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Autore: samek    04/08/2010    3 recensioni
John Smith – il Dottore umano – è un archeologo. Lui e Rose si trovano dentro una piramide alla ricerca di trace aliene, quando fanno scattare una trappola…
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Jack Harkness, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Fandom: Doctor Who

Fandom: Doctor Who.

Pairing/Personaggi: Jack Harkness, John Smith (uman!Doctor), Rose Tyler.

Rating: G;

Genere: Avventura, Angst, Comico.

Warning: Gen, Spolier! (Doctor Who 4x18 – The End of Time, e Torchwood – Children of Earth).

Beta: Narcissa63;

Summary: John Smith – il Dottore umano – è un archeologo. Lui e Rose si trovano dentro una piramide alla ricerca di trace aliene, quando fanno scattare una trappola…

Note: Scritta per la FiveFandomChallenge del BradleyJamesFan Forum, partecipa alla challenge “A tutto campo!” del Marauders Archive.

Dedica: A littlefanny per il suo compleanno, anche se in terribile ritardo ç_ç Mi dispiace di non essere riuscita a combinare nulla in tempo, tesoro. Spero che la fic ti piaccia lo stesso. Buon compleanno e 100 di questi giorni!

Ringrazio di cuore maddythevampire per lo splendido bannerino che ha realizzato apposta per me *__*


Dall'Egitto allo Spazio by Maddy


 

DISCLAIMER: Purtroppo Jack Harkness e John Smith non mi appartengono – e nemmeno Rose Tyler. Ed ovviamente a nessuno salterebbe mai in testa di pagarmi per i deliri che scrivo.

 

 

Dall’Egitto allo Spazio

 

Me ne starò seduta qui, senza muovermi.

Perché, se mi muovo, chi sa quale altro evento arriverà a fare a pezzi la mia vita?

 

Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non spetta a loro decidere; possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso. ¹

 

L’odore di polvere e di chiuso permeava l’aria, e Rose tossì quando qualcosa di simile a calcinacci le crollò sopra la testa.

«Dottore…» biascicò in un ansito soffocato, seguendo il proprio compagno, che camminava davanti a lei nello stretto cunicolo.

«John Smith» la corresse lui, come tutte le volte, senza fermarsi né voltarsi indietro.

«Non riesco a chiamarti “John”, sei comunque il Dottore» ribatté la ragazza, spostandosi di lato, come un gambero, per evitare una ragnatela.

«La definizione giusta è Doctor-Donna, una specie completamente nuova, un Signore del Tempo in parte umano» chiarì John con tutto l’entusiasmo tipico della propria copia aliena. Poi si fermò di colpo e Rose gli finì addosso. «Ci siamo!» annunciò.

«Vedi qualcosa?» domandò lei, sporgendosi da sopra una sua spalla per vedere quali segreti celasse quella piramide.

Il nuovo Dottore, benché bloccato in una dimensione parallela con lei, non era riuscito a rinunciare alle avventure ed ai viaggi, e – seguendo il proprio inesauribile amore per la storia – era diventato l’archeologo John Smith. Ovviamente Rose Tyler non ci aveva pensato su due volte prima di fare i bagagli e seguirlo ovunque; chissà come, però, riuscivano sempre a cacciarsi nei guai ed ora si trovavano in Egitto, nella Valle dei Re, persi dentro una piramide ancora semi-sconosciuta.

«Sì,» rispose lui emozionato, «vedo cose meravigliose che non appartengono a questo mondo, cose il cui valore non si può calcolare»².

«Vuoi… vuoi dire?» boccheggiò la ragazza.

«Tracce aliene?» concluse il Dottore entusiasta «Sì! Proprio qui, guarda» aggiunse facendo un passo avanti ed indicando un particolare geroglifico sulla parete.

Rose intravide il disegno di uno strano oggetto, di forma triangolare, ed una cabina blu, ma non fece in tempo a metabolizzare quello che aveva osservato, perché qualcosa cedette sotto i piedi di John e lui mormorò un poco rassicurante «Ops».

«Che succede?» chiese lei, sentendo già una punta di panico nella propria voce.

«Temo di aver fatto scattare qualcosa» rispose lui esitante, strascicando le parole in un tono che le era assai familiare, «Reggiti forte!» esclamò poi, ed un intenso fascio di luce lì investì.

Ciò che sentirono poco dopo fu un intenso calore avvolgerli e sballottarli e, quando i loro piedi toccarono nuovamente terra, una cacofonia di voci dalle lingue più svariate, risate, stridii e tintinnio di bicchieri giunse alle loro orecchie. Rose aprì piano gli occhi, sempre ben ancorata alla giacca del Dottore – non aveva rinunciato al suo bellissimo completo blu nemmeno nel caldo dell’Egitto, mentre lei indossava dei più comodi abiti da esploratrice, color cachi – ritrovandosi in quello che sembrava un bar invaso da alieni di tutte le razze e specie.

«Ma… ma… dove siamo?» interrogò il compagno, evidentemente spaesata.

«Sembrerebbe il satellite 34, un porto spaziale ai confini del sistema solare» rispose lui perplesso, tirando fuori un paio d’occhiali da vista che Rose sapeva bene non fossero affatto graduati. Anche se stava alle sue spalle, poteva ben immaginare il suo sopracciglio destro inarcato, mentre si guardava intorno. Poi notarono una figura familiare seduta al bancone del bar.

«Ma quello è Jack!» la ragazza diede voce ai pensieri di entrambi.

Il Capitano Jack Harkness, vestito del suo inconfondibile cappotto proveniente dalla seconda guerra mondiale, era troppo intento a bere un bicchiere di scotch per notarli.

«Jack!» lo chiamò Rose correndogli incontro, e l’uomo le rivolse un’occhiata appannata dall’alcool.

«Ho le allucinazioni, perfetto, sono completamente ubriaco» sorrise soddisfatto.

«Non sono un’allucinazione» replicò la ragazza, accarezzandogli il viso con un sorriso raggiante, e in quel momento John la raggiunse.

Il Capitano passò lo sguardo dall’uno all’altra, poi parve cominciare a realizzare. «Rose Tyler!» esclamò alzandosi in piedi e stringendola in un abbraccio caloroso, che le fece staccare i piedi da terra.

«Proprio io, umana al cento per cento» confermò lei.

«Quindi suppongo che tu sia… l’altro. O una sua versione passata?» chiese Jack dubbioso, rivolgendosi al Dottore.

«Quello in parte umano. Ma preferisco John Smith» replicò lui dondolandosi sui talloni, con le mani affondate nelle tasche. Poi il suo viso si aprì in un luminoso sorriso e l’uomo del cinquantunesimo secolo abbracciò anche lui, prontamente ricambiato.

«Come siete arrivati qui?» domandò finalmente Jack, ancora incredulo di trovarsi quei due davanti, di nuovo nella sua dimensione.

«Un dispositivo molto avanzato di teletrasporto interdimensionale, probabilmente illegale. Sono quasi certo si tratti di…» cominciò Smith, con una delle minuziose ed incomprensibili spiegazioni tipiche del suo doppio alieno, ma poi parve comprendere che nessuno dei due l’avrebbe capito, «Uno strano congegno alieno dentro una piramide» concluse conciso, schiarendosi la voce e guadagnandosi un sorriso di Rose. «E tu perché sei qui?» interrogò Jack a sua volta.

L’espressione di gioia sul volto di quest’ultimo, che si era accesa nel ritrovare due dei suoi amici, si congelò e poi scomparve, aggravando quei tratti di una serietà che preoccupò la ragazza. Gli occhi azzurri di Jack sembravano carichi di lacrime non versate.

«Cos’è successo?» gli chiese Rose preoccupata.

Il Capitano distolse lo sguardo ed il respiro parve spezzarglisi in petto, poi cominciò a tremare vistosamente. Non l’avevano mai visto così sconvolto.

«Siediti,» lo istruì la voce calma del Dottore, «ora guardami» continuò,  incorniciandogli il viso tra le mani e girandolo verso di sé. «Guardami, Jack. Va tutto bene,» mormorò posando la fronte sulla sua, «sta’ tranquillo, raccontami cos’è successo» lo esortò, usando i poteri telepatici ereditati dalla propria parte aliena.

Jack prese un respiro profondo, perdendosi negli occhi scuri del Dottore, poi chiuse le palpebre. «E’ cominciato tutto molti anni fa. Degli alieni, che chiamammo 345, minacciarono d’invadere la terra e chiesero come riscatto dieci bambini. Il vecchio comando di Torchwood, in accordo con il governo del Regno Unito, gli cedette venti orfani – non sarebbero mancati a nessuno» cominciò con voce sepolcrale e Rose si coprì la bocca con le mani per l’orrore. «Un anno fa sono tornati, ma stavolta pretendevano il dieci per cento dei bambini della terra. Sono stati giorni orribili e Lui – l’altro Dottore – non c’era. Ho dovuto… dovevo fare qualcosa» la sua voce si affievolì sul finale. «Ianto è morto, e mi sono servito di Steve – mio nipote – come ripetitore del segnale che avrebbe distrutto i 345. Non poteva sopravvivere» concluse e la sua voce si spezzò, mentre si accasciava su stesso. Averlo vissuto era orribile, ma narrarlo ad alta voce era come rivivere tutto daccapo.

«Shht, shht» mormorò John, stringendolo tra le braccia e cullandolo come fosse un bambino.

C’era qualcosa d’indefinibile e più materno in questo nuovo Signore del Tempo in parte umano, forse a causa dei geni di Donna Noble – oppure… il Dottore originale, un tempo, non aveva avuto una famiglia? Rose glielo aveva sentito dire, una volta.

«Mi dispiace, Jack» sussurrò tra i suoi capelli, «Mi dispiace davvero tanto per il tuo compagno, e per tuo nipote. Mi dispiace».

«Perché non è venuto?» gemette il Capitano contro la sua spalla, riferendosi chiaramente al vero Dottore, quello che viaggiava ancora con il suo TARDIS.

«Non lo so, Jack. Lui… non sempre arriva in tempo dov’è necessario, e ci sono cose che nemmeno un Signore del Tempo può cambiare» rispose sincero. «Su, su… basta piangerti addosso. Perché sei ancora qui?» aggiunse, tentando di riscuoterlo ed allontanandolo gentilmente da sé.

«Non posso tornare. Qualunque cosa faccia, le persone che mi stanno attorno finiscono per soffrire. Le metto in pericolo. E poi… non è rimasto più nessuno» rispose il Capitano e lo sguardo di John si fece così dolorosamente empatico ed antico che Rose – assistendo in silenzio – comprese che quei due si capivano alla perfezione.

«Verremo con te» si decise finalmente ad intervenire «Rimetteremo insieme Torchwood e proteggeremo la Terra in assenza del Dottore» dichiarò con fermezza.

«Cosa?! Che cosa?!» esclamò John esterrefatto e – davvero – era una perfetta concentrazione dei modi del Dottore e della voce squillante di Donna. Poi riconobbe lo sguardo deciso della propria compagna, e comprese che non c’era nulla che potesse fare per dissuaderla. «Oh, sì. Suppongo che vada bene» si arrese, e lei gli restituì un sorriso raggiante e soddisfatto.

Jack sembrava ancora spaesato e non del tutto convinto, ma una fievole luce di speranza stava tornando ad animare i suoi occhi.

«Allora, come ce ne andiamo?» domandò Rose.

«Con questo» rispose lui, mostrando il proprio bracciale da Agente del Tempo.

«Oh, no. Di nuovo la molla spaziale» gemette il Dottore.

«Hai qualcosa di meglio?» lo rimbeccò il Capitano, cominciando a vedere la parte divertente della situazione.

«No» rispose John sconfitto, e lasciò che Rose e Jack lo stringessero, mentre quest’ultimo digitava le giuste coordinate su quell’aggeggio. «Molto bene! Allons-y!» esclamò, quando vennero nuovamente illuminati da un fascio di luce.

Poco dopo, al loro posto,  rimase solo un bicchiere di scotch consumato per metà.

 

FINE.

 

¹La frase d’introduzione è tratta dal telefilm Brothers&Sisters” e dal film “Il Signore degli Anelli - La compagnia dell’Anello”.

²«Vedi qualcosa?», domandò nervoso Lord Carnavon a Howard Carter, che guardava da un buco che terminava di fare nella parete della camera segreta dove si trovava il sarcofago e il tesoro di Tutankamon.

«Sì», rispose questo emozionato, «vedo cose meravigliose che non appartengono a questo mondo, cose il cui valore non si può calcolare».

Era il 26 novembre 1922.

 

   
 
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