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Autore: yori    02/08/2010    6 recensioni
Se condivideva il letto con Bulma - maledicendosi spesso per quella malsana decisione di spartire con lei il materasso!- era perché ella non era un tipo che rompeva, non era una che gli chiedeva smancerie, insomma era una che l'aveva capito, lo capiva sempre e non si aspettava nulla di particolare da lui. Quindi non trovava una motivazione sensata per cui dovesse tediarlo in un momento così. Non che l'avesse effettivamente destato, non aveva ancora preso sonno, da che si era poggiato sul giaciglio. Qualcosa dentro di lui fremeva e scalpitava, e le palpebre tardavano a calare sui suoi occhi scuri come quella notte rischiarata solo dalla luna e le luci fioche della città. Il perché era forse da identificare con gli avvenimenti del giorno a venire, se mai sarebbe successo qualcosa, ma davvero non riusciva a capacitarsi che persino lei tardasse a prender sonno.
Pensieri ed emozioni la notte prima del risveglio di Majin Bu ...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La calma prima della tempesta'
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incubi



Per chi avesse l'ardore di leggere questo lunghissimo testo, vi avviso che è la mia prima fiction "La calma prima della tempesta" restaurata a dovere e trasformata in una semplice one-shot. Di storie su Bulma e Vegeta ce ne sono e questo lo so, ma poche rispecchiano la mia versione dei fatti, quindi in tutta onestà sentivo di dover riscrivere questo testo, soprattutto in vista agli eventi futuri della mia long "Sangue blu" e anche dell'altra mia storia "La rinascita della speranza".
Il testo si colloca la notte prima del ritorno di Goku, prima della saga di Majin Bu.
Mi sembrava corretto e doveroso riproporla dopo aver cancellato l'intera storia, di dieci capitoli ne ho colto un'estratto rifacendolo in maniera più dignitosa, ma soprattutto per scusarmi con quelle persone che l'avevano seguita o che l'avevano tra le preferite e le ricordate. Diciamo che è un butta il vecchio sperando di far meglio! ^^ Vi lascio alla mia one-shot che spero vi piaccia.


INCUBI


-Insonnia-


Faceva davvero caldo, in quella notte estiva, quel poco che aveva addosso le pesava, come fosse il più pesante dei macigni, il sudore permeava il suo corpo, si sentiva appiccicata
Non era riuscita a prender sonno, neanche per un momento, e aveva cominciato a percorrere in lungo e in largo il suo lato del letto, in cerca di un poco di frescura; ma quel giaciglio, seppur morbido ed accogliente, sembrava fatto di fuoco. Non che non fosse abituata a quella sensazione, o che fosse estranea al sudore e alla spossatezza, ma le sembrava assurdo sentirsi così per una stupida e frivola ragione: il caldo. Avrebbe di gran lunga preferito boccheggiare sudata in preda ad una folle amplesso, la stanchezza dei muscoli le sarebbe parsa molto più giustificata o, quanto meno, appagante. Il fatto era che, Bulma Brief, detestava non aver sotto controllo la situazione e, in tal caso, si sentiva in preda ad un'onda che l'aveva trascinata nella sua risacca senza darle la possibilità di riuscir a riemergere. Aveva tentato invano di chiuder gli occhi avvalendosi dei più stupidi metodi, che per una scienziata come lei erano tutt'altro che sensati, ma dopotutto era solita far cose che non erano capibili neppure dalla sua stessa ragione. Le pecore, quindi, si susseguivano davanti ai suoi occhi saltando quel ridicolo steccato, e contribuivano, soltanto, ad aumentare la sua insonnia, senza darle,  in alcun modo, lo spunto per farsi una bella dormita. Doveva pur inventarsi qualcosa, non poteva -lei che era un genio!- rimaner preda di una semplice agente atmosferico, ovvero: la temperatura del pianeta terra. Diamine, aveva affrontato battaglie, nemici invincibili -beh a conti fatti ne aveva effettivamente affrontato solo uno, ma chi mai è così puntiglioso nel descriver in un elenco dei propri avvenimenti ogni singola cosa?- e ora si ritrovava a dover soccombere a quell'insopportabile afa! Bulma Brief, tra le altre cose, era, anche, un tipo terribilemente impaziente e non poteva, assolutamente, perder il suo prezioso tempo in quel modo. E starsene ferma nel letto, a guardar l'oscurità non le sembrava, in alcun modo, una situazione degna di nota, ne, tanto meno, degna di lei! Una regina deve pur sempre fare quello che meglio l'aggrada, e lei, - seppur non fosse stata battezzata come tale, ma aveva acquisito quel titolo nobiliare dal simpatico compagno che si ritrovava al suo fianco- esigeva con tutta se stessa di avvalersi di esso. Non sia mai che una regina non ha ciò che vuole! E Bulma detestava, nella maniera più assoluta, non far nulla e perder tempo. Di tutti i peccati di cui poteva essersi macchiata l'accidia non la riguardava affatto, anzi, era solo una triste parola di cui non conosceva il significato reale.
Ecco quello che le dava più fastidio. Il tempo è denaro, certo, ma a lei il denaro non serviva a nulla e aveva sempre tradotto il suo tempo in qualcosa di materiale: che fosse una nuova invenzione, o una nuova avventura, questo non aveva importanza. Ciò che contava era muover le mani e la mente. E, davvero, quel momento le pareva così vuoto e privo di senso, che le sembrava di aver la mente sgombra e vuota. Come poteva quel Demiurgo beffardo farle uno scherzo del genere, proprio a lei che non sopportava gli scherzi, proprio a lei che aveva sempre cambiato le carte in tavola facendolo divertire, dall'alto dei cieli, con le sue trovate geniali: la ricerca delle sfere, la partenza per Namek, la relazione con Vegeta - quella su tutte le sembrava di certo la trovata più geniale avesse mai avuto!-, ma soprattutto la macchina del tempo creata dal suo alterego del futuro. Insomma di cose ne aveva fatte, certo, e allora perché le divinità si erano opposte al suo volere non lasciandole pace? Per un attimo l'opzione di partire alla volta del Palazzo del Supremo e di sgridar per bene Dende, le aveva sfiorato il cervello, ma poi si era ricomposta. Una regina non si alza per venir esaudita, viene accontentata e basta! Bulma forse era un tantino esagerata, ma davvero non vedeva la motivazione per cui il binomio: sonno-caldo non dovesse farle perdere le staffe, insomma si infuriava per molto meno, alle volte. Indisponente ecco un'altro aggettivo che si confaceva alla perfezione alla sua persona. Bulma era isterica, indisponente e impaziente, tre "i" fantastiche, se poi ad esse si aggiungevano l'orgoglio e la presunzione si poteva ben capire che semplicemente Bulma odiava che il mondo non ruotasse, perennemente, intorno al suo asse.
Si ricordò improvvisamente che aveva portato una bottiglietta d'acqua, la sera precedente, in camera e che l'aveva posata sul comodino. L'afferrò con decisione tra le mani, ma fu meno lesta a percepire che essa aveva il tappo svitato e ne vuotò buona parte sul pavimento in legno. Possibile che in quella notte tutto giocasse a suo sfavore? Probabilmente un folletto malefico stava giocando contro di lei e si divertiva a farle degli stupidi scherzi. Presa da un attimo di pazzia, e soprattutto nervosismo, che era salito inesorabile al suo cervello, controllò sotto il letto per vedere se qualcuno, per qualche assurda e strana ragione, era entrato di soppiatto e aveva posizionato delle braci per la sauna proprio lì sotto.
Che idea stupida, quel caldo le stava dando proprio alla tasta e i suoi neuroni sempre tanto attenti e scattanti stavano ora lessando in un brodo bollente.
Si alzò levandosi la maglia del pigiama e gettandola a terra, nel marasma più totale in cui versava la sua camera, o meglio, la loro camera! Bulma era sempre stata un tipo disordinato, lasciava che ogni cosa prendesse il suo posto naturale nell'ambiente. Ergo: non aveva mai voglia di metter ordine.
Una come lei non poteva pensare a simili sciocchezze erano cose più da Chichi.
Un losco figurante, di quella scena assurda e mal congegnata, che aveva fatto da spettatore ignaro del triste spettacolo, mugugnò infastidito dai continui movimenti dell'unica attrice attiva del copione. Solito a non aver canovacci, che comprendessero, se non altro, lunghi monologhi interiori e poche battute non pungenti, si girò supino continuando imperterrito nella sua azione: dormire!
Cosa che alla moglie evidentemente non riusciva.
“Basta non ne posso più!!! Come può far così caldo???”
Si mise a sbraitare nel bel mezzo del silenzio, con voce irritata. Si sistemò allora il cuscino un po' meglio dietro la schiena, spingendolo per bene contro la spalliera del letto, affondandovi poi con la schiena e incrociando le braccia sul petto. Inarcò le sopracciglia e buttò un'occhiatina verso il marito disteso supino e con gli occhi ben serrati. Maledetto! Come poteva dormire con quel caldo, lui e il suo stupido orgoglio saiyan. Era certa che la stesse facendo innervosire di proposito fingendo di dormire. Sbuffò, sonoramente, imprecando qualcosa tra i denti, e, a quel punto, il suo compagno di "branda", disteso accanto a lei, si destò definitivamente.

-Paura-

“Che diavolo ti prende Bulma, sei forse impazzita del tutto?”
Disse acido l'uomo, non aveva alcuna intenzione di perder quella notte, proprio quella notte, dietro alle paturnie della compagna. Non l'aveva mai fatto e men che meno aveva intenzione di farlo in quell'occasione. Se condivideva il letto con Bulma - maledicendosi spesso per quella malsana decisione di spartire con lei il materasso!- era perché ella non era un tipo che rompeva, non era una che gli chiedeva smancerie, insomma era una che l'aveva capito, lo capiva sempre e non si aspettava nulla di particolare da lui. Quindi non trovava una motivazione sensata per cui dovesse tediarlo in un momento così. Non che l'avesse effettivamente destato, non aveva ancora preso  sonno, da che si era poggiato sul giaciglio. Qualcosa dentro di lui fremeva e scalpitava, e le palpebre tardavano a calare sui suoi occhi scuri come quella notte rischiarata solo dalla luna e le luci fioche della città. Il perché era forse da identificare con gli avvenimenti del giorno a venire, se mai sarebbe successo qualcosa, ma davvero non riusciva a capacitarsi che persino lei tardasse a prender sonno. Contando il fatto che Bulma quando ci si metteva era davvero un tipo insopportabile e decisamente fastidioso; in quei sette anni aveva imparato a conoscerla davvero e le era sempre sembrata quella che era all'inizio: un tipo rozzo e indisponente. Bah, forse, per quello gli piaceva in fondo ... Non era male come femmina, aveva un bel corpo, ci sapeva fare tra le lenzuola, ma soprattutto in cucina e ... Beh, con le invenzioni.  Poteva di certo vantare la più tecnologica ed efficace stanza per  gli allenamenti di tutta la galassia, nessuno ne aveva una simile. Andava fiero di quel macchinario, come fosse un gioiello prezioso, ma dopo sette anni non era certo solo per quello che era rimasto su quel globo azzurro. Trunks era una motivazione, suo figlio era un vero saiyan: forte, fiero, orgoglioso. Era certo che con i suoi estenuanti allenamenti e con la capacità che si trovava naturalmente sarebbe divenuto un combattente molto più valido dei figli decerebrati di Kakaroth. Si perché Trunks aveva di per sé  un intelletto fuori dal comune, forse ereditato dalla geniale madre, ma lui era certo che l'avesse preso anche da lui, poiché si era sempre sentito un saiyan con il cervello, anche quello conta in battaglia, anzi è fondamentale. Anche se negli ultimi scontri a cui aveva partecipato aveva dimostrato poco autocontrollo e razionalità, fiondandosi sul nemico con il solo scopo di sentirsi onnipotente e non quello di sconfiggerlo. Bulma poi era un altro motivo della sua permanenza. Gli seccava persino pensarlo, ma era così. Quando era stato più fragile e privo di ogni ragione di vita lei gli era stata accanto, con il suo carattere dirompente e la sua voce petulante gli aveva teso la mano impedendogli di venir inghiottito dal nulla. Quello che aveva sempre temuto di divenire, anche quando era al servizio di Freezer aveva cercato di esser il più forte soldato, uno dei migliori, solo per sentirsi importante, solo per non sentirsi sparire nel vuoto, come tutta la sua stirpe e il suo popolo. Bulma era stata una luciola che aveva pian piano disegnato intorno a lui una scia di luce, con pazienza e dedizione, guidandolo al di fuori di quel tunnel senza uscita in cui si era infilato dopo la morte di Kakaroth. Forse ... le doveva persino la vita, oltre che la sua forza. Si detestava profondamente per quei pensieri che si allontanavano tanto dalla sua natura di saiyan.
Bulma, senza badar troppo a quella frecciatina che aveva fatto il compagno sulla sua sanità mentale, si limitò a mandarlo al diavolo con il pensiero, non aveva nessuna intenzione di litigare con lui. Cercò di guardar altrove, in un punto che non comprendesse lo spazio vitale di Vegeta, né il suo corpo, né tanto meno i suoi occhi. Era noto come quei due puntoli oscuri le facessero perdere il senno -per davvero- e come travolta da qual suo sguardo intenso avrebbe potuto abbandonare ogni pensiero, ogni avventura in favore di lui; e gli si sarebbe concessa, nuovamente, sciogliendo le redini che la legavano al suo intelletto, facendola cader miseramente nel viscerale mondo dei sensi. Si sarebbe impantanata in lui, finendo per dimenticare ogni cosa che la sua mente stava tessendo o progettando. Il ché in quel momento era anche un bene, ma per lei non era altro che una sconfitta, ogni volta, perché perdeva se stessa in favore di lui. Sette anni da che tutto era finito, da che la pace aveva avvolto il pianeta terra e Bulma non aveva mai mutato il suo sentimento verso Vegeta, o meglio esso si era solo intensificato, legandola con delle catene indistruttibili a quell'uomo fatto d'onore e di dolore. La cosa che la lasciava sempre spossata, e con un groppo allo stomaco, era non comprendere determinate cose di lui, non averne la certezza. Perché lei in quegli anni sentiva ancora le ginocchia tremare, il cuore battergli all'impazzata anche solo guardandolo da lontano, come aveva fatto ai loro inizi, osservandolo in quell'attimo in cui l'aveva scorto per la prima volta, appoggiato a quell'albero, mentre le strappava l'anima. Ma non sapeva bene quello che Vegeta pensava o provava, a volte glielo leggeva negli occhi, e sapeva che Trunks era la più forte motivazione che l'aveva spinto a rimaner lì con lei. A volte si ritrovava a pensare che non avesse di fatto compiuto una scelta, ma che fosse piuttosto stato costretto dalle circostanze a rimaner lì, in quella casa. In fondo dove altro avrebbe potuto andare? Lei si era concessa di donargli tutto senza riserve, cos'altro avrebbe dovuto desiderare un re se non quello. Ma Bulma si domandava se Vegeta fosse davvero felice, se Vegeta volesse davvero condividere la vita con lei, che l'aveva di fatto incastrato, senza lasciargli scampo.
“Beh … posso sapere che ti è successo?”
Continuò lui insistendo, e distogliendola dai suoi pensieri. Bulma si morse il labbro e guardò ancora altrove. Per la prima volta nella sua vita stava avendo paura, e questo la faceva sentir disorientata e senza appigli, era come se fosse sull'orlo di un precipizio e nessuno le stava tendendo la mano per salvarla. Che assurdità perché mai doveva aver paura, proprio lei che aveva affrontato ogni cosa, proprio lei che dormiva con il nemico ogni notte. Eppure quella sensazione non l'abbandonava neanche per un attimo. Tutte quelle fissazioni e domande che si era fatta in quegli anni avrebbero avuto una risposta in quella che doveva esser una giornata di festa, in quella che doveva esser un momento di ritrovo con i suoi più cari amici, e con lui ... Goku. Aveva persino paura pensando a lui, a Vegeta ... A tutto quello che sarebbe potuto succedere. Ecco il vero motivo per cui non riusciva a prender sonno. Avrebbe scomodato il povero Dende per nulla, poiché era solo il suo cuore ad esser preda di una tormenta, di una tempesta che l'allontanava dalla costa sicura, dalla terra ferma. Bulma di tutte le cose che sapeva fare, di tutte le caratteristiche che aveva, non aveva ancora fatto i conti con il motore del suo corpo, che era legato ad un altra esistenza e che non sapeva affrontare la paura di perenderlo, non la sapeva affrontare affatto.
“Fa caldo!”
Disse soltanto stemperando quella sensazione pesante che si stava amalgamando al calore della stanza.
“E allora?!”
Disse Vegeta mettendosi a pancia in su con le braccia dietro il capo, per sorreggerlo, fissando il soffitto scuro. Sentiva il cuore della moglie e il suo martellante rumore era così irregolare che Vegeta seppe che stava mentendo, che mentiva pure a se stessa circa la motivazione per cui non dormiva. Ma Bulma era fatta così: si raccontava molte più bugie di quanto non fosse capace lui, per sentirsi tranquilla, per sentirsi nel giusto, per sentire che comunque stava andando per la giusta via. Probabilmente si era spesso chiesta del perché avesse intrapreso quella strada con lui, così tortuosa e impervia, ma forse era quello che cercava. A conti fatti tutto quel momento di stallo, di immutabilità perpetua avrebbe avuto la sua fine con il ritorno di Kakaroth, forse ella aveva timore di questo, aveva timore di che cosa avesse potuto fare, di cosa sarebbe accaduto.
“Non riesco a dormire!”
Disse seria incrociando le braccia sul petto, di nuovo, in quella posa tipica del compagno, piuttosto che sua, ma a ben dire ormai le veniva spesso, quasi fosse stata la sua tipica postura di sempre. Si imbarazzò di se stessa, era lampante come fosse divenuta un tipico caso di persona che, col tempo, aveva  appreso gli atteggiamenti della persona con la quale condivideva  la vita e li aveva fatti suoi. Forse si illudevano entrambi di esser unici, quando in realtà erano più simili del dovuto.
“Quindi mi devi seccare? Domani è un giorno importante per me!! Non so se te lo ricordi.”
Aveva detto lui, ben consapevole che Bulma fosse conscia di ciò che li attendeva. Erano mesi che si preparava per quell'evento ed era pronto fisicamente, ma forse mentalmente non lo era affatto. Così come Bulma, era evidente. Ma lei doveva esser forte anche per lui, come lo era sempre stata. Già perché Vegeta non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma era di certo Bulma quella più stabile mentalmente, sebbene lui continuasse a punzecchiarla sulla sua presunta pazzia, congenita per altro, era lei quella che aveva sempre la soluzione, era lei quella che, dopo un estenuante allenamento, lo sorreggeva, anche solo con un sorriso, anche solo con una calda parola al suo indirizzo. Lui no, lui era tutt'altro che forte, era fragile era sottomesso alle sue passioni, non era un guerriero freddo e calcolatore, era più uno che stava soffocando, perché da quando aveva scoperto che non era il più forte, che la sua vita era stata solo una grande menzogna, aveva perso se stesso e non sapeva più chi era, non sapeva più cos'era stato. In quegli anni si era adagiato, si era concesso un po' di pace esteriore, ma la sua anima non aveva smesso di scalpitare, di combattere.
Cos'era ora Vegeta? Un Principe spietato di un popolo estinto, sterminato brutalmente? Oppure un terrestre sconfitto, che indossava poco la sua battle suit, che non combatteva altro che con suo figlio. L'unico legame reale che aveva con la sua razza, che gli faceva ancora batter il cuore per l'orgoglio di esser padre, per l'orgoglio di guerriero. Lei, gli dava altre sensazioni, ugualmente forti, ma ben lontane dalla sua natura, e di questo aveva paura. Aveva sempre temuto il diverso, ma con lei non aveva avuto tempo di pensare, aveva soltanto potuto agire. Quando l'aveva invitato a stare da lei era senza alternativa, quando l'aveva invitato nel suo letto non aveva avuto scampo, perché lei sapeva esser così calda ed accogliente, ed in fondo avrebbe potuto anche divertirsi ... E così era stato, ma con il corpo di lei ... si era preso altro, e se n'era accorto dalla prima volta in cui l'aveva cavalcata tra quelle lenzuola di seta, così fresche al confronto del calore del suo corpo bagnato. Bulma finalmente l'aveva guardato, deglutendo, sapeva che da quel giorno in poi tutto sarebbe cambiato. Quello che non sapeva era se in meglio o in peggio ...
“Certo che me lo ricordo, come potrei dimenticare che domani torna il mio rivale!”
Disse in tono di scherno suscitando un sorriso forzato, sulle labbra sottili di Vegeta, rivolte a quell'appellativo strampalato che aveva appioppato al suo eterno rivale alla sua ossessione più radicata.
“Che vai dicendo, il mio rivale non il tuo!”
La corresse con arroganza inarcando un sopracciglio e sistemandosi comodamente la testa sul cuscino, non la guardò poiché sapeva che ella intendeva alla perfezione le sue espressioni senza osservarlo in viso, e seppur poco rischiarato, dalle luci della città circostante, Vegeta riusciva a scorgerne delle piccole movenze che descrivevano molto del suo stato d'animo. La luce fioca della luna, mista a quella aranciata della città conferivano alla pelle di Bulma un colore più caldo del solito, contrapposto al suo colore niveo ed etereo. Sfiorò la sua gamba nuda, con il polpastrello, percorrendone la forma snella e perfetta della coscia, non sapeva neppure lui perché lo faceva, ma a volte il solo toccarla e sentirla lo faceva sentir vivo, e gli rammendava che non stava sognando, ma che quel suo demonio umano era li affianco a lui per guidarlo nel suo cammino, anzi per condividerlo insieme. Forse era solo un istinto primitivo che lo portava a toccare un bell'oggetto, che avrebbe potuto rompere dopo che si fosse stufato, dopo che quella bambola di porcellana avesse concluso di saziare i suoi istinti. Ma Bulma era una femmina di tutto rispetto e mai avrebbe potuto romperla, era come se su tutto lui avesse potuto aver potere, ma non su di lei. Con lei si ribaltava tutto e diveniva lui la preda inconsapevole di quella cacciatrice. Chi l'ha detto che è una peculiarità maschia, dopotutto la dea della caccia è pur sempre una donna, e Bulma l'aveva stanato, l'aveva inseguito, fino a raggiungerlo e non l'aveva più mollato. Non l'aveva ucciso, conscia di poter esser a sua volta eliminata, conscia che avrebbe potuto divenir lei stessa una preda. Ma quella bestia orribile, e dalle mani macchiate di sangue, si era limitata a morderla, e lei l'aveva portartato nella sua di tana, e regalandogli un cicciolo di tutto rispetto. Probabilmente solo lei ci sarebbe riuscita in quell'impresa e nessun'altra donna avrebbe fatto lo stesso, o si sarebbe sacrificata dietro ad uno come lui, che non la riempiva di nulla di quelle scemenze che fanno gli umani. Ma Bulma non era affatto afflitta per questo, anzi come aveva detto lei una volta: lo aveva scelto proprio perché non era come gli altri era diverso, e lei aveva bisogno, per vivere, di uno come lui. Anche se a volte le sue ossessioni la facevano star male ...
“Beh, caro! Sai Goku, ormai, è anche un mio rivale visto che qualcuno occupa molto più tempo a pensare a lui piuttosto che a ME!”
Vegeta si girò su di un fianco, dandole le spalle.
“Sei proprio una stupida!”
Disse mugugnando, sapeva che la donna aveva ragione. Se doveva fare un elenco delle ragioni della sua vita: Kakaroth sarebbe di sicuro stato tra queste. Era vergognoso far un simile pensiero, ma l'invidia che provava per quell'essere fatto di sola luce, e poco sentimento, era stata una delle poche motivazioni che l'avevano costretto ad andare a vanti, quando si era trovato sull'orlo di un vulcano deciso a buttarsi, per scomparire per sempre e divenir cenere. Già perché quando aveva perso la voglia di combattere, aveva perso di vista ogni cosa. Il pensiero di lui poi l'aveva riportato sul campo di battaglia e poi ... Trunks, di nuovo lui. Ricordava bene quel momento in cui aveva sentito che Mirai no Trunks stava per esser trafitto da quella lama, legato da quei fili invisibili e li non aveva potuto far altro che trarlo in salvo, perché già una volta l'aveva lasciato morire e non si sarebbe mai perdonato per la una sua seconda morte. Era tornato a lottare perché il figlio di Kakaroth non era degno di esser l'eroe di quel mondo azzurro ed accogliente, ma suo figlio sì, perché lo era già in un altro tempo e perché anche nel loro sarebbe divenuto la speranza. Trunks era quello a cui tutti si sarebbero rivolti nei momenti di pericolo, quello che sarebbe accorso durante il momento del bisogno. E poi glielo doveva. Lo doveva a se stesso, lo doveva al ragazzo venuto per salvarlo, che oltre a Kakaroth si era sacrificato per salvare lui, così inesperto della vita e fedele solo alla morte, ma quella era toccata a loro non a lui. Come se il fato avesse voluto punirlo, perché forse se fosse morto avrebbe sofferto di meno.
“Ma tu non hai caldo?”
Disse Bulma riportandolo alla realtà, cercando nell'oscurità la sua sagoma disegnata dalla luce fredda della luna, così cara a quella razza guerriera, ma così diversa da lei. Vegeta si girò stizzito, di tutte le cose che detestava di Bulma il suo modo assillante di parlare di stupidaggini era forse uno di quelli che odiava di più. Quindi si girò guardandola, questa volta, negli occhi, arrivandole ad un palmo dal naso e sussurrandole sulle labbra, catturando il suo caldo alito.
“Certo che ho caldo! Ma non mi passerà lamentandomi o sbraitando nel cuore della notte!”
Sbraitò contro di lei, ma ella non si mosse e non smise di fissarlo negli occhi, perché al di là di quelle vane parole e del loro discorso frivolo, aveva, ancora una volta, letto nei suoi occhi. Vegeta si  sentiva sempre spiazzato di fronte a lei, che così bella e fiera sapeva scovare con un solo sguardo le sue fragilità. Certo, l'aveva capito. Aveva capito che se non dormiva era perché pensava al torneo, perché aveva paura di perdere, perché aveva paura di far quel passo che avrebbe potuto cambiare tutto. E Bulma lo capiva semplicemente perché era quello che provava anche lei. Dopo quel giorno, forse, tutto poteva cambiare, o forse no ... Ma quello che premeva a Bulma era trovare un nuovo vincolo per tenerlo legata a lei, perché aveva davvero paura di non trovarlo più al suo ritorno. Vegeta arrossì impercettibilmente a quello sguardo che lo denudava di ogni corazza e si girò, di nuovo, dandole la sola vista della sua schiena nuda e deturpata.
“Mi farò una doccia.”
Concluse Bulma alzandosi dal letto, non prima di aver studiato la postura dell'uomo, rannicchiato se stesso, e che come sempre aveva alzato una barriera.
Lui non disse nulla si limitò a grugnire, gli bastava solo che si levasse di torno, per farlo dormire in pace. Molti pensieri affollavano la sua mente e i problemi della moglie contribuivano ad aumentare la sua ansia. L’indomani sarebbe stata una giornata davvero importante, era il momento della verità. Poi cosa avrebbe fatto della sua vita? Beh difficile a dirlo, se avesse perso si sarebbe ucciso, oppure si sarebbe fatto uccidere, ma una terza opzione gli passò per la mente: poteva sempre rifugiarsi tra le braccia della sua bellissima donna ... Che pensiero fugace e stupido.
E se avesse vinto? Cos'avrebbe fatto? Forse, avrebbe riso e poi avrebbe conquistato la terra e Bulma sarebbe stata incoronata regina. Si rigirò guardando il soffitto, sorpreso e sentendosi sconfitto dai suoi stessi pensieri. Possibile fosse diventato così dipendente da quella donna, in quegli anni non si era mai staccato da lei quasi fosse il suo ossigeno, quasi fosse la creatura più potente dell’universo. Ne era innamorato? Se quel senso di appartenenza, nella lingua terrestre significava amore allora di sicuro lo era. Era pronto per questo? La risposta era semplice: no, affatto. Chi l’avrebbe mai immaginato che lui, il Principe degli spietati guerrieri saiyan, si sarebbe sottomesso ad una donna, dalle fattezze perfette e dai capelli assurdi. Non aveva mai visto una donna più bella di lei su quel pianeta, nel vero, non ne aveva mai viste in tutta la galassia di donne così belle. O forse era solo il fatto che fosse proprio lei a renderla così bella e perfetta, seppur di difetti ne avesse a bizzeffe, ma Bulma è Bulma, ed è giusto che sia così.

-Incubo-

La porta del bagno si aprì e la donna, la sua donna, apparve avvolta in un asciugamano. Non aveva nemmeno acceso la luce, e mentre l'osservava frizionarsi i capelli si stupiva di quanto fosse sensuale ed erotica anche in quel semplice gesto, forse era solo per quel motivo che la trovava così irresistibile e non riusciva mai a tirarsi indietro; con lei la sua ragione andava a farsi benedire ed era un altro il cervello delle sue azioni.
“Ti sei placata?”
Le disse guardandola con quel suo ghigno, che aveva perso col tempo l’innata malvagità, per assumerne un semplice tono di scherno e di ilarità, che gli era sempre stata congeniale.
Lei lo guardò con aria sprezzante, conscia del fascino che si esercitavano vicendevolmente, e di rimando gli grugnì stizzita, era diventata davvero una copia femminile di Vegeta. Arrossì a quell’idea, e si imbarazzò non poco.
“E tu non dormi ancora?”
Lo sgridò puntandogli il dito contro, per poi sorridergli con dolcezza.
“Mi è passato il sonno.”
Rispose lui, la donna si sedette al suo fianco, appoggiando una mano sul suo petto e lo accarezzò. In fondo era stupido innervosirsi prima del tempo, qualunque cosa sarebbe successa in quel dannato giorno, avrebbero avuto i loro bei momenti da ricordare ...
“In realtà ... Non è solo il caldo che mi fa impazzire ...”
Disse Bulma, che, durante il suo momento di rinfresco, aveva pensato che fosse stupido riflettere sulle sue paure da sola, bastava già Vegeta che si teneva tutto dentro.
“Lo so, hai perso il lume della ragione. Non fartene un problema è da che ti conosco che non l‘hai!”
Disse lui ghignando. Lei lo guardò torva, inarcando la sopracciglia e togliendo la mano da lui come se fosse diventato rovente d'improvviso. E così pensava davvero che fosse matta.
“No, razza di stupido, sono preoccupata!”
Vegeta si sollevò sedendosi sul letto e guardandola ancora una volta dritto negli occhi.
“E per cosa di grazia?!”
Bulma accarezzò la sua guancia, e gli sorrise di nuovo, catturando i suoi occhi scuri dentro i suoi color del mare. Mai avrebbe voluto perdere quello sguardo, mai avrebbe voluto non averlo lì con sé. Avrebbe preferito la morte al non averlo, a non incontrare più i suoi occhi toccare la sua pelle, come aveva fatto a viver prima? Come aveva potuto non possederlo tra le sue lenzuola per tutto quel tempo, e ora rischiava di perderlo per sempre. Perché davvero non riusciva ad immaginare come avrebbe agito incontrando la sua ossessione. Una cosa era certa, l'avrebbe sostenuto comunque, anche se avesse deciso di andarsene ... Beh, non quello non l'avrebbe sopportato. 
“Per te!”
Disse dolcemente, lui appoggiò la guancia sulla sua mano, solo lei aveva il potere di farlo sentire così: inerme e avvezzo a simili gentilezze. Domato, forse qualcuno avrebbe potuto pensare, ma non era affatto così. Vegeta agiva sempre per sua scelta, anche se a primo sguardo poteva non sembrar così, ma con Bulma non si era mai sentito con il cappio al collo, piuttosto lo faceva arrivare dove non era mai arrivato. Col tempo si era fatto l'idea che ella fosse una delle ragioni per cui si era trasformato in Super Saiyan, assurdo certo, ma solo quando aveva cominciato ad accompagnarsi a quegli insulsi sentimenti umani, aveva sentito qualcosa dentro di sé rompersi e aveva, allora, compreso cosa fosse quella calma che bisognava possedere per avvicinarsi a quella trasfigurazione dorata.
“Perché?”
Disse, Bulma non distolse lo sguardo da lui e cominciò a giocar con la stoffa dei suoi pantaloni, presa dal nervosismo e l'ansia per quella situazione assurda. Forse, in parte, era persino gelosa.
“Beh perché non so cosa succederà con Goku. Se combatterete, se lo batterai ... Magari andrai via per sempre e io …”
Vegeta trattenne una risata. E così erano davvero identici! Non solo si muovevano nello stesso modo, ma pensavano anche allo stesso modo.
“Non dire scemenze.”
La zitti lui freddo, anche se la voglia di ridergli in faccia era tanta.
“Non so neppure io quello che farò!”
Disse con tono severo, appoggiandosi alla spalliera del letto e incrociando le braccia sul petto.
Bulma di rimando si piegò su di lui e lo baciò a stampo sulle labbra. Voleva fargli sapere, con quel gesto, che lei c’era. Era lì che lo aspettava qualunque fosse stata la sua scelta.
Lui le cinse la vita con il braccio e carezzandola la baciò con trasporto, catturando le sue labbra morbide e i suoi capelli bagnati. Sapeva di esser sua, sapeva che non poteva far a meno di lui, che aveva un'altra natura, che era diverso e che probabilmente se ne sarebbe andato per sempre, stufo di quella monotonia che era la vita terrestre. Bulma sapeva che aveva un'unica carta da giocare con lui: il suo corpo. Si tolse l’asciugamano per stimolare il compagno e, benché non avesse bisogno di molti stimoli visto che già aveva in mente quello che la donna con quel gesto aveva palesato, gli si mise sopra a cavalcioni, poggiando poi la testa sul suo cuore ed ascoltandone il ritmico battito.
“Vegeta …”
Disse in un sussurro impercettibile, ma lui, quasi come se i loro cuori si capissero, la sentì.
“Dimmi …”
“Non fare stupidaggini domani …”
Disse lei stringendosi ancora di più a lui, toccando la sua pelle calda, ma che non le dava fastidio anzi, le dava sollievo.
“Perché dici questo? Non faccio mai stupidaggini!”
Sorrisero insieme, anche lui sapeva che non era vero, ne aveva fatte tante di stupidaggini nella sua vita. In tutti i combattimenti ne aveva combinata una, con Cell, con Freezer, ma era comunque fiero di se stesso, aveva sempre agito come meglio credeva, ma sapeva che nelle parole di lei era nascosto dell'altro: il terribile incubo di vederlo andar via di nuovo. Vegeta sapeva che se la sarebbe cavata comunque, lei era forte, non vacillava certo se non aveva un uomo al suo fianco, ma era ugualmente conscio che avrebbe preferito averlo lì. Anche solo per vederlo rincasare a tarda sera, ma sapendo che comunque una volta o l'altra sarebbe tornato a scaldare il suo lato del letto.
“Non ho una bella sensazione!”
Disse con tristezza, spezzando l’ilarità precedente. Non sapeva distinguere le aure, tantomeno sapeva sentirle, ma di sicuro Bulma sentiva la puzza di guai da qualsiasi distanza essa venisse.
Lui la strinse a sé con un braccio, anche lui era inquieto in quella notte. Kakaroth ... Il suo unico pensiero. La verità lo attendeva: la realizzazione di un sogno, o la nuova caduta inesorabile in quell'incubo che l'identificava come l'eterno secondo. Scacciò quel pensiero e tornò ad occuparsi della compagna.
“Preoccupati d‘altro ora. non vorrai mica lasciarmi insoddisfatto!”
Lei lo bacio, di nuovo sulle labbra, poi lo guardò negli occhi e baciò la sua fronte stringendosi al suo corpo.
“Ci preoccuperemo quando succederà qualcosa!”

Disse lui percorrendo con le sue mani la sua schiena bianca, liscia e baciata dalla tetra luce della luna.

-Gelosia-

Si era sopita e si era svegliata di nuovo, dopo quel breve dialogo con Vegeta, ma soprattutto dopo quello sfrenato amplesso, aveva trovato la calma necessaria per chiuder i suoi occhi, e prender sonno. Ma qualcosa le rodeva dentro e continuava a sonnecchiare per poi svegliarsi bruscamente sudata. No, decisamente c'era qualcosa che non andava doveva ammetterlo a se stessa. Aveva riversato su di lui tutto, ma quello che più temeva era Goku, il suo nemico. Goku che le aveva portato via l'anima di Vegeta con la sua morte, Goku che ora rischiava di strapparlo dalle sue braccia, un'altra volta. Era gelosa di lui. Terribilmente gelosa. Perché probabilmente i due saiyan si capivano, probabilmente per lei, che non era un babbuino glabro, non era facile comprender certi atteggiamenti di Vegeta. Ma Goku non aveva questa difficoltà. Dio se lui fosse stato una femmina ... L'avrebbe di sicuro perso, non si sarebbe mai interessata a lei che era solo una misera terrestre. Come aveva fatto a legarlo a sé l'ultima volta che si era intromesso ... No, non poteva pensar una cosa così meschina. Eppure quando aveva riversato la sua voglia di lei al suo interno ci aveva pensato, aveva pensato di incastrarlo un'altra volta. Tranks ... Come poteva pensare a lui in quel modo così subdolo, lui che nella sua mente, intrappolata nell'oscurità, suonava come un laccio, un nodo tra lei e Vegeta. Ora gliene serviva un altro, un altro nodo, per ammanettarlo a sé. Si alzò dirigendosi verso il bagno, si bagnò il viso e si guardò allo specchio. No, decisamente non era lei, non apparteneva a Bulma Brief quel viso. Non aveva potuto pensare a Trunks in quel modo. Eppure era gelosa persino di lui. Chissà se Vegeta provava quel sentimento verso di lei oppure se l'avesse vista con un'altro non avrebbe sentito nulla ... Lei invece si limitava ad ingelosirsi per: il tempo che passava con Trunks, il tempo che passava con se stesso pensando al suo rivale. A lei non ci pensava mai, forse solo la sera quando se la trovava nel letto. Oppure quando aveva fame ... Non poteva esser solo quello. Bulma sapeva che avrebbe dato la vita per lui. Ma lui? Lui l'avrebbe difesa? O una volta sconfitto Goku l'avrebbe uccisa insieme agli altri tenendosi Trunks per sé. Avrebbe tifato comunque per lui, anche se questo significava aver un solo barlume di speranza per sopravvivere. Perché era fatta così, e perché lui meritava di esser  il più forte, di ammantarsi di quella gloria che lo riempiva un tempo. L'aveva cambiato in quegli anni? No, non l'aveva fatto. Era stato lui a deprimersi e lei non lo voleva così ... Rivoleva il Vegeta che aveva conosciuto, quello che non si fa problemi a spiattellarti la verità in faccia, a dirti cose orribili. Non che non lo facesse, ma in qualche modo si era perso sulla terra e non perché lei lo avesse distolto dalla via dell'orgoglioso Principe dei Saiyan, ma perché aveva perso il suo spirito di combattente. Ma lui non si tira mai indietro ed era riuscito a riacquistar con gli anni quella voglia di esser il migliore. Ancora una volta lei non aveva contato nulla in questo cambiamento. Trunks sempre lui. Forse con un altro figlio sarebbe divenuto suo totalmente. O forse aveva solo bisogno di tornare com'era per far la sua scelta con cognizione e razionalità, non perché era stato costretto a farla. Si riadagiò sul letto, il corpo del compagno giaceva al suo fianco. Bulma sospirò di piacere, amava guardarlo dormire. Baciò la sua ampia fronte. E si accoccolò tra le sue braccia. Si sopì di nuovo.
Poi aprì gli occhi e qualcosa di caldo gli cadde sulle mani. Si guardò. Cosa poteva essere? Con orrore comprese che quel plasma liquido e corposo era di un colore rosso vivido.
Sangue.
Inorridì e sbiancò, poi  tocco il suo uomo chiamandolo a gran voce. Non respirava. Dio cosa poteva fare! Lo sentì sgretolarsi sotto le sue mani e divenir cenere. No. No, perché era successo, non doveva morire così. Poi, qualcuno l’afferrò alle spalle.
“Bulma! Bulma! Che ti prende!”
Aprì gli occhi, ed incontrò i suoi interrogativi, incastonati sul suo volto severo e bronzeo.
Lo toccò. Lui era lì. Lui era vivo.
Aveva solo sognato, aveva solo fatto un incubo. Ma quella sensazione non si voleva levar da lei, avvertiva un forte peso allo stomaco. Forse doveva solo vomitare e le sarebbe passato tutto.
Si accasciò sul letto, cercando di distogliere i pensieri da tutta quella situazione e cogitare qualcosa di bello e sensato. Lui non sarebbe morto e lei doveva smetterla, assolutamente, di esser gelosa di Trunks e Goku.
Quello che non sapeva era che la sua era una terribile premonizione, in fondo l’aveva sempre detto che lei i guai li sentiva a distanza, soprattutto se competevano un certo saiyan dai capelli a punta. Vegeta rimase in attesa di una spiegazione, ma lei non disse nulla.
"Sei proprio matta!"
Le disse regalandole nuovamente la sua schiena, Bulma continuò a fissarla incessantemente per quelle poche ore che mancavano al risveglio del sole, che avrebbe preso il posto della triste luna che aveva illuminato i suoi oscuri pensieri. Forse, le avrebbe donato un po' di calore quell'astro  che brillava qualsiasi cosa accadesse sopra le loro teste.

-Partenza-


La calma precede sempre la tempesta.

Con quel pensiero nella testa si svegliò quella mattina Bulma.
Il sole entrava flebile dalla finestra, non aveva dormito poi molto quella notte, anzi, non aveva dormito per niente. Non si sentiva però stanca o assonnata, si sentiva solo strana. Era proprio vero che quando c'è la luna piena il suo influsso agisce sui saiyan e, forse, questa volta era stata lei a sortirle la mala influenza, concependo dei pensieri sterili e chiusi in se stessi, ma degni del più infame dei saiyan. Decisamente non dei pensieri da Bulma Brief, o quando meno cose che di solito soleva relegare in un angolo remoto della sua mente. Si alzò rincuorata dalla presenza del sole mattutino, che già le donava maggior speranza su quella giornata che, in ogni modo, avrebbe segnato una svolta nella sua vita. Prima di tutto avrebbe rincontrato i suoi amici dopo lungo tempo, e non sapeva cosa aspettarsi da loro, l'unica cosa che era certa era che sarebbe partita con Vegeta al suo fianco, ma davvero non sapeva se avessero mai fatto ritorno insieme al loro castello. Forse quella tortuosa notte era stata l'ultima per i due sovrani di un mondo estinto. Che poi forse lei non avrebbe mai potuto, di fatto, divenir regina, ma avrebbe dovuto attenersi al più semplice ruolo di amante, sempre che Vegeta l'avesse mai voluta. Forse, l'avrebbe semplicemente uccisa e buttata in una fossa comune.
Si alzò cercando, nel suo armadio, qualcosa da indossare per quel giorno tanto importante.
Non sapeva proprio che cosa potesse andar bene per quell’occasione, forse nulla era adatto.
Ed era inutile chiederlo a Vegeta, le avrebbe di sicuro riso in faccia. Lui non era il tipo che badava troppo al vestiario. Che ipocrita. Pensò Bulma, poiché  lui curava ugualmente il suo aspetto e la sua presenza scenica, soprattutto, per mantenere la sua aria regale e superba. Ricordava bene quando gli fosse andato a genio quel suo progettare una nuova battle suit, e quando aveva amato far il suo ingresso in battaglia con quella perfetta divisa da combattente che lo rendeva ancora più temibile.
Così, alla fine, prese la prima cosa che le era capitata sotto mano, scegliendo, puramente, a caso da quell'armadio pieno di cose, quel vestito rosso, corto con le spalline. Era l’ideale, la rendeva bella e sensuale, ma allo stesso tempo, le lasciava libertà di movimento, e poi a Vegeta piaceva vederla vestita di rosso. Forse, perché quel colore faceva parte di lui. Una volta le aveva detto che il suo pianeta era rosso, la terra era rossa e il cielo era di quel colore così intenso, come il sangue. E lei a conti fatti era il suo pianeta: azzurro come la Terra e rosso come il pianeta Vegeta.
Si avviò verso il bagno, cercando nello specchio la sua figura, decisamente il sole le si confaceva di più! Doveva sicuramente mettersi un'appunto: quando c'è la luna piena ricordarsi di chiuder le tende. Era forse vero che la luna mandasse degli impulsi e su di lei decisamente faceva uno strano effetto, quasi come fosse toccata dalla sua influenza, proprio come una volta Vegeta gli aveva detto che la luna, o meglio le onde che emanava, le onde bluetz, facevano uno strano effetto sul suo sangue e risvegliavano la sua natura perversa e saiyan, ma con il tempo lui aveva imparato a conviverci e a sopprimere quell'effetto, che se elevato al massimo gli faceva persino rispuntare la coda. Ma su di lei che cosa poteva fare la luna? Nulla probabilmente era tutta una sua idea.
Il suo aspetto, era pur sempre terribile! Profonde occhiaie le solcavano il viso, il colore, già chiaro della sua pelle, era quella mattina ancor più cadaverico. Doveva, davvero, impegnarsi a fondo, se voleva apparir decente agli occhi degli amici. Si rimboccò le maniche e si preparò per il restauro. Vegeta avrebbe riso anche di quel suo stupido e frivolo pensiero, lui l’apprezzava sempre, anche se ometteva di dirlo, e lei ne era più che felice, perché la trovava attraente così com'era: semplice, avventurosa, anche un po' mascolina, per certi suoi atteggiamenti e rozza come lui diceva. Voleva, però, ugualmente esser bella e, di certo, al compagno non sarebbe dispiaciuto sfoggiare una bella proprietà davanti a tutti; quasi a ricordare che, in fondo, lui era nobile e si meritava, senza sforzo: quella casa, quella ricchezza e quella donna. Bulma era vanitosa, lo era sempre stata,  non si vergognava di sentirsi bella, lo era e nessuno poteva negarlo. Vegeta del resto era altrettanto bello, o forse, parlava solo il suo smisurato amore, ma lo trovava comunque l'uomo più affascinante avesse mai incontrato. Da quando era arrivato lui, non aveva mai più distolto lo sguardo dalla sua figura; tutti gli altri uomini morivano al suo fianco, diventavano ombre indistinte, oscurate dalla bellezza sfavillante di suo marito. Bulma sospirò, vedendo entrare, in quel momento, l'oggetto dei suoi pensieri: Vegeta, che era entrato in bagno, cogliendola nella fase di restauro del viso, con la solita faccia accigliata. Bulma gli sorrise dallo specchio.
“Ne hai ancora per molto?”
Disse lui seccato, ma ancora un po' assonnato, grattandosi la fronte con la mano, anche lui aveva dormito poco, quella notte, per l'agitazione di quella seconda possibilità contro il nemico di sempre.
“Credo di sì!”
Aveva detto lei osservandolo mentre si lavava la faccia, nel suo personale lavandino. Il bagno era abbastanza grande per entrambi, era o non era la donna più ricca del pianeta? Si poteva permettere ogni genere di lusso, ma soprattutto di viziare all'inverosimile il compagno e il loro adorato figlio.
“Non capisco perché ti devi impiastrare la faccia in quel modo!”
Aveva chiesto lui poggiandosi al piano in marmo, che sosteneva i lavelli.
“Che te ne importa lasciami stare!”
Aveva detto lei, spingendolo scherzosamente di lato, con i fianchi. Lui le aveva regalato un sorriso sghembo tornando ad interessarsi della sua figura, dopotutto, anche un principe serba un po' di vanità e così prese dall'armadietto in legno, posizionato dal suo lato, lamette e schiuma da barba.
“Mamma, papà! Non siete ancora pronti!?”
Aveva detto il piccolo Trunks facendo capolino nella sala da bagno dei genitori, sapeva già la risposta, ma volle lo stesso porre il quesito.
“No!”
Risposero i due all’unisono. Guardandosi con intesa nei rispettivi specchi.
“Ma siamo in  ritardo e ho voglia di vedere Goten!”
Si lagnò il piccolo Trunks, che quanto ad impazienza non era inferiore al padre e alla madre. Bulma sorrise alle parole del figlio, l'amicizia tra Trunks e Goten le dava, sempre, un senso di gioia profonda, una sorta di miracolo; era sicura che, prima o poi, anche Goku e Vegeta sarebbero diventati ottimi amici. Beh, forse quella era solo una vana speranza e lei si perdeva in sogni che non avevano senso di esistere, Vegeta andava benissimo anche così, per lei. 
“Tesoro ,sono quasi pronta IO!”
Disse Bulma, rivolta al bambino che la guardava supplichevole, e pregandola con la sacca contenente la tenuta da battaglia tra le mani. Come suo padre Trunks non vedeva l'ora di combattere e dimostrare a tutti che lui era il migliore secondo solo al suo adorato padre. Trunks aveva una devozione immensa per Vegeta. Era il suo eroe, il suo esempio, come lo guardava, come ne era irrimediabilmente devoto. Avrebbe fatto di tutto per lui. Perché il suo papà era il suo papà, e avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per eguagliarlo e per renderlo orgoglioso. Anche per quello, soprattutto per quello, voleva combattere, sconfiggere Goten e sentirsi il migliore, solo per risultare importante agli occhi di lui. Anche di questo era gelosa. Trunks non era così devoto a lei e neppure Vegeta lo era con lei come con suo figlio. Lei sì, era devota a Vegeta e sarebbe divenuta sabbia al suo posto pur di farlo vivere e salvarlo.
“Mamma su…”
Incitò il bambino. La donna, finalmente, si ritrasse dallo specchio e uscì dal bagno. Si sentiva davvero bella, gli amici avrebbero solo potuto ammirare il suo sfavillante fascino, che non era stato intaccato dall'avanzare repentino dell'età. Vegeta si chiuse nel bagno per finir di prepararsi. Trunks scese per aspettarli, Bulma lo abbracciò scompigliandogli i capelli.
"Mamma lasciami ... "
Disse il bimbo divincolandosi dalle sue spire, Bulma rise. Il suo piccolo ometto. Come poteva esser gelosa di lui, che stupida! Gli scoccò un bacio sulla guancia. Era solo meraviglioso il rapporto tra Vegeta e Trunks, e lei, anche se era solo un spettatrice, doveva esserne fiera e felice. Trunks si pulì la faccia da quel bacio, biascicando un flebile che schifo -tutto suo padre davvero.- per poi sparire alla velocità della luce al piano di sotto. Vegeta uscì dal bagno e Bulma lo fissò in tutti i suoi movimenti.
"Che c'è?"
Disse lui irritato.
"Nulla!"
Bulma continuò a sorridere e Vegeta si infilò i pantaloni e la maglia, che aveva preso a caso nel grande armadio.
"Beh, mi stai scocciando!"
Disse lui, Bulma si alzò prendendo il foulard giallo e legandoselo al collo, poi si avvicinò a lui.
"Voglio un altro figlio!"
Sentenziò Bulma. Vegeta la guardò sorpreso, fissando poi altrove.
"Ti è caduto qualcosa in testa?!"
Prese la sua sacca e si avviò verso la porta.
"Beh, che ne pensi? Non ti piacerebbe?"
Vegeta la guardò di nuovo, stupendosi di quell'affermazione. Non le bastava Trunks?
"Ne riparleremo ..."
Disse soltanto, Bulma prese la sua borsa, guardandolo sparire per il corridoio. Chiuse le tende della camere, poi guardò quel letto, dove tanto era stato consumato.
Non necessariamente quella nuova esperienza avrebbe potuto cambiare le cose in peggio.
Chiuse la porta della camera.
Forse tornando essa non sarebbe cambiata, ma Bulma e Vegeta sì, magari sarebbero cambiati e finalmente il loro rapporto avrebbe fatto un balzo in avanti ... Quello era ciò che sperava. E la speranza era sempre stata una costante nel suo modo di viver la vita. Forse quel nuovo figlio, se mai sarebbe venuto, non sarebbe stato un laccio, ma semplicemente un valore aggiunto al loro intenso amore.





Ringrazio chi è arrivato alla fine, chi ha raccolto qualcosa da questo mio testo e un doveroso ringraziamento a: Bulma97, Delphinium Love, Maia74, Silvia_sic1995, SybilCullen, TheQueenLada che avevano aggiunto la calma prima della tempesta tra le preferite; Cicacica per averla inserita nelle ricordate; Babydgv, Fashionelle09, VegetaX per averla seguita e Luna_07, Vegeta4e che avevano recensito tutti i capitoli. Questo per scusarmi di aver cancellato la storia, ma sentivo davvero la necessità di rifarla e studiarla meglio.


   
 
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