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Autore: cassiana    13/08/2010    1 recensioni
[Voy] Kathryn Janeway è una donna con una missione: far pagare a Chakotay l'umiliazione che le ha inflitto sul tatami del ponte ologrammi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Chakotay/Janeway
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Mind Games'
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My love is vengeance Nota: scritta per la BDT @ fanfic100_ita  col prompt 015. Blu. 
Questa fic è un ideale seguito di Only the brave ma può essere letta anche da sola.
Time line: prima stagione
Il titolo è un verso della canzone degli Who, Behind blue eyes 


Disclaimer: i personaggi non mi appartengono ma sono dei rispettivi autori. La storia è scritta senza scopo di lucro.



My love is vengeance  

        


                Kathryn Janeway era una donna con una missione: oh non la Missione che la vedeva impegnata come capitano della Flotta Stellare a riportare la Voyager e il suo equipaggio in salvo nel Quadrante Alfa. No, quello perseguito da Kathryn era un obbiettivo più personale. La verità era che ancora non aveva digerito l’umiliazione che Chakotay le aveva inflitto più di un mese prima nel ponte ologrammi. Il comandante aveva approfittato del suo ruolo di sparring partner per portarla ad un tale punto di tensione erotica che lei non aveva potuto far altro che sfogarla contro di lui, su quel tatami, come una puttanella qualsiasi. Quando ci ripensava Kathryn non poteva a fare a meno di infuriarsi, ma nello stesso tempo non riusciva a dimenticare l’odore di Chakotay, il calore della sua pelle, i brividi provocati dal suo fiato contro la gola…e il suo sesso bollente e duro contro di lei. E questo teneva il capitano Janeway in un continuo stato di eccitazione. Il più delle volte era troppo impegnata con le varie attività della Voyager per poter indulgere più di tanto a quei pensieri, ma quando la sua mente era sgombra quei ricordi tornavano ad assalirla e con essi i suoi propositi di vendetta nei confronti di Chakotay: voleva fargli perdere il controllo come lui lo aveva fatto perdere a lei, voleva trascinarlo sull’orlo del baratro e poi negargli il sollievo. Sapeva che Chakotay sotto la nuova uniforme della Flotta era ancora un ribelle e un terrorista, un uomo pericoloso, ma questo rendeva la sfida ancora più eccitante. E d’altronde era stato Chakotay a cominciare e Kathryn voleva dimostrargli che potevano giocare in due a quel gioco. Così il capitano aveva pianificato una sorta di guerriglia verso il suo ufficiale esecutivo: flirtava con lui quando erano soli, lo sfiorava con piccoli tocchi che fingevano di essere casuali, lo provocava in ogni modo possibile. Chakotay riusciva a mantenere un autocontrollo invidiabile ma Kathryn era consapevole del fuoco nei suoi occhi, dei gesti trattenuti a stento, eppure non era ancora soddisfatta, voleva spingere le cose ancora più in là, voleva rendere pazzo di desiderio il suo comandante.
                Chakotay non sapeva se raccogliere la sfida lanciatagli dal capitano. Oh sì, avrebbe ancora voluta sbatterla sulla scrivania della sua sala tattica e guardarla perdere il controllo. Le sue continue provocazioni rischiavano di mandarlo fuori di testa e nello stesso tempo era curioso di vedere fin dove si sarebbe spinta Kathryn, perché era abbastanza sicuro che avrebbe saputo reggere la tensione molto meglio di lei; e l’aveva dimostrato su quel tatami proprio un mese prima. L’ex maquis si rendeva conto che in ballo c’era molto più che una semplice questione di attrazione fisica, quella che stavano giocando era una partita per il potere pura e semplice. Quando Chakotay le aveva chiesto, nel caso la situazione fosse capovolta, se lei avrebbe preso ordini da lui Kathryn aveva eluso abilmente la domanda e lui aveva colto l’occasione per dimostrarle che non bastavano quattro gradi su di una divisa per meritarsi il rispetto di un uomo come lui. Chakotay aspettava che Kathryn facesse la sua prossima mossa lasciando che il desiderio reciproco fermentasse come una sorta di sostanza tossica.
                Qualche giorno dopo Kathryn decise che si sarebbe spinta fino al limite estremo e avrebbe definitivamente dato una lezione al suo primo ufficiale. Aveva cominciato la mattina quando gli aveva chiesto di accompagnarla in mensa. Aveva ordinato un gelato al caffè e aveva scelto un posto strategico: un tavolo appartato dove lei sarebbe stata nascosta alla vista degli altri dall’ampia schiena del comandante. Mentre Chakotay iniziava il suo rapporto Kathryn cominciò a mangiare il suo gelato, un piccolo mugolio le scappò di bocca quando ingoiò la prima cucchiaiata di fredda crema. Chakotay alzò allarmato gli occhi dal padd che stava leggendo:
                - Capitano?
                - Vada pure avanti Comandante.
Rispose lei leccandosi con malizia appena accennata il labbro inferiore. Ma la concentrazione di Chakotay era ormai perduta, tentò di mettere insieme una frase coerente:
                - La situazione in ingegneria sta diventando…difficile…Carey non sa…B’Elanna non vuole…
Si schiarì la voce e lanciò un veloce sguardo intorno alla sala per sincerarsi che nessuno li stesse osservando. Poi tornò a guardare Kathryn e sogghignò: stava giocando con quel dannato gelato come una piccola sgualdrina di una qualche holonovel di serie B. Contemplò affascinato la lingua della donna lavorare il gelato a suo esclusivo beneficio: con la punta ora dardeggiava con piccoli colpi veloci ora accarezzava gentilmente la crema scivolando con lentezza su di essa, poi le labbra si chiusero sul cucchiaino e Kathryn succhiò via quel che ne rimaneva. Chakotay rabbrividì al pensiero di cosa avrebbe potuto fare quella lingua su di lui, la immaginò accarezzare la sua pelle, leccare il suo sudore…Kathryn aveva sul viso un’espressione compiaciuta mentre lo spronava a continuare.
                - Si, Comandante?
Chakotay si risvegliò da quel sogno ad occhi aperti e si accorse del sorrisetto trionfante sul volto del capitano. Sogghignò a sua volta e decise di ignorarla. Mentre Chakotay tornava a guardare il suo padd apparentemente disinteressato Kathryn serrò le labbra con disappunto: le aveva rovinato tutto il divertimento così lasciò perdere, per il momento.
                Più tardi l’intero staff degli ufficiali superiori era riunito in sala tattica per l’abituale riunione di aggiornamento. La sala era buia, illuminata solo dall’animazione olografica dell’ implementazione dei sistemi di sicurezza che il tenente Tuvok stava loro illustrando. Mentre la voce tranquilla del vulcaniano risuonava nella penombra Kathryn osservò Chakotay seduto accanto a lei, le braccia conserte appoggiate al tavolo. Si soffermò sulle mani, grandi e brune, sul profilo irregolare del naso, sulla piega rilassata delle labbra. Avvertì il cuore pompare più veloce il sangue nelle vene e un lieve calore si diffuse lungo tutto il corpo. Con fare negligente Kathryn allungò un piede verso Chakotay che trasalì sorpreso e le scoccò una breve occhiata d’allarme, ma il volto del capitano sembrava tutto concentrato nel seguire la dimostrazione di Tuvok. Chakotay non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un piccolo sogghigno e rispose premendo a sua volta il piede contro quello di Kathryn. Lei si spostò un poco in avanti facendo finta di cercare una posizione più comoda, gli occhi incollati all’immagine olografica. Una mano si poggiò lieve sul ginocchio di Chakotay, poi si spostò lentamente sulla coscia. Chakotay s’irrigidì a quel contatto, il suo pomo d’adamo sussultò visibilmente. Di nuovo la guardò in tralice e la vide mordicchiarsi il labbro inferiore: il capitano aveva deciso di giocare sporco e stava decisamente raggiungendo il suo scopo.                 Chakotay avvertì un familiare fremito nel basso ventre e maledisse Kathryn, si spostò indietro sulla sedia per alleviare la pressione all’inguine. Dopo un poco la mano di Kathryn ricominciò a muoversi, accarezzando lieve la carne soda della gamba dell’ufficiale esecutivo. Chakotay si spostò di nuovo, a disagio, si grattò il naso, infine con un movimento distratto bloccò sotto la sua mano quella del capitano. Kathryn fece per togliere la mano ma la stretta di Chakotay le impedì ogni movimento. Scoccò al suo primo ufficiale un’occhiata furiosa, ma ciò che ottenne in cambio fu un piccolo sogghigno e una strizzatina alle dita. Kathryn deglutì: attraverso il tessuto pesante dei pantaloni della divisa poteva avvertire il calore emanato dal comandante. La pelle ruvida del suo palmo premeva contro il dorso della mano. Poi Chakotay cominciò ad accarezzarle col pollice la pelle sensibile sotto il mignolo e Kathryn si sentì avvampare da un calore insopportabile, desiderò che quel contatto non si fermasse solo alla sua mano, che continuasse lungo l’avambraccio e arrivasse fin sulle spalle e poi più giù. Kathryn chiuse per un momento gli occhi e fremette. Poi tentò di nuovo di liberarsi dalla stretta di Chakotay ma lui non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare. Anzi si rilassò e tenne intrecciate le dita a quelle del capitano a soli pochi centimetri dalla sua virilità e liberò la sua mano pochi secondi prima che le luci si accendessero. Kathryn era in totale agitazione ma dovette darsi in fretta un contegno di fronte agli ufficiali che la osservavano. Quando la riunione terminò, e mai tempo sembrò passare tanto lentamente al capitano, Tom Paris propose una piccola riunione informale da Chez Sandrine per quella sera.
                - Verrà anche lei Capitano, spero.
Chiese il giovane timoniere con il suo solito sorriso beffardo. Kathryn ci pensò su un momento e scrollò le spalle. I suoi tentativi di scombussolare il comandante a quanto pareva erano falliti, anzi si erano ritorti contro di lei: Chakotay era davvero un osso duro. Ma non tutto era perduto, ancora.
                - Perché no? Vuole accompagnarmi, Comandante?
                - Con vero piacere.
Rispose lui sfoderando uno dei suoi incredibili sorrisi. 
                - Allora verrà a prendermi ai miei alloggi alle nove.
Chakotay si avvicinò a lei mentre gli altri sfilavano fuori dalla sala tattica e mormorò in tono scherzoso:
                - Ha tutta l’aria di essere un appuntamento.
Inspiegabilmente Kathryn arrossì e non rispose. Quando restò sola si maledisse per la propria goffaggine. Un tipo come lei, venuta su a pane e avventure, la ragazza d’oro dell’Accademia, il temerario capitano disperso in un quadrante sconosciuto a settanta anni luce da casa avrebbe dovuto essere capace di comportarsi da donna adulta e non come una stupida ragazzetta in preda ad una tempesta ormonale e invece tutto quello che sapeva fare era ridacchiare ed arrossire. Kathryn era disgustata da se stessa, forse avrebbe dovuto rinunciare del tutto a quella strampalata  idea di sedurre il suo ufficiale esecutivo. Semplicemente non era in grado di competere con lui e d’altra parte il suo comportamento era del tutto inappropriato. Tanto per cominciare era il suo capitano e non avrebbe neanche dovuto iniziare a flirtare con lui. E per finire non aveva niente da dimostrare, se Chakotay pensava che avrebbe potuto dominarla soltanto perché era in grado di farla dare di matto solo con il suo sorriso si sbagliava di grosso. Dopo quell’increscioso incidente nell’holodeck avrebbe dovuto deferirlo alla corte marziale. Più ci pensava e più Kathryn s’infuriava con se stessa e col comandante e più era decisa a lasciare perdere tutto e mettere un freno a quella storia. E darla vinta a Chakotay. Il pensiero s’infiltrò molesto nelle sue riflessioni e per quanto lei lo scacciasse come un insetto irritante piano piano cominciò ad avvelenare tutte le buone risoluzioni che aveva preso. Magari alla festa, più tardi, avrebbe potuto divertirsi ancora un po’. In fondo se si fossero fermati in tempo il loro era solo un gioco innocuo.
                Il cinguettio alla porta avvertì Kathryn che il comandante era in perfetto orario e lei sorrise: era pronta a mettere in scena il suo spettacolo. Chakotay era solo al centro del piccolo salone, si guardò intorno e la chiamò. Kathryn fece capolino dalla porta della sua camera con un asciugamano drappeggiato addosso e i lunghi capelli ancora umidi sciolti sulle spalle.
                - Ho fatto un po’ tardi. Può prendersi qualcosa da bere intanto.
Chakotay fu come fulminato da quella visione: Kathryn era splendida e desiderabile. L’uomo non sapeva cosa lo trattenesse dallo strappare quell’asciugamano da dosso al capitano e fare l’amore con lei tutta la notte. Espirò lentamente l’aria dalle narici e scosse lievemente il capo. Fare l’amore con lei: per gli Spiriti da dove gli era uscita fuori quell’espressione? L’amore non c’entrava niente con quello che stava accadendo tra loro, si trattava di lussuria, desiderio, bisogno di dominio, semmai. Non c’era spazio per i sentimenti…aggrottando le sopracciglia Chakotay decise di mettere da parte quelle considerazioni e si diresse verso il replicatore al di sopra del quale era collocato un grande specchio: Chakotay non vi aveva mai fatto caso. Quando alzò lo sguardo con la bibita che aveva ordinato in mano, quasi lasciò cadere il bicchiere perché poteva vedere riflessa buona parte della camera di Kathryn. Un largo sorriso si aprì sul volto del comandante, fosse stata qualsiasi altra occasione e qualsiasi altra donna si sarebbe allontanato immediatamente, ma quello era uno spettacolo allestito proprio per lui, sospettava, e rimase a guardare incantato Kathryn che con solo l’asciugamano passeggiava per la camera in cerca di qualcosa. Chakotay si passò la lingua sulle labbra diventate secche ed avvertì una pressione ben nota all’inguine. Kathryn scomparve per un momento dalla vista per poi ricomparire con l’intimo addosso, non quello standard della flotta ma mutandine e reggiseno neri e forse di pizzo valutò dalla sua posizione Chakotay. I capelli erano già intrecciati e tirati su in un’acconciatura che non le aveva mai visto prima. Kathryn si sedette al suo specchio, si passò un velo di trucco su occhi e bocca e una goccia di profumo dietro le orecchie. E poi i loro occhi s’incontrarono attraverso gli specchi: Kathryn sorrise sorniona e Chakotay si allontanò dal replicatore imbarazzato, come se fosse stato un ragazzetto colto con le mani nel sacco. La sfrontatezza di Kathryn aveva raggiunto un livello davvero ragguardevole.
                Dopo qualche minuto finalmente la donna uscì dalla stanza, il volto soffuso di vago divertimento. Indossava un semplice vestito nero e sandali neri e si stava agganciando un orecchino.
                - Eccomi qui! Vuole aiutarmi?
Gli diede le spalle mostrando la schiena pallida, il vestito ancora parzialmente aperto. Chakotay deglutì di nuovo e le tirò su la cerniera lampo, indugiando con le dita sulla pelle liscia e morbida e Kathryn non riuscì a reprimere un brivido. Si voltò di nuovo e gli sorrise, non in maniera beffarda o maliziosa: il suo fu un vero, sincero, sorriso di felicità per aver condiviso con lui quel momento d’intimità. Chakotay sorrise a sua volta e per un momento i loro sguardi rimasero agganciati.
                - Sarà meglio andare.
Esclamò Kathryn rompendo l’incantesimo. Chakotay annuì e uscì nel corridoio. Non si scambiarono una parola durante tutto il tragitto fino al ponte ologrammi e dal momento in cui varcò la porta di Chez Sandrine Kathryn ignorò il suo primo ufficiale.
                Nel locale c’erano già Harry Kim e Tom Paris, divenuti inseparabili, che giocavano a biliardo e Kes e Neelix che tubavano in un angolo, B’Elanna Torres li raggiunse più tardi, alla fine del suo turno. Con tutti il capitano chiacchierò affabilmente, rise e scherzò amabilmente senza prestare il più minimo cenno d’attenzione a Chakotay, anzi evitandolo abilmente. Dapprima l’uomo fu sorpreso dal comportamento del capitano, quando poi cominciò a capire il suo gioco la rabbia cominciò a farlo ribollire. B’Elanna lo invitò ad una partita a biliardo e lui accettò di buon grado. La furia repressa con cui colpiva le palle non passò inosservata all’occhio attento dell’amica. Terminata la partita Chakotay si ritirò in un angolo del bancone, con una pinta in mano ad osservare il resto del locale.
                - Hey, Chakotay, ma che diavolo ti è preso?
Lo interpellò B’Elanna dopo averlo raggiunto, Chakotay non la guardò ma continuò a seguire Kathryn con gli occhi. B’Elanna seguì lo sguardo del comandante: era fisso sul tavolo da biliardo dove a sua volta il capitano stava giocando una partita con Neelix e Harry, mentre Tom segnava le giocate. La klingon tornò a voltarsi verso l’amico socchiudendo sospettosa gli occhi:
                - Che state combinando voi due?
                - Niente di cui tu debba preoccuparti.
Rispose Chakotay bevendo un sorso della sua birra. B’Elanna emise un piccolo sbuffo di insofferenza:
                - Io forse no, ma ho avuto una chiacchieratina illuminante con Seska. Cos’è: l’hai mollata per correre dietro a Janeway?
Questa volta Chakotay spostò lo sguardo verso l’amica e in un basso tono minaccioso l’avvertì:
                - Attenta B’Elanna.
                - No, stai attento tu! Seska è una donna vendicativa.
Puntualizzò lei, per nulla impressionata e si allontanò senza sapere lei stessa se era più preoccupata o arrabbiata col suo vecchio amico. Dopo un’ora o poco più sia Neelix che Kes lasciarono il ponte ologrammi. Poco dopo anche gli altri tre ufficiali salutarono e se ne andarono. Kathryn e Chakotay erano rimasti da soli, l’aria intorno a loro crepitava di tensione e desiderio represso. Con un sorrisetto Kathryn afferrò dalla rastrelliera una stecca e la inclinò verso il tavolo da biliardo:
                - Vuole giocare una partita Comandante?
                - Non è quello che stiamo facendo?
Rispose secco Chakotay allargando le braccia.
                - Non so di cosa stia parlando.
Replicò lei chinandosi sul tavolo e preparandosi a colpire. Chakotay fulmineo le fu sopra: con una morsa di ferro le bloccò il braccio che teneva la stecca contro il piano verde, mentre tirò dietro la schiena il braccio libero.
                - Volevi la tua rivincita, non è vero?
Esclamò l’uomo con voce roca contro l’orecchio del capitano. Kathryn fu così sorpresa che non reagì subito, con il volto schiacciato di lato guardò in tralice il comandante torreggiare su di lei, avvertì la sua erezione premere calda contro le natiche.
            - Lasciami!
Sibilò. Chakotay invece la tirò indietro, contro di sé, i polsi ancora saldamente bloccati nelle sue mani, le strofinò le labbra contro il collo:
            - E’ così che ti piace, Kathryn?
            - Bastardo!
Ma non si mosse. Poteva sentire il cuore martellare furioso e il calore che emanava Chakotay, le sue dita che premevano contro la pelle delicata dei polsi. Di nuovo era impotente nelle sue mani eppure Kathryn non reagì, i suoi propositi di vendetta diventati inconsistenti. Chakotay sfiorò con la lingua un piccolo lobo carnoso, sussurrò:
            - Hai vinto.
Delicatamente la rivoltò verso di sé, le lasciò libere le braccia e la guardò. Kathryn si sentì inerme: avrebbe potuto schiaffeggiarlo o insultarlo, ma ciò che lesse in quello sguardo la trattenne. Perché negli occhi bruni di Chakotay Kathryn vide ambizione, impazienza, desiderio, possesso ma lesse anche ammirazione, rispetto e…devozione.
            - Avevi già vinto quando ti ho visto la prima volta.
Chakotay sorrise e le sfiorò delicatamente una guancia con il dorso della mano. Kathryn fece per rispondere ma l’uomo la zittì premendo un dito contro le sue labbra. Poi si voltò e la lasciò sola. 
 


 
 

   
 
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