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Autore: Lelli 91    25/09/2005    3 recensioni
Uno dei nostri protagonisti si ritroverà a dover convivere con la solitudine, condizione a lui sconosciuta, circondato dagli amici e dalla vitalità com'era sempre stato...
E si ritroverà a rimpiangere l'assenza di tutti i suoi amici, partiti ognuno per la sua strada, e di lei... l'unica della sua vita...
Mia seconda song-fiction nel giro di un mese... non l'avrei creduto possibile! Segue la stessa trama di Fotoricordo (anche se qst periodo di vita é PRECEDENTE ai trent'anni dei nostri blader) ma non é necessario averla letta per poter leggere questa!
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Takao Kinomiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di ritorno con una seconda song-fiction che racconta una piccola parte della trama più ampliata di Foricordo (anche se non serve aver letto qst prima fiction per comprendere questa che si ha davanti). Precisamente, qui si assiste alla sofferenza di Takao dopo la forzata partenza di Ilary per l'America.
Purtroppo, devo dire che Fotoricordo mi è venuta meglio… ma pazienza!
Era da un po’ che mi frullava in testa l’idea per qst MARMELLATA #25 e devo dire che ho letto di peggio, quindi… che siano i lettori a decidere!
Godetevi il frutto del mio operato… buona lettura.

Lelli

P.S.
Ho omesso tutti i ritornelli, perché penso che in un contesto nipponico Baggio e Senna c’entrino poco e niente…


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MARMELLATA #25

Ci sono le tue scarpe ancora qua, ma tu te ne sei già andata; c'è ancora la tua parte di soldi in banca, ma tu non ci sei più! C'è ancora la tua patente rosa tutta stropicciata, nel tuo cassetto un libro letto e una winston blu...
...l'ho fumata!
Ci sono le tue calze rotte (la notte in cui ti sei ubriacata…), c'è ancora lì sul pianoforte una sciarpa; ci sono le tue carte, il tuo profumo è ancora in questa casa e proprio lì, dove ti ho immaginata...
...c'eri tu!



Aprendo la porta del dojo con aria stanca, mi introduco in quella che è casa mia; è una casa particolare, decisamente in antico stile orientale, ma che è sempre stata il punto di ritrovo per tutti i miei amici, un appiglio sicuro al quale aggrapparsi in caso di necessità…
Probabilmente per questo, scavando nel mio passato, non riesco a ricordarmela così com’è adesso.
Vuota.
Sorrido amaramente. Mi sembra ieri quando, ridendo a crepapelle, osservavo Ilary che rincorreva Daichi per tutto il cortile, sbraitandogli contro epiteti di tutti i generi… quando mi allenavo con Max e Ray in vista dell’imminente torneo… quando passavo le ore in silenzio a rimirare il cielo assieme a Kai… quando discutevo con il Professor Kappa sulla migliore strategia da adoperare con questo e con quello sfidante… oppure, molto più semplicemente, quando mi allenavo con il nonno a kendo…
E adesso, invece, mi sento tremendamente vuoto…
…così come lo è casa mia…
Max e il Professore sono andati a vivere negli States, dove hanno intrapreso la loro carriera nel PPB, Ray è tornato ad assolvere i suoi doveri di capo villaggio alla tribù della Tigre Bianca, Kai è scomparso come al suo solito e così è stato lo stesso per Daichi… il nonno, poi, ha deciso di trascorrere i suoi ULTIMI GIORNI in una casa di riposo sul monte Fuji…
Uno alla volta se ne sono andati tutti…
Ma non ero infelice, sapevo che ognuno di loro doveva intraprendere la sua strada, così come la mia era qui, a casa mia, assieme a lei…
…Ilary…
Anche dopo la partenza del nonno, non detti molto peso a come tutti mi avessero abbandonato, anzi, ero euforico perché da quel momento avrei potuto vivere a modo mio…
Maggiorenne, con l’intero dojo a disposizione e con la ragazza dei miei sogni con la quale poterlo dividere…
I problemi mi sembravano così lontani…
Ma, da quando se ne è andata lei, ho capito come l’effimero castello di carta che mi ero costruito non aveva fondamenta…
Arranco svogliatamente verso l’armadietto delle pantofole, mi tolgo le scarpe tutte inzaccherate ed apro lo sportello, già pregustando il caldo contatto ormai prossimo dei miei piedi stanchi con le mie morbide scarpe da casa.
Ma non faccio neanche in tempo a posare i miei calzari che qualcosa attira la mia attenzione.
Un paio di scarpe tipicamente femminili.
Le scarpe di Ila-chan…
Ricordo ancora vividamente quando, venendo qui, un giorno la mia AMICA mi avesse praticamente imposto di mettere tra le scarpe di casa anche le sue, in modo che non dovesse portarsele ogni volta per venire a stare da me.
In quel periodo non l’avrei ammesso neanche sotto tortura, ma mi faceva piacere che mi venisse a trovare spesso…
E adesso anche lei se ne è andata…
Non che volesse, ovviamente… quando ci salutammo in aeroporto mi inzuppò la felpa, versandomi addosso calde lacrime, lacrime amare…
Io invece non piansi, dovevo essere forte, anche per lei…
Piansi qui, dopo, in questa casa vuota, rimproverandomi per non essere riuscito a tenerla con me…
Anche se sapevo che la colpa era dei suoi genitori… che non vedevano di buon occhio la nostra relazione… e delle notti che lei passava qui da me…
Soli…
“un giorno mi ringrazierai!” le aveva detto suo padre mentre firmava l’iscrizione della figlia ad un college statunitense…
Sì! Certo!
Altro che ringraziarla… in quel momento Ilary si era sentita crollare il mondo addosso… così come accadde anche a me… appena ne ebbe l’opportunità corse da me, dicendo che non voleva lasciarmi… dicendo che per quello gliel’avrebbe fatta pagare, a suo padre…
Io l’ascoltai… ero sconvolto… poi le diedi un bacio a fior di labbra e mi accorsi che c’era qualcosa che non andava…
Alcool…
Si era ubriacata.
Le chiesi il motivo, ma lei mi disse che quella era una piccola rivincita nei confronti del SIGNOR TACHIBANA…
Ben presto, però, mi accorsi che non la reggeva bene…la Vodka…
Prima che ebbi il tempo di fare qualcosa, si era già strappata i vestiti si dosso e si era avvinghiata a me…
Facemmo l’amore.
Per l’ultima volta…
In ricordo di quella sera, conservo ancora le sue calze strappate…
Che profumano di lei, così come tutta la casa ormai spoglia.
Quando mi alzai il mattino seguente, vidi che lei non c’era. La cercai in giardino e la trovai che si rigirava tra le mani una sigaretta…
Voleva fumare. Anche quella sarebbe stata una piccola ripicca.
Ma non potevo permetterglielo, non quello. Sapevo che fosse intollerante al fumo, così gliela tolsi dalle mani e la riposi nel cassetto del comodino, quello accanto al letto che dividevamo…
A quel ricordo mi alzo e mi dirigo verso la camera da letto. Con passi ancora più strascicati del solito arranco verso quel famoso cassetto.
Lo apro con uno schiocco secco.
Dentro c’è l’ultimo libro che stava leggendo, che non ha mai finito di leggere e che non ha mai avuto il tempo di recuperare… e poi… così come allora, la wiston blu…
La prendo, me la rigiro tra le mani, poi torno all’entrata di casa mia. Mi siedo accanto all’armadietto delle scarpe e poi…
Accendo la sigaretta.
La fumo.
Mentre il mio cuore piange.
Non riesco a capire come la mia Ila-chan se ne possa essere andata… adesso in suo ricordo mi rimangono un paio di calze rotte, una sciarpa dimenticata sul pianoforte di casa, un libro, una patente rosa (come farà a guidare a New York?) ed il nostro piccolo conto in banca… aperto appena un anno fa.
Chiudo i miei occhi giovani eppure così tremendamente stanchi e cerco di immaginarla sulla soglia di casa, che ripone le sue scarpe, si infila le pantofole e corre verso di me, abbracciandomi e sussurrandomi tutto il suo amore…
Tutto ciò adesso mi sembra solo un’utopia…eppure…un tempo sarebbe stato tutto fin troppo normale…

Ci sono le tue scarpe ancora qua, ma tu non sei passata; ho spiegato ai vicini ridendo che tu non ci sei più…! Un ragazzo in cortile abbraccia e bacia la sua fidanzata, proprio lì dove ti ho incontrata...
...non ci sei più!



Dopo un momento di commozione riapro gli occhi, costringendomi a tornare alla realtà evidente dei fatti.
Il fatto che le sue cose e le sue pantofole siano ancora qua non toglie che lei non tornerà più da me…
Eppure… non posso fare a meno di sperare… anche se un giorno tutto questo finirà per uccidermi…
Ma come posso vivere senza di lei?
Così dolce, buona, vitale… tutti qui le erano affezionati…
Perfino i nostri nuovi e schizzinosi vicini di casa mi hanno chiesto di lei…!
Ed io che ho fatto?!
Ho recitato, così come ormai faccio da un mese… ho sfoggiato il mio sorriso migliore (tiratissimo, per la verità) e ho detto loro che Ilary era partita per andare a studiare in America…
Nessuno può minimamente immaginare come mi sento!
Con uno scatto di nervosismo abbandono il comodo incavo che mi ero creato tra il muro e l’armadietto ed esco di casa… ho voglia di passeggiare… devo cercare di non pensare a lei!
Ma non ci riesco…
Tutto mi parla di lei.
Condotto dai miei passi, giungo a quel piccolo parco giochi che si trova sulla riva del fiume.
Ma perché proprio qui?
I ricordi si fanno ormai quasi dolorosi!
Guardando le altalene verso una lacrima. Una coppietta incurante di tutto e tutti se ne sta lì, offrendo ai passanti uno spettacolo tenero ma per me così frustrante…
E mentre il ragazzo bacia la sua fidanzata, penso che è proprio lì dove quei due adesso si scambiano tenere effusioni che l’ho conosciuta…
Ero piccolo, si e no sei anni, ed ero andato con i miei amici a giocare al parco.
QUEL parco.
Ad un tratto, mentre giocavamo a nascondino (toccava a me cercare) il pianto disperato di un bambino mi attira.
Solo dopo, giunto all’altalena, scoprii che in realtà fosse una bambina…
Una splendida bambina dagli occhi scarlatti ed i capelli castani.
Tenerissima.
Piangeva perché, cadendo, si era sbucciata il ginocchio.
Mosso dalla compassione l’aiutai ad alzarsi e me la misi sulle spalle (un gesto eroico visto che era grande quanto me!), riportandola a casa.
Mi ringraziò con un timido bacio sulla guancia.
Quando poi la rividi sui banchi di scuola, parecchi anni dopo, era diventata una bellissima ragazza. Un po’ cocciuta, non lo nego, ma a dir poco ADORABILE.
Anche se non si ricordava di me, io le volli subito un gran bene.

Ora vivo da solo in questa casa buia e desolata, il tempo che davo all'amore lo tengo solo per me; ogni volta in cui ti penso mangio chili di marmellata...
…quella che mi nascondevi tu...
...l'ho trovata!!!



Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dalla pioggia che, improvvisa, comincia a battermi sulla testa.
Vedo i due fidanzatini correre a ripararsi, mano nella mano, e decido che è ora di rientrare.
Come prevedibile, la mia casa è vuota, silenziosa, sinistra.
Buia.
Desolata.
È diventata il tempio del mio dolce far nulla.
Non dedico tempo più a nessuna delle mie attività preferite.
Né al bey blade, né agli amici, né all’amore.
Dopo essermi cambiato (durante il tragitto dal parco giochi a casa mi sono inzuppato completamente), scendo in cucina e mi dirigo verso uno dei molteplici scaffali, in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti.
Lì, intravedo un barattolo trasparente pieno di un viscoso materiale arancione.
Marmellata d’arance.
La mia preferita.
Quella che mi nascondeva Ila-chan per farmi dispetto e per impedirmi di abbuffarmi…
Senza pensarci troppo lo prendo e lo apro.
Un dolce profumo invade prepotentemente la mia cucina, tanto che i miei polmoni in breve ne sono saturi.
Prendo un cucchiaio ed inizio a mangiare marmellata.
Un cucchiaio, due cucchiai…
In breve, finisco il barattolo.
Molti mi dicono che per affondare i dispiaceri ci si droga, si fuma, si beve oppure, molto più romanticamente, si trangugia cioccolata.
Io, pensando a lei, mangio chili di marmellata.
  
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