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Autore: Healer    12/08/2010    9 recensioni
Avete mai pensato ai protagonisti del tanto amato anime Pokèmon
nei panni dei personaggi della meravigliosa Saga di Twilight?
Benissimo, io ci ho pensato ed ecco che cosa è venuto fuori.
Ma sappiate che non sarà la classica saga di Twilight, ci sarà qualcosa di diverso...
Per esempio, se la persona che si trasferisce nella piovosa città fosse un ragazzo e il vampiro fosse...
una vampira?
Pokèfan e Twilighters, fatemi sapere cosa ne pensate!!
[Personaggi: Altri, Un pò tutti]
Genere: Parodia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'arrivo a Pallet

 

Mi trovavo all'aeroporto di Arenipoli, quando mia mamma Delia mi chiese,di nuovo, se ero veramente sicuro di volere andarmene da casa per andare ad abitare in uno squallido posto come Pallet.
Ma loro volevano partire per cercare un po’ di fortuna in altri luoghi, e io decisi di passare un po’ di tempo con il mio papà.
Nello squallido posto di nome Pallet
.
A sentire questa cosa mi avrebbero preso tutti per pazzo, ma era vero.
Stavo lasciando la calda, anzi afosa, soleggiata, affollata, splendida Arenipoli per andare in un paese umido, perennemente ricoperto di nuvole, bagnato e soprattutto scivoloso di nome Pallet, nella regione di Kanto.
Pur essendo nato la, non ho mai sopportato qual posto. Forse perché mia mamma ne è scappata a gambe levate e si è risposata con Phil.
Io adoro Phil, ma loro vogliono partire per cercare un po’ di fortuna, e io mi toglierò di mezzo per lasciarli soli.
- Ash, tesoro, non ti obbliga nessuno a farlo, sai? -
- Mamma, io voglio andare a Pallet, per rivedere Charlie cioè, papà, volevo dire. - Charlie era il mio padre naturale.
Generalmente lo chiamavo per nome, anche se in pubblico non avevo il permesso di chiamarlo Charlie. Solo papà.


Charlie era il capo della polizia di Pallet.
Che figuraccia, era venuto a prendermi in aeroporto, a Cerulean City, distante chilometri da Pallet, con la macchina della polizia.
Meno male che non aveva acceso la sirena e che non parlava molto.
O forse no.
- Hai i capelli più lunghi dall'ultima volta che ti ho visto. -
Oh. Mio. Dio.
Dice sul serio oppure vuole farmi sentire in colpa perché non passo un estate con lui da quando avevo tipo… quattordici anni?
Quindi tre anni che non lo vedevo.
Si, perché passavo un due settimane a Pallet con mio padre ogni estate, a partire dalla tenera ed innocente età di cinque anni.
Fino a quattordici anni.
Poi ho smesso di farmi considerare un robot, e ho cominciato ad oppormi.
Quel luogo era troppo deprimente per me.
Spencer cercò di continuare la conversazione.
- E più neri. -
- Davvero? - ribattei. Io ho sempre avuto i capelli neri come la pece. - Dall'ultima volta che ci siamo visti li ho tagliati. E il colore mi sembra sempre lo stesso.-
- Allora sono ricresciuti e ricordavo male. -
Thò, fine della conversazione. Bravo papà, su queste cose ci sai proprio fare.
- Siamo arrivati. - dice.
Non mi ero neanche accorto che la macchina si era fermata. Forse perché ero troppo occupato a cercare di dimenticarmi il motivo per cui ero in macchina con Charlie … cioè, papà. E perché ero a Pallet. Meno male che non mi ha dato il benvenuto con una frase tipo "Ash, benvenuto nella tua nuova casa".
Non l'avrei sopportato.
Prese i bagagli, lasciando a me soltanto la giacca a vento. In quel posto era un indumento molto apprezzato.
Una volta dentro, la casa mi sembrava sempre la stessa. Piccola, con gli armadietti della cucina ancora come li aveva scelti mia mamma.
Persino la mia camera era rimasta sempre la stessa.
Ancora con i disegni e i poster attaccati al muro, il buon vecchio computer con un modem grandissimo che si collegava alla cucina. Ricordo che l'aveva chiesto mia mamma, almeno per tenerci un po’ in contatto.
- Allora, questa è la stanza e … li ci sono le lenzuola. Ti piace il blu, vero? -
Ecco, ora mi sento ancora più in colpa di prima.
- Si, mi piace. Grazie. -
- Bene, e … li c'è il bagno. -
- Giusto, un bagno solo … -  volevo tanto che fosse un sussurro, ma non ha funzionato molto bene.
- Ok, allora … io vado -
Annuisco.
Uno dei lati migliori di Charlie, è che non ti ronza intorno.

 

Mentre sistemo la cose in quella che da oggi sarà camera mia, sento delle voci provenire dal giardino che c'è al piano di sotto.
E mio padre, Charlie, insieme ad un altro uomo, su una sedia a rotelle, e c'è una ragazza. Ha un'aria familiare.
A questo punto penso che dovrei andare giù a fare la persona cordiale, giusto?
Si.
Nemmeno il tempo di arrivare alla porta, che Charlie mi chiama.
- Ash, ti ricordi di Billy Black? -
- Si, certo che mi ricordo. - Non mi ricordavo che era su una sedia a rotelle, avrei voluto aggiungere. - Come stai, ti trovo bene. -
- Diciamo che me la cavo, come vedi sono ancora qui. E tu, invece, finalmente sei arrivato. Charlie non smetteva più di parlare di te da quando ha saputo che venivi. -
Wow. Allora prima non voleva farmi sentire in colpa. Davvero i capelli gli sembravano più lunghi.
- Billy, se non la finisci ti ficco la testa nel fango. - Charlie era morto d'imbarazzo.
- Bhè, fatti sotto Charlie, vediamo chi vince! -
E così i due cominciarono una specie di lotta. Uno su una sedia a rotelle, e l'altro sulle proprie gambe.
Ad un tratto mi si avvicinò una ragazza. Era carina. Aveva la pelle abbronzata, i capelli molto lunghi e di un bel colore. Viola. E gli occhi erano di un colore poco più chiaro dei miei. Erano cioccolato al latte.
- Ciao, io sono Iris. Ti ricordi di me… da piccoli facevamo le torte di fango insieme alle mie sorelle… -
- Si certo che mi ricordo di te… e anche di Rachel e Rebecca. Come stanno. -
- Una al college e una si è sposata. -
- Capisco. Per quanto riguarda loro… - dissi indicando Charlie e Billy - fanno sempre così? -
- Oh, si. Anzi con l'età è sempre peggio. -
- Ah, bene… -
In quel momento Charlie cominciò a venire verso di noi, appoggiandosi al pick-up Chavy color arancione chiaro che era posteggiato li.
- Allora, che te ne pare del tuo regalo di benvenuto? -
Oh. Mio. Dio. Io avevo messo dei soldi da parte per comprare una macchina appena arrivato a Pallet, per non farmi scortare da mio padre con quella della polizia, ma sicuramente non avrei mai immaginato che me l'avrebbe comprata mio padre. La mia incredulità era pari a cento.
- Questo? -
- Si, l'ho appena comprato da Billy. Ti piace? -
- Papà scherzi, è meraviglioso! Grazie. - Lo pensavo veramente, non avevo bisogno di fingere entusiasmo.
A quel punto aprì la portiera, e mi misi subito al volante di quella che sarebbe stata la mia macchina.
Iris salì al posto del passeggero.
- Allora, l'abbiamo ridipinta tutta e abbiamo anche rifatto il motore. Apparte che per farlo partire devi premere due volte la frizione, è tutto a posto. -
- Ok allora… di nuovo grazie. Ti serve un passaggio a scuola? -
- No, io vado a scuola nella riserva. Giù, a Seaform Island. -
- Peccato, era bello conoscere almeno una persona. -

Già, perché l'indomani avrei cominciato ad andare a scuola.
Speravo solo di passare inosservato.

 

  
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