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Autore: Irina_89    10/08/2010    2 recensioni
“I suoi sono sogni meravigliosi.” Sorrise delicata. “Mio padre diceva che i suoi segreti erano scritti in un codice che un comune alchimista non sarebbe mai stato in grado di decifrare.”
Roy la guardava senza capire. Cosa sapeva quella donna delle ricerche del padre? Lui l’aveva vista poche volte in tutti gli anni che era stato presente a casa loro, rinchiuso anche lui in quella stanza buia, circondato da libri, fogli e candele, e mai una volta l’aveva vista entrare in quel luogo cupo. Era una ragazza silenziosa, parlava poco, ciononostante sembrava sapere molto più di quello che lui si sarebbe aspettato. Che facesse parte della determinazione che le bruciava negli occhi?
“Allora il maestro ha lasciato del manoscritti…” ne dedusse. Stava per chiederle dove avrebbe potuto trovarli, ma il sussurro impercettibile della ragazza lo fermò.
“No. Non si tratta di manoscritti.” Erano parole che alle sue orecchie suonarono taglienti. “Diceva che sarebbe stato un problema se le ricerche di tutta una vita fossero cadute in mano a uno sconosciuto, oppure fossero andate perse.”
“E allora cosa sono?”
“Signor Mustang,” la sua voce era ferma, risoluta. “Quei sogni…” abbassò lo sguardo verso la lapide del padre. “Posso affidarle la mia schiena? Posso credere in un futuro dove tutti vivono felicemente?”
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Segreto del Fuoco

Il Segreto del Fuoco

Era tornato in quella casa nonostante il divieto che il maestro gli aveva imposto. L’aveva fatto per annunciargli la sua decisione, convinto che lui potesse capire, ma il suo volto era rimasto impassibile, forse deluso, ma non aveva minimamente mostrato alcun segno di congratulazioni per la scelta. Lo studio era sempre come se lo ricordava: immenso e disordinato. Ormai il maestro non ne usciva più. Le grandi librerie erano colme di libri polverosi, grandi come Roy non ne aveva mai visti in vita sua. Più volte, durante il suo apprendistato, aveva chiesto di poterne leggere qualcuno, ma il maestro aveva negato, concedendogli soltanto il dubbio del futuro. “Un giorno, quando sarai pronto a conoscere la verità sulle mie ricerche.” Ma quel giorno non era mai arrivato in anni di studio.

Aggirò la grande montagna di libri buttati in un angolo della stanza e si avvicinò all’uomo. Era sempre più gobbo e spossato. La pelle era pallida a causa del sole che non entrava mai in quella cella. I capelli non erano mai stati così bianchi, segno della sua inarrestabile vecchiaia. Il maestro stava continuando a scrivere su un foglio, proprio come gli aveva sempre visto fare. Si sentì colpevole per quello che gli aveva confessato, ma dentro di sé bruciava la speranza che lui avrebbe capito e avrebbe continuato a prendersi cura dei suoi studi, ancora incompleti.

“Proprio come pensavo. Non sei ancora pronto per l’Alchimia del Fuoco.”

“Non ancora? Ma finora lei non mi ha insegnato altro che le basi dell’alchimia.”

“Sì, è così. È uno spreco insegnare anche le sole regole fondamentali di quell’arte a qualcuno che si disonorerà con le sue stesse mani diventando un cane dell’esercito.”

“Maestro, io credo che ci sia un legame tra la gente e l’esercito, e penso che l’alchimia possa essere utile ad entrambi. Adesso che siamo esposti alle minacce dei paesi circostanti, il rafforzamento del nostro esercito è la cosa più importante. Per proteggere la nostra terra, l’alchimia è -”

“Sono stanco di sentire questi discorsi di seconda mano.”

Provò ad insistere per fargli capire il suo punto di vista, ma il maestro non condivideva nessuna delle sue parole, accusandolo di essere una persona avida di potere, di non essere adatto a ricevere le sue ricerche. Roy tentò di difendere i suoi ideali con tutto se stesso, ma non ne ebbe il tempo: la vecchiaia e la malattia portarono il maestro alla morte proprio davanti ai suoi occhi. E a quelli di sua figlia.

 

 

 

“Mi dispiace, Signor Mustang. Ha dovuto prendersi cura di tutto, persino del funerale di mio padre.”

“Non devi preoccuparti. Ero un suo allievo e farò tutto quello che è possibile per il mio maestro.”

Erano entrambi davanti alla tomba. Nessuno era andato a salutarlo, prima di essere interrato, e Roy poté capire il perché senza problemi. Quella ricerca aveva tenuto il maestro segregato in quella stanza per anni, gli aveva compromesso la salute e aveva distrutto ogni rapporto con il mondo esterno. L’aveva allontanato dalla realtà, privandolo del calore di amici e parenti, rendendolo un uomo solo.

La figlia fissava la lapide con la tristezza negli occhi e Roy si sentì in dovere di preoccuparsi per lei.

“Cosa farai adesso?”

“Ci penserò.” Sospirò. “Mio padre è riuscito almeno a farmi avere una buona educazione. Credo che riuscirò ad andare avanti da sola.”

“Capisco.” Roy la guardava con ammirazione. Nonostante la tristezza per aver perso suo padre, gli occhi di quella ragazza brillavano di determinazione, di voglia di continuare a vivere e non lasciarsi abbattere. Erano gli occhi di una donna forte. “Per qualsiasi cosa, puoi rivolgerti alle autorità militari in ogni momento. Io credo che ci passerò l’intera vita.”

“L’intera vita?” lo guardò preoccupata. “Non muoia la prego.”

“Ehi, non fare l’uccello del malaugurio!” scherzò. “Comunque non posso assicurartelo. In questo lavoro potrei morire in qualsiasi momento ed essere lasciato a marcire sul campo di battaglia proprio come della spazzatura.” Sorrise quasi malinconico nel sentire le sue stesse parole. Voler andare avanti per seguire il suo sogno comportava molti rischi, era vero… “Ma se potrò essere utile a questo paese e riuscirò a proteggere la gente con queste mani, allora credo che ne varrà la pena.” Aggiunse risoluto. “È questa la ragione per cui ho voluto studiare l’alchimia, ma alla fine non sono riuscito a farmi insegnare dal mio maestro i suoi preziosi segreti.” Purtroppo questa era la verità. Se il maestro fosse vissuto ancora un po’ più a lungo, magari lui avrebbe avuto la possibilità di imparare il segreto dell’Alchimia del Fuoco e andare avanti nel seguire il suo sogno, ma la realtà gliel’aveva impedito.

“I suoi sono sogni meravigliosi.” Sorrise delicata. “Mio padre diceva che i suoi segreti erano scritti in un codice che un comune alchimista non sarebbe mai stato in grado di decifrare.”

Roy la guardava senza capire. Cosa sapeva quella donna delle ricerche del padre? Lui l’aveva vista poche volte in tutti gli anni che era stato presente a casa loro, rinchiuso anche lui in quella stanza buia, circondato da libri, fogli e candele, e mai una volta l’aveva vista entrare in quel luogo cupo. Era una ragazza silenziosa, parlava poco, ciononostante sembrava sapere molto più di quello che lui si sarebbe aspettato. Che facesse parte della determinazione che le bruciava negli occhi?

“Allora il maestro ha lasciato del manoscritti…” ne dedusse. Stava per chiederle dove avrebbe potuto trovarli, ma il sussurro impercettibile della ragazza lo fermò.

“No. Non si tratta di manoscritti.” Erano parole che alle sue orecchie suonarono taglienti. “Diceva che sarebbe stato un problema se le ricerche di tutta una vita fossero cadute in mano a uno sconosciuto, oppure fossero andate perse.”

“E allora cosa sono?”

“Signor Mustang,” la sua voce era ferma, risoluta. “Quei sogni…” abbassò lo sguardo verso la lapide del padre. “Posso affidarle la mia schiena? Posso credere in un futuro dove tutti vivono felicemente?”

“Cosa…?” La guardava confuso. “Cosa significa?”

Lei lo guardò con la stessa determinazione che l’aveva colpito dal primo momento che l’aveva vista quel giorno. Lo prese per mano e si diressero verso la casa del meastro. Lui la seguì senza emettere una parola, comprendendo che quello sarebbe stato il momento in cui tutti i segreti del maestro gli sarebbero stati svelati. Camminavano silenziosamente, attraversando la campagna di East City, dipinta di rosso dal sole che stava per tramontare, sembravano essere i soli individui per le strade della città, o così parve a Roy, che per tutto il tragitto non riuscì a togliere gli occhi dalle loro mani intrecciate. Era una presa salda, pregna di volontà, ma era anche calda, la sua mano era liscia e morbida.

Attraversarono quella soglia che lui aveva varcato per anni, e lei lo condusse nella cella del padre, scendendo le scale che portavano sotto il livello del terreno. L’aria stagna era sempre la stessa, proprio come la quantità di libri e il disordine che da sempre era stato presente in quella stanza. Poteva ancora sentirvi la presenza del maestro. Solo in quel momento lei gli lasciò la mano e si allontanò da lui di qualche passo. Si voltò, dandogli le spalle e abbassò la testa. Roy si scoprì titubante, cercando di capire cosa volessero dire le parole della ragazza. Si guardò intorno disorientato, senza muoversi, e quando tornò con gli occhi sulla ragazza, vide che si stava spogliando. Provò un vuoto allo stomaco alla presenza di un atto simile, con la coscienza che lei era la figlia del suo maestro. Stava per dire qualcosa, per impedirle di commettere sciocchezze, soprattutto in un luogo simile, quando la camicia candida che Riza Hawkeye indossava scivolò sulle sue spalle fino ai gomiti, scoprendo un grande tatuaggio che le copriva tutta la schiena.

Roy non riusciva ad articolare le parole per esprimere cosa stesse provando, e fissò quei disegni con gli occhi sgranati, avvicinandosi alla ragazza con voglia crescente di apprendere quella ricerca da sempre agognata. Con esitazione allungò una mano davanti a sé per toccare il segreto inciso sulla sua pelle, incerto se fosse giusto o meno.

“Posso…?”

Lei annuì e il suo permesso gli diede il coraggio di analizzare professionalmente quei segni. Le si avvicinò e toccò quelle linee curve che si intersecavano, su cui erano segnate parole per completare la ricerca. Sfiorò delicatamente il cerchio per apprenderne tutti i misteri, mentre la ragazza rabbrividiva sotto il suo tocco delicato. Un alchimista normale non avrebbe potuto decifrare quel codice, ma Roy Mustang era stato suo allievo e per lui quei simboli erano pieni di significato, un significato così potente che se usato nella maniera sbagliata, avrebbe potuto portare ad una terribile arma mortale.

 

 

La guerra aveva distrutto tutto. Gli uomini combattevano contro loro simili, i bambini venivano uccisi e poi abbandonati ai margini della strada. Il popolo di Ishbar era stato condannato alla morte. Nessuno veniva risparmiato.

Nessuno avrebbe mai voluto arrivare ad una situazione del genere, ma gli Alchimisti di Stato erano stati chiamati e come cani dell’esercito avevano dovuto eseguire gli ordini. Molti abbandonarono il campo di battaglia, perseguitati dai sensi di colpa per una guerra ingiusta, altri rimasero, trasformandosi in macchine letali al servizio dell’esercito. Vecchi amici si incontravano sul campo di battaglia con occhi stanchi, occhi da assassino e si spaventavano a vedervi riflesso il proprio stesso sguardo. Erano diventati tutti dei mostri.

“Non vai? Se non ti sbrighi ti lasceranno qui.”

Riza Hawkeye era china per terra, gli dava le spalle, mentre accarezzava la terra della tomba appena terminata.

“Era un tuo commilitone?” chiese Roy, avvicinandosi a lei, osservandole le spalle. Erano curve, come se stesse sostenendo un peso troppo pesante per lei. Ma la stessa cosa valeva per tutti gli altri sopravvissuti della guerra. Quei ricordi erano indelebili in tutti i loro cuori.

“No.” Negò, sedendosi per terra e guardandolo dal basso. “Un bambino di Ishbar. Gli avevano sparato e poi l’avevano lasciato in mezzo alla strada.” Gli occhi della ragazza non avevano più l’ombra di quella determinazione che Roy vi aveva visto qualche anni fa. Erano occhi terrorizzati, segnati per sempre da ciò che avevano visto.

“Andiamocene, la guerra è finita.” Non sopportava di vederla in quello stato.

“Questa guerra non è ancora terminata dentro di me.” Mormorò con voce flebile, distogliendo lo sguardo da lui e tornando a fissare con tristezza la tomba del bambino. “No, forse non terminerà mai.” Roy la guardava dispiaciuto. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma era impossibile cancellare quei ricordi. “Io sono quella che ha creduto in lei e le ha affidato le ricerche di mio padre. Sono anche colei che ha scelto di entrare all’accademia militare, sperando un giorno di portare felicità alla gente. Anche se ciò non ha avuto il risultato sperano, non posso scappare dalla realtà.” La sua schiena stava tremando e la sua voce era sempre più ferita. “Negare, espiare o perdonare è la presunzione di coloro che hanno ucciso.”

Roy non seppe cosa dire in risposta a quelle parole, ma in effetti risposta non c’era. Quelle parole erano vere. Cercare di negare, espiare o perdonare non era possibile, non dopo tutto quello che era successo, tutto quello che avevano visto e che avevano fatto. Loro avrebbero dovuto andare avanti portandosi dentro il dolore di quella guerra civile a cui avevano preso parte, avrebbero dovuto andare avanti e cambiare il mondo perché una cosa del genere non potesse più succedere. Questo è quello che dovevano fare ora.

“Ho un favore da chiederle, signor Mustang.” I brividi del suo corpo erano aumentati. “La prego. Voglio che bruci la mia schiena con le sue fiamme.”

“Ma cosa stai… Non posso farlo!” si oppose. Mai si sarebbe aspettato una richiesta del genere.

“Se non posso espiare le mie colpe,” aggiunse lei, impedendogli di ribattere ulteriormente. “Almeno questo farà in modo che nessun nuovo alchimista di fuoco nasca. E i segreti che porto sulla mia schiena non verranno mai più usati.” Per Roy quella supplica era inconcepibile e la guardava spaventato, mentre lei si voltava nuovamente verso di lui per guardarlo negli occhi. “Potrò una volta per tutte tagliare il legame con mio padre e l’alchimia stessa, e rinascere come Riza Hawkeye, una persona qualunque.”

Ora lui capì cosa fossero quei brividi che le scuotevano il corpo: erano brividi di determinazione. Quella determinazione che caratterizzava la Riza Hawkeye che aveva conosciuto, quella determinazione con cui riusciva ad ottenere sempre quello che voleva. Una determinazione che non aveva mai visto a nessuno.

“La prego.”

Dovette mordersi un labbro per pronunciare quelle parole e acconsentire alla folle richiesta della ragazza. Distolse lo sguardo e strinse tra le mani quei guanti che gli avevano permesso di sopravvivere in quella guerra brutale.

“Quante persone dovrò ancora bruciare fino alla morte? E quanto ciò potrà ostacolare la tua vita?” sussurrò. “Mi sono ormai completamente impadronito di questo grande potere… È proprio ironico. Questa battaglia mi ha fatto abituare sin troppo a bruciare le persone.”

Riza gli sorrise riconoscente, alzandosi e superandolo.

“L’aspetto, signor Mustang.”

 

 

Ancora una volta si era trovato davanti a quella grande porta che delimitava la proprietà della famiglia Hawkeye, ormai ridotta ad una sorta di castello devastato. Riza gli andò ad aprire, sorprendendosi di trovarselo davanti in così poco tempo. Era passato solo un mese dal giorno in cui si erano parlati l’ultima volta, e per tutto quel tempo, Roy non aveva fatto altro che ripetersi quelle sue parole. Si sentiva in colpa per aver approfittato della ragazza. Aveva scoperto i segreti sulla sua schiena e li aveva usati per uccidere. Non era questo quello che voleva fare con quel potere. Lui voleva cambiare il mondo, aiutare la gente, non ucciderla.

Riza l’invitò ad entrare e gli offrì del tè caldo, attorno al tavolo della piccola cucina. Quella casa aveva tantissime stanze, la maggior parte delle quali era inutilizzata e piena di polvere e ragnatele, sigillate a chiave in modo da non potervi entrare e mettere mano sui libri del padre. Riza sembrava aver limitato la parte abitabile della casa a poche stanze.

“Come stai?” gli chiese.

“Sto andando avanti.”

Lui annuì, sorseggiando dalla tazza. Tutti coloro che avevano assistito allo sterminio di Ishbar avevano due scelte: rimanere nell’oblio a piangere sul passato, o andare avanti. Questo non voleva dire dimenticare quello che era successo in quelle terre dell’Est – non sarebbe stato possibile – significava soltanto rifarsi una vita, e in questa vita cercare di creare un futuro migliore.

“Ho sentito che ti vuoi trasferire.”

“Sì, andrò in città, questo posto non fa più per me.” Rispose con le sue solite buone maniere, sempre gentile e sempre generosa.

“Che ne farai della casa?”

“Molto probabilmente rimarrà abbandonata. A vederla da fuori nessuno vorrà mai viverci dentro.” E sorrise.

“Hai ragione.”

Continuarono a bere il tè in silenzio e lui poté provare la sensazione di essere messo a disagio. Loro due non si conoscevano a fondo come amici, ma avevano passato così tante cose insieme che forse li accumunava molto più di quel che credeva. Tuttavia quei legami portavano sempre dei ricordi troppo dolorosi per essere rivangati. Anche quello che era venuto a fare quel giorno non avrebbe portato niente di buono. Non avrebbe mai pensato che avrebbe accettato una richiesta simile, ma furono gli occhi di quella donna a convincerlo. Per lei cancellare il segno di quell’alchimia era una questione molto importante e Roy capiva benissimo il motivo.

“Con oggi non sarai più obbligata a vedermi.”

Riza si voltò e lo guardò sorpresa.

“Voglio dire,” tossì lui. “I nostri incontri non portano mai niente di buono.”

“Non è colpa sua.” Gli sorrise. “E poi, se permette, dovei essere io a decidere.”

“Sempre forte e indipendente, eh?” rispose al sorriso.

“Lo devo a lei, signor Mustang.”

“Perché?”

“Le sue parole… I suoi sogni…” abbassò lo sguardo. “Voglio che si realizzino. Voglio veramente vivere in un paese felice. Anche io voglio dare una mano al suo futuro.” Si diresse verso la porta e lo guardò con occhi convinti. “Per questo voglio che lei mi aiuti.”

“Ho capito.” Si alzò e la seguì. Salirono delle scale che lui non aveva mai visto e giunsero al piano superiore, per poi entrare in una camera. Per la sobrietà con cui era arredata, Roy non ebbe dubbi che si trattasse della camera di Riza. La ragazza chiuse con delle tende la finestra e si scoprì la schiena, mentre lui prendeva il guanto dalla tasca dell’uniforme che indossava. Se l’infilò e attese che lei lo fermasse, ma dalle sue labbra non uscì nessuna parola, così come il suo corpo risultò totalmente immobile.

“Cercherò di lasciare meno tracce possibili, ma ti farà male.”

“Lo so, ma questo non è niente in confronto a quello che abbiamo fatto a Ishbar.”

Roy toccò con la mano libera dal guanto la pelle morbida e liscia della ragazza, ricordandosi della prima volta che la vide. Non aveva saputo cosa dire, e anche quel giorno a distanza di anni, si ritrovava nelle stesse identiche condizioni. Lasciò scorrere le sue dita fino alla vita della ragazza.

“Io…” non riuscì più a trovare dentro di sé la convinzione che l’aveva portato fin lì. “Mi dispiace, non ci riesco.” Appoggiò la fronte alla spalla della ragazza. “Non posso usare le mie fiamme su di te.” Serrò gli occhi.

“Signor Mustang, la prego.” Prese la sua mano tra le sue, quasi come se volesse trasmettergli la sua determinazione. Lui respirò profondamente e strinse i denti. Con la coda dell’occhio vide che da una parte, sul mobile della stanza, vi erano già degli asciugamani e una bacinella d’acqua. Sembrava che lei sapesse del suo arrivo prima ancora che lui stesso lo pensasse. “Non voglio portare un tale peso su di me.”

Lui ricambiò la stretta delle sue mani con la propria e corrugò la fronte. Poi scioccò le dita. Una fiamma dorata colpì la schiena candida della ragazza per un istante, ma lei non emise alcun suono. Non un lamento, non una lacrima. Era una donna forte, forse anche più di lui.

Le gambe però le cedettero e vedendola cadere in ginocchio, subito Roy corse a prendere gli asciugamani e fece degli impacchi sulla sua schiena, mentre lei tremava e delle piccole gocce di sudore freddo le bagnavano il viso.

“Mi dispiace…” Continuava a ripeterle, mentre stringeva i denti per alleviarle il dolore con l’acqua.

“No…” rispose lei, tentando di sorridere, sebbene fosse evidente che soffrisse. “Va bene così, signor Mustang.”

“Mi dispiace.”

Roy le propose di chiamare un medico perché si occupasse della bruciatura, ma lei glielo impedì, prendendolo per un braccio per non farlo uscire dalla stanza. Lui quindi rimase e continuò a bagnarle la schiena con la stoffa che aveva a disposizione.

“Sai,” mormorò lui, quando vide la stanchezza negli occhi di Riza. Prese una coperta e la coprì davanti, per poi inginocchiarsi al suo fianco e farla appoggiare a sé. “Ho sempre pensato che fare una cosa del genere avrebbe riacceso l’assassino che è in me.” Confessò. “Non voglio più provare certe sensazioni. Non voglio più uccidere persone innocenti.” La strinse tra le braccia. “Voglio che questa mia alchimia possa essere usata per il bene di questo paese.”

Riza sussurrò un sorriso contro il suo petto, alzando una mano e posandola sul suo viso. Era stanca, la pelle viva della schiena pulsava ancora sotto la stoffa umida che lui continuava a premerle contro, ma lo guardava fiera, con gli occhi di una persona orgogliosa.

“Signor Mustang… Lei non è più un assassino. E se lei pensa che potrà ricadere in quel baratro di sangue, lasci che ci pensi io a proteggerla.” Sorrise. “Io voglio vedere il suo sogno avverato. Voglio che lei porti la felicità in questo paese.”

Quelle parole lo toccarono più in profondità del dovuto e lui dovette serrare gli occhi per non farsi vedere debole. L’uomo che sarebbe diventato Comandante Supremo non poteva versare lacrime. Doveva essere forte, perché avrebbe dovuto portare sulle sue spalle il destino di migliaia di persone.

“Grazie, ma non voglio farti carico di questo compito. Pensa solo a riposarti.”

Lei sorrise e chiuse gli occhi, abbandonandosi tra le sue braccia. Lui la osservò respirare debolmente e si fece una promessa: nessuno avrebbe più sofferto sotto il suo comando, per questo avrebbe fatto avverare il suo sogno. L’avrebbe protetta, avrebbe protetto più persone possibili, tutte le persone che la sua alchimia era in grado di proteggere. Le scostò i capelli dalla fronte con la mano nuda e si chinò su di lei, sigillando con un bacio quelle sue parole.

 

 

“Sono Riza Hawkeye.” Si presentò con tono professionale, affiancandosi agli altri uomini scelti.

“Alla fine, dopo tutto quello che è successo a Ishbar, hai deciso di percorrere questa strada, eh?”

“Sì, quella di indossare l’uniforme è stata una mia scelta.”

La sua risposta gli giunse alle orecchie determinata come sempre e, sollevando gli occhi dai fogli che aveva sulla scrivania per reclutare i migliori uomini sotto di lui, ritrovò quegli occhi forti e pronti a tutto.

“In che settore te la cavi bene?”

“Armi da fuoco.”

Roy non poté che meravigliarsi sentendo quella risposta. Non avrebbe mai pensato che dopo tutto quello che avevano passato a Ishbar lei avrebbe continuato a ricoprire un ruolo simile, soprattutto visto lo stato in cui quella guerra l’aveva ridotta.

“Diversamente dalle armi bianche, un’arma da fuoco non ti lascia la sensazione di aver ucciso qualcuno con le tue mani.” Erano parole dure, quelle, ma lei non sembrava minimamente scossa. La sua espressione gli faceva capire che sapeva benissimo a cosa stava andando incontro.

“È un inganno. Hai intenzione di mentire a te stessa continuando a sporcarti le mani?”

“Sì, è così.” Rispose prontamente lei. “Noi soldati dovremmo essere gli unici a sporcarci le mani di sangue. I ricordi come quelli di Ishbar, dovremmo essere solo noi a portarceli dentro. Come dicono gli alchimisti, se la verità di questo mondo può essere mostrata attraverso lo scambio equivalente, allora la nuova generazione potrà godersi la felicità. Per pagare quel prezzo, noi dovremo caricarci addosso corpi senza vita e attraversare un fiume di sangue.”

Erano parole terribilmente dure quelle di Riza, eppure Roy sapeva che erano la verità. In alchimia, per ottenere qualcosa è necessario dare in cambio qualcos’altro che abbia il medesimo valore, e poiché il prezzo da pagare era stato molto alto, sarebbe giunto anche il momento di ottenere la felicità. Osservò la ragazza che ancora stava in piedi davanti alla sua scrivania, convinta delle sue parole e dei suoi ideali proprio come lui, e non ebbe dubbi al riguardo.

“Penso che proporrò di farti lavorare come mia assistente. Voglio che tu sia dietro di me, che mi protegga. Capisci che voglio dire? Lascerò che sia tu a guardarmi le spalle e ciò significa che potrai spararmi in qualsiasi momento. Se farò qualcosa che non dovrò fare, uccidimi con le tue mani. Hai la mia autorizzazione.” La guardò con il fuoco negli occhi. “Mi seguirai?”

“Ho capito.” Respirò profondamente. “Se questo è ciò che desidera, son pronta a seguirla sino all’inferno.”

Proprio come le aveva detto quel giorno nella sua casa, lei l’avrebbe protetto. E niente gli avrebbe fatto dubitare delle sue parole, pronunciate con la sofferenza di chi sapeva cosa stava dicendo. Riza non l’avrebbe mai deluso e sarebbe sempre stata al suo fianco, pronta a guardargli le spalle ed evitare che lui si trasformasse nuovamente in un assassino. Lei era lì, al suo fianco, per vedere realizzato il suo sogno.

Si alzò, e con le mani dietro la schiena, l’aria forte e determinata come aveva visto sul viso di quella giovane donna ancora davanti a lui, e si voltò verso la grande finestra alle sue spalle. Il sole stava tramontando ancora una volta, tingendo di rosso tutto il paese. Aveva scelto quegli uomini per avere qualcuno su cui contare, per non essere solo a percorrere la strada che l’avrebbe portato a realizzare il suo sogno.

“Io non sono altro che un essere debole, per questo motivo ho bisogno del vostro aiuto per far in modo di proteggere tutto.” Disse, le spalle rivolte a loro, mentre i suoi occhi fissavano la discesa del sole, il futuro. “Proteggerò le vostre vite e voi proteggerete le persone che stanno sotto di voi, non importa quante. Quelle persone a loro volta ne proteggeranno altre ancora.” Continuò, mostrando il suo ideale, sebbene molti l’avessero definito immaturo, ma come aveva detto ad un suo caro amico, quando questo si sarebbe realizzato non sarebbe stata che un’altra cosa diventata possibile. “Non importa cosa potrà succedere, dovrete vivere e andare avanti con la vostra forza di volontà. Viviamo e cambiamo questo paese tutti insieme.”

Era una promessa.

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Ok, direi che mi ritengo decisamente soddisfatta di questa piccola one-shot. L'ho scritta riprendendo qualche dialogo presente nel vol. 15 del manga, e ci ho costruito attorno quello che secondo me è il rapporto che Mustang e Hawkeye - una delle coppie più belle del lavoro della Arakawa - tengono celato. Avrei voluto scrivere più a fondo di questo rapporto, ma per una one-shot mi sembra abbastanza. Malgrado non ci sia niente di così evidente che possa far pensare ad una storia d'amore tra i due - come il più che agognato bacio intriso di passione - penso che quel bacio in fronte sia altrettanto significativo in una situazione del genere. Inoltre mi è piaciuto entrare nella testa di Mustang e scoprirlo più vulnerabile di Riza... Ma capace di dare tutto se stesso se lei è al suo fianco.

In cantiere ci sarebbe anche la stessa storia vista con gli occhi del falco, ma chissà che non lasci solamente questa, tanto per restare affezionati a Roy :) Ad ogni modo, spero vi sia piaciuto questo piccolo accenno al legame che ho voluto creare tra i due basandomi sulle parole della Dea Arakawa!

Grazie a chiunque avesse letto questo mio lavoro!

Irina

  
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