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Autore: Danil Di Eneas    10/08/2010    2 recensioni
Il sole scaldava la schiena del dodicenne, che camminava tranquillo per i campi mentre un dolce venticello gli scompigliava i capelli castano chiaro e lisci. Una farfalla bianca gli volava attorno e lui la seguiva con i grandi occhi verdi quando scorse una figura sdraiata su un delle tante balle di fieno che era stata poggiata con la parte piatta sul terreno in modo che non scivolasse. Il ragazzino si avvicinò silenziosamente, senza dire nulla. [...] “Vedi? È l’infinito azzurro, lo descrivono anche così, il cielo…ma non è vero. Ci sono le nuvole, gli uccelli, gli aquiloni…e a volte non è più azzurro, o celeste…può diventare grigio, o anche nero! Mia nonna mi ha detto che lo chiamano infinito azzurro perché è più poetico di dire che è a macchie, me secondo me è più bello un cielo così come è, pieno di nuvole che ispirano sogni, piuttosto che solo di un unico colore mai interrotto. Sarebbe triste, non credi? L’azzurro si sentirebbe solo, senza le nuvole che lo dipingono, credo…”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA BALLA DI FIENO

 SOTTO IL CIELO PIENO DI SOGNI

 

Il sole scaldava la schiena del dodicenne, che camminava tranquillo per i campi mentre un dolce venticello gli scompigliava i capelli castano chiaro e lisci. Una farfalla bianca gli volava attorno e lui la seguiva con i grandi occhi verdi quando scorse una figura sdraiata su una delle tante balle di fieno che era stata poggiata con la parte piatta sul terreno in modo che non scivolasse. Il ragazzino si avvicinò silenziosamente, senza dire nulla. Osservò il ragazzo, sicuramente più grande di lui di almeno un paio d’anni, se non più, che  aveva le braccia piegate dietro la testa, a sostenerla come un guanciale, mentre osservava con gli occhi leggermente socchiusi a causa del sole il grande ed infinito cielo celeste che si stagliava sopra il campo. Non parve accorgersi del più piccolo, che curioso tentava di capire da solo cosa stesse facendo. “Cosa fai?” gli chiese infine, interrompendo quel silenzio, che in realtà silenzioso non era, ma pieno del melodioso cinguettare degli uccellini che sostavano li attorno e passavano in volo. Di scatto il ragazzo, che fino a pochi istanti prima stava per sprofondare in un tranquillo dormiveglia, sollevò la testa, e si girò di lato, verso la voce che lo aveva richiamato. Il movimento fu tanto improvviso che per poco il più piccolo credete che sarebbe caduto dalla balla di fieno. Invece ciò non accadde, soltanto gli venne data, come risposa, un’ incitazione a salire sopra il fieno. “Vieni su, ti faccio vedere…” rispose infatti l’altro, porgendogli una mano per aiutarlo, e senza sforzo alcuno lo tirò su. Ora gli occhi verdi ed attenti lo poterono osservare meglio: era alto, e la sua carnagione, come già da prima aveva notato, era abbronzata. Ciò era ovvio, si era in estate e lavorando nei campi, o giocando, era naturale che il sole imbrunisse almeno un po’ la pelle, anche se nel caso dell’osservatore le pelle era candida, e contrastava non poco. I capelli erano castani, un marrone scuro, tendente forse al moro, ed erano mossi, quasi ricci, e spettinati. Fra loro spiccavano piccoli pezzi di paglia gialli rimasti impigliati poco prima. Il volto era sorridente, ma non era un sorriso forzato, di quelli dove solo le labbra sono tirate e senza emozioni, era uno di quelli veri, caldi, sinceri ed amichevoli, dove tutto sorride: la bocca, il volto e soprattutto gli occhi. Rassicurato da quel sorriso il dodicenne decise di fermare finalmente lo sguardo negli occhi dell’altro, di un bel nocciola, che tendeva ad un verdone stagno verso l’esterno dell’iride, e cosparsi di pagliuzze di un marrone così chiaro da sembrare ambrato. “Sdraiati, e guarda” la voce gentile del più grande distolse l’altro dall’attenta osservazione e poi, di nuovo, il suo proprietario si sdraiò. Venne dopo poco imitato e subito alzò un braccio ad indicare l’alto. “Vedi? È l’infinito azzurro, lo descrivono anche così, il cielo…ma non è vero. Ci sono le  nuvole, gli uccelli, gli aquiloni…e a volte non è più azzurro, o celeste…può diventare grigio, o anche nero! Mia nonna mi ha detto che lo chiamano infinito azzurro perché è più poetico di dire che è a macchie, me secondo me è più bello un cielo così come è, pieno di nuvole che ispirano sogni, piuttosto che solo di un unico colore mai  interrotto. Sarebbe triste, non credi? L’azzurro si sentirebbe solo, senza le nuvole che lo dipingono, credo…

I due continuarono ad osservare il cielo ancora, ad osservare come il bianco dalle strane forme rendesse più divertente e magico il cielo. Ogni tanto il braccio del più grande si alzava ad indicare, e la sua voce gentile parlava di come il cielo fosse pieno di conigli, draghi, cavalieri, carote, fiori e tanti tanti sogni. Perché “Le nuvole sono i sogni delle persone che guardano il cielo” diceva.

Osservarono l’azzurro punteggiato di spuma e di panna fino a che il colore non fu più uno, unito, ma mentre il sole scendeva sempre più in basso diventava una tavolozza di sfumature. E allora, per la prima volta dopo le due piccole parole che aveva pronunciato all’inizio del pomeriggio, il più piccolo parlò, con un tono basso, per poco quasi sussurrato, quasi avesse timore nel farlo “Ma quando arriva il tramonto, o l’alba, nel cielo le nuvole e i nuovi mille colori diventano uno solo. Perché i sogni non possono correre nell’aria per sempre, ma ad un certo punto devono poter diventare realtà. E quando questo succede, diventa tutto più bello perché i due colori distinti di sogno e realtà sfumano insieme e creano un cielo di un’infinità di colori…”

Quello era forse il discorso più lungo che avesse mai fatto.

“Ti piacciono i colori del tramonto?” in risposta annuì appena, smuovendo un po’ i capelli chiari, dai riflessi un po’ biondi. “Hai ragione. Quando i colori si uniscono e sfumano insieme sono ancora più belli.”

Si sentiva il frinire delle cicale, mentre i due si salutavano con la mano. Il quasi adolescente era ancora seduto sulla balla di fieno, le gambe, graffiate un po’ sulle ginocchia, scoperte dai pantaloni che arrivavano poco sopra, dai bordi sfilacciati dalle tante cadute dei giochi, a penzoloni. Dopo aver lasciato trascorrere qualche altro minuto saltò giù dalla balla di fieno secco, poggiando a terra i piedi e facendo sollevare un po’ di polvere da terra con gli scarponcini. Guardò ancora verso il cielo, mentre il vento gli accarezzava i capelli, e sussurrò tra se e se “Spero di poter sognare ancora con te, ragazzino che ama i colori del tramonto…rosso di sera, bel tempo si spera. Magari domani giocheremo di nuovo.”

E si allontanò con le mani in tasca, fischiettando un motivetto popolare, mentre la balla di fieno rimaneva ancora a continuare il suo riposo, vegliando immobile su tutto, lasciando che il suo giallo sfumasse in arancione sotto il sole rosso e caldo di fine giornata.

 

***
eccomi qua, con la mia prima fic originale, tra l'altro pure a capitoli...ma in  che guaio mi sono cacciata??
la colpa è tutta di quei maledetti tornanti...che oltre farmi venire il vomito (ma che cosa allegra -___-''') probabilmente mi hanno anche dato alla testa...perdonate la quantità abnorme di fesserie che sono scritte, perciò >.<
dunque, non so quando metterò il prossimo capitolo, credo prima di tutto di doverlo scrivere...per ora di romantico c'è ben poco, ma più avanti arriverà...lasciamo passare un po' di tempo, okay?con calma si arriva dappertutto...credo
dimenticavo: questa storia è ambientata più o meno quando era piccola mia nonna, cioè già dopo la seconda guerra mondiale...ci troviamo in un luogo tra gli appennini, un po' isolato...dove ci sono tanti tanti campi, e borghi sparsi qua e la...
ebbene, spero che questa specie di delirio insano (ma dico io, perchè sono messa così male?non bastava già il vomito, pure  andarmi a mettere a scrivere cose che non stanno ne in cielo ne in terra che mi sento una cretina?ma sono autodistruttiva...)non abbia arrecato troppi danni alla sannità mentale di chi ha letto...
ultima cosa: non ho trovato l'avvertimento giusto da mettere tra avvertimenti...ma sarebbe una sspecie di shoen ai, solo che i personaggi e tutto il resto sono stati inventati da me...
spero che vogliate commentare, anche solo per dirmi fino a che punto si è spinto il mio cervello malato nella creazione di una cosa così assurda...
ora vado, stamattina mi sono svegliata presto (alle nove...causa mia sorella piccola che ha battuto la testa nel comodino e si è messa a piangere ad un livello straziante per le mie povere orecchie assonnate) e devo recuperare...
eNDy
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