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Autore: SethHorus    27/07/2010    2 recensioni
[ 1 ] Dopo la Prima Guerra Mondiale aveva dovuto imparare a guardare la morte in faccia, senza girare il volto o lasciarsi abbattere, e ogni volta che se la ritrovava davanti, aveva imparato a chiudere il fanciullo dentro di lui, la vocina della sua coscienza, in un forziere che nascondeva giù e giù, in profondità, nel suo cuore pietrificato dalla paura.
[ 2 ] E dal canto suo l’Italiano non fu da meno: dopo un iniziale irrigidimento, si sciolse tra le braccia di Antonio, accucciandosi sul suo petto, incurante di stargli bagnando gli abiti, e artigliandosi alla sua schiena, come se fosse il suo unico e ultimo appiglio, l’ancora che l’avrebbe riportato a galla, o l’unica persona disposta di cadere giù all’inferno insieme a lui.
[ 3 ] Si chiese come aveva potuto fare a meno di quella bocca fino a quel momento, sentendo un lievissimo sapore di miele e aceto che gli si diffondeva sulla punta della lingua, insieme e ad un pizzico di basilico, quello mentato, che c'è nel Sud Italia.

L'incomprensione può nuocere anche il rapporto più forte; però, troppi anni di silenzio possono essere recuperati con un pò di coraggio misto a passione e volontà.
[ Spamano ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'No One Knows'
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Salve a tutti, dopo mesi passati a bazzicare per questa sezione del sito ho avuto il tempo e la voglia di scrivere anche io qualcosa (e re-iscrivermi al sito, in modo da poter iniziare a scrivere recensioni XD visto che a quanto pare io conosco tutti e nessuno sa della mia esistenza). Ho optato per una coppia che a mio parere è molto canon, e che ho notato piace quasi a tutti (e dopotutto, è veramente difficile odiarli <3), per il semplice fatto che avevo in mente una trama già da parecchio tempo, per cui ho messo in ordine le idee e ne è uscito fuori questo. Spero che vi piaccia, anche perché a me convince ben poco. Il titolo è preso da una canzone dei Queens of the Stone Age, il cui Songs for the Deaf è stata la mia colonna sonora durante la scrittura, e Mosquito Song è una canzone del CD, così come No One Knows. Ah, accetto volentieri recensioni sia positive che negative, seppur motivate.
Importante: ho idee un po’ distorte sulla questione OOC (per saperne di più: lo spiego nel profilo), e in maniera particolare riguardo ad Hetalia, per cui ho messo come avvertimento che c’è presenza di OOC. Poi a dire la verità secondo me Lovino è veramente OOC, anche se è una cosa che non ho potuto arginare semplicemente perché sono andata sotto con l’angst (cosa di cui non riesco fare a meno, anche quando dovrei XD). Non ho messo come generi né Guerra né Storico perché c’è solo un riferimento storico che è importante ai fini della vicenda, ma comunque non è veramente un elemento portante, anche se c’è qualche somiglianza con il genere dell’ucronia, perché ci sono pezzi di storia che ho inventato io, o che comunque possono risultare controversi, proprio perché non mi sono applicata a trattare di fatti specifici (solo uno è preciso, ma è comunque una trasposizione inventata di sana pianta, senza basarmi su dati particolari sulla questione). La parte in corsivo è un flashback.
Mi pare non ci sia altro da aggiungere, perciò: Buona Lettura!

No One Knows
CAPITOLO 1: MOSQUITO SONG

I know I know the sun is hot
Mosquitoes come and suck your blood
Leave you there all alone
Just skin and bone
When you walk among the trees
Listening to the leaves
The further I go the less I know, the less I know

Where will you run?
Where will you hide?
Lullaby's to paralyze

Roma, Italia

E chi ha mai detto che le nazioni non si possono prendere una pausa?

Ok, effettivamente non si potrebbe. I tempi sono cambiati rispetto al passato, e per tutti; il lavoro non si può più dividere tra madrepatria e colonie, pertanto la situazione è un tantinello più complicata da gestire. Per non parlare delle nuove tecnologie, dei mezzi di comunicazione di massa, dalle nuove scoperte scientifiche, che, per quanto abbiano portato notevoli agevolazioni, comportano una continua creazione di nuovi problemi, di cui alcuni secoli prima non si poteva lontanamente immaginare neanche l’origine. La politica, per quanto basata su una solida democrazia, è difficile da gestire, e per quanto tutte le popolazioni siano all’oscuro della loro esistenza, le nazioni fanno molto più di quello che ci si può aspettare.

Soprattutto l’estate è un periodo duro. Lovino odiava sentirsi stretto in una camicia, per quanto questa fosse perfettamente abbinata, nel suo celeste chiaro, al suo completo blu scuro firmato, e alla sottile cravatta bianca, quando la temperatura fuori sfiorava i 35 gradi. E non è che poteva stare sempre rinchiuso nel parlamento dove i condizionatori d’aria potevano risolvere la situazione: no di certo. C’era sempre qualche buon motivo per cui doveva uscire fuori e per di più non poteva neanche lamentarsi. E infatti, lui c’era sempre, ad ogni manifestazione pubblica, ufficiale o meno, ma, come richiesto dalla sua posizione, si eclissava sempre lavorando per il popolo italiano senza neanche ricevere un minimo di gratitudine.

Fantastico. Anche se la sua natura non gli faceva poi pesare tanto la cosa, essendo che non poteva fare a meno di amare la sua terra e gli abitanti che la popolavano, pronto a sacrificarsi in ogni momento e situazione, per questa causa, che gli aveva poi dato la vita.

Era l’una del pomeriggio, notò fissando l’orologio dorato della lussuosa sala del “Transatlantico” di Montecitorio. Sbuffò forte e un paio di ciuffi rossicci, che non si erano ancora attaccati alla fronte per il sudore, si alzarono mollemente in aria. Feliciano intanto era scomparso. Effettivamente doveva ammettere che dover dividere le sue incombenze con qualcuno alleviava molto il peso del suo compito, ma doveva anche ammettere che molte cose dovevano farle in due, anche perché non a caso c’era stata L’Unità d’Italia: nord e sud non potevano certo stare staccati, perché non ci sarebbe stato un equilibrio, l’autosufficienza, e questo avrebbe creato un disastro… e il paese si teneva su proprio perché lui e Feliciano si completavano a vicenda.

Comunque oramai stavano per iniziare le sue ore di riposo. Poche ma c’erano, e il suo umore migliorò di un pochino, giusto un pochino perché continuò a tenere il volto imbronciato come al suo solito, sapendo bene che se quella sera Feliciano doveva presiedere ad una cena del Primo Ministro con alcuni facoltosi industriali a Milano, lui avrebbe dovuto controllare una pericolosa azione anti mafia un po’ più giù, a Napoli.

Sprofondò nella poltrona rossa, sperando in una buona riuscita; e mentre pensava alla spiacevole nottata in bianco che lo stava aspettando, sentì una mano che andava a poggiarsi delicatamente sulla spalla.

“Signor Vargas…”

Il Vice Ministro degli Esteri fece capolino con la sua voce suadente tagliando il filo dei suoi pensieri. Non rispose, attendendo che questi gli spiegasse qual’era il motivo che l’aveva portato da lui.

“La settimana prossima è stata organizzata una visita del Ministro in Spagna. Il Signor Feliciano ha detto che sarebbe andato lei, le volevo dare il programma.”

Lovino alzò le sopracciglia interdetto, guardando il foglio che l’uomo di fronte a lui gli stava porgendo. Che cosa aveva in mente Feliciano? Che avesse qualche incombenza particolare da svolgere? E poi perché lui non era stato avvisato di niente da nessuno?

“Signor Vargas? Tutto bene?”

Nuovamente il Vice Ministro lo svegliò dal torpore in cui la sua mente si era rinchiusa muovendogli il foglio sotto il naso. Lovino allora glielo strappò di mano, e fuggì via dopo aver sussurrato un fioco “Va bene”, lasciando l’uomo confuso.

Dopo poche ore partì da Roma senza essere riuscito a trovare il fratello. Certo che quando Feliciano voleva poteva nascondersi veramente bene… merito forse della sua abilità nel ritirarsi e nello sventolare bandiere bianche? Lovino arricciò un po’ le labbra pensando alla scena, anche se non era stato proprio onorevole da parte sua, ma tanto valeva ironizzarci sopra, e poi, ammise a sé stesso, non è che fosse stato il solo a comportarsi così.

Due giorni dopo ebbe finalmente modo di rintracciare per via non telefonica Feliciano. Era giustappunto arrivato all’appartamento che dividevano a Roma, che lo vide armeggiare compiaciuto ai fornelli. Questi, dal canto suo, non appena lo vide entrare si girò, pulendosi le mani sul grembiule bianco con un sorriso, e poi dirigendosi verso di lui con poche falcate.

“˜Vee… Loviiii, come è andata a Napoli?” Chiese, abbracciandolo.

Lovino attese di essere mollato prima di rispondere.

“Bene, ma non sei stato avvisato di nulla? Hai visto il telegiornale?”

“Qualcuno mi aveva accennato qualcosa ma stavo pensando a cosa prepararti stasera e quindi mi sono distratto.”

Normale amministrazione. Feliciano era rimasto sempre lo stesso, riuscendo a superare al meglio ogni difficoltà o trauma che gli si era posto davanti, miracolosamente preservando quell’ingenuità e candore che lo avevano caratterizzato da sempre, diversamente da lui. Anche se in realtà lui, e anche Ludwig, sapevano bene che dietro c’era qualcosa che non andava e che Feliciano nascondeva con tutte le sue forze, chissà per quale motivo, anche s eil suo carattere e la sua positività erano rimasti gli stessi.

Dopo una doccia, a tavola, Lovino pensò fosse arrivato il momento di affrontare quel problemino che gli aveva dato non poco da pensare in quei due giorni, facendolo distrarre in maniera eccessiva e fastidiosa.

“Feli… senti, sei stato tu a dire che sarei stato io ad accompagnare il ministro degli Esteri in Spagna la prossima settimana?”

Il ragazzo alzò il volto facendo balzare come una molla il ciuffo ribelle che entrambi avevano ereditato da nonno Roma. I suoi occhi nocciola brillarono un secondo, prima che dicesse, sorridendo:

“Si, lunedì in parlamento si discuterà sul possibile emendamento di nuove leggi per la sicurezza e non posso non andare. ˜E poi ho pensato ti avrebbe fatto piacere!”

Senza un motivo plausibile Lovino arrossì di botto, facendo indietreggiare un po’ la sedia di legno chiaro che si spostò con un rumore sordo, e posando le mani al bordo del tavolo mentre le spalle salivano un po’ su contornando l’ovale del volto. Posizione di difesa?

“Ma cosa dici? Come ti è venuto in mente? Non è assolutamente vero.” Ed effettivamente non lo era… dopo quella volta… Lovino aveva fatto di tutto per non scontrarsi, o incontrarsi, che dir si voglia, con la nazione Spagnola… con Antonio, e questi non aveva mai cercato di fare nulla per oltrepassare la sua diffidenza, nonostante fosse ormai passati oltre trent’anni da quando era riuscito a liberarsi dalla dittatura…

 

Ormai gli anni trenta sarebbero volti ad un termine presto. A dirla tutta non ricordava molto di quel periodo, anche perché con i problemi che si erano creati in Italia già a partire dall’entrata in guerra nel 1914, per giungere all’erroneo mito della “vittoria mutilata”, e poi fino al 1945, il paese era stato troppo politicamente instabile per dargli tempo di pensare troppo, e poi già a partire dal 1922 né lui né Feliciano avevano più avuto alcuna responsabilità né potere decisionale, né una chiara coscienza di sé, come norma di tutte le nazioni durante una dittatura. Così Lovino si era ritrovato temporaneamente (anche se, in realtà, erano stati più di 10 anni) a svolgere l’attività di generale, nonostante molti non ne capissero la necessità vista la sua – apparente – giovane età, e visto che i momenti in cui era veramente lucido diminuivano man mano che il tempo scorreva.

In ogni caso, quelli erano stati anche gli anni della Guerra civile spagnola, che vide i Tedeschi, e, di conseguenza anche gli Italiani, divenire fattori di una certa leva. Però, se Antonio si trovava dalla parte dei Republicanos, nel tentativo di sventare quello che era già accaduto in Italia, in Germania, e persino nella comunista Russia, lui si era inevitabilmente trovato a combattere per i Nacionales e per la Falange capitanata dal Generalissimo Francisco Franco. Ed era proprio al suo fianco che si trovava, insieme al crucco, in preda a non si sapeva bene quale trance, che sembrava avergli risucchiato totalmente il cervello, e che lo faceva preoccupare incredibilmente, a causa del fatto che Feliciano sembrava essere sempre più vicino a raggiungerlo in quel mondo di surreale utopia, quando vide Antonio.

Durante quel lungo periodo passato tra una popolazione distrutta in preda alla fame e alla miseria, a cui era rimasta solo la lotta per la libertà, e le macerie che loro stessi, Italiani e Tedeschi e Nazionalisti Spagnoli avevano contribuito a creare, quella fu l’unica volta in cui vide lo Spagnolo. Era il 27 Aprile e il futuro dittatore Spagnolo aveva trascinato, lui, Ludwig e alcuni degli uomini del suo seguito a visitare la prima città che aveva dovuto subire i bombardamenti terroristici, Guernica.

Intorno a loro c’era una sorta di deserto: l’intonaco degli edifici colorati sembrava essere sparito per lasciare un ammasso di macerie, pietre e, polveri grigie, che come una nebbia facevano perdere umanità ad ogni cosa, in modo particolare ai cadaveri sparsi per le strade, o ai feriti che attendevano la morte silenziosamente come bambole rotte. In quel momento Lovino non era propriamente lucido, si era alienato nel suo ruolo di generale e fissava intorno a sé quello spettacolo rammaricante, senza provare nulla. Dopo la Prima Guerra Mondiale aveva dovuto imparare a guardare la morte in faccia, senza girare il volto o lasciarsi abbattere, e ogni volta che se la ritrovava davanti, aveva imparato a chiudere il fanciullo dentro di lui, la vocina della sua coscienza, in un forziere che nascondeva giù e giù, in profondità, nel suo cuore pietrificato dalla paura.

Erano arrivati in una delle piazzette principali, quando vide la nazione Spagnola. Era a terra, seduta dietro un muro diroccato, e non appena le loro pupille si incrociarono, il suo sguardo non si sciolse neanche un secondo nell’aria serafica e felice che normalmente gli sarebbe spettata. Non ci fu nessun sorriso. Antonio, vestito con una lacera divisa beige sembrava essere invecchiato di colpo. La sua pelle abbronzata era diventata opaca, grigiastra, come se la polvere e le macerie fossero penetrate nel suo corpo fino alle ossa, e dappertutto c’erano lividi e ferite. I capelli, un po’ cresciuti ricadevano selvaggi sul volto, incorniciandolo e rendendolo quasi simili ad un predatore ferito.

Il volto, non sembrava neanche il suo, e forse non l’avrebbe neanche riconosciuto, come dopotutto non avevano fatto sia Ludwig che Franco, se non avesse potuto ammirare i suoi lineamenti per secoli, durante la sua infanzia. Le labbra secche e biancastre erano rotte e sanguinanti, le guance avevano un colore smorto e se una mano copriva metà del volto, mantenendolo e a sua volta poggiandosi sul ginocchio piegato, nella posizione quasi innaturale che l’uomo aveva assunto quando li aveva visti e si era accucciato tra le macerie di un palazzo, l’altra metà del volto era leggermente adombrata, ma lasciava intravedere la brillantezza di uno degli occhi verdi, scuri, profondi, velati d’odio.

In quel momento Lovino capì subito che non avrebbe mai dimenticato quello sguardo, che, mentre camminavano in quella piazzetta desolata, non lo abbandonò mai, come se volesse comunicargli tutto il suo dolore, la sua tristezza, la disperazione, ma, al contempo una quasi suicida intenzione a lottare e lottare prima di farsi soggiogare da un dittatore, come lui aveva fatto, fin troppo presto, in una morta accondiscendenza.

Quella volta non fece nulla. Ed effettivamente anche a volerlo non avrebbe potuto; se qualcuno si fosse accorto che quello era Spagna sarebbe accaduto il finimondo: lo si stava cercando dappertutto, ma Antonio era sempre stato troppo furbo per chiunque, ed era veramente difficile che venisse sconfitto. Poco dopo aveva piovuto a dirotto, un temporale inaspettato, forte, e che forse voleva lavare via quell’incontro, quel mix di sentimenti che l’avevano scombussolato, facendogli credere che quella sarebbe stata una rottura eterna con la Spagna. Dopotutto lui stesso stava distruggendo quel paese che considerava la sua seconda casa.

Una volta tornati indietro, alle auto che li avevano portati lì, il Caudillo si complimentò con Ludwig e i suoi generali, e lui, con una scusa ebbe modo di tornare indietro, e corse, corse, così velocemente mentre le forze sembravano non voler finire mai, anche se forse era solo la sua volontà, che lo conduceva a percorrere ogni vicolo, strada piazza che incontrava, anche se ormai era difficile persino riconoscere un posto dall’altro tante erano le macerie e la desolazione, i corpi morti e feriti lasciati lì a marcire. Alla fine, comunque, non riuscì a trovare Antonio, e l’avrebbe visto solo molto tempo dopo, quando la democrazia riprese a regnare sovrana nel suo paese ed ebbe finalmente il coraggio di presentarglisi davanti, o almeno di fare presenza in una stanza dove c’era anche lui.

 

“Dovrai stare lì solo 5 giorni, e soprattutto non ci sarà nulla di particolarmente difficoltoso da fare. E’ l’occasione perfetta per risposarti, no? E poi ti lamenti sempre che ti ci vuole una vacanza, ˜Vee…”

Lovino, per l’ennesima volta in quei giorni fu tirato fuori dai suoi pensieri. Aveva pensato troppo, veramente troppo per i suoi gusti, ma non poteva fare a meno di essere preoccupato. Abbassò lo sguardo, cercando di celare i suoi timori al fratello, che era l’unico che aveva saputo cosa era successo, e, alla fin fine, quello che per oltre mezzo secolo lo aveva aiutato a scappare da una situazione che attendeva di essere affrontata da troppo. Ma ogni volta lui era fuggito, persino quando Antonio l’aveva guardato con quelle che potevano essere intenzioni amichevoli. A dirla tutta dopo Guernica, si decise a presentarsi in Spagna solamente dopo la morte di Franco, perché non avrebbe mai sopportato di vedere lo sguardo d’Antonio vuoto, tanto valeva ricordare il suo odio. Quel giorno però non gli disse nulla, non gli si avvicinò neppure, non avendone il coraggio, e pensando che la prossima volta sarebbe tornato tutto normale.

Ma alla fine non era tornato normale nulla, e anche se gli era capitato di trovarsi nello stesso luogo molto spesso in quegli anni, era come se non si fossero più visti. Antonio non l’aveva cercato più, e lui aveva fatto altrettanto, pensando che fosse la cosa migliore, e approfittando del fatto che c’era Feliciano a poterlo sostituire anche quando si trattava semplicemente di dovergli dire qualcosa. Si era creato un muro, che di secondo in secondo si faceva sempre più spesso, fitto, impenetrabile e ci sarebbe voluta una bomba per distruggerlo. Sempre che al di là ci fosse la volontà di raccogliere le macerie e costruire qualcosa insieme. E Lovino non era più un bambino, e come tutte le altre nazioni aveva subito il trauma delle Guerre Mondiali che lo aveva cambiato per sempre: proprio questo gli permetteva di vedere le cose in modo diverso e capire che non era certo detto che Antonio fosse disponibile come sempre nei suoi confronti, dopotutto lui aveva contribuito alla caduta della sua mente, no?

“Basta!”

Sbatté un pugno sulla tovaglia candida a strisce scarlatte.

“Hai ragione tu, la devo smettere di scappare.”

Feliciano sorrise al fratello, confortato dalle sue parole, perché, forse non se ne era accorto, ma era troppo tempo che Lovino si stava corrodendo dentro ed era venuta l’ora che qualcuno lo spingesse a fare qualcosa di diverso da fuggire.

“Però non sarò di certo io a prendere l’iniziativa!”

Si vabbè, non si poteva pretendere tutto no?

 
Madrid, España

 “Señor Carriedo, sono arrivati i documenti riguardo la venuta del Ministro degli Affari Esteri Italiano, lunedì prossimo.”

Un riccioluto ragazzo moro e abbronzato, girò il volto con un sorriso.

“Gracias.” Disse, prendendo i fogli dalle mani dell’uomo che era giunto a portarglieli.

Posò gli occhi sulla carta, pensando di poter trascorrere un po’ di relax con Feliciano, con cui, nonostante tutto, aveva mantenuto ottimi rapporti, quando vide un altro nome stampato nero su bianco sul programma.

“Qui c’è un errore.” Disse, senza alzare neanche gli occhi, e indicando con il dito le due parole che l’avevano colpito. L’uomo al suo fianco seguì con lo sguardo il suo indice e gli rispose:

“Nessun errore, señor, sarà il señor Lovino ad accompagnare il ministro.”

   
 
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