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Autore: I am NOT    04/08/2010    2 recensioni
Sangue. Non ne ero spaventata, come ogni candida mia coetanea , ne ero ammaliata. Il suo colore, il suo odore; anche il semplice contatto con la mia pelle richiamava in me ricordi che non mi appartenevano. Vedere il dolore dei feriti, il contorcersi delle loro membra , sentire il loro gemere rumoroso e scomposto…era come se mi riportasse in vita, come se scuotesse gli angoli più cupi del mio animo. TykixTease
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio , Tyki Mikk
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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sa
Saaaaaalve ^___^
Questa che andrete, spero, a leggere è la mia primissimissima FF.
Lo spunto per scriverla è arrivato leggendo il volume 6 ( se non sbaglio) di DGM, dove Sir Tyki Mikk, prima di attaccare, bacia la sua farfalla Tease (si dopo un paio di tentativi sono riuscita a scrivere questa frase senza provare istinti omicidi ^////^).
Vi prego di non fermarvi al primo capitolo che risulterà un po' vuoto poichè solo d'introduzione ^///^
Che altro dire?
E' una fan fiction TykixTease e ho cercato di renderla il meno banale possibile :)
AMO e ripeto AMO D. Gray Man e il nostro elegantone in primis, quindi spero di averlo reso bene in tutte le sue sfumature ( o per lo meno, le più evidenti °_°) in ogni caso, se aveste suggerimenti, critiche o magari ( cosa improbabile) pareri positivi vi prego di recensire perchè ho taaaanto ma taaaaaaaaaaaanto da imparare ^_______^
Vi suggerisco inoltre di leggere anche la FF "The best part of me" di May90 ( ve la consiglio davvero caldamente *__* ) poichè purtroppo, andando anche io a scrivere del noah del piacere, non ho potuto che riscontrare che gira e rigira alcune scene si assomigliano ç_______ç vi prego di credere nella mia buona fede ^^" comunque per correttezza vorrei farvelo presente :D
Tornando all FF ,credo che non ci sia altro da dire, per qualsiasi altra curiosita sarete COSTRETTI a leggertla ( MUAHAHAHAHAHAHAHA XD) e/o recensirla ( MUAHAHAHAHAHAHAHAHAHHA, ok la pianto T^T) per cui nient'atro da aggiungere se non "buona lettura"
by
Aiko

1.    A white window and a black widow.

Le giornate in infermeria non passavano mai.
Lunghe, noiose, interminabili. Di rado qualcuno in miniera si feriva così gravemente da richiedere il nostro intervento, così passavo le mie giornate  a fissare la vita nella cava sottostante, ascoltando il costante frantumarsi di rocce sotto i violenti colpi di picco.
Era un film monotono e muto. Una trama scadente su una scenografia desolante ma che comunque portava lontano la mia mente, lontano da quel posto da cui sarei voluta scappare. Un film ripetitivo che ben presto  iniziò a non interessarmi più.
Proprio in quei giorni arrivò lui.
Accompagnato da due compagni e da un bambino, spiccava in mezzo a tutte quelle formiche indaffarate. Era un ragazzo ben distinto, malgrado i cenci e l’aspetto rozzo, alto e slanciato. Avevo  carpito, dalle frivole chiacchiere delle altre infermiere, che fosse di nazionalità portoghese e certo non stentavo  a crederci data la sua carnagione scura. Sentivo tuttavia che sotto quegli occhiali spessi si nascondeva un qualcosa che inevitabilmente aveva attratto nella sua orbita la mia attenzione.
Da quando era arrivato trovavo più sopportabili quelle afose giornate estive, mi affacciavo più volentieri nella finestrella più appartata dell’infermeria e volavo nuovamente alto con la fantasia.                                                                                                                           Immaginavo quale potesse essere la sua vita, le sue passioni, la sua storia. Mi perdevo così intensamente in quel fiume di pensieri che non mi accorgevo nemmeno del fastidioso stridere  delle  altre infermiere. Queste ultime infatti erano sciatte, volgari. Non avevo mai stretto particolari legami  con nessuna di loro e sentivo che la mia indifferenza era caldamente ricambiata. Figurarsi se una di loro,” brave donne da maritare” si sarebbe mai anche solo sognata di rivolgere parola a quella ragazzina così scontrosa che persino la famiglia aveva abbandonato.
Infatti la mia penosa storia non era oscura a nessuno. Le comari del paese si erano prese la grande premura di  far entrare in ogni casa la storia della bastardina, abbandonata dagli stessi genitori che la pensavano maledetta, salvata poi da quei gran benefattori dei Dibbets, i proprietari della cava.
Proprio per questo, per ripagare il mio debito morale con quelle splendide persone che malgrado tutto mi amavano come una figlia, mi ero offerta di lavorare li in infermeria.
Avevo scelto proprio questa occupazione piuttosto che altre per via dello strano effetto che mi faceva vedere il sangue. Non ne ero spaventata, come ogni candida mia coetanea , ne ero ammaliata.
Il suo colore, il suo odore; anche il semplice contatto con la mia pelle richiamava in me ricordi che non mi appartenevano. Vedere il dolore dei feriti, il contorcersi delle loro membra , sentire il loro gemere rumoroso e scomposto…era come se mi riportasse in vita, come se scuotesse gli angoli più cupi del mio animo.


Così,in quella noiosa infermeria, per sfuggire da tutto e da me stessa in particolare, avevo trascorso  a fissare fuori dalla finestra anche quella interminabile giornata,fino a che l’orizzonte non incominciò a bruciare di fiamme vermiglie e dorate.
Quando tutte le  infermiere uscirono mi sentii autorizzata a farlo a mia volta, era una consuetudine ormai.
Prima di varcare la soglia per rientrare a casa mi soffermai a fissare la mia immagine riflessa su di un grande specchio.
Avevo solo 16 anni ma ne dimostravo diversi in più, forse a causa dell’altezza e di alcune forme prematuramente accentuate. 
I miei capelli castano chiaro brillavano di  luminosi riflessi oro e mi  incorniciavano il volto con un ciuffo, terminando poi con dei morbidi e ampi boccoli.
Avevo inoltre un grazioso neo  sul mento, nel lato destro.
Non apprezzavo particolarmente  il mio corpo, tantomeno il mio volto, tuttavia riconoscevo la bellezza dei miei occhi. Non erano  simili a chissà quale gemma cristallina e rara, erano comuni gocce d’ambra.
Grandi, affusolati e contornati da un’ampia corona di ciglia folte e ricurve.
Mi incantavo spesso a fissarli.
Trasalendo improvvisamente mi accorsi  del tempo trascorso e regalando allo specchio l’ultimo dei miei sorrisi migliori corsi verso casa.
Ero ancora vestita da crocerossina , per cui tutti i minatori che incrociavano il mio sguardo stranamente sereno  levavano repentini il cappello e con una breve riverenza mi rivolgevano un saluto.
Ricambiando con quanta più gentilezza mi era possibile andavo avanti verso la casa ormai poco distate.
Tornare a casa mi metteva sempre di buon umore. Volevo davvero un gran bene a Louise e James Dibbets.

  
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