Titolo: Sucht{Sexual frustation
Pairing: BillxAndreas
Rating: Arancione
Genere: Slice of life; Erotico
Avviso: Slash; One
Shot;
What if?
Note: Ѐ ambientata durante i diciassette anni del piccolo Kaulitz.
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone né
offenderla in alcun modo.
Sucht
Sexual frustration
Ormai era normale amministrazione
entrare in quella casa senza che nessuno gli si presentasse alla porta per
aprirla. Si ritrovava li sull’uscio della porta con le chiavi in mano. Come se
fosse casa sua, tranquillamente.
Percorreva quell’abitazione anche
ad occhi chiusi, aprendo continuamente il frigorifero e sbirciando - a volte
svuotandola - la dispensa. Usufruiva dei fornelli e trafficava con pentole ed
ingredienti. Si buttava a peso morto sul grande divano, si distendeva sul
pavimento freddo e rubava i bagni ai padroni di casa con tranquillità.
Percosse, come ogni giorno,
quelle scale che portavano alle camere dei suoi, due, migliori amici.
Osservando un soggiorno un po’ sottosopra e un silenzio, che non gli
apparteneva, regnare per tutta l’abitazione. Se non fosse stato per quegli strani
ansimi soffocati e urletti strozzati.
Un groppo alla gola gli si formò
e con passo indeciso proseguiva quella scalinata, fermandosi una volta arrivato
in cima.
Incerto, spostò lo sguardo da
destra a sinistra, da sinistra a destra, cercando di comprendere la reale
direzione di quegli strani rumori.
Percependo un suono più acuto, o
forse guidato dall’istinto o da tutt’altra
cosa, si avventurò verso sinistra, inghiottendo a malapena un nuovo nodo in
gola e tentennando i passi, dirigendosi verso la camera del cantante.
Si ritrovò attratto da una porta
– a caso -, quasi di fronte la direzione presa, semisocchiusa. Quegli strani rumori erano sempre più vicini
e aumentavano. Avvicinò una mano tremolante verso la porta per scostarla un
po’, continuando a notare il vuoto di quella casa.
Una lunga chioma nera, lucente,
ricadeva con grazia sul suo volto, seduto sul bordo della vasca da bagno,
intento a strani movimenti sul basso ventre, tutto accompagnato da piccoli
gemiti. Continuava quel lavoro imperterrito, preso fino al midollo, ignaro di
essere osservato da due perle smeraldo.
Movimenti coincisi, precisi,
regolari e irregolari. Diventati improvvisamente sempre più veloci, quasi
disperati, perdendo ogni ritmo.
Sbatté le lunghe ciglia nere, il
fiato smezzato, il respiro irregolare.
Come se si sentisse osservato,
spostò il suo sguardo verso la porta un po’ troppo aperta, incontrando due
grandi occhi chiari e abbandonando all’istante il piccolo lavoretto manuale.
Col fiato corto, si ritrovarono
entrambi ad osservarsi, senza proferire alcuna parola. Forse per la scena o
forse per la mancanza di fiato e l’assenza di ossigeno.
Andreas si ritrovò ad osservarlo
attento, notando i suoi occhi nocciola lucidi e vogliosi, contornati dai lunghi
capelli sbarazzini che ricoprivano il volto e piccole chiazze rosse regnavano sulle guancie. Il volto
sconvolto in cerca di piacere, sottolineava l’orgasmo mancato.
Guidato da chissà quale entità, si ritrovò ad
avanzare, scostando maggiormente la porta – ignorandola completamente -,
dirigendosi verso la sua direzione con disinvoltura, tutto seguito dallo
sguardo interrogativo del padrone di casa, che cercava con piccoli movimenti,
quasi impercettibili, di ricomporsi con evidente scarso risultato.
Il biondo si ritrovò dinanzi a
lui con il fiato ancora spezzato, tentando, invano, di soddisfarsi in qualsiasi
modo. Dallo stringere le gambe in cerca di contatto a cambiare posizione
lentamente. Dal strusciarsi al bordo della vasca da bagno allo sfiorarsi
lentamente.
Sorrise divertito. Nulla di tutto
quello, finché sarebbe rimasto li dentro, sarebbe servito a qualcosa.
Uno strano desiderio lo investì.
Notando improvvisamente di possedere jeans troppo stretti ed una strana
adrenalina lo investiva.
Senza troppi indulgi si
inginocchiò - mentre la piccola vittima tentava di nasconderlo -, ritrovandosi faccia a faccia con
il suo pacco: duro, voglioso, quasi disperato.
Sorrise ancora una volta, mentre
quell’immensa frustrazione sessuale cresceva,
avvicinando il volto alle gambe del cantante e prendendogli le mani
spostandole. Afferrò delicatamente il membro portandoselo con desiderio alla
bocca.
Piccole leccate si concentrarono
sulla punta - sentendo irrigidirsi il piccolo della casa -, approfondendo quel
contatto mano a mano, assaporando e studiando ogni centimetro.
Le mani frettolose del moro
andarono a sfiorarlo appena nell’intento di allontanarlo.
Sentì buona parte del proprio
sesso dentro quella grande bocca, calda e appagante, regalargli sensazioni
uniche, ritrovandosi ancora una volta senza fiato e con gli occhi nuovamente
lucidi.
Ispirò profondamente, mentre,
automaticamente, il suo corpo cominciava a muoversi e ad accettare a pieno ogni
nuova sensazione.
Allontanò le mani una volta per
tutte.
Costatò: ne aveva proprio
bisogno.
Ogni pensiero, riluttanza,
incertezza, domanda sparì. Lasciando spazio al semplice e puro piacere.
Era diventata quasi un’abitudine.
Accadeva sempre, in qualsiasi circostanza, senza rendersene conto.
Si trovava protagonista di quella
scena assurda, che mai si sarebbe immaginato, godendo come un dannato.
Lui, seduto per terra con le
spalle al muro, i pantaloni calati e il proprio membro nella Sua bocca.
Teneva salda la testa appoggiata
alla parete, rivolta al tetto, guardandolo sottecchi. Il volto arrossato, i
capelli scompigliati, il respiro sprezzato. Tratteneva a stento i gemiti,
alternando le posizioni delle mani: da aperte in cerca di terreno a chiuse in
due pugni.
Il contatto aumentava, le
sensazioni vivevano in lui e l’eccitazione si impadroniva del suo corpo.
Serrò le labbra, stroncando il
nuovo gemito che minacciava di fuoriuscire e inghiottendo l’ennesimo nodo alla
gola. Aprì le mani testando il pavimento, cercando, invano, di trovare qualcosa
da afferrare.
Piantò le lunghe unghia laccate
di nero, mentre, istintivamente, allargava le gambe percependo il Suo
avanzamento.
Chiuse gli occhi, sospirando
silenziosamente, incurvando la schiena e mordendosi un labbro.
Era
vicino.
Allargò le dita, intensificando
il contatto con le piastrelle - dannandole-, continuando a sperare,
inconsciamente, di trovarle morbide e penetrabili.
Avvenne, nuovamente, in un
attimo.
Un piacere immenso l’accolse -
lasciandosi sfuggire piccoli, intensi gemiti -, trovandosi libero e maledettamente appagato.
Cosa c’era di giusto in tutto
quello? Erano settimane, forse mesi. Si ritrovava, costantemente, a porsi
sempre le stesse domande. Senza avere mai una risposta.
Perché si trovavano, ogni volta,
in quella circostanza?
Trattenne il respiro, sentendo
quelle labbra percorrerlo e
allontanarsi. Spostò lo sguardo sui Suoi occhi smeraldo, incrociandoli e
incatenandoli.
- Non chiedermelo, Bill. –
Pronunciò con voce roca il biondo, rispondendo a quella domanda silenziosa,
riflessa nei suoi occhi nocciola, leccandosi istintivamente le labbra.
L’ospite si avvicinò lentamente,
portando una mano sotto di sé, catturando una volta per tutte quelle labbra
carnose, bramate e contemplate.
Intrecciò le mani, percorrendo
con l’altra il suo esile corpo, avvolgendo, totalmente, il suo sesso.
Il moro sussultò, avvertendo un
sorriso formarsi tra le Sue labbra, mentre muoveva agile la mano e insinuava la
lingua nella sua bocca.
Ogni possibile movimento gli
sembrava vietato. Gli era impossibile respirare, proferire parola, mugolare
dissenso.
Chiuse gli occhi, ritrovandosi in
una realtà dove regnava il puro piacere.
Innalzò la schiena, cercando
nuovamente di affondare le proprie dita tra le piastrelle. Ispirò
profondamente, ritrovandosi a rispondere a quei movimenti. Intensificò la
stretta tra le loro mani, mentre un nuovo orgasmo cominciava a impadronirsi del
suo corso. Piegò un gamba, lasciando scorrere la mano sul pavimento, cercando
disperatamente nuovo ossigeno. Sbatté la testa contro la parete strizzando gli
occhi, mentre quella sensazione assurda lo investiva.
La stretta aumentava, i movimenti
si facevano sempre più veloci e si sentiva soffocare.
Strisciava il capo tra le mura,
aprendo e richiudendo, ripetutamente, la mano libera, stringendo l’altra.
Improvvisamente avvertì le Sue
labbra abbandonarlo e appoggiare la Sua fronte sulla propria. Istintivamente
aprì gli occhi incontrando i Suoi.
E
il momento era giunto.
Si lasciò andare, invadendo la
Sua mano.
Andreas non distoglieva mai gli occhi
dai suoi, in nessuna circostanza.
Si portò la mano, ormai libera,
alla bocca, leccando le prime due dita.
La lasciò vagare sul pavimento cercando La tovaglia, che casualmente,
era sempre nelle loro vicinanze.
Non
era mai stanco del suo sapore?
Poggiò la mano, ormai pulita, per
terra, cercando automaticamente la sua, mentre scioglieva l’altra avvicinandola
al suo volto. Gli scostò i capelli dal
viso, sfiorando con le labbra le sue, catturandole, dopo pochi secondi,
nuovamente.
Ed ecco l’ennesimo vortice. Si
ritrovò a ricambiare, lasciandosi trascinare tranquillamente sul pavimento.
La mano libera di Andreas toccava il suo volto, scostandogli i capelli e
affondandoci le dita. Gli accarezzava gli zigomi e alle volte l’avvicinava alla
sua bocca, senza mai, mai, staccare
le labbra dalle sue.
La mano scivolava, mentre l’altra
continuava a mantenere le dita incrociate fra loro, intensificando ad ogni
mossa la stretta. Il Suo ginocchio premeva sul suo membro e sentiva i jeans
scendere sempre di più.
Si ritrovò completamente disteso
sul pavimento, che di freddo non aveva più nulla, avvertendo il continuo
pulsare del pacco del suo migliore amico sul ventre. Poteva percepirlo,
sfiorarlo, toccarlo.
In un battito di ciglia, avendo
completamente perso il senso del tempo e della realtà, si senti, prima,
sfiorare da qualcosa di caldo e, dopo, penetrare lentamente e dolcemente.
Ritrovandosi, nuovamente in quella giornata, ad allargare le gambe
istintivamente e ad avvolgerle al ventre del nuovo amante.
Spinte decise, lente. Si sentiva
sempre più scivolare sul pavimento, avvertendo maggiormente quell’intruso
dentro sé, in tutta la sua lunghezza e larghezza.
Le spinte aumentavano, sempre più
veloci, sempre più decise, sempre più forti. Si sentiva soffocare. Un’altra
volta.
Cercava con l’unica mano libera
uno spiraglio d’aria. Una nuova ondata di ossigeno.
Spinte
sempre più veloci.
La bocca di Andreas
non si allontanava dalla sua né avevo alcuna intenzione di farlo.
Sempre
più veloci.
Le farfalle volavano, senza
orientamento, nel suo stomaco, avvertendo maggiormente quella sensazione di
soffocamento.
La lingua esperta del suo
migliore amico esplorava ogni centimetro della sua bocca, potendo ancora
avvertire il proprio sapore.
In quel momento Lui si allontanò,
ritrovandosi investito da quella nuova ondata d’ossigeno e innalzando la
schiena lasciò uscire tutta quell’anidride carbonica che risiedeva nel suo
corpo, emettendo un suono liberatorio, seguito in una frazione di secondo da un
gemito strozzato, piantando saldamente e disperatamente la mano sul pavimento,
così forte da farsi male.
Drizzò il collo, socchiudendo gli
occhi a fatica e ritrovandosi nuovamente senza ossigeno. Si morse il labbro inferiore, ingoiando con
difficoltà la saliva.
Andreas afferrò la mano libera,
catturandola, bloccandola per terra all’altezza del suo volto. Intrecciò le
dita. Il corpo sostenuto solo dalle mani. I loro sguardi fissi.
Nel momento stesso in cui Bill fu
invaso dal nuovo orgasmo, ritrovandosi quel bisogno immenso di far uscire quei suoni, Andreas
imprigionò le sue labbra, stroncandoli.
Quella
era la prima volta che il suo buon amico
si spingesse tanto oltre.
Non aveva
mai sfiorato le sue labbra né il suo corpo.
Tutto quello che accadeva era completamente
fuori dal suo controllo.
Ma si ritrovava, puntualmente, a
non far nulla per cambiare quella situazione.
Ed aveva smesso di fare domande.
Incurvò la schiena, respirando
lentamente, lasciando scivolare una mano sulla sedia, disegnando i suoi contorni.
La scena era sempre la stessa.
Lui seduto da qualche parte,
qualsiasi parte – tanto che avevano smesso da mesi di preoccuparsi se qualcuno
li avesse beccati in fragrante - , con il membro nella Sua bocca.
Godeva. Godeva sempre come un
matto. E non riusciva a farne a meno.
Anche quando si trovava solo
nella sua camera buia, disteso sul letto, osservando il tetto, quelle immagini
gli si presentavano davanti. Avvertiva ogni cosa. Come se Lui fosse li a
soddisfarlo ancora una volta.
Si ritrovava nuovi gemiti pronti
a prendere vita dalla sua bocca, il corpo pronto ad arrivare all’apice senza
battere ciglio.
Cercava in tutti i modi di
allontanare o soddisfare quella continua ricerca del puro piacere. Di liberarsi
da quella estenuante frustrazione. Con evidente scarso risultato.
E come di consueto gli si buttava
tra le braccia, dimenticando ogni
cosa.
Allungò una mano verso il Suo
capo, affondando le lunghe dita tra i morbidi capelli biondi, accarezzandoli e
successivamente stringendoli.
Ed ecco il nuovo traguardo.
Il raggiungimento dell’apice.
Ancora
una volta.
Andreas si alzò lentamente, incrociando
i suoi occhi e cercando le labbra del compagno, impossessandosene.
Foga.
Desiderio.
Accarezzò gli zigomi, avvicinando
maggiormente le loro labbra e intensificando quel nuovo bacio.
Esplorò con maestria la sua
bocca, accettato di buon grado dal moro.
- Devo andare. – Pronunciò
rocamente il biondo, distaccandosi dalle sue labbra, senza distogliere gli
occhi dai suoi.
-Come sempre. – Sussurrò lieve il
padrone di casa, lasciando la presa sulla sedia.
L’ospite si rintanò tra l’incavo
del collo e la spalla, baciandolo lentamente. Piccoli baci, lunghi tutta una
scia. – Tornerò, come sempre. – Disse
dolcemente, marcando le ultime due parole, regalandogli un sorriso.
Il cantante annuì distante.
Guardandolo mentre si ricomponeva, avvicinandosi successivamente al tavolo per
prendere i vari mazzi di chiavi. Il moro costatò fosse bene imitarlo. Si alzò
dalla sedia ricomponendosi per bene, scompisciando distrattamente i soffici
capelli neri che ricadevano con grazia e accuratezza sulla schiena.
In un battito di ciglio si sentì
afferrare per un braccio, ritrovandosi con la schiena al muro.
Sussultò, testando la parete con
le dita.
Una mano gli sfiorò il volto, spostando
i lunghi capelli neri dal viso. Avvertì il Suo respiro sul collo e il Suo viso
sempre più vicino ad esso.
- Tu mi fai impazzire. –
Sentenziò l’ospite in un sussurrò. Accarezzando candidamente il collo con il
Suo respiro, ispirando a pieni polmoni il suo odore.
Bill respirò piano, appoggiando
il capo al muro, percosso da mille brividi.
Piacere.
Lo guardò di sottecchi,
osservandolo rapito da chissà quale nuova realtà.
- Andry.
– Lo chiamò piano a mezza voce.
Il biondo alzò lo sguardo,
ridestato dai suoi pensieri, incatenato ai suoi occhi nocciola.
Non gli diede neanche il tempo di
focalizzare la sua figura.
Si impossessò delle Sue labbra,
baciandole con foga ed insinuando la lingua con disinvoltura.
I loro corpi aderirono
perfettamente, sentendo maggior contatto con la parete. Le mani del biondo
trattenevano il suo viso, trasmettendogli tutto il calore possibile.
Il bacio si intensificava. Sempre
più profondo. Sempre più esplorato.
La foga prendeva il sopravvento,
miscelato tra una tormentata passione e il desiderio ardente.
Forse
quella era la prima volta che prendeva l’iniziativa di baciarlo.
E,
probabilmente, aveva sempre conosciuto
la risposta alla sue domande.
Ebbene si, dopo
otto mesi – credo – eccomi di nuovo qui con qualcosa di nuovo.
Erano anni che
volevo cimentarmi in questa coppia, alla fine l’ispirazione è arrivata. Le
dormi veglie fanno strani scherzi. Benché sia impazzita nel cercare il colore
effettivo degli occhi di Andreas. Se mai qualcuno
saprà qual è mi faccia un fischio. ù.ù
Alla prossima! ^-^
©Anty