Love
is music. Love is you.
Nick
Morgan
era un cantante, anzi, il mio
cantante preferito, quello che ricopriva le pareti della mia stanza,
quello che
ascoltavo almeno due ore al giorno cantare e quello che sognavo circa
due notti
su tre. Ma io ero Debbi Stuart, la ragazza che era riuscita ad entrare
in
quella prestigiosa scuola privata solo grazie ad una borsa di studio.
Cosa mai
potevo saperne di lui? Lui doveva andare con quelle come Lucilla
Campbell, le
cheerleader tutte curve e niente cervello, quelle che andavano almeno
due volte
al giorno dal parrucchiere. Già il fatto che riuscivo ad
attirare uno come Nate
Smith, giocatore di rugby della scuola e amato da parecchie ragazze,
doveva
stupirmi. Come potevo addirittura sperare di poter piacere a uno
come… a uno
come il mio idolo? Era una pazzia, un’illusione bella e
buona. Ma lui era là, a
parlare con quelle oche che non sapevano neppure che genere di musica
suonasse,
mentre io sapevo quando era nato, il nome dei suoi genitori, tutti i
nomi delle
sue ex e persino il suo piatto preferito. Avevo il diritto di essere
almeno un
po’ gelosa, no?
Capitolo
1:
her life... and then... him
“Debbi
Stuart!”, esclamò la ragazza, irritata.
“Sì,
scusa, non ti stavo ascoltando…”, rispose
l’altra, annoiata
“Ci
sarà un nuovo studente! Non lo trovi favoloso? Secondo me
è bello da far paura
e magari lo mettono anche vicino a te, dato che sei l’unica
rimasta da sola…”,
c’era una nota di acidità nella voce della
ragazza, che guardava con aria
superiore la biondina che si stava arricciando una ciocca di capelli
con fare
distratto.
Cosa
poteva mai importare a Debbi Stuart se un nuovo studente entrava in
quella
costosissima scuola privata? Sicuramente sarebbe stato uno di quei
ricchi figli
di papà che la guardavano dall’alto al basso
pensando: “cavolo, questa non ha
niente di firmato”.
Insomma,
nulla di strano a suo parere. Eppure la sua “migliore
amica” Lizzie non era
l’unica agitata. Anche le sue compagne snob parlavano del
nuovo arrivo. Veniva
dalla California, a quanto aveva capito.
“Senti,
Deb, capisco che non te ne freghi nulla, ma un po’
più di entusiasmo potresti
anche mostrarlo…”, la riprese Lizzie, sistemandosi
la maglietta scollata che
portava.
Debbi
annuì, seccata, osservando che quella maglietta tanto
striminzita le risaltava
i fianchi robusti.
Debbi
Stuart era una ragazza di diciassette anni, una normalissima ragazza
con dei
normalissimi genitori che vivevano in una normalissima casa. Non di
certo come
i suoi compagni che di normale non avevano nulla. Genitori straricchi
che
viaggiavano per lavoro trecentocinquanta giorni all’anno,
ville con piscina in
almeno tre posti diversi e… ah, sì, un guardaroba
che era grande più o meno
come la sua camera da letto. Insomma, andare in una delle scuole
private più
prestigiose degli Stati Uniti non era tutto rose e fiori. Poteva
permettersela
solo grazie alla borsa di studio che aveva ottenuto, ma non si
lamentava.
Era
una ragazza abbastanza alta e magra, nonostante mangiasse chili di
cioccolata
alla settimana. Aveva dei capelli biondi, mossi, che arrivavano a
metà schiena
e una carnagione chiara, color pesca. Gli occhi erano azzurri e il
volto
paffuto, con dei tratti infantili quasi. Nulla di speciale se si
cominciava a
guardare le altre ragazze, partendo dalla squadra di cheerleader, che
avevano i
capelli sempre messi a posto grazie alla parrucchiera, la carnagione
costantemente abbronzata grazie alle lampade e il volto sempre
perfettamente
truccato.
Non
aveva molte amiche, anzi, per l’esattezza le uniche due che
aveva, Lizzie e
Susan, non la badavano molto e neppure le prestavano molta attenzione.
Ma alla
bionda non importava, tanto sapeva che quelle due snob che non
riuscivano a
salire nei gradini alti della società scolastica volevano
solo rovinarle la
vita dandole fastidio e facendola sentire inutile, ma non le importava.
Un
giorno sarebbe tutto cambiato, ne era certa.
Lizzie
e Susan non erano particolarmente carine, e non vestivano neppure
firmate da
testa a piedi. Questo impediva loro di essere amiche di tutte le altre
ragazze
snob che le guardavano con disgusto e superiorità,
esattamente come guardavano
Debbi, solo che a quest’ultima non interessava quello che
pensavano gli altri,
specialmente quelle oche. Lizzie era una ragazza bassa e abbastanza
robusta con
dei capelli castani sempre perfettamente piastrati e degli occhi
castani,
coperti da delle lenti a contatto colorate. La carnagione era olivastra
e non
era di certo quella che aveva bisogno delle lampade per essere scura.
Susan,
anche lei bassa, era più magra dell’amica
e aveva dei capelli biondi corti, non particolarmente
curati, la
carnagione chiara, quasi quanto il latte, e gli occhi verdi, tendenti
al
marrone.
Debbi
amava poche cose: la cioccolata, i film e la musica. La musica era la
sua
passione più grande, il suo sogno
“irrealizzabile”, perché per una ragazza
timida come lei, non di famiglia ricca e che non spiccava da nessuna
parte era
difficile diventare una cantante di successo. Già si vedeva
costretta a
lavorare ai tavoli del bar del padre, truccata pesantemente e con dei
capelli
secchi e crespi.
“Ehi,
Stuart”, la chiamò Lucilla Campbell, la ragazza
snob che stava di fronte a lei,
con i capelli rossi perfettamente curati e uno strato di fondotinta che
nascondeva le lentiggini che aveva sulle guance.
“Sì?”,
chiese annoiata lei, alzando stancamente lo sguardo. Ora
l’avrebbe provocata,
lei non avrebbe risposto e Lizzie avrebbe riso ad un’altra
provocazione da
parte della rossa, giusto per cercare di entrare nelle sue grazie.
“Dove
l’hai comprata quella felpa? Al mercato
dell’usato?”, chiese, con disgusto. Debbi
osservo un istante la felpa rosa che indossava, trovandola del tutto
normale e
in ottime condizioni, ma sapeva che ciò che non era firmato
per Lucilla era
solo spazzatura. Come da copione Lizzie rise, ignorata però
completamente dalla
snob che si voltò e se ne andò, muovendo le anche
in modo abbastanza volgare.
Esattamente
mezzo secondo dopo la campanella suonò, indicando
l’inizio delle lezioni, ma
nessuno ne parve troppo deluso. Fuori dalla porta si vedeva
già l’ombra del
nuovo studente, oltre a quella del professore di letteratura
grassottello che
stava per fare la sua entrata. Tutti tornarono ai loro posti, mentre
Debbi già
pensava che la pace che aveva avuto fino a quel momento sarebbe sparita
non
appena il ragazzo nuovo, figlio di papà, non si sarebbe
seduto nel tavolo vuoto
accanto al suo.
“Salve
prof”, salutarono tutti in coro, come sempre. Questa volta
però c’era agitazione
nell’aria e molti attendevano che
il ragazzo entrasse.
E
finalmente, dopo la noiosa introduzione del professore che diceva cose
del
tipo: “non sommergetelo di domande”, e cose strane
e senza senso come questa,
la porta si aprì ed entrò il misterioso nuovo
arrivato.
La
reazione della maggior parte degli studenti fu di spalancare la bocca,
increduli, mentre alcune ragazze cominciarono a fare urletti striduli.
Debbi,
dal canto suo, sgranò gli occhi e aprì la bocca,
guardando il nuovo arrivato,
pensando che probabilmente non era chi sembrava essere, ma solo un suo
sosia.
Sì,
perché trovarsi come nuovo arrivato, nonché come
compagno di banco, il
famosissimo cantante Nick Morgan, non era cosa da tutti i giorni.
Nick
Morgan era, in poche parole, il ragazzo che ricopriva le pareti della
camera da
letto di Debbi Stuart.
Ragazzo
di diciassette anni, bello, ricco, famoso e amato da tutte le ragazze.
“Non
ci credo…”, sussurrò impercettibilmente
Debbi, guardando il ragazzo che stava
passando un veloce sguardo su quelli che sarebbero stati i suoi nuovi
compagni.
Era alto, e da sotto la maglietta nera che indossava si potevano
intravedere i
muscoli. Aveva i capelli neri lunghi alcuni centimetri e sbarazzini,
con
qualche ciuffo che gli ricadeva sulla faccia e degli occhi castani, che
molti
definivano “color cioccolata”. Gli zigomi alti e la
carnagione chiara.
Inutile
dire che ogni ragazza presente in quella classe fosse ormai diventata
una di
quelle pazze urlanti che chiedono l’autografo e che cercano
di sedurre il
cantante di turno.
“Ciao,
io sono Nick Morgan…”, si presentò il
nuovo arrivato, mettendo in bella mostra
i denti bianchi con un sorriso. Non che qualcuno gli prestasse
più attenzione,
troppo occupato a pensare a cosa farsene di quel cantante: amico o
nemico?
L’unica
ad ascoltare era Debbi, la sua futura vicina di banco che
già si vedeva
costretta a truccarsi pesantemente il volto con due o tre strati di
fondotinta,
in modo da nascondere il rossore che le avrebbe dipinto inevitabilmente
le
guance non appena avrebbe guardato Nick.
“Siediti
pure nel banco vuoto là in fondo, con
“Ciao”,
disse Nick. Debbi sussultò; non si era neppure resa conto
che il cantante si
era già seduto accanto a lei. Decise di guardarlo, giusto
per non fare la
maleducata, ma si accorse subito che i poster non gli rendevano
giustizia. Dal
vivo era decisamente molto, ma molto più bello.
“Ciao…
sono Debbi”, si presentò timidamente, ignorando il
fatto che le guance le
stavano andando in fiamme, che la testa le girava e che la mano
rischiava di
tremarle.
“Piacere”,
rispose lui sorridendo e stringendole la mano.
Per
il resto della lezione la bionda non proferì parola,
impegnata a concentrarsi
sulla lavagna e sulle spiegazioni del professore. Cosa che, ovviamente,
era
totalmente inutile.
Il
fatto era che chiedergli l’autografo così, di
punto in bianco, era una cosa
stupida a suo parere. Ma era certa che se ne sarebbe pentita se non lo
avesse
fatto.
“Scusa?”,
a risvegliarla dai suoi pensieri fu una voce leggera, vellutata. Lei si
voltò
di scatto, pentendosene all’istante.
“Dimmi…”,
ripose, cominciando a sentire nuovamente caldo.
“State
facendo Shakespeare adesso, giusto?”, chiese lui, sorridendo
nel notare la
reazione che aveva provocato. Non gli capitava molto spesso di vedere
una
ragazza arrossire non appena le rivolgeva la parola.
“Sì,
Romeo e Giulietta….”, spiegò lei,
sentendosi inevitabilmente stupida.
“Grazie…”,
ma non era sicuro di essere stato sentito perché la
campanella era suonata e
aveva ricoperto la sua voce.
Debbi
sospirò , notando che mai il suo banco, anzi, quello accanto
a lei, era stato
così affollato.
“Ciao
Nick, io sono Lucilla!”, gridava la rossa, porgendogli la
mano esattamente di
fronte al naso. Questo la guardò un istante per poi alzare
la sua e
stringergliela.
“Io
Lizzie! E lei
Susan!”, gridarono le
altre sue due amiche. Debbi le guardò e fece una smorfia,
infastidita. Quelle
due non sapevano neppure che genere di musica suonasse Nick Morgan,
come molte
altre nella sua classe, e ora si permettevano pure di fare le fan
accanite.
Aveva la netta impressione che là dentro l’unica
che potesse permettersi una
cosa del genere era proprio lei.
E
Nick non era di certo entusiasta di tutte quelle attenzioni, dato che
cercava
di calmare quelle pazze con frasi del tipo: “state
calme”, del tutto inutili,
ovviamente. Solo il professore di scienze riuscì a far
tornare l’ordine con un
urlo che probabilmente avevano sentito anche al piano di sopra.
“Le
tue amiche sono pazze….”, sussurrò il
povero cantante, una volta che ognuno fu
tornato al suo posto.
“E
pensa che questo è solo l’inizio!”,
rispose lei, non più imbarazzata, ma
infastidita.
Ne
era certa, l’arrivo di Nick Morgan le avrebbe stravolto
l’anno.