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Autore: Prof    21/07/2010    4 recensioni
Ehi! Ascoltami! Non ho molto tempo, quindi stammi bene a sentire. Ho scoperto un'organizzazione internazionale, segreta. Un piccolo gruppetto di Nazioni, che in periodi stabiliti si riuniscono in luoghi occulti. Senti. Ascoltami bene. Non c'è tempo. Adesso non posso fare nomi, quelli ci vanno pesanti; troppo pericoloso. Ma sono riuscito ad ottenere questi verbali. I verbali di una loro riunione! Sta attento e ascolta! Quelli stanno tramando qualcosa di terribile! Sono sicuro che ci siano di mezzo un bambino, un vecchio e una donna, ma ti ho già detto che non posso far nomi. Non c'è più tempo! Bisogna fermarli! Vogliono fare qualcosa di orribile al mondo! Le altre Nazioni sono in pericolo! Vogliono...
[A inizio pagina, risposte alle recensioni di "I want Freedom", "Pulizie di Primavera" e "It's raining"]
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La setta


Risposta alle recensioni di:
   I want freedom
Ichibanme_Arisu: Ti devo ringraziare per aver recensito la mia fanfic, che definisci “senza via di scampo”; innanzitutto, perché, pur affermando che non ti è piaciuta, mi hai fatto sapere la tua opinione, e di questo ti sono grata. In secondo luogo perché penso che la tua recensione sia una conferma di quello che volevo trasmettere. La mia intenzione non è stata far in modo che il personaggio di America risulti piacevole, ma quella di comunicare delle emozioni, di colpire il lettore. E tu sei rimasta tanto colpita dalla fanfiction da non poter non lasciare una recensione, perché, dici, ti ha messo tristezza. Soprattutto, sei riuscita a scovare Inghilterra e a leggere dal suo punto di vista. ^^
Un'ultima riflessione: se Inghilterra soffre non credo che sia giusto dare la colpa ad America. America deve crescere e imparare a camminare con le proprie gambe, e per far ciò deve lasciare chi fino a quel momento lo ha curato e protetto. Non lo fa certo per crudeltà o perché insensibile, e il distacco è doloroso e sofferto per entrambi.
La sofferenza di Inghilterra nasce dal fatto che non è mai stato in grado di elaborare la separazione, dunque di abbandonare il passato alle proprie spalle e guardare serenamente al proprio futuro. Si può dire allora, che se Inghilterra soffre, la colpa non può essere che di lui stesso. Ok, so che sembra crudele detto così, ma è quello che penso. ^^''  
   Pulizie di Primavera
Wolvie: Lo ammetto, le fatine mi stavano antipatiche! Le ho fatte emigrare nei mari del Sud. XD Posso tirare un sospiro di sollievo, visto che all'epoca di Danimarca e Norvegia sapevo ben poco. Credo di aver un buon feeling con Norvegia, se l'ho ritratto così bene. Si vede che sono acida uguale. XD
   It's raining
Wolvie: Aiuto, Galles sempre più cattiva. Eu-chan non è contenta. ù_ù  Alla fine credo che non si possa non volere bene a Inghilterra, povero. Io voglio comunque sperare che ci sia qualcuno pronto a tirarlo su dal pozzo della disperazione. E poi questo era un momento particolare, in cui era un po' giù; per il resto è il solito scorbutico rompiscatole, per buona pace dei suoi conoscenti e vicini. XD
Aerith1992: Grazie mille per la recensione. ^^ Devo però ammettere che Inghilterra si presta bene a fare il depresso. Questa Nazione ha bisogno proprio di un po' di spensieratezza. XD



Attenzione! Presenza di OOC e Demenzialità a palate. Se non gradite, se non avete voglia di farvi quattro risate spensierate, se non tollerate l'idea che i vostri personaggi preferiti siano bistrattrati, non leggete. ^^  La presente fanfiction è stata scritta solo per far ridere e nulla di più. Non è mia volontà offendere la sensibilità di nessuno.




 
 La Setta



    
Scivolò silenzioso lungo gli scuri corridoi dell’imponente edificio. Benché cercasse in tutti i modi di correre con passo più leggero possibile, dosando bene la forza in modo che potesse appoggiare il piede con estrema delicatezza sulle fredde lastre di marmo dei pavimenti, il palazzo era comunque così apparentemente deserto e immerso nella più spettrale e totale assenza di qualsivoglia suono o rumore, da far risultare i suoi passi leggeri tuonanti e burrascosi come una tempesta di mare.

Dunque si fermò. Con circospezione, una volta individuato il corridoio giusto (e ce ne voleva, erano tutti uguali!), fra un’infinità di porte tutte noiosamente simili e pedanti nella loro ricercata equidistanza, tanto da renderle ancora più anonime di quanto non fossero già, ne scelse una, in apparenza guidato dal caso. Si accostò dunque all’uscio prescelto, e dopo aver dato un’ultima occhiata guardinga nei paraggi, come ad aspettarsi la venuta improvvisa di un ipotetico fantasma o peggio, bussò. Tre piccoli tocchi, secchi e precisi.
Trattenne il fiato, quasi senza accorgersene, tutte le energie orientate alla ricerca del più piccolo indizio, rumore o suono, che gli potesse dare conferma riguardo l’aver azzeccato la porta giusta.
Già tremava all’idea di aver sbagliato, e di conseguenza dover provare tutte le altre terribilmente uguali fra loro, incastrate in quei troppo uguali corridoi di quel palazzo anonimo così abnorme da essere quasi ansiogeno; ce ne dovevano essere centinaia, di quelle dannate porte, e lui non aveva il tempo per mettersi a cercare quella giusta; già era in ritardo, se si metteva pure a perdersi quella era la volta buona che gli altri lo avrebbero ammazzato; e senza tanti complimenti.
Gli parve di sentire appena un attutito movimento dall’altro lato dell’uscio, che si aprì, con un sonoro quanto contenuto scatto metallico, giusto di un misero spiraglio, abbastanza largo da far passare mezzo sguardo e un fil di voce rauca. Non proveniva neanche un granulo di luce.
Non ci badò.

L’uomo, o la donna, o in definitiva l’essere che si celava dietro la porta non diede segno di iniziativa, a parte un’unica frase sibillina.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita…”

Il ragazzo prese fiato, per poi ricacciarlo fuori in un lungo sbuffo; doveva cominciare con la procedura.

“mi ritrovai per una selva oscura…” continuò al posto della voce, il tono sommesso.

“ché la diritta via era smarrita…”


“Ma non lo ricordo più!”


Di fronte alla sua protesta la voce non rispose. Cominciò a sudare freddo; se aveva sbagliato la procedura, essere radiato dal gruppo sarebbe stato la cosa meno peggio. E di certo quelli non erano gente che ci andava leggero.

Il leggero cigolio della porta nel venire schiusa di qualche millimetro lo ridestò dai suoi pensieri.
“Vabbé, su entra lo stesso.”
L’uscio si spalancò completamente, con estenuante cautela, proiettandolo su un corridoio avvolto dall’oscurità.
La bassa e nera figura incappucciata, che lo aveva accolto poc'anzi, gli fece segno di seguirlo.
Fu condotto così in una stanza tanto immersa nell’oscurità da renderne impossibile la visione delle stesse pareti. Al centro stava, illuminato da una gelida luce artificiale, una tavola rotonda. Vi erano pronte diverse sedie, ma nemmeno la metà era occupata.

La bassa e profonda voce di un uomo dal volto duro scavato dalle rughe attirò la sua attenzione.
“Finalmente sei arrivato.” Osservò, con quel suo tono che tanto assomigliava ad un rimprovero.
“Ho avuto problemi con Inghilterra.” Tagliò corto, e senza aggiungere altro si sistemò su una di quelle sedie, troppo alte per lui.
Dopo una rapida osservazione, aiutato anche dal conteggio delle sedie vuote, chiese: “Ma non manca qualcuno?”
La giovane donna vestita di un formale tailleur blu scuro di fianco al vecchio prese parola, pragmatica e diretta.
“Ungheria ci ha abbandonato. Purtroppo è passata dal lato di Austria e Prussia.”
“Inoltre - proseguì il ragazzo, dal lato opposto del tavolo, quello con il cerotto sul naso, mentre si grattava svogliato la testa – pure Canada non è più dei nostri.”
“È stato Francia, vero?” abbaiò il nuovo arrivato, rivolto alla donna di prima. “Non avevi il compito di controllarlo?!”
“Non è così semplice! Lo conosci anche tu il soggetto.”
“Ma non possiamo permetterci di perdere altri adepti!”
“Basta così, Sealand!” tuonò il vecchio. “Non siamo qui per litigare fra noi! Abbiamo bisogno di rimanere uniti se vogliamo far fronte alla situazione!”
Il bambino sbuffò seccato, accasciandosi sulla sedia. Quel vecchiaccio era proprio cattivo come sembrava.
“E Svizzera?”
Tutti si voltarono verso il fondo della stanza, da dove emerse dall’oscurità la figura incappucciata che prima aveva accolto Sealand alla porta. Questa si andò dunque a sedere di fianco allo stesso ragazzino, scoprendosi il volto e rivelando essere il Principato di Wy, con tanto di modo strano di acconciarsi i capelli.
La donna vestita di blu intanto aveva tirato fuori una cartelletta da una pila che risiedeva alla sua sinistra, aprendola sul tavolo e cominciando a farne il resoconto.
“A quanto riferitoci, Svizzera rimane neutrale, e con esso naturalmente anche la sorella. Si limita a farci sapere che sparerà ad altezza d’uomo a chiunque si dovesse macchiare di quelli che definisce “atti osceni” entro i suoi i territori. Sta già preparando l’artiglieria.”
Un gelo indefinito calò all’interno della stanza, interrotto solo dal gridolino di colui  intento a servire thè e pasticcini.
“Ma è terribile!”
“Calmati, Seborga. - lo ammonì Sealand. - Non è poi così male come idea. Mi piacerebbe vedere quel codardo di Inghilterra preso a pallettoni.” Si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto al solo immaginarsi la scena.
La donna dal vestito blu lo fulminò con lo sguardo, chiaramente irritata.
“Sealand, lo sai che non approviamo simili metodi violenti.”
“Peccato…” sussurrò Bielorussia, rinfoderando il pugnale. “Avevo una bella sorpresina per America.”
Ancora la tensione tornò palpabile tra i presenti, mentre non pochi, visto la situazione disastrosa che si era venuta a delineare, si chiedevano se forse i metodi di Bielorussia sarebbero stati più efficaci di tutti gli escamotage diplomatici attuati fino ad allora.
 
Fu di nuovo il vecchio a spezzare la brutta aria che tirava, assumendo un cipiglio ancora più minaccioso degli intenti omicidi di Bielorussia.
“Non ci resta che iniziare la riunione. – Proclamò, secco. - Europa, aggiornaci.”
Di fianco a lui la donna dal completo blu scuro si alzò, reggendo in mano un malloppo di fogli rigidamente schedati.
Si schiarì la voce, rivolgendo a tutti i presenti un’occhiata di quelle che pretendendo massima attenzione, attraverso le sottili lenti luccicanti degli occhiali.

“Come ben sapete la situazione è grave. Se fino a pochi mesi fa la si poteva definire “gestibile”, e in alcuni casi addirittura favorevole ai nostri disegni, oggi non esagero con il dire che regna il Caos più nero.
Per quanto mi riguarda, i membri dell’Unione Europea sono così presi da altri interessi che ormai, per quanto mi sforzi, è diventato impossibile tenere una linea politica comune, sia estera che interna.”
Si lasciò sfuggire un breve sbuffo amaro, prima di riprendere.
“Il problema è che ormai non si interessano più di quello che viene discusso nel Consiglio; far passare leggi scomode ormai è diventato facilissimo, anche se devo dire che più di una volta questo ci ha fatto comodo.
Inoltre lo stesso Consiglio spesso è mezzo vuoto, e i restanti membri raramente sono concentrati su quello messo in discussione. Anzi, spesso si dedicano a tutt’altro, decisamente poco consono al contesto.
Riguardo la politica estera, è un macello. O più semplicemente non si riesce ad attuare nessuna politica estera: tutti si mettono con tutti, pure con i più impensabili.  E le loro alleanze durano meno di un battito di ciglia. È impossibile pensare di riuscire a governare in questo stato. Servono urgentemente interventi disciplinari.”
Tornata a sedersi Europa, il vecchio diede la parola ad Australia, che non fece altro che confermare la stessa situazione di caos presente anche in Oriente e in tutto il Commonwealth.
Numerosi rapporti dopo, lo sconforto regnava sovrano nella stanza, quasi più dell’oscurità penetrante.
“La verità, - irruppe Europa, gli occhiali abbandonati sul tavolo e due dita a massaggiarsi la base del naso - è che è tutto, tutto troppo. Va bene instaurare buoni rapporti con le altre Nazioni, ma qui si è superato il limite! Non fraintendetemi, mi faceva piacere tenermi legato in qualche modo un alleato come America grazie ad Inghilterra, e, se vogliamo definirla così, l’ostinazione di Francia mi aiutava a sua volta a fare in modo che Inghilterra non si allontanasse troppo dalla mia sfera di influenza; stessa cosa vale per Danimarca e Norvegia...
Ma adesso… pensando che Inghilterra si trovi da America, me lo ritrovo a casa di Francia, per poi doverlo recuperare il giorno dopo da Giappone ubriaco fradicio! E Lituania? Vogliamo parlare di lui? Mi sparisce sotto il naso per settimane, per poi venirmi, fortunatamente, restituito da Bielorussia.”

“È il minimo che possa fare, dovendomi trattenere. - Sussurrò la ragazza in questione. - non voglio che mio fratello si dispiaccia per la perdita di un... conoscente. Ma se dovesse succedere un'altra volta...” Accarezzò il manico del pugnale, e istantaneamente tutti i presenti vennero colti dallo stesso sinistro brivido.

“Perché voi non capite cosa significhi vivere con Inghilterra adesso, signori.”
Sealand si alzò in piedi sulla sedia, cominciando ad agitare le braccia concitato.
“Se prima non lo sopportavo, adesso incrociarlo per i corridoi di casa mi fa venire il disgusto. Prima almeno se gli dicevo qualcosa, o gli facevo notare quanto fosse bastardo e brutto e rompiscatole, si arrabbiava e mi inseguiva per tutta Londra. Adesso mi lascia addirittura andare ai G8 al posto suo! Non che mi dispiaccia, eh!, ma è troppo facile così! Si è rammollito in un tal modo... Sta sempre a pensare o ad America, o a Francia, o a tizio o a caio! Senza contare quando Scozia fa una delle sue improvvisate che casino che fanno in camera da let-”
"Sealand! Un po' di contegno!” lo rimproverò il vecchio a gran voce.  
"Rilassati Vecchio. - la voce di Australia risuonò più scocciata che altro. - In fondo siamo qui riuniti proprio perché quelli trombano come canguri.”
"Senza contare che paiono vivere nel mondo di Candy Candy,  a livello mentale.” aggiunse Wy, il viso contratto in una smorfia schifata.
"E a proposito, avete sentito l'ultima?” esclamò la ragazzina, lo sguardo furbetto e allo stesso tempo grave.
"Quella su Spagna che molla Romano per scappare con Olanda?”
"Ma non era poi intervenuta Belgio?”
"Sì, ma per “allearsi” con Romano, se capite bene.”
"Ma io pensavo che Romano volesse scappare con Grecia...”
"Scherzi? E pensi che Turchia glielo avrebbe lasciato fare?”
"Ma se litigavano sempre quei due! Che gliene importa a Turchia di Grecia?!”
"Lo stesso che importa a Francia se Canada va da Veneziano.”
"E quando mai si sono incontrati, Canada e Veneziano?!”
"Perché, ti pare più probabile che Cina frequenti Russia?”
"Ma Russia non stava con America?”
"Sì, una settimana fa. Sei rimasto indietro.”
Wy schioccò le dita diverse volte, alterata, attirando di nuovo su di sè l'attenzione.
“Emh, ragazzi, non era questa la notizia.”
Nella stanza si fece di nuovo largo il silenzio, mentre Wy si apprestava a riferire la notizia.
“L'altro giorno, me l'ha detto Taiwan, Svezia è andato da un sarto e si è fatto confezionare un vestito da sposa.”
"Beh, non è una novità. È risaputo che Svezia ha per moglie Finlandia.”
"No, la notizia è che il vestito non è per Finlandia, ma per Svezia stesso!”
Wy scrutò soddisfatta la reazione sconvolta dell'uditorio, da Australia che cadeva dalla sedia, alla faccia terrorizzata di Seborga, passando per Europa che si teneva il viso fra le mani, non si sa se più furiosa o rassegnata.

Dopo un quarto d'ora di lamenti vari, di toni esasperati e altri aneddoti che è meglio non tramandaer ai posteri, una voce si levò dal coro, quasi invoncante.
“E va bene, queste cose le sappiamo, ma come ci comportiamo?”
"Potremmo rinchiudere ciascuno di loro in una torretta isolata dal mondo!”
"Sì, e poi arriva il principe azzurro a salvarli! Seborga, non è una grande idea.”
"A me piaceva!” Si intromise Sealand.
"Il problema è che separarli non risolverà la questione; dobbiamo trovare il modo di riportarli sulla giusta via.”
"Che è poi quella che più ci fa comodo, vero Eu-chan?”
"Perspicace come al solito, Australia.”
Il vecchio si alzò in piedi, con aria grave.
“Dunque, signori, qualcuno ha una proposta? Una proposta decente?”
La mano di Sealand scattò in aria, fulminea. “Io, io, Vaticano. Ma dovrete seguire alla lettera il mio piano.” E mentre si sfregava con aria soddisfatta i palmi delle mani, sul suo volto comparve un sorriso per nulla rassicurante.







Diversi mesi dopo...



Inghilterra stava comodamente seduto nel salotto di casa sua, dedito al ricamare deliziosi cuscini con amorevoli e carinissimi coniglietti e fatine allegramente colorate.
Al suono improvviso del campanello, con grazia poggiò il suo lavoro interrotto sul basso tavolino, e lesto si diresse verso l'ingresso.
Quando aprì la porta, si ritrovò davanti la figura incappucciata di un alto monaco, che lo guardava con sguardo benevolo.
“Buongiorno, Frate Arthur.”
Gli occhi di Inghilterra si riempirono di lieta gioia a quella gradita visita inaspettata, mentre si sistemava meglio il saio addosso e faceva largo per entrare.
“Frate Francis, che piacere rivederla dopo tanto tempo! È andato bene il pellegrinaggio consigliatole da Sua Eccellenza il Vaticano?”
L'uomo sorrise benevolo e con umiltà, accomondandosi nell'ingresso.
"Magnificamente, magnificamente. Aiutare i pinguini dell'Antartide insieme a frate Alfred e frate Matthew si è rivelata un'esperienza illuminante. E lei come ha passato il tempo in compagnia della signorina Europa?”
"Oh, quella cara ragazza! Ha fatto tanto per la mia famiglia e per riportare serenità all'interno di essa. Inoltre sta facendo un eccellente lavoro con tutto il resto degli altri frati europei; pensi che il suo prossimo obiettivo è convertire Russia. Le manca diventare suora per essere perfetta.”
"Eh, già, ho sentito frate Giappone, mentre tornavo a bordo di una zattera. Sa, per temprare il carattere. Mi ha riferito che ha iniziato da poco un pellegrinaggio intorno al mondo, alla ricerca della via della Luce e dell'Armonia, accompagnato dai suoi fratelli. Che famiglia deliziosa.”
"Ha proprio ragione, Frate Francis. Siamo proprio fortunati a vivere in mondo del genere, senza più guerre, senza più tentazioni, senza più litigi inutili.”
"Già. Dobbiamo proprio ringraziare colui che ha unito tutte le terre sotto un'unica bandiera, il nostro Amato e Illuminato Imperatore Peter I delle Terre e dei Mari di tutto il Globo.”






Europa e Vaticano  erano piacevolmente intenti nel prendere un thè nella luminosa città di Roma.
“Unificare le nazioni sotto un'unica bandiera e piegare le loro menti con ideali fasulli e illusori, - disse l'anziano al termine del loro discorso - mettendo a capo un “finto” Imperatore insospettabile in modo tale che noi possiamo gestire tutti i (nostri) affaruncoli alla luce del sole e non nell'ombra... - Vaticano sorseggiò un piccolo sorso della bevanda, assaporandola lentamente. - Quel Sealand ha davvero avuto un piano geniale.”



 


*** Fine***







Risposte ad eventuali recensioni saranno pubblicate nella prossima fanfiction da me scritta per il fandom di Hetalia.



   
 
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