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Autore: redseapearl    29/07/2010    5 recensioni
Fanfiction partecipante al contest 'Six Month' indetto da Shippy_19 Talvolta, anche una semplice partita a biliardo può portare alla scoperta di sentimenti nascosti e repressi.« Allora che ne dici di fare una scommessa, Yuu? Se vincerai tu, prometto che non ti infastidirò più… » la proposta era molto allettante per Kanda, ma non era certo così sciocco da lasciarsi ingannare tanto facilmente. Dopotutto non conosceva niente di quel gioco e di certo Lavi aveva maggiori chance di vittoria rispetto a lui.
« E se dovessi vincere tu?» chiese di rimando Kanda incrociando le braccia al petto.
« In tal caso… » quei pochi secondi che Lavi utilizzò per decidere quale sarebbe stato il suo trofeo irritarono Kanda molto di più di quanto già non fosse.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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FanFiction scritta per celebrare il LaviYu Festival! (06 Giugno – 10 Agosto)

Chiunque voglia partecipare all'evento pubblicando qualunque cosa relativa al pair LaviYu (che sia una foto, una fanart, o una fanfiction) è caldamente pregato di lasciare il link nel topic che raccoglie tutto ciò che le fan Italiane della coppia hanno realizzato quest'anno per il LAVIYU FESTIVAL.

Il link del topic è il seguente http://blackorder.forumcommunity.net/?t=38380671#lastpost

Grazie a tutte coloro che si uniranno a noi nei festeggiamenti.




Questa fanfic partecipa al contest Six Months [Multifandom & Original contest] indetto da Shippy_19 ma i risultati saranno disponibili solo dopo il 7 Gennaio data di scadenza del concorso.

Fandom: D. Gray-Man

Personaggi: Lavi, Yuu Kanda

Pairing: LaviYuu

Rating: Giallo

Avvertimenti: Shonen-ai, Missing moment

Generi: Sentimentale, Slice of Life, Introspettivo

Prompt: Biglia, Tavolo




The Billiards




All’Ordine Oscuro non vi erano molti modi per passare il tempo allegramente. Johnny era ormai il campione indiscusso di scacchi dell’intera Torre, mentre Allen, il solito piccolo baro, grazie ai suoi trucchi era l’asso del poker. C’era chi, invece, come Kanda, preferiva passare il suo tempo ad allenarsi quando non era in missione; mentre Lavi aveva come unico svago i libri della biblioteca, ma spesso adoperava le pagine ingiallite, consunte e ruvide per dormire un paio di ore il pomeriggio quasi fossero morbidi cuscini.

A parere del giovane Bookman, la sede degli Esorcisti aveva bisogno di essere animata un po’ e lui sapeva bene cosa occorreva.

Sfogliando vari libri, in mancanza di qualcosa di più interessante da fare, come per esempio punzecchiare Yuu dato che era fuori in missione, vide per caso il disegno di un tavolo mai osservato in precedenza. Guardò la copertina del libro per accertarsi meglio dell’argomento trattato in quel tomo e lesse sul dorso ‘Giochi e intrattenimenti dal passato ad oggi’.

Decisamente più interessato di prima, riaprì il libro alla pagina di suo interesse e il suo occhio verde si illuminò all’istante come la fiamma di una candela: aveva trovato il passatempo perfetto e di sicuro sarebbe stato divertente far impazzire Komui per costringerlo a comprarlo.

***

« E questo cosa sarebbe esattamente?» chiese Allen osservando incuriosito lo strano tavolo di legno, dando voce ai dubbi di tutti gli Esorcisti, membri della Scientifica e Cercatori presenti nella sala.

« Questo è un biliardo! » annunciò Lavi con fierezza, quasi fosse stato lui stesso a intagliare il legno per costruire il mobile.

« E a cosa serve?» domandò Crowley guardando alternativamente il tavolo e Lavi.

« A divertirsi! » esclamò Lavi entusiasta. Aveva tediato Komui per otto giorno prima di convincerlo a comperare il tanto richiesto biliardo e il ragazzo non vedeva l’ora di provarlo e sfidare tutti coloro che avessero voluto cimentarsi in quel nuovo trastullo.

Pazientemente, e non senza una certa punta di orgoglio, Lavi spiegò a tutti le regole e le modalità del gioco. Furbescamente, però, si guardò bene dal rivelare alcune strategie o modi particolari di colpire le biglie, di modo da riserbarsi un certo vantaggio. Neanche lui era pratico, ma di sicuro la conoscenza di alcuni trucchi gli avrebbe permesso di vincere ogni sfida.

Il primo che si cimentò in quel nuovo passatempo con Lavi fu Allen e inevitabilmente fu l’apprendista Bookman a vincere, con un considerevole scarto di punti.

« Ti è andata male Allen, ma ti concederò la rivincita domani. Sotto a chi tocca! »

Fu uno dei Cercatori a tentare questa volta, ma il risultato non cambiò di molto. E così anche per tutti gli sfidanti che seguirono.

Ad ogni vittoria Lavi si galvanizzava sempre di più, affinando visibilmente la sua tecnica di gioco mettendo in pratica gli insegnamenti del libro che aveva letto. All’ennesima partita vinta non era rimasto più nessuno che volesse sfidare il neo campione, essendo metà dei presenti già stati sconfitti e l’altra metà intimoriti e scoraggiati al contempo dalla bravura innata del ragazzo.

« Non c’è più nessuno che vuole giocare con me?»

In risposta Lavi ottenne solo numerose scuse come ‘Oh mi dispiace, ma sono molto stanco’ e ‘Si è fatto tardi, è meglio che vada’ e ancora ‘Questo gioco non fa proprio per me’, finché rimase solo nella grande sala comune con la stecca di legno in mano e la pallina bianca di resina nell’altra.

« Che noiosi », sospirò Lavi avvilito, rivolgendo nuovamente lo sguardo verso il panno verde che ricopriva la superficie superiore del tavolo.

Non aveva per niente sonno, essendo troppo eccitato dalle nove vittorie conseguite durante la serata, così decise di fare un po’ di pratica da solo, affinando qualche steccata di modo da imprimere ai tiri diversi effetti di curvatura.

Erano trascorse un paio d’ore, scandite solo dal rumore delle sfere di resina che cozzavano tra loro, quando un altro suono ben diverso si aggiunse a questo. Un’eco di passi, regolare e cadenzato, non troppo pesante ma neanche eccessivamente leggero. Lavi avrebbe riconosciuto il suono di quell’incedere tra mille.

« Yuu! » chiamò felice, quando l’Esorcista giapponese si palesò all’ingresso della sala comune.

« CHE, non usare il mio nome », gli rispose con stizza Kanda. Era tornato qualche ora prima da una missione e si stava dirigendo verso l’ufficio di Komui: se avesse saputo che Lavi era presente nella sala comune avrebbe evitato di passarci.

« Anche io sono contento di rivederti », gli rispose cordialmente l’altro, ignorando bellamente il tono minaccioso adoperato da Kanda. « Perché non festeggiamo il tuo ritorno con una partita a biliardo?» propose gioviale Lavi, seppur consapevole della risposta certa dell’altro.

« Io non faccio questi stupidi giochi », sentenziò velenoso Kanda con supponenza e si voltò per allontanarsi, ma Lavi era troppo desideroso di gareggiare con qualcuno e l’idea di avere Kanda come avversario era a dir poco elettrizzante.

Di sicuro sarebbe stata la partita più divertente che avrebbe potuto giocare quella sera.

« Non è difficile. Ti insegno io come si fa… o hai timore di perdere?»

A quelle parole, pronunciate in tono di scherno, Kanda si bloccò di colpo. Come osava quell’idiota insinuare che lui avesse timore di qualcosa?

Si voltò di scattò, lanciando all’altro un’occhiata che emanava scintille di fuoco. Lavi amava quello sguardo, letteralmente. Chiunque si sarebbe sentito impaurito, come un bambino che tema di vedere l’Uomo Nero uscire dall’armadio di notte, ma Lavi no. Lui trovava che lo sguardo di Kanda avesse qualcosa in più rispetto a quello di chiunque altro: era capace di farti ghiacciare il sangue nelle vene all’istante, per poi surriscaldarlo e farlo fluire ad una velocità doppia rispetto al normale. Nessuno era in grado di scatenare un simile effetto nel giovane Bookman e spesso Lavi provocava Kanda al solo scopo di vedere quegli occhi di brace puntati su di sé, anche solo per un istante, ma sufficiente a fargli provare mille sensazioni contrastanti.

« Timore di un Baka Usagi come te?»

« Bene, allora cominciamo subito », disse allegramente Lavi, compiaciuto di se stesso e delle proprie capacità di persuasione. In fondo Kanda era così prevedibile!

« Non ho detto che avrei giocato, ma non è certo per paura di perdere contro un idiota quale sei tu! »

« Allora che ne dici di fare una scommessa, Yuu? Se vincerai tu, prometto che non ti infastidirò più… » La proposta era molto allettante per Kanda, ma non era certo così sciocco da lasciarsi ingannare tanto facilmente. Dopotutto non conosceva niente di quel gioco e di certo Lavi aveva maggiori chance di vittoria rispetto a lui.

« E se dovessi vincere tu?» chiese di rimando Kanda incrociando le braccia al petto.

« In tal caso… » Quei pochi secondi che Lavi utilizzò per decidere quale sarebbe stato il suo trofeo irritarono Kanda molto più di quanto già non fosse. Mille idee passarono per la mente del giovane Bookman in quei tre secondi, alcune più maliziose di altre, ma sapeva che se avesse osato scommettere troppo, l’altro sarebbe andato via all’istante. Optò per qualcosa di poco grave. « Mi concederai di chiamarti per nome senza minacciarmi ogni volta di farmi a fette. »

Kanda si aspettava una proposta peggiore, addirittura qualcosa di indecente da fargli fare, ma Lavi lo aveva letteralmente fregato: se avesse rifiutato di giocare, di certo l’idiota lo avrebbe deriso ogni giorno, raccontando a tutti che si era rifiutato di giocare solo per paura di essere sconfitto.

Dannato coniglio!

“Tanto mi chiama già per nome ogni volta, nonostante le mie minacce”, pensò Kanda, valutando la scommessa.

« CHE. » Lavi tradusse la risposta seccata di Kanda come: ‘Va bene, sarò ben felice di giocare con te!’

Si avvicinò al tavolo con aria molto più gioviale del solito, prese una delle lunghe aste di legno disposte negli appositi sostegni laterali e la lanciò a Kanda, che l’afferrò al volo, osservandola scettico per qualche secondo. Era incredibilmente leggera e liscia: sarebbe bastato applicare una forza anche minima per riuscire a spezzarla, il che non era auspicabile per Lavi, un po’ timoroso di vedersi trafiggere da un pezzo di stecca nel caso avesse fatto adirare troppo Kanda.

« E’ molto semplice », cominciò ad esplicare Lavi con un sorriso. « Con la punta celeste » ed indicò il cappuccio di cuoio sporco di gesso presente all’estremità, « devi colpire la palla bianca e fare in modo che questa colpisca a sua volta una di quelle colorate, in modo da mandarla in buca » ed additò le sei buche presenti agli angoli e al centro del bordo laterale del tavolo. « Tutto chiaro fin qui?»

« Sì, non sono un idiota! » sbraitò Kanda, infastidito da come Lavi lo trattava, neanche fosse un bambino a cui si insegni di leggere l’alfabeto.

« Perfetto! Vince chi riesce ad imbucare per primo tutte le sue palle. » Kanda sollevò perplesso un sopracciglio a quell’affermazione e Lavi, accorgendosi solo in seguito dell’ambiguità della frase, si apprestò a chiarire. « Ehm… è meglio se iniziamo a giocare, così ti sarà tutto più chiaro. »

Preso il triangolo e disposte le quindici sfere all’interno, Lavi lo posizionò al centro della metà sinistra del tavolo, il tutto sotto lo sguardo attento e ancora un po’ diffidente di Kanda.

« Meglio che inizio io, così vedi come si colpisce », suggerì Lavi e il silenzio del compagno gli fece intendere che poteva procedere.

Il ragazzo si posizionò nel modo ottimale; poteva sentire chiaramente lo sguardo di Kanda su di sé, che studiava attento la sua posizione per poterla imitare in seguito. Per un attimo, Lavi desiderò che Kanda lo ammirasse per motivi differenti dal gioco. Portò indietro il braccio destro e diede lo scatto per colpire la palla bianca, ma il colpo risultò pessimo, a causa di quella distrazione mentale.

Le biglie recanti i numeri dieci e quattro caddero in buca e sul tavolo verde rimasero le altre tredici più quella bianca.

« Quali palle vuoi? Le piene o le mezze? »

Ancora una volta Lavi si rese conto solo in un secondo momento del malizioso doppio senso della domanda e lo sguardo interdetto di Kanda ne era la conferma. « In pratica, un giocatore deve mandare in buca tutte le palle piene, ovvero quelle numerate dall’uno al sette, mentre l’altro deve imbucare le mezze, cioè dal nove al quindici. Solo alla fine si colpisce la palla numero otto e chi ci riesce vince la partita. »

Non era molto complicato e Lavi spiegava anche in modo piuttosto elementare, ma a Kanda non importava poi molto delle regole: terminata quella partita le avrebbe rimosse dalla mente come avrebbe fatto con qualsiasi informazione inutile.

« E’ lo stesso », disse un po’ annoiato questi e Lavi, osservando la disposizione delle biglie lucide sulla superficie verde, constatò che le biglie piene erano posizionate più vicine alle buche rispetto alle mezze. Colpì la palla numero nove, così da dare quel piccolo vantaggio all’amico.

Per la seconda volta, Lavi sbagliò il tiro, nonostante fosse abbastanza semplice. Sentire i penetranti occhi di Kanda puntati addosso lo metteva in agitazione e solo in quel momento Lavi si accorse che il compagno non lo aveva mai guardato così intensamente prima. Tuttavia, non era una sensazione così spiacevole come potesse sembrare all’inizio.

« Tocca a te », disse ostentando una calma che non gli apparteneva, e si scansò dal tavolo per lasciare spazio a Kanda. Questi si avvicinò e, sebbene avesse capito quali biglie doveva colpire, non era molto certo di cosa fare esattamente. Chiedere esplicitamente a Lavi di dargli maggiori spiegazioni era fuori questione, così attese in silenzio che l’altro lo aiutasse.

Tale prospettiva non era certamente allettante per Kanda, ma era consapevole dei propri limiti e delle proprie lacune su diversi argomenti.

Rimase immobile per qualche secondo, con la stecca di legno ferma nella mano sinistra, poggiata a terra per l’estremità più larga quasi fosse una lancia, e la mano destra posizionata sul fianco, prima che Lavi si rendesse conto del muto aiuto che Kanda gli stava chiedendo.

« Oh… ehm… scusa… ero sovrappensiero », si giustificò Lavi mostrando un sorriso smagliante e grattandosi la nuca come faceva sempre quando era imbarazzato. L’altro gli rispose con un visibile sbuffo.

Il ragazzo aveva già registrato la posizione di tutte le sfere sul tavolo, quindi si avvicinò a Kanda già sapendo quale sarebbe stata la più facile da imbucare.

« Direi che la dodici è in posizione perfetta », asserì Lavi e Kanda si appropinquò al lato più lungo del tavolo da cui avrebbe colpito la biglia battente. Imitò come meglio poté la posizione che Lavi aveva assunto poco prima, chinandosi quel tanto che bastava per appoggiare la punta della stecca sul tavolo.

D’improvvisò sentì le mani di Lavi posarsi leggere sui suoi fianchi e, dopo un primo attimo di sbigottimento, Kanda si voltò verso di lui con il preciso intento di colpirlo con l’asta di legno. In risposta, Lavi alzò le mani in segno di resa, prima di spiegare le ragioni del suo gesto. « Ti stavo solo aiutando a posizionarti meglio. »

« Perché, cosa sbaglio? » rimbeccò Kanda in tono acido, credendo che l’altro volesse solo approfittare della situazione per fargli qualche scherzo di cattivo gusto.

« Non sei perfettamente in linea con la traiettoria che dovrebbe avere la palla, così non riuscirai mai ad imbucarla. Inoltre, non sei parallelo al tavolo come dovresti e anche le… »

« Va bene, ho capito! » sbraitò Kanda, infastidito dal modo in cui Lavi gli stava facendo notare tutti i suoi sbagli. Lo sapeva che era una pessima idea accettare di giocare con lui; stava solo facendo una pessima e ridicola figura, ma l’idiota era riuscito ad incastrarlo facendo leva sul suo orgoglio.

“Fottuto coniglio!” pensò Kanda.

Senza aggiungere altro, lasciò che Lavi lo aiutasse e questi, scampato il pericolo di essere colpito malamente, decise che era meglio non far notare a voce gli errori del compagno.

Posò nuovamente le mani sui fianchi stretti di Kanda e lo spinse di qualche centimetro verso destra; in seguito adagiò la mano destra al centro della schiena dell’altro, sentendo sotto il palmo i muscoli un po’ tesi.

“Neanche in un simile momento riesce a rilassarsi”, pensò Lavi accennando un sorriso serafico e spinse delicatamente verso il basso in modo che il busto inclinato in avanti di Kanda fosse sullo stesso piano del tavolo da biliardo, creando così con le gambe un angolo retto quasi perfetto.

Adagio, si spostò alla sinistra di Kanda e chinandosi gli afferrò delicatamente le dita della mancina. A quel tocco così intimo, mai provato prima con nessun altro, Kanda si irrigidì ancora di più e Lavi non mancò di accorgersi del lieve sussulto. Avrebbe voluto dirgli di rilassarsi, che non c’era niente per cui essere così nervoso, ma avrebbe avuto come risposta: ‘CHE, non sono affatto nervoso; sei tu che ti inventi le cose, idiota!’

Posizionò meglio le dita di Kanda, facendo sì che l’asta poggiasse nell’incavo tra il pollice e l’indice, e che quest’ultima falange si accavallasse sulla stecca, permettendole comunque di scorrere senza attrito tra le dita.

« Ecco! » esclamò soddisfatto, quasi fosse un artista che abbia autenticato con la propria firma un’opera d’arte. Si tirò indietro di circa un metro, ammirando il corpo di Kanda e non potendo impedire al proprio occhio di posarsi sul fondoschiena dell’amico.

« Dunque va bene così? » domandò infastidito Kanda, smanioso di tirare e togliersi così da quella che reputava una posizione vulnerabile.

«Sì, direi che è… perfetto. » Lavi non seppe dire con certezza se si riferisse alla posizione o al corpo di Kanda immobile in quella posizione così eccitante. Deglutì a vuoto, riprendendo il controllo di sé. « Ora tira indietro la stecca e colpisci la palla, ma mi raccomando non troppo… » Kanda fece come gli era stato detto, ricordando i movimenti che Lavi aveva compiuto poco prima, ma nel farlo, considerando la tensione che aveva accumulato nel sentire il corpo dell’altro così vicino al proprio, diede troppa forza al colpo e la biglia bianca volò letteralmente via dal tavolo, rimbalzando rumorosamente sul pavimento per quattro o cinque volte. «… forte », concluse Lavi, vedendo ormai la sfera eburnea rotolare sotto uno dei divanetti poco distanti.

« Che stupido gioco! » ruggì Kanda, alzandosi di scatto. Era stata decisamente la goccia che aveva fatto traboccare il minuscolo vaso della sua pazienza: non si sarebbe concesso altre occasioni di rendersi ridicolo agli occhi di Lavi. Scagliò violentemente la stecca per terra e fece per andarsene, quando la voce dell’amico lo chiamò alle spalle.

« Yuu, non è sportivo abbandonare la partita per un tiro sbagliato. Inoltre sappi che se te ne vai automaticamente vincerò io la scommessa e quindi d’ora in avanti non potrai più rimproverarmi di chiamarti per nome. » Suonava proprio come una minaccia e Kanda si bloccò di colpo, percependo chiaramente il tono di sfida insito in quelle parole.

Tuttavia, il ragazzo aveva più di un motivo per andarsene: non solo a causa della sua totale mancanza di praticità con quel gioco si sentiva goffo, ma anche il pensiero che Lavi lo avrebbe nuovamente toccato gli procurava un insolito bruciore alla bocca dello stomaco; un bruciore che non era identificabile con la rabbia, ma con un sentimento diverso e, dovette confessare a se stesso, non del tutto spiacevole. Avrebbe osato dire che desiderava ancora sentire quel contatto.

« Prova ancora a mettermi le mani addosso e ti ritrovi impalato su quella stecca », disse nel tono più minatorio che poté e Lavi avvertì un brivido di paura scorrere lungo la schiena e nelle vene: Kanda sapeva essere davvero terrificante!

La partita continuò senza troppi intoppi. Solo qualche imprecazione da parte di Kanda e qualche tentativo fallito di Lavi per correggergli la posizione, ovviamente subito impedito da una nuova intimidazione di morte.

Kanda aveva una capacità di apprendimento davvero lodevole; in pochi tiri era riuscito ad acquisire una buona manualità e praticità, sebbene la sua tecnica fosse ancora grezza rispetto a quella di Lavi, il quale stava vincendo con un buono scarto di punti. Tuttavia, Kanda si stava dimostrato un avversario molto più capace dei suoi predecessori.

Non poteva esserne certo, ma aveva la netta sensazione che Lavi, avendo già imbucato tutte le biglie che gli competevano, stava volutamente sbagliando i suoi tiri per colpire la palla numero otto, di modo da dare all’amico l’opportunità di pareggiare la situazione. Era inutile farlo notare, poiché Kanda sapeva perfettamente che Lavi avrebbe smentito con uno dei suoi sorrisi ipocriti e innocenti.

Così giunsero al momento cruciale della partita. Sul tavolo verde vi erano solo la sfera bianca e quella nera con sopra disegnato il numero otto: chi fosse riuscito ad imbucarla avrebbe vinto la partita e la scommessa. Il turno era di Kanda.

Il ragazzo si posizionò al meglio, lo sguardo si assottigliò per la concentrazione e la fermezza della mano era invidiabile… Peccato che la voce irritante di Lavi lo distolse dal suo obiettivo.

« Ehm, Yuu… »

« Che c’è ora? » sbraitò Kanda irato per l’interruzione. Se Lavi lo stava facendo di proposito per impedirgli di vincere, allora aveva firmato la sua condanna a morte.

« La tua posizione non è molto buona », spiegò con calma il giovane avvicinandosi a passo sicuro, dimentico degli avvertimenti dell’altro a non toccarlo.

Kanda capì perfettamente cosa stava per accadere e, nonostante la sua ragione gli urlasse di colpire Lavi prima che si fosse avvicinato troppo, restò fermo in attesa di sentire il suo tocco gentile: era come se il corpo si fosse pietrificato e si ribellava alla sua mente inducendolo ad assecondare quel recondito desiderio che bramava di essere esaudito.

La mani di Lavi, delicate come piume, strinsero i suoi fianchi spostandolo leggermente di lato, poi, come era avvenuto la prima volta, il ragazzo si chinò alla sua altezza per sfiorargli la mano e aiutarlo ad avere una presa più ottimale per la steccata che si apprestava a compiere.

Il respiro caldo carezzava l’orecchio di Kanda, che strenuamente cercava di mantenere lo sguardo fisso davanti a sé per impedirsi di guardare in volto l’altro.

« Ecco, ora non puoi sbagliare. » La voce di Lavi uscì dalle sue labbra in un flebile sussurro e il suo dolce alito colpì la guancia di Kanda, la quale involontariamente cominciò a riscaldarsi per il sangue che copioso pulsava nei capillari. Con l’altra mano, Lavi cinse per istinto la vita di Kanda, sentendo il corpo di questi palpitare per quella loro vicinanza. « Yuu… », bisbigliò ancora e l’altro, non resistendo al richiamo, girò lentamente il capo, ritrovandosi a pochi centimetri dal viso di Lavi.

I loro sguardi si incrociarono e ognuno poteva vedere il proprio riflesso nell’iride dell’altro. Lavi avvolse completamente la mano di Kanda con il proprio palmo e strinse maggiormente a sé il corpo del compagno con l’altro braccio, felice di constatare come questi lo lasciasse fare senza ribellarsi; anzi, nel suo sguardo poteva leggere l’irrefrenabile desiderio di continuare.

« Yuu, lo sai che se anche dovessi vincere tu io continuerò sempre a chiamarti per nome? » Nel sussurrare quella domanda, il respiro di Lavi sfiorò le labbra di Kanda, quasi fosse il preludio ad un contatto molto più concreto tra le loro bocche.

« Certo che lo so: perché allora mi hai lasciato vincere? », ribatté Kanda, inaspettatamente calmo. Come aveva immaginato in precedenza Lavi, l’amico si era accorto del suo tranello e sorrise serafico a quella domanda. Avrebbe voluto rispondere che in quel modo sarebbe stato più divertente stuzzicarlo in futuro, ma se lo avesse fatto, l’incanto appena creato tra loro si sarebbe dissolto con una sonora imprecazione di Kanda.

« Volevo solo renderti felice », rispose Lavi sincero e i loro visi si avvicinarono ancora di più.

« Come puoi pensare che io possa essere felice ottenendo una vittoria in questo modo? » Kanda si aspettava una risposta esaustiva da parte di Lavi, ma questi, cogliendolo alla sprovvista, lo ammutolì con un bacio fugace, lungo quanto il batter d’ali di un colibrì.

Kanda restò impietrito da quel gesto e sbarrò gli occhi incapace di muovere anche un solo muscolo, ma quando Lavi disunì le loro labbra subito dopo, non poté fare a meno di rendersi conto di quanto avrebbe voluto che quel bacio durasse molto di più.

« Scusami, non ho saputo resistere… », provò a giustificarsi Lavi, temendo una reazione violenta da parte di Kanda, ma prima che questi potesse dire o fare qualcosa, una terza voce si udì dalla porta della sala comune, rimasta aperta tutto il tempo.

« Ehy, che state facendo voi due? »

« Moyashi! » fu tutto ciò che riuscì a dire d’istinto Kanda in quel momento, riconoscendo l’inconfondibile voce del ragazzino. Se solo quell’idiota di Lavi non lo avesse baciato poco prima, di sicuro Kanda avrebbe avuto la prontezza di riflessi di estrarre Mugen e fare a fette il nuovo arrivato.

Per qualche secondo il tempo sembrò congelarsi.

« Vedi Yuu, devi colpire la palla in questo modo se vuoi fare buca », disse Lavi ad alta voce, dissimulando l’agitazione che lo pervadeva in quell’istante. « Ciao Allen! Spuntino di mezzanotte? » chiese poi in modo affabile all’altro compagno rimasto in piedi sulla soglia della porta.

« Eh sì », rispose questi con un sorriso un po’ imbarazzato, come un bambino colto con le mani nel barattolo della marmellata.

« Buon appetito, allora! » lo congedò Lavi gentilmente ed Allen, non del tutto convinto del fatto che quei due stessero semplicemente giocando a biliardo, si allontanò ancora perplesso e con lo stomaco brontolante.

Kanda, riassumendo il suo consueto controllo, si divincolò senza difficoltà dalla presa di Lavi visibilmente stizzito dagli ultimi accadimenti. Era chiara la sua intenzione di andare via, ma Lavi lo frenò nuovamente.

« Yuu, vai via? »

« Certo! Per poco il moyashi non scopriva cosa stava succedendo, ma come ti è venuto in mente di… » Ma il ragazzo non ebbe il tempo di completare la frase perché Lavi, approfittando ancora una volta della sua distrazione, lo afferrò per un braccio trascinandolo vicino al tavolo. Il bacino di Kanda sbatté contro il bordo ligneo di esso e rimase intrappolato tra questo e il corpo del compagno, pericolosamente premuto contro il suo: i respiri affannati si mescevano nell’esiguo spazio vuoto tra i loro visi.

« Davvero, Yuu! Io non ce la faccio più. » Lavi baciò appassionatamente quella bocca che poco prima aveva solo assaggiato, pretendendo quasi con forza qualcosa di più, come un assetato che beva dell’acqua pura in un’oasi dopo giorni di cammino nel deserto.

Kanda tentò di allontanarlo da sé, ma si stupì quando egli stesso si rese conto di non metterci sufficiente forza nelle braccia per spingerlo: era solo un riflesso condizionato, un meccanismo di difesa del proprio cervello per tenere quanto più distanti da sé le persone; ma con Lavi quell’ingranaggio sembrava che non funzionasse al meglio.

Quando la lingua di Lavi sfiorò impudica le sue labbra sottili, il cervello di Kanda sembrò sovraccaricarsi a causa di tutte quelle emozioni nuove, e senza volerlo compì esattamente il contrario di ciò che inizialmente avrebbe voluto fare: serrò le dita sulle braccia di Lavi e lo attirò a sé per approfondire quel contatto. La ragione continuava a ripetergli che era sbagliato, che l’altro era solo un dannato idiota che non meritava un minimo di considerazione da parte sua, ma la sua bocca, le sue labbra, la sua lingua, la sua voce, il suo respiro lo facevano impazzire e palpitare.

La gamba di Lavi si insinuò tra le sue, premendo la coscia contro il cavallo dei pantaloni e il giovane Bookman sorrise, nonostante le labbra fossero impegnate con quelle dell’altro, avvertendovi un rigonfiamento indubbio e dispettoso principiò a spingere e strofinare la coscia tra quelle di Kanda.

Un mugolio confuso, ma certamente positivo, sfuggì dalle labbra di questi, subito soffocato dalla lingua di Lavi che invitava quella di Kanda a muoversi con essa, lentamente, di modo da assaporare fino in fondo il gusto di quel bacio.

Lavi portò la mano destra dietro la nuca scoperta di Kanda, carezzando delicatamente la pelle nuda, fino a risalire verso il nastro che teneva i capelli legati in una coda alta; lo tirò senza trovare la minima resistenza da parte dell’altro ed istantaneamente le lunghe ciocche corvine di Kanda si riversarono sulle sue spalle come una cascata di inchiostro e sostenendogli la testa tentò di spingerlo giù, di modo da farlo distendere sul panno verde che ricopriva il biliardo.

Una mossa troppo avventata per i gusti di Kanda, che subito riassunse il suo ferreo controllo, spingendo con forza Lavi il più lontano possibile.

« Baka… », tentò di dire, ma il fiato corto non gli permetteva di articolare al meglio le parole, anche gli insulti più semplici: il cuore pulsava pazzamente in petto e a stento sentì il suono della propria voce. L’altro non sapeva cosa dire, spiazzato da quell’improvviso cambio di atteggiamento da parte dell’amico.

Lasciando i capelli ancora sciolti, Kanda si diresse verso l’uscita della sala comune con il chiaro intento di tornare nella propria stanza e Lavi non osò fermarlo di nuovo come aveva fatto in precedenza. Tuttavia, non poteva ignorare ciò che era appena accaduto tra di loro: Yuu si era lasciato andare ai sentimenti e alla passione forse per la prima volta nella sua vita; era senz’altro un evento degno di essere registrato nella memoria di Lavi, un segreto prezioso che avrebbe gelosamente custodito dentro di , e non poteva permettere di vanificare tutto ciò che avevano fatto a causa di un gesto troppo avventato e frettoloso.

Decise di seguirlo in silenzio, mantenendosi a debita distanza per evitare l’eventuale fendente di Mugen. Stranamente, Kanda non disse nulla per tutto il tragitto, benché si rese perfettamente conto che l’altro lo stava tallonando.

Giunto alla porta della sua stanza, posò la mano sulla maniglia e aprì; nell’istante stesso in cui mosse il primo passo per varcare la soglia Lavi lo chiamò di nuovo vincendo la titubanza iniziale.

« Yuu, quello che è successo prima, lo so che tu lo reputi sbagliato, ma per me è stato… »

« Non qui », lo interruppe Kanda. Non voleva certo che qualcuno ascoltasse i loro discorsi, specie se vertevano su tematiche così intime.

« No, non voglio aspettare! » si impuntò Lavi, quasi fosse un bambino che voglia a tutti i costi avere ragione. Se avessero atteso anche un solo giorno per parlarne, di sicuro Kanda sarebbe ritornato ad avere il suo atteggiamento algido e distaccato: doveva approfittare di quel momento; battere il ferro finché è caldo, recitava il detto.

Kanda entrò risoluto nella sua stanza, ma non chiuse la porta e Lavi interpretò il gesto come un tacito invito ad entrare. Lo seguì nella penombra e richiuse la porta delicatamente, di modo che facesse meno rumore possibile.

Il compagno gli dava le spalle osservando la finestra policroma davanti a .

« Yuu », riprese il discorso Lavi, « riguardo a prima, so che non sarei dovuto essere così avventato, ma in quel momento è come se il mio cervello avesse smesso di pensare a qualsiasi cosa razionale. »

« CHE, come ti accade spesso d’altronde », lo piccò acremente Kanda.

« Non mi sembra che a te la cosa dispiacesse poi tanto », ribatté Lavi rinfacciando la condiscendenza che l’amico aveva dimostrato in quel frangente. Il sussulto di Kanda a quelle parole non sfuggì all’occhio attento e allenato di Lavi e questo gli diede la forza di continuare, nonostante fosse consapevole del rischio: una parola sbagliata e avrebbe rischiato di perderlo per sempre. « Lo sentivo chiaramente il tuo corpo palpitare contro il mio: le tue parole sono sempre severe, ma non puoi negare che tra noi c’è stato qualcosa… o almeno… per me… c’è sempre stato qualcosa. »

A quelle parole, pronunciate in tono così sicuro e insolito da parte di Lavi, Kanda si voltò scorgendo nel suo occhio verde giada una luce di determinazione che mai aveva visto prima di allora: per una volta non aveva davanti il solito coniglio idiota e falso di sempre; in quel momento nella stanza assieme a lui era presente un giovane risoluto e serio e Kanda, a suo modo, lo trovava incredibilmente affascinante. Se Lavi avesse sempre assunto quell’atteggiamento in sua presenza, probabilmente per Kanda non sarebbe stato facile riuscire a resistere alla tentazione di avvicinarlo e sentire quelle labbra carnose sulle sue, ancora una volta e un’altra ancora dopo.

Gli ridiede nuovamente le spalle; in un certo senso Kanda aveva paura dell’occhio di Lavi: quando lo guardava intensamente e lo vedeva rifulgere di quella luce decisa, il giovane giapponese era certo che avrebbe potuto perdere il controllo delle proprie pulsioni se solo si fosse soffermato qualche secondo di più; allo stesso modo, temeva che quell’occhio, allenato per anni a notare e registrare ogni minimo particolare, potesse vedere i suoi sentimenti più intimi e sfruttarli così contro di lui.

Si irrigidì all’istante quando sentì, per l’ennesima volta quella sera, le braccia di Lavi cingerlo da tergo. Chissà se mai si sarebbe abituato a quel contatto così intimo…

« Non è con me che devi essere sincero, ma con te stesso », gli sussurrò Lavi all’orecchio, dandogli un fugace e delicatissimo bacio sulla nuca dopo avergli scostato i lunghi capelli. Il semplice fatto che l’altro lo avesse lasciato fare senza obiettare era già per Lavi una grande gioia. « Va bene », proseguì Lavi non udendo risposta alcuna, « allora ti dirò quello che io provo: Yuu, io… »

« Taci! » lo zittì malamente Kanda, divincolandosi dalla sua presa per girarsi e guardarlo. « Sono solo parole: non significano niente per me. »

Lavi sorrise serafico a quella frase, facendo una carezza alla guancia di Kanda sperando che non si tirasse indietro a quel gesto troppo romantico.

« Lo so, sei fatto così: sono le azioni ad avere importanza per te. » Senza esitazione, il ragazzo lo baciò soavemente, muovendo appena le labbra per indurre l’altro ad assecondare i suoi movimenti.

Il primo bacio vicino al tavolo del biliardo era stato dettato dall’istinto e dalla passionalità, ma quello era totalmente diverso: era incredibilmente dolce, seppure intriso di una certa maliziosità, e di certo l’intimità della stanza contribuiva a creare quell’atmosfera carica di languore.

Mille e più dubbi ebbero il sopravvento sulla mente di Kanda: e se Lavi lo avesse deriso per la sua incapacità di ricambiare un semplice bacio? Certi timori non lo avevano minimamente sfiorato prima, ma in quel momento…

Lavi si allontanò dalle sue labbra quel tanto che bastava per guardarlo in viso e sorrise di nuovo, ma non uno dei suoi solito sorrisi beoti che Kanda odiava: era seducente e straordinariamente affascinante, tanto che Kanda si domandò da quando Lavi era capace di assumere simili espressioni.

Non lo derise e non fece alcuna battuta sarcastica sulla sua inesperienza, si limitò a baciarlo di nuovo e questa volta fu ricambiato, mentre il calore della sua bocca scioglieva piano le incertezze dal cuore e dalla mente di Kanda.

« E’ facile, vedi? » gli disse con tenerezza e lo sguardo che ricevette in cambio gli preannunciò un colpo violento in una qualsiasi parte del corpo: fortunatamente per lui, questo non giunse.

« Sarebbe più facile se stessi zitto per più di un minuto », lo rimproverò Kanda poco prima di ricongiungere la bocca alla sua per riassaporare nuovamente quel gusto delizioso e proibito.




Non credevo che sarei mai riuscita a concludere questa shot, visto che all’inizio non mi convinceva granchè (e anche ora non è che la ritenga proprio il massimo), ma l’idea del biliardo mi piaceva troppo e così ho deciso di scriverla lo stesso ^^

Spero che sia stata una buona lettura e mi auguro di leggere i vostri pareri al riguardo, specie se mi farete l’onore di inserire la storia tra le preferite/ricordate/seguite (insomma, se lo farete penso che un motiva ci sarà XD).



   
 
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