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Autore: marguerite_murcielago    05/08/2010    5 recensioni
Arthur abbassa le palpebre, le labbra cianotiche socchiuse, le mani ricadono sul pavimento.
« Ah!» esclama il nemico: afferra i capelli stopposi di Inghilterra e gli schiaccia il viso sul pavimento, incurante dei pezzi di vetro, ebbro di felicità. “ Finalmente è morto.”
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Quasi tutti
Rating: 14+
Genere: Angst, Guerra, Drammatico
Avvertimenti: What If?
NB: Non intendo offendere alcuna Nazione, né dare colpe che vengano riprese da altri. Questa è un’idea puramente fanon, senza risvolti politici né tantomeno razzisti.

Con questa long-fic guadagno solo altro ego. Tutte le opere citate appartengono ai corrispettivi autori/detentori di copyright. I nomi degli ufficiali inglesi potrebbero risultare familiari a qualcuno, visto che ho usato quelli dei calciatori della Nazionale.

Il titolo principale e i titoli dei capitoli sono tratti da “Hero” degli Skillet, godetevela!

 

 

Just another family torn

 

Il barman versa un altro bicchiere di gin ad Arthur Kirkland, i cui occhi fissi sulle immagini in diretta dall’America. La telecamera inquadra il viso raggiante di Alfred, ritto come un soldato accanto al Presidente della Nazione che rappresenta. Con un grugnito disgustato, Arthur abbassa lo sguardo sul bicchiere che aspetta solo di essere svuotato dal suo ego ferito.

« Stavolta hanno fatto le cose in grande, eh?» commenta il barista, intento ad asciugare le tazzine sul bancone. Arthur farfuglia un’imprecazione, distogliendo l’attenzione dalla TV.

Uno scroscio di applausi attraversa l’Oceano e dilaga nel pub.

« Sono tutti entusiasti per l’America» ripete ancora una volta l’inglese, un ritornello che va avanti da settimane contornato dall’esasperazione delle altre Nazioni. Quando poi aveva detto che non avrebbe partecipato all’evento, si era scatenato un putiferio.

Pochi erano riusciti a liberarsi dall’impetuoso entusiasmo di America; quanto ad Arthur, non si era nemmeno degnato di chiedergli perché avesse rifiutato. “Che stronzo” pensa.

«… ed è con grande gioia che do il benvenuto ai rappresentati di tutti i Paesi presente, ma con altrettanto dolore mi rammarico dell’assenza di altri.» conclude il Presidente allargando le braccia in un caloroso abbraccio che dovrebbe raggruppare tutti i presenti.

Altri applausi.

“Ipocrita”.

Arthur infila la mano nella tasca del cappotto alla ricerca del portafoglio, ha già visto abbastanza e non ci tiene ad avere un esaurimento nervoso a causa di America, quando dall’apparecchio esce una specie di urlo soffocato, di qualcuno che si trova in lontananza. L’inglese alza gli occhi, coglie un dettaglio nell’angolo dell’inquadratura che non riesce a decifrare. Un battito di ciglia più tardi, lo sgabello si rovescia; Inghilterra quasi balza sul tavolo, mentre una nuvola grigiastra copre la scena come un sipario.

Sente altre grida, tutte in lingue diverse. Poi, la telecamera sembra cadere a terra e inquadra l’espressione di muto orrore di Alfred.

 

 

« Signor Primo Ministro, sono in viaggio. Pretendo di salire subito su un aereo militare diretto in America!» ruggisce al telefono, sorpassando un taxi. Le grida dall’altra parte del filo gli trapanano il cervello, tanto sono acute.

« Kirkland, si presenti entro un’ora all’aeroporto di Biggin Hill; le farò preparare un mezzo» decide infine l’uomo, e chiude la comunicazione. Arthur accelera, sfiorando i 150 km/h, ed intanto digita un altro numero di telefono, con la speranza che risponda. Dopo una decina di squilli a vuoto, ognuno più pesante dell’altro, finalmente qualcuno risponde.

« O-oui?» la voce di Francis Bonnefoy arriva distante, quasi da un sogno, quando risponde.

« Dannazione, stupid frog, cos’è successo?» grida, e spinge la sua macchina al limite.

Sente un sospiro, il fruscio di qualcuno che si siede, poi Francis risponde, in tono funereo.

« Nessuno lo sa con certezza, Angleterre. È un miracolo se sono uscito, è… è crollato tutto.»

Prima di parlare, Arthur respira molto a fondo: « Come nel 2001?»

« Non, è molto peggio»

L’inglese rimugina su questa risposta, supera un paio di semafori rossi; pian piano ciò che questa frase implica mette radici a fondo nel suo cervello, lo fa rabbrividire.

« Fratellone Francia, hanno tirato fuori Canada» sente la voce di Italia del Nord; non sa più cosa dire. Francis promette che arriverà subito.

« Sarai contento di essere rimasto a casa» gli sibila nella cornetta. Arthur non sa che ribattere.

Dopo una lunga pausa, ha il coraggio di chiedere: « Dov’è America?»

Da parte di Francia c’è un momento di silenzio ancora più lungo: « Là dentro. Vado da Matthieu»

 

« Comandante Wright-Phillips, signore» l’uomo gli porge una mano guantata. Non c’è dubbio che abbia una bella stretta, non può non osservare Arthur. L’uomo sembra essere già lucido e pronto, anche se probabilmente è stato appena tirato giù dal letto.

Arthur risponde alla stretta con un sorriso e un peso nello stomaco.

« Salga su quell’ Agusta Westland, se non le dispiace» Wright-Phillips gli indica un elicottero grigio mimetico, davanti al quale sostano altri due militari, poi si allontana per parlare con un superiore. In imbarazzo, fa per avvicinarsi all’elicottero, quando da dietro le sue spalle qualcuno urla il suo nome. Lui si volta, mormorando un nome.

« Buonasera Arthur» lo saluta ansimante Beckah Ward, senza l’abituale sorriso nel rivolgersi a colui che per lei è quasi un datore di lavoro. È ancora più pallida del solito, tanto che gli occhi verdi –come quelli di tutta la famiglia di Inghilterra- sembrano le uniche macchie di colore su un foglio bianco.

« Cosa ci fai qui?» balbetta Arthur, trascinandola lontano da orecchie indiscrete.

« Vengo anch’io, devo dare una mano» si imbroncia la ragazza e incrocia le braccia sul petto. È esasperante, quindi vuole sapere qualcosa. La conosce abbastanza bene. Infila le mani in tasca e si china su di lei: « C’è qualcosa che ti preme sapere?» le soffia in viso. Il gesto sembra sbloccarla; Beckah si aggrappa alle braccia di Arthur, un’espressione preoccupata sul viso.

« Come sta Francis? Gli hai parlato?» dice, muovendo appena le labbra esangui.

« Assolutamente sì, non devi preoccuparti» la consola lui, benché leggermente irritato: avrebbe dovuto ricordarsi del legame tra i due. « Signore!» sente Wright-Phillips gridare, si libera dalla presa della ragazza e s’incammina verso il mezzo in attesa. I passi affrettati di Beckah lo seguono.

« Lei viene con me» ringhia all’ufficiale stupefatto, e si siede in uno dei due posti disponibili.

Il comandante esibisce una certa presenza di spirito; chiama uno degli altri due – Ferdinand, tu sali sul prossimo mezzo di soccorso- quindi si siede nella cabina di pilotaggio.

L’improvviso sollevamento provoca un’esclamazione da parte di Beckah e un sorriso di risposta da parte di Arthur, un barlume di luce in quella confusione. Il nodo nel suo stomaco si serra ancora di più, al pensiero di cosa possa essere successo. “ Peggio dell’11 Settembre?”

È riluttante a crederci: ricorda con chiarezza come tutti i canali si fossero sintonizzati di colpo sulla stessa immagina, il primo aereo che andava a schiantarsi contro il grattacielo. “ Grazie al cielo si è svolto tutto in America” pensa prima di sentirsi schifosamente in colpa. Gli manca il gin.

« Si chiama Yao Wang?» la domanda di Beckah interferisce con le sue elucubrazioni; Arthur sbatte le palpebre, confuso, e si volta verso di lei. La ragazza lo guarda, serissima, e ripete la domanda.

« Dove l’hai visto?» replica spaesato.

« In TV, un attimo prima che…» la voce sembra venirle meno, poi riprende « nell’angolo, accanto a Russia. Eppure si era rifiutato di venire» corruga le sopracciglia, senza comprendere né il motivo di questo fatto, né il suo significato. La temperatura nell’abitacolo pare calare di colpo.

Le mani di Arthur cominciano a tremare, il loro proprietario si limita a fissare l’assistente.

Peggio dell’11 Settembre… oh, no.”

   
 
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