‹‹D’accordo,
Anakin. Mettiamo le
cose in chiaro. Siamo a quindicimila anni luce da
Coruscant.››
‹‹Sedicimila.››
‹‹Ecco,
siamo a sedicimila anni
luce da Coruscant – no, anzi, io
sono
a sedicimila anni luce da Coruscant, il che significa che sono a
sedicimila
anni luce dal mio appartamento, il che significa che sono a sedicimila
anni
luce dai documenti che devo redigere per la seduta in Senato di
dopodomani…il
che significa che non ho davvero idea di come riuscirò a
terminarli visto che sicuramente
non torneremo a casa prima della notte.›› E detto
questo, sospirò e intrecciò
le braccia sul petto con aria irritata.
Anakin si
spostò più vicino a lei sulla
panca imbottita sotto la grande finestra e le poggiò la mano
sul ginocchio. ‹‹Stiamo
per uscire dall’iperspazio, amore,››
disse. ‹‹E sarebbe un peccato sprecare queste
due ore di viaggio per tornare
indietro…›› Poi aggiunse, non
riuscendo a
mascherare il sorriso che si stava allargando sul suo volto,
‹‹Se proprio vuoi,
tornati a Coruscant posso darti il mio importantissimo input sulla
questione da
dirimere…›› e mosse le sopracciglia,
allusivo, chinandosi di più su di lei.
Padmé
soppresse in fretta il
proprio sorriso traditore, gli diede un buffetto sulla mano e
l’allontanò da
sé. ‹‹Posso almeno sapere dove stiamo
andando? Sei stato più misterioso del
Cancelliere quando parla dei fondi per
l’esercito.››
‹‹Lo
vedrai tra esattamente due
minuti e mezzo.›› Quindi si girò verso
la piccola griglia di comunicazione alla
sala di pilotaggio: ‹‹3PO, ricordati di togliere
i filtri per l’iperspazio
delle finestre quando arriviamo.››
‹‹Certo, padrone,››
chiamò la voce del droide attraverso i piccoli
fori della griglia.
‹‹Siamo
arrivati?››
‹‹Sì,››
disse Anakin, sorridendo
da orecchio a orecchio. Ogni stanchezza e malumore legato
all’ultima missione
sembrava averlo lasciato, ed era, anzi, gioviale.
Padmé
lo occhieggiò, intenerita ma
profondamente sospettosa. ‹‹Anakin, spero per te
che tu non mi stia portando su
qualche pianeta per una ‘vacanza lampo’ come
l’altra volta, perché -››
Negli occhi
di Anakin balenò un
lampo di soddisfazione al ricordo della sua impresa. Si
chinò un po’ verso di
lei, e disse: ‹‹Vi ricordo, senatrice, che non vi
siete lamentata quando vi ho
tenuta,›› - tappò i fori
dell’interfono con la mano, abbassò la voce,
sensuale,
e le sue labbra erano letteralmente ad un centimetro dalla pelle del
suo collo
e il respiro di Padmé le s’inceppò in
gola - ‹‹comodamente stazionata nel letto
per tutti e tre i giorni, fornendovi piacevoli
svaghi mattutini, pomeridiani -››
‹‹Oh,
anakin!››
Padmé scoppiò a ridere, un po’
scandalizzata, ma
non spinse via Anakin che le stava posando baci leggerissimi sul collo.
Prima
che potesse rispondere, dalla finestra scomparve il filtro opaco usato
per
bloccare le luci accecanti dell’iperspazio, e la bocca le si
schiuse,
meravigliata. La mano che aveva tra i capelli di Anakin si
fermò di colpo, e i
suoi occhi si sgranarono mentre ammiravano lo spettacolo lontano.
Anakin non
alzò il capo, ma
sorrise contro la pelle profumata del suo collo.
‹‹Ti
piace?››
‹‹È
splendida. Oh, Ani.››
Nel nero
inchiostro dello spazio
splendeva una nebulosa, gonfia come una vela, un riflesso onirico,
bellezza
assoluta. Circondata da un’aureola di stelle, punti bianchi
immensamente
luminosi nel buio, un dipinto dei colori più belli
dell’universo immergeva se
stesso e il piccolo yacht di Padmé nel suo alone azzurro,
per nascondere un
nucleo di lillà, rosa, gialli e rossi. La sua magnitudine li
rendeva tutti
assolutamente insignificanti, spettatori tremanti dello spettacolo
della
Natura.
Anakin le
diede un ultimo bacio
sulla spalla e si chinò indietro per ammirare il suo viso.
Padmé aveva le
lacrime agli occhi e un piccolo sorriso sulle labbra. Gli
afferrò la mano.
‹‹Grazie,
Anakin.››
Anakin si
rilassò contro il vetro.
‹‹Siamo abituati a viaggiare tra un pianeta e
l’altro come se ci stessimo
spostando da una città all’altra di un pianeta, e
ci siamo dimenticati com’è...
il viaggio. Ma io non mi sono mai
scordato quanto sono stato affascinato dalle stelle quando le ho viste
per la
prima volta, fuori dall’iperspazio.››
Poi aggiunse, pensieroso: ‹‹L’ho
scovata
assieme ad Obi-Wan, quando avevo diciassette anni. Ci eravamo persi.
Ricordo di
averla battezzata Amidala.››
E
abbassò lo sguardo, come se fosse un po’
imbarazzato.
Padmé
si voltò per guardarlo, e
anche se i suoi occhi erano pieni fino all’orlo di emozioni,
non disse nulla.
Il suo pollice tracciava distratti cerchi sul dorso della mano di
Anakin, e quando
parlò, la sua voce era come sognante.
‹‹Com’è…com’è
nella Forza?››
Anakin
sorrise. Chiuse gli occhi.
Inspirò.
‹‹È
bellissima.››