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Autore: Feel Good Inc    25/07/2010    6 recensioni
Kingdom Hearts e Walt Disney: gli incontri mai visti.
#01: Xemnas | Grimilde ~ Qualcosa che si è perso una volta non tornerà mai più indietro. Kuroshitsuji
#02: Xigbar | Megara ~ La vera libertà è potere ogni cosa sopra se stesso. Michel de Montaigne
#03: Xaldin | Pocahontas ~ Le dune si trasformano con il vento ma il deserto rimane sempre uguale. Paulo Coelho
#04: Vexen | Stregatto ~ Io sono uno scienziato, non un filosofo! Frankenstein Junior
#05: Lexaeus | Aurora ~ Il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce ed il battito del cuore di chi ascolta. Kahlil Gibran
#06: Zexion | Peter Pan ~ Perché non voli? Faresti prima. Paulie, il pappagallo che parlava troppo
#07: Saïx | Bestia ~ Non esiste il bene o il male. Esiste solo il potere, e quelli troppo deboli per averlo. Harry Potter e la Pietra Filosofale
#08: Axel | Ade ~ Odiare ed essere odiati: non mi piacciono queste cose. Ghost Hunt
#09: Demyx | Ariel ~ Uomo libero, amerai sempre il mare! Charles Baudelaire
#10: Luxord | Esmeralda ~ Il destino mescola le carte ma siamo noi a giocarle. Arthur Schopenhauer
#11: Marluxia | Biancaneve ~ Questo nostro caduco e fragil bene / ch’è vento ed ombra ed à nome beltade. Francesco Petrarca
#12: Larxene | Clopin ~ E dopotutto cos’è una bugia? Solo la verità in maschera. George Byron
#13: Roxas | Stitch ~ Chi ti vuol bene ti fa piangere. Miguel De Cervantes
#14: Xion | Tarzan ~ Quando sei miserabile cerchi qualcosa che sia più miserabile di te. Elfen Lied
#Epilogo: Sora | Merlino ~ Come corpo ognuno è singolo, come anima mai. Herman Hesse
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Organizzazione XIII, Sora, Xion
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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I

Non so bene neanch’io dove andrò a finire con questa raccolta. Ma so che, da quando mi è venuta l’idea, ho scritto quattro capitoli in due giorni, perciò penso che in fin dei conti un pensierino posso farcelo e posso iniziare a pubblicarla.

All’epoca in cui ho scoperto i 15_hugs sono rimasta molto colpita anche dai 15_spells, che però ancora non sapevo come utilizzare. Ho tenuto l’idea da parte fino ad ora. Poi pochi giorni fa mi è venuta voglia di scrivere una raccolta sull’Organizzazione XIII in cui ogni capitolo mostrasse un particolare incontro tra un membro ed un personaggio Disney – tutto ciò perché mi sarebbe piaciuto crossoverare l’Organizzazione anche con quei film Disney che nel videogioco non vengono mai utilizzati. Quindi ho ripreso in mano i prompt dei 15_spells, ho dato un’occhiata alle “coppie” (non intendetele ancora in senso romantico, per carità) che mi ero inventata, ho fatto le varie associazioni e ho cominciato a scrivere il capitolo che avete sotto gli occhi.

Ripeto, non so ancora dove andrò a finire, ma voglio scoprirlo poco alla volta. ^^

Possibile presenza di OOC, ma è una cosa da verificare. Ah, e la magia non sarà sempre il tema di base.

 

 

Prompt: #9. Water to wine and back again

Rating: Verde

Genere: Dark

Ambientazione: Poco dopo la nascita dell’Organizzazione XIII

 

 

 

 

 

I

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualcosa che si è perso una volta non tornerà mai più indietro.

{ Kuroshitsuji }

 

 

 

 

 

 

 

Il cielo è nero, quasi come nel Mondo Che Non Esiste. Fulmini sottili lo solcano come cicatrici che parlano in una lingua che sa di maledizioni. Neppure il lieto fine di una storia è in grado di far arrivare il sole dove c’è qualcuno che il sole non lo vuole e non lo vorrà mai.

Sul picco si innalza una costruzione dal sapore di abbandono, tutta rocce e sassi e legno e cose che non servono più a niente, che non costituiscono più una vera dimora.

La donna che non è più una donna abita lì.

L’uomo che non è più un uomo sta andando da lei.

Si ferma per qualche istante con la mano guantata di nero sul cancello, un ammasso di ferro cigolante ad ogni alito di vento, in contemplazione e in riflessione. Poi si decide, lo spinge leggermente e un cigolio più acuto e più sinistro lo accoglie nel mondo della strega.

Mentre percorre il sentiero sterrato che conduce al portone, ascolta l’eco di tutto ciò che gli hanno detto di lei e si prepara ad offrire la sua merce di scambio.

La rocca esiste da quando se ne ha memoria, ma la donna che non è più una donna non è sempre vissuta lì. C’è stato un tempo in cui la sua gioventù e la sua bellezza hanno illuminato le stanze di un immenso palazzo e sono state ammirate ed esaltate ovunque nei confini del regno. Ma poi, proprio nel momento in cui tutti la credevano invincibile, una ragazzina qualunque ha osato mettersi sulla sua strada, al suo cospetto, alla sua altezza, e da lì è iniziato il declino della signora del reame.

L’uomo, o quel che ne resta, giunge al portone e picchia piano sul battente. L’ululato del vento cattura il suono delle sue nocche sul legno, ma non può coprire il gemito delle ante che si aprono come animate di volontà propria. Dall’altra parte, un ambiente unico, umido, illuminato soltanto dal riverbero dei lampi che si insinuano nelle feritoie che sono le finestre – non c’è traccia di vetri nella stanza, né di specchi – e dal guizzo stanco di un’unica candela accesa su un tavolo.

La donna, o quel che ora è, lo guarda dalla penombra appena al di là della candela, e il fuoco è un riflesso vago nei suoi occhi appannati.

« Ti stavo aspettando. »

Nel buio della soglia e del cappuccio, lui sorride.

La porta inizia a chiudersi alle sue spalle mentre una mano rugosa entra nel cerchio di luce rossastra, un dito sottile inarcato ad indicargli di farsi avanti.

« Vieni più vicino. I miei occhi sono stanchi. »

Obbedisce, lui che non ha obbedito più ad alcuno da tempo immemore, solo per il suo personale desiderio di guardarla in tutta la sua magnifica decadenza.

La vecchia è come l’ha vista raffigurata nei libri e come l’ha immaginata prima ancora di studiare la sua storia. Curva nella poltrona antica e guasta, unica testimone di un’epoca di splendore, ha gli occhi incavati e grandi, ancora animati da un riflesso di folle mania. Le mani aggrappate ai braccioli, i capelli lunghi e bianchi; la bocca è come una piega nella ragnatela di rughe del viso di donna non più bella, non più potente. Eppure eccola lì, la regina, la strega, quella che conosce i segreti delle arti più oscure, quella di cui lui ha bisogno.

La guarda a lungo e pensa che è perfetta.

« Come ti chiami? »

Sputa quelle parole con voce raggrinzita, un ghigno beffardo sulle labbra secche. Conosce già la risposta, ma vuole sentire tutto da lui, vuole che lui sia debole fino in fondo.

L’uomo glielo concede. Si scopre il volto, abbassa lo sguardo e si china su un ginocchio, sollevando dalle assi consunte del pavimento una nube di polvere e uno scricchiolio.

« Il mio nome oggi è Xemnas, vostra altezza. »

C’è un filo di sorpresa nel suo sguardo, ora. Deve essere passato molto tempo da quando qualcuno si è rivolto a lei con quelle parole, o da quando lei stessa si è ricordata di essere stata la signora del reame.

Ma è solo per un istante. La vecchia annuisce, quindi posa gli occhi sulla candela consumata per metà e le mani sulle pagine muffite del libro che tiene sulle ginocchia. La tunica nera si muove con lei, frusciando appena ai suoi movimenti.

Inizia a parlare come se avesse dimenticato la sua presenza.

« Un tempo, quando ancora per il mondo avevo un nome, non ero così. » Non si riferisce al proprio aspetto, intuisce lui, senza interromperla né alzarsi. « Non avevo conoscenza alcuna di ciò che mi circondava. Ero giovane, bella e ricca, e mi bastava questo per essere felice. Ma presto i miei studi mi portarono a scoprire la magia. »

Sfoglia piano le pagine. Nella sua voce, un ricordo di qualcosa che è simile alla tenerezza.

« La magia, il solo mezzo per avere ciò che desideriamo di più. La magia, l’unica vera potenza che trascende il denaro e la nobiltà. Divenne la mia ossessione. Sono sicura che puoi capire. »

L’uomo a terra non si muove e non parla. Sorride, semplicemente.

La vecchia improvvisamente sospira e abbandona il capo contro la poltrona, perdendo lo sguardo nelle asperità del soffitto e forse in qualcosa che vede solo lei.

« E tuttavia la magia è diventata, come vedi, il mio fardello e la mia prigionia. »

È il momento che aspettava. Si inchina nuovamente.

« Per questo sono venuto a tendervi la mano e a proporvi di lavorare insieme. Con le vostre arti, io sarò di nuovo un uomo. Con le mie conoscenze, voi sarete di nuovo una regina. »

La vecchia scoppia a ridere. Sguaiata, cattiva. Lui attende in silenzio che la sua ilarità si spenga, senza scomporsi. Non può permettersi di esitare, non può.

Quando la risata muore, la strega è nuovamente stanca e amara. Si china oltre il tavolo per prendere qualcosa che lui non riesce a vedere, senza mai staccargli gli occhi di dosso.

« Avvicinati ancora, Xemnas. Siedi con me. C’è qualcosa che voglio mostrarti. »

Obbedisce di nuovo. Si alza e va a sedersi su una seggiola che prima non c’era, ne è sicuro.

La vecchia sposta la candela, afferrandola con la fermezza sorprendente di una mano che è più simile a un artiglio. Al suo posto depone un calice polveroso pieno d’acqua. Lo fissa, e non c’è traccia di allegria nel suo sogghigno.

« Guarda attentamente. »

Circonda con le dita magre e sporche il bordo del calice, mormorando parole in una lingua sconosciuta. Pochi istanti, e lì dove c’era l’acqua ora c’è un liquido rosso dal profumo speziato.

La vecchia gli tende il calice, lo invita a bere.

Vino. Ha trasformato l’acqua in vino.

Non una traccia di sorpresa traspare dall’espressione di lui, ma suo malgrado è impressionato. E soddisfatto.

La strega si riprende il calice, posa di nuovo i polpastrelli sull’orlo e ripete la stessa litania, al contrario.

Il vino torna ad essere acqua.

« Le tue conoscenze ti permettono di fare una cosa di questo genere? »

C’è una sfida impercettibile nella sua domanda. Gli costa molto rispondere con sincerità.

« No, vostra altezza. Ma abbiamo la scienza. La scienza può ovviare alla mancanza della magia. »

« Scienza. » Lei ripete quella parola sporcandola di disgusto. Scuote la testa. « La scienza non raggiungerà mai il livello della magia. Riflettiamo, dunque, giovane Xemnas. Se la tua scienza non è in grado di trasformare l’acqua in vino e viceversa » di colpo abbassa il cappuccio della tunica, mostrando senza remore al suo sguardo la vista del suo capo canuto e fragile, gli occhi folli, « pensi che sarebbe in grado di farmi tornare quella che ero? »

Non risponde. È una cosa diversa, vorrebbe dirle. Possono unire le forze. Possono raggiungere i loro obiettivi insieme. Ha bisogno di lei. Ma non le risponde, non glielo sa dire.

Di fronte al suo silenzio, la vecchia si lascia andare di nuovo nella sua poltrona, e gli parla con quella che un tempo è stata la voce della regina Grimilde, la più bella del reame.

« Quelli come te non hanno mai capito. Non capite che, a lungo andare, l’ambizione rende l’uomo schiavo. Non capite che vi ritroverete rinchiusi in una prigione e che quella prigione ve la sarete costruita da soli*. Desiderare così tanto, ottenere così tanto, e rimpiangere così tanto ancora… Guardami, Xemnas; guardami e dimmi: ne vale davvero la pena? »

Il silenzio che segue è rotto da un tuono.

L’uomo che non è più un uomo conosce in quel momento la risposta: lei non lo aiuterà.

« Adesso vattene » sputa ancora la strega, prima di chinarsi di nuovo sul libro. « Nessuno di noi riavrà quello che ha perso. Vattene. »

E di nuovo, non potendo fare altro, Xemnas obbedisce. Si alza e se ne va, questa volta senza concederle un ulteriore sguardo o un ulteriore inchino.

È solo una vecchia, così come lui è solo un Nessuno.

Ripercorre i propri passi con il sapore asciutto della frustrazione in bocca. Non della sconfitta, no; non c’è solo lei, non c’è solo la magia, per ottenere ciò che vuole. Semplicemente gli ci vorrà un po’ più di tempo. Ma alla fine ce la farà.

Riotterrà il suo cuore, e tornerà ad essere un uomo.

Solca la porta che si è riaperta per lui, e si volta per guardarla poi chiudersi.

E gli sembra che, nell’ombra, una mano esausta si tenda a spegnere la fiammella della candela.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* Frase liberamente adattata da Io uccido, di Giorgio Faletti

   
 
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