Fandom: Axis
Powers Hetalia
Personaggi: Quasi
tutti
Rating: 14+
Genere: Angst,
Guerra, Drammatico
Avvertimenti: What
If?
NB: Non
intendo offendere alcuna Nazione, né
dare colpe che vengano riprese da altri. Questa è
un’idea puramente fanon, senza
risvolti politici né tantomeno razzisti.
Con
questa
long-fic guadagno solo altro ego. Tutte le opere citate appartengono ai
corrispettivi autori/detentori di copyright. I nomi degli ufficiali
inglesi potrebbero
risultare familiari a qualcuno, visto che ho usato quelli dei
calciatori della Nazionale.
Il
titolo principale
e i titoli dei capitoli sono tratti da “Hero” degli
Skillet,
godetevela!
Just
another family torn
Il
barman
versa un altro bicchiere di gin ad Arthur Kirkland, i cui occhi fissi
sulle
immagini in diretta dall’America. La telecamera inquadra il
viso raggiante di
Alfred, ritto come un soldato accanto al Presidente della Nazione che
rappresenta. Con un grugnito disgustato, Arthur abbassa lo sguardo sul
bicchiere che aspetta solo di essere svuotato dal suo ego ferito.
«
Stavolta
hanno fatto le cose in grande, eh?» commenta il barista,
intento ad asciugare
le tazzine sul bancone. Arthur farfuglia un’imprecazione,
distogliendo
l’attenzione dalla TV.
Uno
scroscio
di applausi attraversa l’Oceano e dilaga nel pub.
«
Sono tutti
entusiasti per l’America» ripete ancora una volta
l’inglese, un ritornello che
va avanti da settimane contornato dall’esasperazione delle
altre Nazioni.
Quando poi aveva detto che non avrebbe partecipato
all’evento, si era scatenato
un putiferio.
Pochi
erano
riusciti a liberarsi dall’impetuoso entusiasmo di America;
quanto ad Arthur,
non si era nemmeno degnato di chiedergli perché avesse
rifiutato. “Che stronzo”
pensa.
«… ed è con grande gioia che
do il benvenuto
ai rappresentati di tutti i Paesi presente, ma con altrettanto dolore
mi
rammarico dell’assenza di altri.»
conclude il Presidente allargando le
braccia in un caloroso abbraccio che dovrebbe raggruppare tutti i
presenti.
Altri
applausi.
“Ipocrita”.
Arthur
infila
la mano nella tasca del cappotto alla ricerca del portafoglio, ha
già visto
abbastanza e non ci tiene ad avere un esaurimento nervoso a causa di
America,
quando dall’apparecchio esce una specie di urlo soffocato, di
qualcuno che si
trova in lontananza. L’inglese alza gli occhi, coglie un
dettaglio nell’angolo
dell’inquadratura che non riesce a decifrare. Un battito di
ciglia più tardi,
lo sgabello si rovescia; Inghilterra quasi balza sul tavolo, mentre una
nuvola
grigiastra copre la scena come un sipario.
Sente
altre
grida, tutte in lingue diverse. Poi, la telecamera sembra cadere a
terra e
inquadra l’espressione di muto orrore di Alfred.
«
Signor
Primo Ministro, sono in viaggio. Pretendo di salire subito su un aereo
militare
diretto in America!» ruggisce al telefono, sorpassando un
taxi. Le grida
dall’altra parte del filo gli trapanano il cervello, tanto
sono acute.
«
Kirkland,
si presenti entro un’ora all’aeroporto di Biggin
Hill; le farò preparare un
mezzo» decide infine l’uomo, e chiude la
comunicazione. Arthur accelera,
sfiorando i 150 km/h, ed intanto digita un altro numero di telefono,
con la
speranza che risponda. Dopo una decina di squilli a vuoto, ognuno
più pesante
dell’altro, finalmente qualcuno risponde.
«
O-oui?» la voce di Francis
Bonnefoy
arriva distante, quasi da un sogno, quando risponde.
«
Dannazione,
stupid frog,
cos’è successo?» grida,
e spinge la sua macchina al limite.
Sente
un
sospiro, il fruscio di qualcuno che si siede, poi Francis risponde, in
tono
funereo.
«
Nessuno lo
sa con certezza, Angleterre.
È un
miracolo se sono uscito, è… è crollato
tutto.»
Prima
di
parlare, Arthur respira molto a fondo: « Come nel
2001?»
«
Non, è molto
peggio»
L’inglese
rimugina su questa risposta, supera un paio di semafori rossi; pian
piano ciò
che questa frase implica mette radici a fondo nel suo cervello, lo fa
rabbrividire.
«
Fratellone Francia, hanno tirato fuori
Canada» sente la voce di Italia del Nord; non sa
più cosa dire. Francis
promette che arriverà subito.
«
Sarai
contento di essere rimasto a casa» gli sibila nella cornetta.
Arthur non sa che
ribattere.
Dopo
una
lunga pausa, ha il coraggio di chiedere: «
Dov’è America?»
Da
parte di Francia c’è un momento di
silenzio ancora più lungo: « Là dentro.
Vado da Matthieu»
«
Comandante Wright-Phillips, signore»
l’uomo gli porge una mano guantata. Non
c’è dubbio che abbia una bella stretta,
non può non osservare Arthur. L’uomo sembra essere
già lucido e pronto, anche
se probabilmente è stato appena tirato giù dal
letto.
Arthur
risponde alla stretta con un
sorriso e un peso nello stomaco.
«
Salga su quell’ Agusta Westland, se
non le dispiace» Wright-Phillips gli indica un elicottero
grigio mimetico,
davanti al quale sostano altri due militari, poi si allontana per
parlare con
un superiore. In imbarazzo, fa per avvicinarsi
all’elicottero, quando da dietro
le sue spalle qualcuno urla il suo nome. Lui si volta, mormorando un
nome.
«
Buonasera Arthur» lo saluta ansimante
Beckah Ward, senza l’abituale sorriso nel rivolgersi a colui
che per lei è
quasi un datore di lavoro. È ancora più pallida
del solito, tanto che gli occhi
verdi –come quelli di tutta la famiglia di Inghilterra-
sembrano le uniche
macchie di colore su un foglio bianco.
«
Cosa ci fai qui?» balbetta Arthur,
trascinandola lontano da orecchie indiscrete.
«
Vengo anch’io, devo dare
una mano» si imbroncia la ragazza e incrocia le braccia sul
petto. È esasperante, quindi vuole sapere qualcosa. La
conosce abbastanza bene.
Infila le mani in tasca e si china su di lei: «
C’è qualcosa che ti preme sapere?»
le soffia in viso. Il gesto sembra sbloccarla; Beckah si aggrappa alle
braccia di
Arthur, un’espressione preoccupata sul viso.
«
Come sta Francis? Gli hai parlato?» dice,
muovendo appena le labbra esangui.
«
Assolutamente sì, non devi preoccuparti»
la consola lui, benché leggermente irritato: avrebbe dovuto
ricordarsi del legame
tra i due. « Signore!»
sente Wright-Phillips
gridare, si libera dalla presa della ragazza e s’incammina
verso il mezzo in attesa.
I passi affrettati di Beckah lo seguono.
«
Lei viene con me» ringhia all’ufficiale
stupefatto, e si siede in uno dei due posti disponibili.
Il
comandante esibisce una certa presenza
di spirito; chiama uno degli altri due – Ferdinand,
tu sali sul prossimo mezzo di soccorso- quindi si siede nella
cabina di pilotaggio.
L’improvviso
sollevamento provoca un’esclamazione
da parte di Beckah e un sorriso di risposta da parte di Arthur, un
barlume di luce
in quella confusione. Il nodo nel suo stomaco si serra ancora di
più, al pensiero
di cosa possa essere successo. “ Peggio dell’11
Settembre?”
È
riluttante a crederci: ricorda con chiarezza
come tutti i canali si fossero sintonizzati di colpo sulla stessa
immagina, il primo
aereo che andava a schiantarsi contro il grattacielo. “
Grazie al cielo si è svolto
tutto in America” pensa prima di sentirsi schifosamente in
colpa. Gli manca il gin.
«
Si chiama Yao Wang?» la domanda di Beckah
interferisce con le sue elucubrazioni; Arthur sbatte le palpebre,
confuso, e si
volta verso di lei. La ragazza lo guarda, serissima, e ripete la
domanda.
«
Dove l’hai visto?» replica spaesato.
«
In TV, un attimo prima che…» la voce
sembra venirle meno, poi riprende « nell’angolo,
accanto a Russia. Eppure si
era rifiutato di venire» corruga le sopracciglia, senza
comprendere né il
motivo di questo fatto, né il suo significato. La
temperatura nell’abitacolo
pare calare di colpo.
Le
mani di Arthur cominciano a tremare,
il loro proprietario si limita a fissare l’assistente.
“
Peggio
dell’11 Settembre… oh, no.”