Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
Ricorda la storia  |      
Autore: thsefourwlls    02/08/2010    3 recensioni
"E allora torna. E' un anno che manchi, sono mesi che non ce la faccio più. Ti prego Eve."sussurro. Lei scuote la testa, sorridendo amaramente. "Non posso. Devo rincominciare. Non posso venirti dietro per sempre, Joseph." "E' per lui?" dico riferendomi al ragazzo di prima. "anche." risponde fulminea lei. "Gabriel mi ama." "Ti amo anche io." dico a mezza voce. "Lui me lo dimostra."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

15 Dicembre 2010.

Una sera buia come tante altre;solo il vento pungente taglia quella calma piatta che mi si è formata intorno. Cammino avanti e  indietro per il nervosismo,calciando qualche piccolo sassolino qua e là. Mi volto,sentendo il rumore di una macchina provenire da dietro. Non è lei.                           Sospiro, agitato,mente una nuvola candida esce dalla mia bocca per il freddo, per poi sparire nell'oscurità. Mi siedo su quella panchina di legno, mezza distrutta, aspettando lì per almeno un'altra ora.

Stringo il giacchetto di pelle attorno alle spalle, me lo diceva sempre: l'inverno californiano non è come quello francese. E poi iniziava ad elencare tutte le varie differenze tra l'America e la Francia, iniziando a parlare e parlare, con quel suo accento così tremendamente perfetto. Sorrido al suo ricordo struggente.

Entrò nella mia vita nel dicembre del 2009 per non uscirne più. Da allora è passato quasi un anno, quasi trecentosessantacinque giorni tediosi e senza scopo, che l'assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti. Ricordo il giorno e l'ora in cui il mio sguardo si posò per la prima volta su quella ragazza che doveva diventare la fonte della mia più grande felicità e della mia più totale disperazione.            

Sylvie Eve Lefevbre, figlia di nobili, costretta a mostrarsi per ciò che gli altri volevano che fosse, arrivata in America solo per poter sfuggire da quella realtà così schifosa. Dolce e riservata fuori, ribelle e scatenata dentro. Non le era concesso di divertirsi come una normale diciottenne, doveva indossare quei vestiti sempre così troppo perfetti e odinati, e soprattutto doveva comportarsi come se tutto ciò le appartenesse. Ma lei non era così. Lei amava ballare fino a perdifiato con le amiche, stare sveglia fino a tardi, indossare felponi, scarpe da ginnastica,smalto nero e passare ore e ore ascoltando musica emo-punk-. Eppure sembravano non capirlo. Nessuno capiva. Poteva essere se stessa solo quando nessun altro era intorno. Solo quando non c'era nessuno che poteva dirle cosa fare, cosa dire..chi essere.

Ma forse è per questo che me ne sono innamorato. Quando sei sotto i riflettori, non puoi essere te stesso al cento percento. C'è sempre qualcosa che non devi fare, qualcosa di sbagliato. Ma ti lasci comandare, perchè tanto poi sali sul palco e vedi stadi colmi di persone che urlano il tuo nome, che gridano anche solo se sorridi, che ti seguirebbero ovunque e che vorrebbero essere te. E in quei momenti pensi che forse chi ti comanda ha ragione, e piano piano crea il tuo personaggio,la tua maschera. Eppure ti verrebbe da spaccare tutto quando a vent'anni non hai il permesso di dire certe cose oppure comportarti in un certo modo. Eravamo simili sotto certi aspetti. Iniziò come un gioco, ore passate a ridere, nascondendoci da genitori e paparazzi, essendo solo noi stessi, sfogandoci, confessando piccoli segreti. Ma pian piano lei diventò indispensabile.

Il rombo del motore di una macchina mi distrae dai miei pensieri. Mi mordo il labbro, rigirandomi la sua collana tra le mani. Questa volta era lei. Riuscirei a riconoscere quelle gambe tra milioni. Il suo sguardo si posa su di me e immediatamente si riempie di stupore.

"Joseph..." il suono della sua voce candida e rotta mi fa venire i brividi. Si aggiusta la gonna venendomi incontro. Mi fissava,immobile,senza dire nulla. Faccio un passo verso di lei, zittito dalla sua bellezza. I suoi capelli sono più lunghi e  il trucco si è fatto leggermente più pesante. "Eve..." soffio accarezzandole la guancia.

"Sylvie, qui est?" Un ragazzo spunta alle spalle si Eve."Je t'expliquerai plus tard,Gabriel, tu entres dans la maison, je te rejoins bientôt" risponde lei, mentre le lancio uno sguardo smarrito. Ha sempre tentato di insegnarmi il francese, ma ero davvero impedito. Il ragazzo mi lancia un'altra occhiata e poi entra dentro la gande villa alle sue spalle.

"Che ci fai qui?" mormora lei, lasciando cadere il ciuffo sugli occhi verdi. Ho sempre amato quegli occhi, di un colore diverso..speciale. Verde tendente al grigio. Ma ora..non li riconosco. Vuoti, completamente privi di quella luce che li dominava."Avevo bisogno di vederti...e di parlarti." rispondo osservandola in ogni minimo movimento. Increspa leggermente le labbra rosee e carnose; poi abbassa il capo. "Parlare di cosa?" chiede sommessamente. "Noi" ribatto immediatamente, fremendo.                                                                                        

Alza per un attimo lo sguardo,incrociando il mio, per poi girarsi dall'altra parte. "Scusami,se puoi. perdonami un'altra volta. So che non è facile...Non riesco ad allontanarmi da te." sussurro avvicinandomi. "L'ho già fatto. Da tanto tempo. ti ho sempre perdonato tutto,anche lei. E sai perchè? Perchè ti amavo Joe. E ti amo tutt'ora." dice stringendosi di più il cappotto grigio. "E allora torna. E' un anno che manchi, sono mesi che non ce la faccio più. Ti prego Eve."sussurro. Lei scuote la testa, sorridendo amaramente. "Non posso. Devo rincominciare. Non posso venirti dietro per sempre, Joseph.

"E' per lui?" dico riferendomi al ragazzo di prima. "anche." risponde fulminea lei. "Gabriel mi ama." "Ti amo anche io." dico a mezza voce. "Lui me lo dimostra." "Io in questo momento dovrei essere dall'altra parte del mondo, sono partito senza dire nulla a nessuno, e probabilmente la mia famiglia si starà preoccupando da morire, solo per venire qui!" sbotto, nervoso."Non te l'ho chiesto io di venire." risponde lei, distaccata.

"Tu non lo ami." mormoro dopo qualche secondo di silenzio. "Me l'hai confermato tu prima!" continuo poi."Senti, è meglio che tu te ne vada." pronuncia insicura lei. "Tu non lo ami."ripeto senza spostarmi di un centimetro. "E tu non puoi decidere per me." bisbiglia  lei avviandosi verso la porta della casa, poco distante."Io non voglio decidere per te, voglio solo che tu ritorni da me." Lei risponde fulminea "Mi pare ovvio. Dici di amarmi, che daresti la vita per me, ma appena ti dicono che devi stare con la tua migliore amica, per far parlare del vostro nuovo singolo, molli tutto e fai vedere che al mondo intero vi siete innamorati. Certo. E' normalissimo." "Io e Demi..ci siamo lasciati poco dopo che te ne sei andata." biascico, incassando il colpo. "Vi hanno detto di farlo i vostri menager?" risponde sarcastica."Senti, Joe, non puoi ripiombare nella mia vita così. Non posso permettertelo. Mi sembra di aver sopportato già pareccie cose. Ti sembro una bambola? Eh? O forse sono una delle tante con cui ti piace farti fotografare?" "Sei mia." sussurro. " Cosa?" "Sei mia Eve. Non sei un giocattolo,tantomeno una delle tante. E sinceramente mi sto trattenendo per non andare lì dentro e prendere a pugni quel tipo, perchè tu...sei mia. E non smetterò mai di dirlo." ribatto facendola voltare. Appoggio le mani sulle sue spalle, tirandola a me, e avvolgendola con le mie braccia, quasi con un gesto impulsivo. Lei si stringe a me, tirando dei piccoli pugni sul mio petto, e iniziando a piangere. E quelle lacrime sapevano ferire più di un coltello dalla lama affilata. Le passo una mano tra i capelli morbidi,baciandole la testa, assoparando ogni minima frazione di secondo di quel momento, quasi surreale.                                                                                                                                                           

"Ti amo." sussurro abbracciandola ancora di più, ma stando attento a non farle male. Lei non risponde, rimandendo avvolta da me. "Anche io Joe, ed è questo il problema." dice poi. Mi stacco leggerente, scostandole il ciuffo dalla fronte e fissandola in tutto il suo candore. "Domani mattina riparto." bisbiglio "Vieni via con me." continuo poi. Lei scuote la testa "Non posso, lo sai ch-" " Alle 9 in punto, all'aereoporto, ho già il biglietto." dico interrompendola. "cosa ti ha fatto pensare che avrei accettato?" chiede. "Nulla. Ma almeno ci ho provato. Se non vuoi venire, sei libera di farlo, non ti cercherò più. Ma se tornerai con me a Los Anglese, ti prometto che non soffrirai più. Mai più." rispondo sicuro, mentre lei si limita a guardarmi. Mi riavvicino a lei, appoggiando delicatamente le mie labbra sulle sue, leggermente screpolate a causa del freddo, ma sempre con quello stesso sapore di sempre. Lei si stacca. "Vattene,prima che ti vedano i miei." "Pensaci" dico di rimando, lei sorride di sfuggita "Vai Joseph." le accarezzo una guancia,osservandola ancora,per poi andarmene e sparire lungo la strada.


Un'ora. Solamente sessanta minuti al decollo e lei non c'è. Affondo le dita nel cartoccio di Starbucks, sorseggiando nervoso. Dall'ingresso principale usciva ed entrava una marea di cente, centinaia di persone, e l'unica che mi serviva in quel momento era lei. Eppure non c'era. Mi risiedo, fissando lo schermo del cellulare: chiamate su chiamate, un messaggio dopo l'altro, che ripetevano la stessa identica cosa "dove sei?" "che fine hai fatto?" "siamo tutti proccupati per te." Cristo, non mi sentono da due giorni e mezzo! Sbuffo, scorrendo la cartella in cerca di un suo messaggio, a questo punti avrei preferito che mi dicesse di partire e basta.

Mezz'ora. La hostess mi prega di salire sull'aereo, manco solo io. "Non posso, sto aspettando una persona importante. cinque minuti." rispondo senza guardarla. "Mi scusi!" mi giro,ritrovandomi davanti ad una signora, con a presso una ragazzina. "Lei è Joe Jonas?" continua la donna, cercando di esprimersi in un inglese corretto. "Sì, sono io." rispondo poco entusiasto. "Mia figlia è una sua grande fan, posso farvi una foto?" Annuisco, lanciando qualche ultima occhiata all'ingresso. Nulla. Firmo un pezzo di carta, scrivendo ciò che basta per vedere quella ragazzina con gli occhi lucidi dall'emozione, poi prendo il borsone e mi avvio dentro l'aereo, sapendo che Lei non sarebbe venuta.

***

Okay, bhè, spero che vi sia piaciuta, anche se so che non è un granchè. Mi scuso per qualche eventuale errore, ma l'ho scritta di fretta e non l'ho ricontrollata (sì,sono mooolto pigra .-.).

Mi farebbe molto piacere ricevere dei commenti, con le vostre impressioni,consigli, critiche o quale finale avreste scritto voi. Joe Jonas Non mi appartiene, la protagonista invece sì.

Grazie in anticipo, un bacio

S.   

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers / Vai alla pagina dell'autore: thsefourwlls