Salve a tutti,
dopo mesi passati a bazzicare per questa
sezione del sito ho avuto il tempo e la voglia di scrivere anche io
qualcosa (e
re-iscrivermi al sito, in modo da poter iniziare a scrivere recensioni
XD visto
che a quanto pare io conosco tutti e nessuno sa della mia esistenza).
Ho optato
per una coppia che a mio parere è molto canon, e che ho
notato piace quasi a
tutti (e dopotutto, è veramente difficile odiarli
<3), per il semplice fatto
che avevo in mente una trama già da parecchio tempo, per cui
ho messo in ordine
le idee e ne è uscito fuori questo. Spero che vi piaccia,
anche perché a me
convince ben poco. Il titolo
è preso da una canzone dei Queens of the Stone Age, il cui
Songs for the Deaf è
stata la mia colonna sonora durante la scrittura, e Mosquito Song
è una canzone
del CD, così come No One Knows. Ah, accetto
volentieri recensioni sia positive che negative,
seppur motivate.
Importante: ho idee
un po’ distorte sulla questione OOC (per saperne di
più: lo spiego nel profilo), e in maniera particolare
riguardo ad
Hetalia, per cui ho messo come avvertimento che
c’è presenza di OOC. Poi a dire
la verità secondo me Lovino è veramente OOC,
anche se è una cosa che non ho
potuto arginare semplicemente perché sono andata sotto con
l’angst (cosa di cui
non riesco fare a meno, anche quando dovrei XD). Non ho messo come
generi né
Guerra né Storico perché c’è
solo un riferimento storico che è importante ai
fini della vicenda, ma comunque non è veramente un elemento
portante, anche se
c’è qualche somiglianza con il genere
dell’ucronia, perché ci sono pezzi di
storia che ho inventato io, o che comunque possono risultare
controversi,
proprio perché non mi sono applicata a trattare di fatti
specifici (solo uno è
preciso, ma è comunque una trasposizione inventata di sana
pianta, senza
basarmi su dati particolari sulla questione). La parte in corsivo
è un flashback.
Mi pare non ci sia altro da aggiungere, perciò: Buona Lettura!
No One Knows
I
know I
know the sun is hot
Mosquitoes come and suck your blood
Leave you there all alone
Just skin and bone
When you walk among the trees
Listening to the leaves
The further I go the less I know, the less I know
Where will you run?
Where will you hide?
Lullaby's to paralyze
Roma, Italia
E chi ha mai
detto che le nazioni non si possono prendere
una pausa?
Ok,
effettivamente non si potrebbe. I tempi sono cambiati
rispetto al passato, e per tutti; il lavoro non si può
più dividere tra
madrepatria e colonie, pertanto la situazione è un
tantinello più complicata da
gestire. Per non parlare delle nuove tecnologie, dei mezzi di
comunicazione di
massa, dalle nuove scoperte scientifiche, che, per quanto abbiano
portato
notevoli agevolazioni, comportano una continua creazione di nuovi
problemi, di
cui alcuni secoli prima non si poteva lontanamente immaginare neanche
l’origine. La politica, per quanto basata su una solida
democrazia, è difficile
da gestire, e per quanto tutte le popolazioni siano
all’oscuro della loro
esistenza, le nazioni fanno molto più di quello che ci si
può aspettare.
Soprattutto
l’estate è un periodo duro. Lovino odiava
sentirsi stretto in una camicia, per quanto questa fosse perfettamente
abbinata, nel suo celeste chiaro, al suo completo blu scuro firmato, e
alla
sottile cravatta bianca, quando la temperatura fuori sfiorava i 35
gradi. E non
è che poteva stare sempre rinchiuso nel parlamento dove i
condizionatori d’aria
potevano risolvere la situazione: no di certo. C’era sempre
qualche buon motivo
per cui doveva uscire fuori e per di più non poteva neanche
lamentarsi. E infatti,
lui c’era sempre, ad ogni manifestazione pubblica, ufficiale
o meno, ma, come
richiesto dalla sua posizione, si eclissava sempre lavorando per il
popolo
italiano senza neanche ricevere un minimo di gratitudine.
Fantastico.
Anche se la sua natura non gli faceva poi
pesare tanto la cosa, essendo che non poteva fare a meno di amare la
sua terra
e gli abitanti che la popolavano, pronto a sacrificarsi in ogni momento
e
situazione, per questa causa, che gli aveva poi dato la vita.
Era
l’una del pomeriggio, notò fissando
l’orologio dorato
della lussuosa sala del “Transatlantico” di
Montecitorio. Sbuffò forte e un
paio di ciuffi rossicci, che non si erano ancora attaccati alla fronte
per il
sudore, si alzarono mollemente in aria. Feliciano intanto era
scomparso. Effettivamente
doveva ammettere che dover dividere le sue incombenze con qualcuno
alleviava
molto il peso del suo compito, ma doveva anche ammettere che molte cose
dovevano farle in due, anche perché non a caso
c’era stata L’Unità d’Italia:
nord e sud non potevano certo stare staccati, perché non ci
sarebbe stato un
equilibrio, l’autosufficienza, e questo avrebbe creato un
disastro… e il paese
si teneva su proprio perché lui e Feliciano si completavano
a vicenda.
Comunque
oramai stavano per iniziare le sue ore di riposo.
Poche ma c’erano, e il suo umore migliorò di un
pochino, giusto un pochino
perché continuò a tenere il volto imbronciato
come al suo solito, sapendo bene
che se quella sera Feliciano doveva presiedere ad una cena del Primo
Ministro
con alcuni facoltosi industriali a Milano, lui avrebbe dovuto
controllare una
pericolosa azione anti mafia un po’ più
giù, a Napoli.
Sprofondò
nella poltrona rossa, sperando in una buona riuscita;
e mentre pensava alla spiacevole nottata in bianco che lo stava
aspettando,
sentì una mano che andava a poggiarsi delicatamente sulla
spalla.
“Signor
Vargas…”
Il Vice
Ministro degli Esteri fece capolino con la sua
voce suadente tagliando il filo dei suoi pensieri. Non rispose,
attendendo che
questi gli spiegasse qual’era il motivo che l’aveva
portato da lui.
“La
settimana prossima è stata organizzata una visita del
Ministro in Spagna. Il Signor Feliciano ha detto che sarebbe andato
lei, le
volevo dare il programma.”
Lovino
alzò le sopracciglia interdetto, guardando il
foglio che l’uomo di fronte a lui gli stava porgendo. Che
cosa aveva in mente
Feliciano? Che avesse qualche incombenza particolare da svolgere? E poi
perché
lui non era stato avvisato di niente da nessuno?
“Signor
Vargas? Tutto bene?”
Nuovamente il
Vice Ministro lo svegliò dal torpore in cui
la sua mente si era rinchiusa muovendogli il foglio sotto il naso.
Lovino
allora glielo strappò di mano, e fuggì via dopo
aver sussurrato un fioco “Va
bene”, lasciando l’uomo confuso.
Dopo poche
ore partì da Roma senza essere riuscito a
trovare il fratello. Certo che quando Feliciano voleva poteva
nascondersi
veramente bene… merito forse della sua abilità
nel ritirarsi e nello sventolare
bandiere bianche? Lovino arricciò un po’ le labbra
pensando alla scena, anche
se non era stato proprio onorevole da parte sua, ma tanto valeva
ironizzarci
sopra, e poi, ammise a sé stesso, non è che fosse
stato il solo a comportarsi
così.
Due giorni
dopo ebbe finalmente modo di rintracciare per
via non telefonica Feliciano. Era giustappunto arrivato
all’appartamento che
dividevano a Roma, che lo vide armeggiare compiaciuto ai fornelli.
Questi, dal
canto suo, non appena lo vide entrare si girò, pulendosi le
mani sul grembiule
bianco con un sorriso, e poi dirigendosi verso di lui con poche falcate.
“˜Vee…
Loviiii, come è andata a Napoli?” Chiese,
abbracciandolo.
Lovino attese
di essere mollato prima di rispondere.
“Bene,
ma non sei stato avvisato di nulla? Hai visto il
telegiornale?”
“Qualcuno
mi aveva accennato qualcosa ma stavo pensando a
cosa prepararti stasera e quindi mi sono distratto.”
Normale
amministrazione. Feliciano era rimasto sempre lo
stesso, riuscendo a superare al meglio ogni difficoltà o
trauma che gli si era
posto davanti, miracolosamente preservando
quell’ingenuità e candore che lo
avevano caratterizzato da sempre, diversamente da lui. Anche se in
realtà lui,
e anche Ludwig, sapevano bene che dietro c’era qualcosa che
non andava e che
Feliciano nascondeva con tutte le sue forze, chissà per
quale motivo, anche s
eil suo carattere e la sua positività erano rimasti gli
stessi.
Dopo una
doccia, a tavola, Lovino pensò fosse arrivato il
momento di affrontare quel problemino che gli aveva dato non poco da
pensare in
quei due giorni, facendolo distrarre in maniera eccessiva e fastidiosa.
“Feli…
senti, sei stato tu a dire che sarei stato io ad
accompagnare il ministro degli Esteri in Spagna la prossima
settimana?”
Il ragazzo
alzò il volto facendo balzare come una molla il
ciuffo ribelle che entrambi avevano ereditato da nonno Roma. I suoi
occhi
nocciola brillarono un secondo, prima che dicesse, sorridendo:
“Si,
lunedì in parlamento si discuterà sul possibile
emendamento di nuove leggi per la sicurezza e non posso non andare.
˜E poi ho
pensato ti avrebbe fatto piacere!”
Senza un
motivo plausibile Lovino arrossì di botto,
facendo indietreggiare un po’ la sedia di legno chiaro che si
spostò con un
rumore sordo, e posando le mani al bordo del tavolo mentre le spalle
salivano
un po’ su contornando l’ovale del volto. Posizione
di difesa?
“Ma
cosa dici? Come ti è venuto in mente? Non è
assolutamente vero.” Ed effettivamente non lo era…
dopo quella volta… Lovino
aveva fatto di tutto per non scontrarsi, o incontrarsi, che dir si
voglia, con
la nazione Spagnola… con Antonio, e questi non aveva mai
cercato di fare nulla
per oltrepassare la sua diffidenza, nonostante fosse ormai passati
oltre
trent’anni da quando era riuscito a liberarsi dalla
dittatura…
In ogni caso,
quelli
erano stati anche gli anni della Guerra civile spagnola, che vide i
Tedeschi,
e, di conseguenza anche gli Italiani, divenire fattori di una certa
leva. Però,
se Antonio si trovava dalla parte dei Republicanos, nel tentativo di
sventare
quello che era già accaduto in Italia, in Germania, e
persino nella comunista
Russia, lui si era inevitabilmente trovato a combattere per i
Nacionales e per
Durante quel
lungo
periodo passato tra una popolazione distrutta in preda alla fame e alla
miseria, a cui era rimasta solo la lotta per la libertà, e
le macerie che loro
stessi, Italiani e Tedeschi e Nazionalisti Spagnoli avevano contribuito
a
creare, quella fu l’unica volta in cui vide lo Spagnolo. Era
il 27 Aprile e il
futuro dittatore Spagnolo aveva trascinato, lui, Ludwig e alcuni degli
uomini
del suo seguito a visitare la prima città che aveva dovuto
subire i
bombardamenti terroristici, Guernica.
Intorno a
loro c’era
una sorta di deserto: l’intonaco degli edifici colorati
sembrava essere sparito
per lasciare un ammasso di macerie, pietre e, polveri grigie, che come
una
nebbia facevano perdere umanità ad ogni cosa, in modo
particolare ai cadaveri
sparsi per le strade, o ai feriti che attendevano la morte
silenziosamente come
bambole rotte. In quel momento Lovino non era propriamente lucido, si
era
alienato nel suo ruolo di generale e fissava intorno a sé
quello spettacolo
rammaricante, senza provare nulla. Dopo
Erano
arrivati in
una delle piazzette principali, quando vide la nazione Spagnola. Era a
terra,
seduta dietro un muro diroccato, e non appena le loro pupille si
incrociarono,
il suo sguardo non si sciolse neanche un secondo nell’aria
serafica e felice
che normalmente gli sarebbe spettata. Non ci fu nessun sorriso.
Antonio,
vestito con una lacera divisa beige sembrava essere invecchiato di
colpo. La
sua pelle abbronzata era diventata opaca, grigiastra, come se la
polvere e le
macerie fossero penetrate nel suo corpo fino alle ossa, e dappertutto
c’erano
lividi e ferite. I capelli, un po’ cresciuti ricadevano
selvaggi sul volto,
incorniciandolo e rendendolo quasi simili ad un predatore ferito.
Il volto, non
sembrava neanche il suo, e forse non l’avrebbe neanche
riconosciuto, come dopotutto
non avevano fatto sia Ludwig che Franco, se non avesse potuto ammirare
i suoi
lineamenti per secoli, durante la sua infanzia. Le labbra secche e
biancastre
erano rotte e sanguinanti, le guance avevano un colore smorto e se una
mano
copriva metà del volto, mantenendolo e a sua volta
poggiandosi sul ginocchio
piegato, nella posizione quasi innaturale che l’uomo aveva
assunto quando li
aveva visti e si era accucciato tra le macerie di un palazzo,
l’altra metà del
volto era leggermente adombrata, ma lasciava intravedere la
brillantezza di uno
degli occhi verdi, scuri, profondi, velati d’odio.
In quel
momento
Lovino capì subito che non avrebbe mai dimenticato quello
sguardo, che, mentre
camminavano in quella piazzetta desolata, non lo abbandonò
mai, come se volesse
comunicargli tutto il suo dolore, la sua tristezza, la disperazione,
ma, al
contempo una quasi suicida intenzione a lottare e lottare prima di
farsi
soggiogare da un dittatore, come lui aveva fatto, fin troppo presto, in
una
morta accondiscendenza.
Quella volta
non
fece nulla. Ed effettivamente anche a volerlo non avrebbe potuto; se
qualcuno
si fosse accorto che quello era Spagna sarebbe accaduto il finimondo:
lo si
stava cercando dappertutto, ma Antonio era sempre stato troppo furbo
per chiunque,
ed era veramente difficile che venisse sconfitto. Poco dopo aveva
piovuto a
dirotto, un temporale inaspettato, forte, e che forse voleva lavare via
quell’incontro, quel mix di sentimenti che
l’avevano scombussolato, facendogli
credere che quella sarebbe stata una rottura eterna con
Una volta
tornati
indietro, alle auto che li avevano portati lì, il Caudillo
si complimentò con
Ludwig e i suoi generali, e lui, con una scusa ebbe modo di tornare
indietro, e
corse, corse, così velocemente mentre le forze sembravano
non voler finire mai,
anche se forse era solo la sua volontà, che lo conduceva a
percorrere ogni
vicolo, strada piazza che incontrava, anche se ormai era difficile
persino riconoscere
un posto dall’altro tante erano le macerie e la desolazione,
i corpi morti e
feriti lasciati lì a marcire. Alla fine, comunque, non
riuscì a trovare
Antonio, e l’avrebbe visto solo molto tempo dopo, quando la
democrazia riprese
a regnare sovrana nel suo paese ed ebbe finalmente il coraggio di
presentarglisi davanti, o almeno di fare presenza in una stanza dove
c’era
anche lui.
“Dovrai
stare lì solo 5 giorni, e soprattutto non ci sarà
nulla di particolarmente difficoltoso da fare. E’
l’occasione perfetta per risposarti,
no? E poi ti lamenti sempre che ti ci vuole una vacanza,
˜Vee…”
Lovino, per
l’ennesima volta in quei giorni fu tirato
fuori dai suoi pensieri. Aveva pensato troppo, veramente troppo per i
suoi
gusti, ma non poteva fare a meno di essere preoccupato.
Abbassò lo sguardo,
cercando di celare i suoi timori al fratello, che era l’unico
che aveva saputo
cosa era successo, e, alla fin fine, quello che per oltre mezzo secolo
lo aveva
aiutato a scappare da una situazione che attendeva di essere affrontata
da
troppo. Ma ogni volta lui era fuggito, persino quando Antonio
l’aveva guardato
con quelle che potevano essere intenzioni amichevoli. A dirla tutta
dopo
Guernica, si decise a presentarsi in Spagna solamente dopo la morte di
Franco,
perché non avrebbe mai sopportato di vedere lo sguardo
d’Antonio vuoto, tanto
valeva ricordare il suo odio. Quel giorno però non gli disse
nulla, non gli si
avvicinò neppure, non avendone il coraggio, e pensando che
la prossima volta sarebbe
tornato tutto normale.
Ma alla fine
non era tornato normale nulla, e anche se gli
era capitato di trovarsi nello stesso luogo molto spesso in quegli
anni, era
come se non si fossero più visti. Antonio non
l’aveva cercato più, e lui aveva
fatto altrettanto, pensando che fosse la cosa migliore, e approfittando
del
fatto che c’era Feliciano a poterlo sostituire anche quando
si trattava
semplicemente di dovergli dire qualcosa. Si era creato un muro, che di
secondo
in secondo si faceva sempre più spesso, fitto, impenetrabile
e ci sarebbe
voluta una bomba per distruggerlo. Sempre che al di là ci
fosse la volontà di
raccogliere le macerie e costruire qualcosa insieme. E Lovino non era
più un
bambino, e come tutte le altre nazioni aveva subito il trauma delle
Guerre
Mondiali che lo aveva cambiato per sempre: proprio questo gli
permetteva di
vedere le cose in modo diverso e capire che non era certo detto che
Antonio
fosse disponibile come sempre nei suoi confronti, dopotutto lui aveva
contribuito alla caduta della sua mente, no?
“Basta!”
Sbatté
un pugno sulla tovaglia candida a strisce
scarlatte.
“Hai
ragione tu, la devo smettere di scappare.”
Feliciano
sorrise al fratello, confortato dalle sue
parole, perché, forse non se ne era accorto, ma era troppo
tempo che Lovino si
stava corrodendo dentro ed era venuta l’ora che qualcuno lo
spingesse a fare
qualcosa di diverso da fuggire.
“Però
non sarò di certo io a prendere
l’iniziativa!”
Si
vabbè, non si poteva pretendere tutto no?
Madrid, España
Un riccioluto
ragazzo moro e abbronzato, girò il volto con
un sorriso.
“Gracias.”
Disse, prendendo i fogli dalle mani dell’uomo
che era giunto a portarglieli.
Posò
gli occhi sulla carta, pensando di poter trascorrere
un po’ di relax con Feliciano, con cui, nonostante tutto,
aveva mantenuto
ottimi rapporti, quando vide un altro nome stampato nero su bianco sul
programma.
“Qui
c’è un errore.” Disse, senza alzare
neanche gli
occhi, e indicando con il dito le due parole che l’avevano
colpito. L’uomo al
suo fianco seguì con lo sguardo il suo indice e gli rispose:
“Nessun
errore, señor, sarà il señor Lovino ad
accompagnare il ministro.”