Rimorso
« Mi dispiace. Il modo in cui ti
ho salvato sarebbe dovuto essere decisamente più figo.
In ogni caso, continuerò a vivere… »
Pioveva quel giorno.
Il giorno del suo funerale –che funerale non era stato. Non vi era tempo, non c’era mai tempo per
niente nella mafia.-, pioveva, forte.
Lal era davanti al cumulo di terra che ricopriva il corpo del soldato.
Il completo nero zuppo, la testa china; non aveva la
forza, né il coraggio, di alzarla e guardare quel mucchio di terra davanti a
sé.
Era rimasta da sola lì, tutti gli altri, quelli che erano
venuti per un ultimo saluto –Sasagawa primo fra
tutti-, se ne erano andati da tempo ormai.
Lal era rimasta, come se la sua presenza lì in quel momento potesse servire a
cambiare qualcosa.
Ma non era possibile.
Cose come “cambiare il passato”, o “ricominciare”, non
erano possibili poiché non era stato concesso nulla di simile all’uomo. E quello
che ti lascia, il passato, è solo il rimorso
per cose non dette e mai fatte, e il dolceamaro ricordo di quello che è stato. Peccato che i suoi di ricordi
fossero solo amari.
« Abbiamo saputo che si è sacrificato in battaglia…
»
« Colonnello, lui… è sempre stato così stupido. »
« Lal, mi dispiace. »
« … non importa. »
Era stato Sawada a darle quella
notizia, proprio lui che odiava essere portavoce di certi avvenimenti.
Gliel’aveva detto con occhi stanchi e tremanti. Non poteva sopportare tutto
questo, non ancora una volta –ne erano già morti
tanti tra di loro-.
Decisamente, lui non era fatto per essere il Decimo boss.
Strinse i pugni digrignando i denti.
Doveva andare via, lontano.
Era assurdo che fosse ancora lì, sotto quella pioggia, a
contemplare quel cumulo di terra. Non c’era niente, niente, che potesse fare o dire. Niente che l’avrebbe salvata dall’agonia
del rimorso e dei ricordi. Un’agonia ben più terribile di quella maledizione
che portava addosso.
« Avevi detto che avresti continuato a vivere, spiegami
cosa vuol dire tutto questo! » un urlo attenuato
dal rumore della pioggia.
« Io continuerò a vivere. » Colonnello aveva sorriso
pronunciando quelle parole. Allora se ne era così sicuro, perché era andato
tutto storto? Perché l’aveva illusa così? Perché era stata tanto stupida da
credere così ciecamente alle sue parole?
Sapeva che era un idiota, che avrebbe rischiato la vita
per qualcuno, che sarebbe morto per qualcun altro che non fosse lui, lo sapeva,
una cosa simile l’aveva già fatta con lei. Eppure aveva voluto credergli, solo
perché stava sorridendo mentre lo diceva.
Solo perché era Colonnello.
E anche lei era solo una stupida, stupida idiota. Una
persona che si aggrappava così a delle parole, a delle bugie, non poteva che
essere una persona stupida e patetica.
« In ogni caso, io continuerò a vivere. Mi seguirai? »
« E dimmi dove dovrei seguirti, pezzo di idiota! Dove… dove dovrei andare io? »
Alzò la testa verso il cielo, socchiudendo gli occhi che
bruciavano. La pioggia non ebbe pietà per le sue lacrime, cancellandole dal suo
viso.
« Ricordami. »
« Cosa..? »
« Ricordami, Lal. Io lo farò. »
Abbassò il viso lentamente, osservando un punto
imprecisato davanti a sé.
Non aveva il coraggio di guardare quel cumulo di terra,
era come dirgli addio. E non era tempo di addii, prima o poi si sarebbero
incontrati, ma ci sarebbe voluto ancora un po’ prima che quel giorno arrivasse.
La sua vendetta aveva la precedenza anche sulla morte.
Si voltò di scatto prendendo a camminare lontano da quel
luogo, con la testa alta e i pugni stretti.
« Quello che provo ora è solo rimorso, Colonnello… ed è quello che ricorderò, solo il rimorso. »
« Ehi, stai piangendo?
Probabilmente non ci incontreremo di nuovo,
ma, ehi Lal, vivi serena anche
tu. »
« Colonnello, io… »
Quello che ti lascia il passato è solo il rimorso per cose non dette e mai
fatte.