Dichiarazioni
Il giorno dopo, il volo
era previsto per il pomeriggio. Nonostante gli avvenimenti della sera
prima, Yasu aveva dormito profondamente, ma dover riaffiorare allo
stato cosciente era doloroso. Quando dischiuse faticosamente le
palpebre, vide la propria mano posata sul cuscino, a pochi centimetri
dal naso. Naturalmente, le dita di Katagiri non vi avevano lasciato
nessun segno visibile, in fondo si era trattato solo di un lieve
buffetto, eppure aveva la sensazione che bruciasse come una ferita
aperta.
Era stata stupida, presuntuosa e affrettata, come sempre. Aveva sin da
subito percepito l’aura di dolore che Katagiri emanava e
proprio quando lui le aveva spiegato tutto, aprendogli il suo cuore in
modo tanto sincero, lei, con la sua solita delicatezza, aveva tentato
di forzare le sue difese.
Una ragazzina, una stupida ragazzina, ecco cosa sei, Yasuko
Wakabayashi, disse una voce ben nota dentro di lei. Quando
inizierai ad accorgerti anche degli altri? Il mondo non gira attorno a
te, riecheggiarono nella sua testa le parole di Ken.
Ancora una volta era stata cieca di fronte ai sentimenti degli altri e
ancora una volta aveva fatto soffrire qualcuno.
Come allora sentì il bisogno dell’unica persona
con cui invece l’intesa era sempre stata naturale e perfetta.
Accese il pc e sorrise vedendo che Genzo era online. Quella storia dei
gemelli funzionava maledettamente bene.
Niente allenamenti? gli scrisse.
Vado fra poco… per un po’ sono tutto
tuo…
Pensa che culo…
Spiritosa… tanto lo so che se mi contatti
è perché hai da lamentarti di qualcosa…
Non è vero!:( Hai davvero una pessima concezione di tua
sorella… Rispose lei, seccata che ancora una
volta Genzo avesse colpito nel segno. Accettò il suo invito
alla videochiamata.
L’immagine sgranata di suo fratello fece un mezzo sorriso e
un saluto con la mano, che lei ricambiò. Poi vide le
sopracciglia del ragazzo corrucciarsi: “Dove cavolo
sei?” le chiese.
“In un albergo a Parigi…”
“Da sola?”
“Sì, vuoi controllare? Posso puntare la webcam
nell’armadio o nel bagno…”
“Non cambiare discorso… cosa cavolo ci fai a
Parigi?”
“Ho accompagnato Katagiri a un meeting…”
“Katagiri? Munemasa Katagiri?”
“Sì, ci siamo incontrati a Londra e mi ha chiesto
di accompagnarlo qua per fargli da interprete”
spiegò con un’alzata di spalle.
“Mmmm… non mi sembra bello che tu viaggi da sola
con lui…”
Yasu spalancò gli occhi. “Genzo, ma sei fuori?
Munemasa è una persona rispettosissima…”
“Lo devi conoscere bene se lo chiami per
nome…”
La posa da fratello geloso presa da Genzo, sprofondato nella sedia,
braccia incrociate e sopracciglio inarcato, l’avrebbe fatta
sbellicare dal ridere, se la sua ennesima intuizione non
l’avesse fatta sudare freddo.
“Smettila, sei assurdo… per non dire
…obsoleto” lo rimbrottò.
“E mamma non ha detto nulla?”
“No”.
“Appunto, quella già vede il buon
matrimonio…”
“Genzo, finiscila, hai delle idee medievali”.
“È troppo grande”
“Ha solo una decina di anni più di noi…
e comunque non è successo niente”
“Ma…?”
“Ma niente.”
“… ti piace. Andiamo, Yasu, non è la
persona adatta a te.. pensa che scandalo in federazione e poi
è vecchio, dai! Torna un po’ qua da me, ti
presento…”
“Pensa a trovartela per te la fidanzata e lasciami in
pace…”
“Voglio solo che tu non soffra ancora… non
sopporterei di vederti di nuovo…”.
“Non succederà, sono forte, ora”
“Sei la mia sorellina…”
“Tornerò un po’ in Germania da te,
ok?”
“Posso dirlo a Kalz?”
Yasu rise, mettendosi una mano sul viso. “Sì, ma
avvertilo fin da subito che non ho cambiato idea…
hihihi… ciao!”
“Ciao, Ya-chan. Non fare le tue solite cazzate”.
Yasu chiuse il pc, ridacchiando. Se non altro Genzo sapeva metterla di
buon umore. L’idea di tornare in Germania non le dispiaceva:
adesso che era più serena si sarebbe divertita ancora di
più! La nuova prospettiva le mise voglia di alzarsi e
sistemare le valigie, ma di lì a poco bussarono alla porta.
Munemasa.
“Non ti ho vista a colazione… stai
bene?” chiese, non appena Yasu gli aprì.
“Sì, solo… mi sono appena svegliata,
devo fare la valigia…” rispose lei, brusca.
“Mi sono permesso di portarti qualcosa…”
disse, scostandosi per mostrarle un carrello colmo di cibo. Yasu
spalancò la porta per consentirgli di entrare.
Lo stomaco della ragazza brontolò, tradendo il fatto che,
effettivamente, aveva fame: si sedette sul letto avvicinandosi il
carrellino. Quando fece per prendere qualcosa si rese conto di non
sapere da dove iniziare: di fronte a lei c’era
l’assortimento completo di tutto quello che le piaceva di
più, come se lui avesse scrupolosamente preso appunti di
tutto, durante ognuno dei tanti pasti consumati assieme.
Sentì una stretta al cuore. Suo fratello non era
l’unico a leggerle dentro, quindi i casi erano due: o lei era
troppo cristallina o era l’unica assolutamente negata in
quella cosa.
“Non ti piace?” chiese lui, in leggera apprensione.
“No” si schernì lei, agitando le mani.
“È tutto così…
perfetto… che non so da cosa iniziare… come
fai?”.
“A fare cosa?”
“A… sapere quello che voglio. Ken in cinque anni
sotto lo stesso tetto non ha mai capito che io il tè lo
prendo…”
“Con il latte?”
Yasu lo fissò con occhi sgranati e annuì
sorridendo brevemente, ma le labbra presero presto una piega amara.
“A sua discolpa va detto, che io in cinque anni non ho capito
che a lui piacevano gli uomini. Se ci fosse Soda insinuerebbe che
probabilmente neanche Ken si era reso conto che io ero una donna
e…”
“Smettila di crogiolarti nel tuo cinismo” la
rimproverò lui. Poi, come rendendosi conto di essere stato
un po’ duro, proseguì con un tono più
dolce. “Anche se invidio la tua capacità di
scherzare sulla tua storia e su di te… e comunque Soda si
sbaglierebbe…”
Yasu smise per un attimo di ingozzarsi e lo guardò con aria
interrogativa.
“Sei una donna eccome, certo, forse un po’ diversa
dai canoni giapponesi, perché sei forte, indipendente,
decisa… e dici un sacco di parolacce” la
rimbrottò scherzosamente. “Ma sei intelligente e
affascinante e…” inspirò profondamente
e le strinse una mano, la stessa che la sera prima aveva colpito,
sfiorandola piano con la sua. “… e ieri sera avrei
voluto… invece sono stato solo un villano”. Prese
le dita di lei fra le sue, poi le baciò il dorso della mano.
“Perdonami” sussurrò, inginocchiandosi.
Yasu arrossì confusa. “Munemasa ma che
fai… tirati su…” balbettò.
“La maleducata sono stata io…”
“No” sentenziò. “Mi sembra
giusto voler guardare negli occhi qualcuno che…”.
“No, Munemasa, avevo fatto tanti bei discorsi
sull’aspettare il momento giusto e poi…”
Katagiri si alzò di scatto in piedi, quasi in un moto di
rabbia, allontanandosi di qualche passo: “Ma quello era
il momento giusto, Kamisama, era uno dei momenti più giusti
degli ultimi dieci anni. E invece ho avuto paura…”
“Munemasa…” Quel nome, che non gli era
mai piaciuto, gli sembrò miele mentre lei lo sussurrava a
fior di labbra, quelle labbra rosee, ben disegnate e… morbide,
s’immaginò con un fremito. La guardò
avvicinarsi e allungare una mano verso di lui. Il palmo si
posò sul suo petto, laddove il cuore batteva forte.
“Munemasa” ripeté, “Credi
davvero che vedere qualche centimetro in più del tuo viso
cambierebbe quello che provo per te? Mi credi tanto
superficiale?”
“Yasu, sei tanto giovane e bella e piena di vita, so che non
sei superficiale ma non so cosa provi per me, non oso sperarlo. So solo
che io, in questi ultimi giorni, mi sono sentito come non mi sentivo da
anni, come se la mia vita fosse ricominciata da dove si era
interrotta… come se l’incidente non fosse mai
avvenuto… ma la cicatrice sta lì a ricordarmi
che, invece, c’è stato e le cose non possono
cambiare…”
Yasu ascoltò a bocca aperta quella dichiarazione, bellissima
e profonda, a dispetto del tono pratico e concreto, tipico di
Katagiri, con cui era stata pronunciata. La risposta le
sgorgò quasi automatica, direttamente dal cuore:
“Cancellare il passato non serve e comunque non si
può. Ma si può prenderne atto, e costruirci sopra
un presente… e magari un futuro. E lo stesso vale per le
cicatrici: puoi nasconderle, ma sono sempre lì. E allora
tanto vale mostrarle e farne un punto di forza, ricordando gli errori
che ci hanno portato a ferirsi, perché, che ci piaccia o
meno, sono la nostra storia…”
s’interruppe, mordendosi le labbra. “Ma chi sono io
per darti lezioni, come dici tu ‘sono così
giovane’ e soprattutto… non sono migliore di te.
Anche io sono scappata a nascondermi”.
“Se non altro… tu non hai esitato a mostrarmi le
ferite profonde che segnano il tuo cuore…”
“E non ti hanno fatto paura…”
“Solo un po’ di gelosia”
sussurrò lui, quasi si trattasse di un segreto.
Ormai erano vicinissimi, Katagiri posò le mani sui fianchi
di Yasu, poi, con una, dolcemente, risalì lungo il busto,
fino alla spalla e lungo il braccio, fino alla mano ancora appoggiata
sul suo petto. Gliela strinse, e la guidò al volto. Lei
portò anche l’altra mano sulla montatura e,
guardandolo fisso in direzione degli occhi, lentamente, gli
sfilò gli occhiali.
Gli occhi della ragazza fissarono per lunghi attimi quel viso
paradossalmente nuovo. Le palpebre sbatterono più volte,
l’espressione era indecifrabile.
Il ricordo della reazione di Hinata era vivo come non mai e Munemasa
era terrorizzato dall’idea di leggere quel misto di
pietà e ribrezzo anche nelle iridi color nocciola che aveva
davanti.
Ma non accadde.
Lo sguardo di Yasu era serio, indagatore, curioso ma non
c’erano né commiserazione né disgusto.
Infine una luce vi balenò, ad annunciare il sorriso che di
lì a poco si accese sul suo volto. Uno di quei sorrisi puri
e solari che lo facevano impazzire.
“Che bello vederti” disse soltanto.
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Grazie a tutti i lettori e commentatori.
Grazie in particolare a Sandie Rose, spero che la ff continui a piacerti... ormai è quasi finita ma manca ancora *qualcosina*.