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Autore: hateful    08/08/2010    4 recensioni
"Roberto aveva praticamente tutto quello che un aitante giovane fanciullo come lui poteva desiderare dalla vita: era ricco, popolare, di bell'aspetto e, in barba a ciò che sibilano le malelingue, era la prova vivente che avvenenza ed intelligenza non sono qualità inconciliabili, poiché – come testimoniava la sua media, che era una delle più alte dell'intera scuola – in lui convivevano prosperosamente. Per di più era anche felicemente monogamo. Sì, signori e signore, Roberto Ferrari era il ragazzo perfetto. Per questo quando per i corridoi del liceo Leopardi si sparse la notizia furono numerosissime le giovani damigelle tentate di contattare il più vicino centro di igiene mentale per suggerire il ricovero immediato di quella scriteriata di Rachele Maffei, che aveva avuto la brillante idea di piantarlo."
Ma nonostante tutto Roberto rivuole Rachele, così Carlo, il suo migliore amico, gli suggerisce di farla ingelosire provandoci con Mora, che è in cima alla lista delle persone che Rachele non può soffrire e che – come quasi nessuno sa – ha una terribile ed unltrasegreta cotta per Carlo, che a sua volta ha una vaga e controllabilissima infatuazione per Rachele che, invece, è tremendamente indecisa.
Stupido Cupido!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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stupidcupid

 

 

 


PROLOGO – presagi funesti.
Quella mattina il sole si era trascinato svogliatamente sulla scena, era evidente che non aveva nessuna voglia di starsene là, a penzolare su quell'orizzonte grigio e malaticcio, boccheggiando fra banchi di nuvole imbizzarrite, eppure eccolo là, una sagoma sfocata appena intuibile, che con stoica rassegnazione adempiva coraggiosamente ai propri obblighi illuminando di luce ovattata le esistenze pigre di centinaia e centinaia di esseri umani che lentamente venivano strappati al tenero giogo di Morfeo.
C'era qualcosa in quel panorama, in quell'alba stanca, di vagamente inquietante, come un presagio sbiadito di un male imminente, senza forma e senza nome, come un monito tacito e pietoso, un invito, un avvertimento, un consiglio paterno.
Roberto scosse la testa e si allontanò dalla finestra. Forse quel cielo grigio stava parlando con lui, gli stava dicendo che avrebbe fatto meglio a tornarsene a letto, a rimandare di un giorno il suo ritorno a scuola, perché cose terribili sarebbero accadute di lì a poco. Ma si sa che non è abitudine delle persone sensate dare ascolto a ciò che bisbigliano le tetre mattinate d'autunno, per quanto rinomata sia la loro profetica saggezza, e siccome Roberto ci teneva a poter dire d'essere un giovane sensato, decise d'ignorare il suo istinto, di zittire una volta per tutte la voce di quel giorno triste e di dirigersi in tutta fretta verso il bagno, sperando ardentemente che le sue vane digressioni non gli avessero scaricato addosso un ritardo tale da mettere in pericolo la sua ormai proverbiale puntualità, ma una rapida occhiata alla sveglia lo rassicurò: era, come sempre, in perfetto orario.

Quello era il primo giorno del suo ultimo anno e Roberto aveva come il recondito presentimento che la cosa avrebbe dovuto suscitare in lui perlomeno l'abbozzo di un'emozione, un'emozione qualsiasi – angoscia, tripudio, nostalgia – ma preferì scacciare quell'irritante sensazione ed accendersi una sigaretta. Decise di concentrarsi su ciò che di buono lo attendeva.
Avrebbe rivisto Rachele per la prima volta dopo il mese interminabile che aveva passato dagli zii in Canada, era tornato la sera prima ed era talmente distrutto dal viaggio che si era dimenticato di chiamarla. Come fossero qualcosa che esulasse completamente dal suo controllo Roberto percepì con chiarezza i muscoli del proprio volto contorcersi in una smorfia d'insofferenza al pensiero della scenata isterica che la giovane avrebbe di certo imbastito per quella sua piccola mancanza.
- Chi si vede! - ruggì una voce alle sue spalle. Roberto fece appena in tempo a percepirla che il suo campo visivo venne completamente invaso da una criniera bionda e ricciuta e le sue spalle vennero imprigionate in una morsa ferrea.
- Rambo! - esclamò il nostro ricambiando l'abbraccio.
Rambo, al secolo Carlo Ramboni, era indubbiamente la persona che gli era mancata di più durante le settimane trascorse all'estero, Roberto lo realizzò non appena il giovane prese ad sciorinargli una lista inverosimilmente farcita di tutte le prede che si erano lasciate catturare dal suo fascino felino.

Per vedere Rachele dovette aspettare fino all'intervallo, perché, come la bella gli aveva annunciato in un sms, i preparativi per il primo giorno di scuola le avevano rubato più tempo del previsto e per questo aveva deciso, dopo attente ponderazioni, di entrare un'ora dopo.
Mentre scivolava con passo sicuro sul pavimento a scacchi del secondo piano, in direzione Rachele, lo sguardo gli cadde su una delle finestre che imbandivano la parete destra del corridoio gremito di vocianti studenti che urlavano la propria indignazione per la ripresa di quella barbarie chiamata scuola. Le nuvole si erano raddensate in un vortice scuro, che venne improvvisamente lacerato da un guizzo violento di luce, a cui seguì maestoso e potente un gran fragore di tuono che suonò, alle suggestionabili orecchie di Roberto, come un urlo collerico, un diabolico ed impietoso te l'avevo detto. Te l'avevo detto cosa? si domandò pensoso il nostro entrando nel laboratorio di chimica, dove avrebbe dovuto incontrare, come in mille altri intervalli, la sua Rachele.
Lei lo attendeva penzolando svogliatamente da uno dei grandi tavoli verdi, era strano che fosse già lì, registrò piacevolmente colpito da quell'inusuale puntualità Roberto, ma gli bastò un'occhiata per rendersi conto che qualcosa non andava e cambiare del tutto umore. Quello che lo allarmò fu l'espressione che la fanciulla portava appesa in faccia mentre, fluttuando marziale, avanzava nella sua direzione. La fronte corrugata, le labbra stirate in un sorriso posticcio ed accondiscendente, gli occhi di cristallo torbidi quanto il cielo infuriato che ruggiva di fuori.
Il giovane giurò a se stesso che non avrebbe mai più dubitato del suo istinto e si ripromise che la prossima mattina in cui una forza misteriosa gli consigliava di tornarsene a dormire lui le avrebbe dato ascolto senza proferire verbo.

Roberto aveva praticamente tutto quello che un aitante giovane fanciullo come lui poteva desiderare dalla vita: era ricco, popolare, di bell'aspetto e, in barba a ciò che sibilano le malelingue, era la prova vivente che avvenenza ed intelligenza non sono qualità inconciliabili, poiché – come testimoniava la sua media, che era una delle più alte dell'intera scuola – in lui convivevano prosperosamente. Per di più era anche felicemente monogamo. Sì, signori e signore, Roberto Ferrari era il ragazzo perfetto. Per questo quando per i corridoi del liceo Leopardi si sparse la notizia furono numerosissime le giovani damigelle tentate di contattare il più vicino centro di igiene mentale per suggerire il ricovero immediato di quella scriteriata di Rachele Maffei, che aveva osato piantarlo.
- Ehi amico! - esclamò Carlo balzando alle spalle di Roberto, che se ne stava spalmato mollemente contro una delle colonne che reggevano il soffitto dell'atrio quasi deserto del Leopardi. - È vero? - domandò tentando invano di mascherare la curiosità. Rambo, è evidente, era un pessimo osservatore. L'aria mesta, di incredulo sconcerto che ornava il volto pallido di Roberto, il vago velo di malinconia che gli appannava gli occhi scuri, la postura curva e rassegnata di qualcuno a cui è appena atterrato un pianoforte a coda sulla schiena e numerosi altri dettagli del genere, oltre che donargli un alone di tormentato mistero che faceva sospirare le ragazza come caldaie rotte, suggerivano piuttosto chiaramente che qualcosa non andava e che quindi, con ogni probabilità sì – era vero.
Roberto sollevò lo sguardo sull'amico, sinceramente colpito della velocità con cui si diffondevano le notizie da quelle parti, dovevano essere passati si e no tre quarti d'ora da quando aveva lasciato, sbattendo la porta, il laboratorio di chimica. Annuì grave. - No, dico! - esplose dopo qualche attimo di silenzio – Che c'avrà mai in testa quella!
- Sai come sono le donne... - constatò in tono rassegnato Rambo, dando al suo sventurato compagno una rassicurante pacca sulla spalla – tutte strane!
Roberto grugnì, tentando di governare l'irrefrenabile istinto di prendere a calci il cestino dei rifiuti.
- Ti... ti ha detto perché? - domandò con un certa titubanza Carlo.
- Ha detto che vuole fare nuove esperienze! - sputò disgustato Roberto – No, dico! Nuove esperienze!
- Non è poi così terribile! - tentò in tono consolatorio l'altro – Il mare è pieno di pesci!
- Sì, ma io voglio solo lei! - ringhiò il nostro, e assomigliava molto più ad un bambino a cui avevano rubato il giocattolo preferito, piuttosto che ad un giovane uomo col cuore spezzato, quale egli si riteneva. - La rivoglio e la riavrò! - asserì serio – Devo solo inventarmi qualcosa.
- Puoi provare a farla ingelosire, magari funziona – buttò lì Rambo, conscio che la sua proposta non avrebbe mai funzionato: Rachele era bionda, bellissima, velenosa e ben consapevole del fatto che erano assai poche – per non dire inesistenti – le ragazze in grado di competere con lei e quindi non avrebbe mai sprecato il suo tempo ad essere gelosa.
- Come no! - biascicò infatti Roberto, che trovava l'idea dell'amico, per le ragioni di cui sopra, davvero stupida. Ma poi suonò la campanella che annunciava la fine della quarta ora e la porta della quinta D, lì di fronte, si spalancò di colpo, rigurgitando la figura nervosa di un giovane professore che fece per allontanarsi lungo il corridoio, ma venne subito placcato da una svolazzante chioma rossa che si era prontamente precipitata fuori dall'aula al suo inseguimento e stava calorosamente tentando di convincerlo, come Roberto riuscì a comprendere da alcuni scomposti pezzi della conversazione che era riuscito a captare dalla sua posizione, a sottoporre la classe ad un test di ripasso sul programma di filosofia dell'anno precedente.
A quella vista le provate sinapsi del giovane, con un ultimo, estremo, guizzo d'intelligenza riuscirono a partorire in pochi istanti un piano diabolico e geniale, prima che il cervello del nostro decidesse di prendersi il resto della giornata libero. - Aspetta un secondo! - mormorò assorto e vittorioso, mentre un ghigno soddisfatto gli curvava le labbra.


***



HATEFUL's corner
Saaalve e grazie per esservi dati la pena di giungere fino a qui! Allora – che dire – sono nuova da queste parti, anche se conosco EFP da qualche mese ho deciso solo da poco di fare le cose come di deve u_ù Dopo un lungo periodo di titubanze ho preso il coraggio a due mani, mi sono iscritta e ora sto pubblicando la mia mia prima cretinata... che emozione! *_*
Allora, sarà una storia leggera e, spero, anche vagamente divertente e poi... non sa già più che dire! XD Va bé u.u Se avete critiche o suggerimenti sarò pronta e felicissima di ascoltarli.
Per ora è tutto, noi ci si vede al prossimo aggiornamento!

  
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