrabbiarsi troppo.

“Teresa, Teresa, sono qui!” lui la chiamava tra la folla, facendo segno con le mani in alto per attirare la sua attenzione; all’inizio, lei non ci fece troppo caso, ma poi, una volta visto chi  c’era alle spalle dell’idiota, dovette ricredersi: poco più di 24 ore in città, e lei sapeva già che quello era Ed Deline,   direttore del Montecito che, secondo voci di corridoio, nascondeva un passato da agente CIA.

“Agente Lisbon, sono Ed Deline, io…”

“Jane, ti avevo detto  o no di non  fare giochetti da mentalista, trucchi da circo né spettacolini di alcun tipo? Ti avevo avvertito o no  che se non mi avessi dato retta ti avrei messo sul primo volo per Sacramento?  Non avevo detto che non volevo scenate del tipo “i vostri gioielli nutrirebbero una nazione africana” perché mi hai già fatta quasi cacciare una volta?”

“Avanti, Teresa, lo sai anche tu che senza di me la tua vita sarebbe troppo noiosa!” La scena era davvero paradossale: Lisbon era furibonda, e si stava pizzicando la punta del naso in preda ad un’improvvisa crisi di emicrania, mentre Jane era tutto sorridente, mani in tasca, gongolante come un bimbetto alle giostre.

“Davvero, come potrei vivere sapendo di non correre il rischio di perdere il mio lavoro in ogni dannato istante della giornata!”

“Agente Lisbon, suo marito…”

“Non sono sposata con quest’uomo! Perché diavolo la gente arriva sempre a questa conclusione?”

“Non c’è bisogno di scaldarsi, Agente Lisbon. Las Vegas è la città del peccato, e non ci formalizziamo di certo su certi piccoli particolari .  Comunque, il suo compagno, fidanzato, amante o qualsiasi cosa il signor Jane sia per lei…” Grande, adesso aveva visto la fede al dito di Jane e notato che lei ne era sprovvista, perciò era stata etichettata come “l’altra”, ovvero l’amante. Altra cosa che ultimamente era successa un po’ troppe volte…

“L’unica relazione che il signor Jane ed io abbiamo è di tipo professionale!” 

 Teresa fece finta di non notare la non troppo velata espressione di delusione che si era dipinta sul volto del suo consulente, che era passato dalla felicità estrema alla delusione più cocente nel giro di mezzo secondo al sentire le sue parole. Possibile che Jane nutrisse un qualche tipo di emozione nei suoi confronti? Che ricambiasse il suo… amore… o che magari la volesse magari semplicemente anche come amica?

“Senta, se devo essere sincero, il signor Jane mi è pure simpatico, e qui a Las Vegas l’unico modo di barare è quello attraverso l’uso di apparecchiature elettroniche, che sono certo il signor Jane non usi. Il problema è che alcuni dei nostri grandi giocatori sono stati leggermente, come dire, offesi da alcune sue affermazioni”

“Gli hai fatto il discorso della fame nel mondo”

“A mia discolpa, mi sono limitato a dire la verità. E poi, Teresa, ammetterai anche tu che il politically correct è terribilmente sorpassato.”

“Mi chiamo Lisbon, smettila di chiamarmi Teresa!”

“In ufficio non obbietterei, ma qui non siamo a Sacramento, ma a Las Vegas! Dovresti lasciarti andare, vivere un po’! Insomma, guarda me!Ho i jeans!”

“Sentite, state dove volete, andate dove volete, chiamatevi come più vi piace, ma  Agente Lisbon, tenga d’occhio quest’uomo o sarò costretto a cacciarvi dal Montecito.  Io rispondo ai proprietari, e se i proprietari dovessero perdere dei grandi giocatori, se la prenderebbero con me, e mi creda, io detesto quando i proprietari se la prendono con me”  Così dicendo, mentre Teresa si chiedeva perché avesse deciso di non portarsi dietro la pistola, Ed se ne andò, voltando loro le spalle,  lasciando la donna ad avere a che fare con quello che per lei era solo più un idiota.

“Dal discorso di Deline presumo che dovrò invitarvi a pranzo entrambi.” Quando Nick si avvicinò loro, Teresa stava ancora davanti a Jane, e notò che, non appena il ragazzo le si era appropinquato con fare da casanova, il consulente aveva abbandonato l’aria giocosa per lanciare al nuovo venuto uno sguardo che gridava sfida e possesso.

“ Considerato che Deline ha detto chiaro e tondo che se non sto dietro a Jane mi caccia fuori da qui, temo proprio di sì”  Scrollando le spalle sorridente, Teresa seguì Nick, facendo segno a Jane col capo di seguirli; la risposta affermativa era stata dettata non solo dal fatto che Nick era, indubbiamente, dolce e, cosa che non guastava, attraente, ma anche dal fatto che Jane sembrava sempre più in crisi ad un episodio di gelosia acuta; se fosse davvero stato così, Teresa voleva scoprirlo,  desiderosa di indagare sulla natura dei sentimenti che l’uomo sembrava dimostrare di provare per lei da ventiquattro ore a quella parte, e per farlo doveva compiere due sole azioni, una volta seduta al tavolo tra Nick e Jane: dedicare tutta la sua attenzione al primo, e fingere che il secondo non esistesse; compiere la prima azione era stato piuttosto semplice, soprattutto vista la natura cordiale del carattere del ragazzo del sud, ma fingere che Jane non esistesse si stava rivelando più difficile del previsto, soprattutto perché il biondino sembrava aver capito a quel gioco lei stesse giocando, e le stava rendendo le cose ancora più difficile in proposito…

“Scommetto che Grace e Wayne sono nella stanza di lei impegnati sotto le coperte”

“Ah sì?” gli aveva risposto lei con falsa nonchalance, come se davvero non le importasse cosa stessero facendo Rigsby e Van Pelt.

“Oh, Teresa, lo so che hai notato i loro sguardi, e il modo in cui per caso la mano di Wayne sfiorava Grace.”

“Ok, va bene, mettimao pure che siano insieme. Perché la camera di Grace? Quella di Wayne è più vicina. Due piani sotto, e subito dopo l’ascensore. Se davvero non riuscivano più a tenere le mani a posto, quella era la scelta più logica.”

“La più  logica, certo, ma non la più romantica. La camera di Wayne dà sul muro dell’edificio a fianco della piscina, mentre quella di Grace offre una veduta panoramica del giardino e delle fontane; niente in confronta alla vista che si ha dalla camera da letto della mia suite, certo, ma molto meglio di quella della stanza di Rigsby. E se ti chiedi come faccio a sapere che sono sotto le coperte…”

“Jane, basta, non voglio sapere più nulla di Rigsby e Van Pelt. Nick, dicevamo?”

“Oh, sì, ti stavo parlando del mi ex capo…  - le disse lui in tono un po’ distaccato a parecchio a disagio – Grissom, lui era un entomologo forense. Comune, lui aveva questo feto di maiale sotto alcool nel suo ufficio, e lui era un tipo un po’ particolare, perciò eravamo convinti che lui adorasse quel coso. Lo scorso anno, quando da le dimissioni per dedicarsi all’insegnamento, vado a salutarlo prima che se ne vada, e vedo che ha lasciato il coso sulla scrivania, gli chiedo il perché, e mi risponde che quel coso gli aveva sempre fatto così impressione che non aveva mai osato spostarlo da li da quando il suo capo lo aveva lascito in quell’ufficio quando era andato in pensione!”

“Ok, bellissimo, ora, tornando a Grace e Wayne…”

“Non voglio saperlo, Jane! Se Hightower scopre che sono tornati insieme e che io ne sono a conoscenza, stavolta perdiamo TUTTI E TRE il posto!”

“Licenziarti! Ma per favore, Teresa, sai anche tu che Hightower non mi farebbe mai un torto simile!”

“Ti ho detto di chiamarmi Lisbon!” Teresa ripeté per l’ennesima volta, ma stavolta sbottando in tono molto più seccato.

“E io ti ho detto che non voglio, perché non siamo in ufficio!” Si impuntò lui, a braccia incrociate, mentre Teresa era sempre più seccata a Nick, seduta tra i due, non sapeva dove sbattere la testa.

“State insieme da molto?” chiese il poliziotto di Las Vegas all’improvviso, con un’espressione che andava dall’incredulo al come ho fatto a non pensarci prima.

“Non sto con lui!” “5 anni” anche se le due risposte erano state date insieme, la prima, indignata, apparteneva a Teresa, mentre la seconda era di Jane, che mostrava un sorriso a trentadue denti in stile Stregatto del Paese delle Meraviglie.

“Tu lavori PER ME da cinque anni!”

“Davvero? E allora perché il sottoscritto è l’unico uomo ad essere entrato in casa tua negli ultimi anni?”

“E’ tardi!  Non mi ero reso conto che il mio turno stesse per iniziare! Facciamo così Teresa, ti chiamo io, va bene?”

 E così dicendo, Nick si alzò e se ne andò, lasciando Teresa a guardare il vuoto e Jane a fissarla con quel suo ghigno – un ghigno che in quel momento urlava vittoria.

“Non ti chiamerà” le disse lui tutto soddisfatto, braccia conserte, gustandosi lo sguardo di Teresa che… che era andata dietro a Nick.  Il suo sorriso si spense, rimpiazzato da uno sguardo di incredulità.

“Nick, ascolta, non è come sembra! Jane era solo venuto ad aiutarmi, voleva tenermi su di morale, perché mi avevano incastrata – cercò di giustificarsi lei, afferrando l’uomo per le spalle – senti, normalmente non mi importa cosa dice la gente, ma odio che qualcuno possa pensare che io sia l’altra, ok?”

“Scusa? Io non pensava che tu fossi l’altra, io credevo che foste una coppia, o che vi foste lasciati.” . Il tono di Nick lasciava trapelare non tanto incredulità quanto incomprensione: di cosa stava parlando la donna davanti a lui?

“Avanti Nick, lo sanno tutti che quelli della scientifica notano ogni più piccolo particolare. Davvero vorresti farmi credere che non hai notato che Jane ha la fede al dito?”

“No, non ho notato la fede al dito – le rispose lui piuttosto calmo, con un certo sorriso, come se davvero avesse capito qualcosa – perché non ha nessuna fede”

“Certo che ha la fede! Sono anni che ce l’ha!”

“Divorzio?”

“Scusa?” adesso era lei a non capire.

“E’ divorziato? Jane, voglio dire”

“No, è vedovo, ma non capisco dove tu voglia arrivare”

“Voglio arrivare che non ha la fede al dito”

“Ce l’ha”

“Non è vero”

“Ti dico che è così”

“Non porta nessuna fede, ero alla sua sinistra, l’avrei notata”

“E io ti dico che non è vero. Jane è vedovo da più di sei anni, e non si è mai tolto la fede. Ci ha provato una volta, durante l’unico appuntamento galante che abbia mai avuto, ed il risultato è stato che l’ha quasi scaricata subito dopo”

“Beh, allora forse dovreste farvi una bella chiacchierata, perché lui non indossa la fede”

“Ti dico che è impossibile”

“E io ti dico di parlargli. Senti, sei davvero simpatica Teresa, e scommetto che sei  anche un grande poliziotto, però…”

“Però non aspettarti che io cerchi ancora la tua compagnia  durante il resto del convegno”

“Già, scusa, ma la concorrenza non fa per me”

“Non c’è nessuna concorrenza!”

“Negare la verità ti farà solo del male, lo so per esperienza personale, credimi”

“Io non amo Jane!”

“Ok, dimmelo guardandomi negli occhi  invece che fissando i tuoi piedi, e magari ti crederò”

Stavolta, mentre se ne stava andando, Nick non si fermò più, ne Teresa provò a convincerlo a fare altrimenti. Sapeva di non poter dirgli quelle parole guardandolo negli occhi – non avrebbe potuto farlo con nessuno, nemmeno con uno sconosciuto, e se fosse tornata al tavolo da Jane, lui di sicuro avrebbe capito tutto, leggendola come sempre, così tralucente com’era, come l’aveva definita lui una volta. Non poteva permettersi di aprirsi a Jane, lui avrebbe finito solo per scherzarci su, l’avrebbe presa in giro e si sarebbe preso gioco di lei. Di sicuro l’unico motivo per cui era stato al “gioco” era quello. Lui non era geloso né voleva la sua compagnia, dopotutto era risaputo che l’unico motivo per cui stava al CBI era per catturare Red John, che loro erano pedine nelle sua mani. E poi aveva la fede. Ne era certa, non l’aveva tolta in oltre sei anni, perché avrebbe dovuto farlo ora?

Perciò, molto meglio andare al Mistique, uno dei bar del caisnò/hotel, e stargli lontano, non per tanto, giusto per qualche ora. E al diavolo Deline e i suoi patetici ricatti. Voleva buttarla fuori dall’hotel? Lo avesse fatto! Avrebbe trovato un altro posto in cui stare!

“Sei arrabbiata con me? Non riesco a crederci, sai? Insomma, quel tipo non ti piaceva nemmeno. –Dio, doveva essere davvero tralucente, pensò lei bevendo un martini secco, se dopo nemmeno dieci minuti che lo aveva mollato al tavolo da solo l’aveva già trovata – tra parentesi, mi devi 50 dollari. Il tizio aveva lasciato la sua parte, ma tu te ne sei andata, lasciando a me da pagare per tutti e due”

“Oh, mi raccomando, che non ti passi nemmeno per l’anticamera del cervello di offrirmi pranzo per tutte le volte che ti ho tirato fuori dai casini !”

“L’ultima volta che ho tentato di offriti da mangiare hai avuto un collasso, perché temevi che potesse significare che stessi cercando di sedurti”

“Ah, bè, per tentare di sedurmi dovresti renderti conto che sono una donna!” lei si voltò, sparando veleno come non mai. Adesso basta, ne aveva abbastanza di dover sopportare i suoi giochi e i suoi trucchi mentali. Se Patrick Jane voleva la guerra, la guerra avrebbe avuto!

“Hai bevuto molto? – le chiese annusandole l’alito senza troppo tatto– no, non si direbbe”

“Per tua informazione, questo è il mio primo alcolico della giornata, anche perché ti ho lasciato solo non più di cinque minuti Fa! E comunque non sarebbe affare tuo!”

“Con tutto il rispetto, ma solo da ubriaca potresti credere che io non mi renda conto che tu sia una donna”

“Certo, e magari tu non porti più la fede! -  ribatte lei seccata. Ma perché doveva sempre fare il calmo? In quell’istante, lui, senza ribattere, si limitò a metterle davanti al viso la mano sinistra – Non hai la fede? Non hai la fede! Perché non hai  la fede?”

“Ci hai messo due settimane a notarlo da sola o è stato Nick a dirtelo?”

“Non puoi rispondere ai una domanda con una domanda!”

“Tecnicamente, posso, è una tecnica di contro-interrogatorio, usato per distogliere lì attenzione dell’interrogatore dalla materia in questione, e si chiama…”

“Jane!”

“Ok, ok, scusa. Sì, non la fede da due settimane. Cioè, tecnicamente ce l’ho ancora, ma la porto al collo. – le disse mostrando la lunga ma sottile catenina d’oro che scompariva sotto all’orlo della camicia azzurra, a cui era appesa la fede nuziale -  Fa un po’ meno male. Insomma, sarò sempre legato alla mia vecchia famiglia, però non sono certo da buttare, insomma, sono ancora relativamente giovane, e credo che sia giusto che io mi rifaccia una vita. Credo che Rose e Lily avrebbero preferito sapermi felice e non rinchiuso in un manicomio”

“Kristina sarà felice di saperlo” la voce le uscì con più odio del dovuto, ma Jane non sembrò notare il tono con cui aveva parlato, solo le parole.

“Che centra lei adesso? Credevo stessimo parlando di te!”

“Stavamo parlando del fatto che vuoi essere felice con Kristina”

“Non è vero!”

“Sì invece!”

“Veramente, credo stessimo parlando del fatto che quando ho messo piede al CBI per la prima volta, tu sei stata l’unica a non cadere ai miei piedi, e che la cosa mi ha colto di sorpresa perché non ci ero abituato, perché conquistavo tutti in un battito di ciglia, sapendo che alla fine mi sarebbero tornati utili. Stavamo dicendo che tu sei diversa. Stavamo dicendo che tu mi togli il fiato, sei una sfida continua, che nonostante tutto sei spesso un mistero per me….”

“Certo, Jane, come no”

“Ti ho detto di chiamarmi Patrick – le rispose stizzito continuando a guardare davanti a se, il barista, come se non osasse guardarla negli occhi, non osasse dirlo a lei – fai delle cose che io non mi aspetto che tu faccia, e mi tieni sempre in sospeso, il che è incredibile, considerando che sono abituato a capire come una persona agirà in base al suo comportamento -  si voltò finalmente verso di lei, non sorridente, ma leggermente insicuro, perché, continuando a fissarlo a bocca aperta, Teresa non proferiva parola – Ok, adesso dovresti rispondermi in qualche modo…”

“Patrick, io….”

“Sai perché non ha funzionato con Kristina? – le disse cambiando leggermente argomento, non tanto per zittirla, ma perché sapeva che Teresa non sapeva davvero come rispondere, e che necessitava di un’ulteriore “sollecitazione”, se così la si poteva chiamare- Non è stato per via di Rose, né per l’anello. Sì, lo so, è quello che ti ho detto, che ho guardato la fede e mi sono sentito in colpa, ma non è per questo. Non solo, insomma. Voglio dire, mi conosci, io seguo la regola delle  tre emme, mento, manipolo e mi metto nei guai, perciò bisogna sempre prendere con le pinze tutto quello che dico. Comunque…  Comunque, l’unico motivo per cui con Kristina non ha funzionato era perché non era la donna che io volevo…. E no, non sto parlando di mia moglie”

“No?” gli chiese lei stupita.

“No sciocchina! Teresa, cosa devo fare per farti capire che è te che voglio? Cos’è, non ti sono bastate un’improvvisata a Las Vegas, continue imbeccate a lasciarti andare e scenate di gelosia e possesso?” le disse lui dandole un bacio sulla punta del naso, con tono di voce scherzoso e gioioso, come se si fosse finalmente liberato da un grosso peso.

“Tu saresti innamorato di me? Tu, che puoi avere qualsiasi donna su un piatto d’argento, vuoi me?” Teresa lo guardava ancora stupita: lui la amava? Lei, Teresa Lisbon, drogata di lavoro?

“Devo ripeterti tutto da capo?”  le disse a voce bassa, dolce, avvicinando il suo viso a quello della donna bruna al suo fianco.

“Tu sei innamorato di me” disse lei in tono freddo “tu sei innamorato di me!”  esplose lei mentre lui le dava un veloce bacio sulle labbra, del tipo mordi e fuggi.

“Certo, e tu sei innamorata di me. Non mentire, ho sentito quello che tu e Nick vi stavate dicendo – fece una brave pausa, e guardandola negli occhi le strinse la mano -     lasciati andare, Teresa. Per una volta sola. Solo qui, poi potrai decidere se ne valgo la pena. Per favore?”

 E questo la riportava alla suite d’albergo, con le luci del giorno che stavano facendo finalmente irruzione nella lussuosa stanza ,con la sua attenzione tutta concentrata sul soffitto, in cerca dell’illuminazione…

“Ehy, tutto a posto?” non appena si voltò di lato, la sua mente subì come uno shock, e cominciò a vedere le cose in modo diverso. Non appena i suoi occhi ricaddero su Patrick, disteso su un fianco alla sua sinistra, quello che le era sembrato un grosso guaio le sembrò invece un qualcosa che aveva le potenzialità per essere la cosa migliore che le potesse capitare, e mentre un sorriso le si stampava in viso nel momento in cui le si avvinò per darle un bacio sulle labbra, lasciando scivolare leggermente le coperte,  ricordi della notte appena passata le invasero la mente mentre lei gli avvinghiava le braccia intorno al collo…

Un paio di drink, per entrambi, al Mistique (martini per lei e vino per lui), passeggiare mano nella mano per la Strip, parlare, tanto, tanto parlare, tutte le cose che non si erano mai detti, una veloce cena in un localino, tanto piccolo quanto poco frequentato, intimo,  baci, tanti baci, come se non potessero mai essere sazi, sguardi di adorazione, un altro paio di drink, baci al chiaro delle stelle e dei neoen mentre un fresco vento proveniva dal deserto trasportando granelli di sabbia rossa fino a loro, e alla fine, correre mano nella mano nella sua suite, la suite presidenziale, per fare l’amore mentre dalla finestra si vedeva la skyline della città, ma non prima di…

“Vuoi che quello che è successo a Las Vegas rimanga a Las Vegas?” le chiese staccandosi da lei, guardandola negli occhi; le mani di Teresa si staccarono dal suo collo, e andarono a posarsi sul petto nudo di Patrick, sulla sottile catena che lei VOLEVA che lui continuasse a portare, e lui posò le sue mani su quelle, senza mai staccare gli occhi da Teresa, che guardava le mani unite come fossero un miracolo, un sorriso sul suo volto che sembrava gridare pace.

“No – gli rispose lei dandogli un veloce bacio , sorridendo felice– no, non lo voglio” mentre si baciarono di nuovo, lei iniziò a giocare con il nuovo articolo di gioielleria che si erano procurati la notte precedente, e  osservò, con la coda dell’occhio, il riverbero dei raggi del sole che, attraverso la finestra, entravano e giocavano con  la sua fede nuziale d’oro bianco, identica a quella che Jane portava alla mano …

   
 
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