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Autore: GLF    12/10/2005    8 recensioni
Davanti a lei una parete con un’immensa lastra di vetro. Dall’altra parte i membri della squadra. La sua vecchia squadra...
Genere: Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sara Sidle
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sara aprì gli occhi. Dalla sua posizione riusciva a scorgere solo il suo braccio disteso, legato all’estremità da un legaccio, simile a quello usato nei manicomi, e un’immensa luce bianco-giallognola tutta attorno a sè. Davanti a lei una parete con un’immensa lastra di vetro. Dall’altra parte i membri della squadra. La sua vecchia squadra. Catherine era in lacrime, ma Sara non riusciva a capire se fossero di rabbia o di compassione. Warrick la guardava attraverso i suoi splendidi occhi verdi con un misto di odio e pena…Nick era ridotto uno straccio. Due persone care perse in così poco tempo. Sara chiuse di nuovo gli occhi. Non riusciva ancora a realizzare ciò che aveva fatto. Non riusciva a credere che di lì a poco la sua vita sarebbe stata interrotta. Fece un respiro profondo e voltò la testa dall’altra parte. Due medici stavano preparando una siringa. Il liquido letale veniva risucchiato lentamente attraverso l’ago. Sara chiuse di nuovo gli occhi. Sperava che quello fosse un sogno. Ma non lo era. Tutto quello che aveva fatto era stato un incubo irrimediabilmente reale. L’unico pensiero della donna andava al suo amato. Sarebbe mai riuscito a perdonarla?

 
Un anno e qualche mese prima Sara aveva deciso. Gli avrebbe confessato tutto.

Qualche giorno prima lui le era stato vicino, così dannatamente vicino. Lei era paralizzata dalla sua vicinanza. Il suo unico desiderio era di baciarlo. Aveva letto negli occhi di Grissom lo stesso identico desiderio. Ma qualcosa l’aveva fermato, lei aveva mollato la presa, sciolto il magico contatto nato tra loro. Aveva iniziato a straparlare. Aveva accennato al passato… lui aveva finto di non capire. Era stato immobile. In ascolto. Come sempre.

Sara era uscita dalla sala e aveva continuato a lavorare indisturbatamente, non lasciando trapelare le emozioni che le abbracciavano il cuore, che la facevano sentire al settimo cielo. Finalmente viva.

Quella di confessargli i suoi sentimenti era stata una decisione difficile e coraggiosa. L’avrebbe fatto. Di lì a qualche minuto.

Sara aprì la portiera della sua auto e ne scese. Era notte. Chiuse la porta e guardò dritto davanti a sé. Respirò profondamente, si fece coraggio e iniziò a camminare alla volta della casa di Grissom. Aveva il cuore a mille. Sentiva un calore sempre maggiore invaderle l’anima, si sentiva come una ragazzina alla sua prima dichiarazione. Era felice. Era certa che lui contraccambiava. L’aveva visto nei suoi occhi. Oltrepassò il vialetto debolmente illuminato dalla fioca luce della luna. Sotto i suoi piedi,ad ogni suo passo, scricchiolava la microscopica ghiaia. Alzò lentamente il braccio. Stava tremando, la paura si stava facendo largo nel suo cuore. Suonò il campanello. Lui non rispose. Suonò di nuovo, preoccupata. La luce era accesa…lui dov’era? Mille pensieri invasero la sua testa, ma cercò di cancellarli. Lui era lì. Lo sentiva. Lentamente la portà si aprì, un leggero scricchiolio turbò il silenzio di quella magica serata. Un fascio di luce colpì Sara, che per un attimo dovette chiudere gli occhi. Quando lì riaprì e vide quella donna, qualcosa dentro di lei scattò. Una furia incontenibile. Un’ira spaventosa. Gli occhi di Sara si illuminarono. La pazzia era diventato un tuttuno con lei stessa. E nulla l’avrebbe placata. Sophia, mezza nuda, con addosso un misero asciugamano, incredibilmente spaventata da quell’orribile visione, esclamò - Sar... - ma non fece in tempo a finire la frase. Sara aveva estratto la pistola.le aveva sparato all’addome. Un fiotto di sangue uscì dalla ferita, colorando di un rosso brillante il candidissimo asciugamano di tela. Sophia cadde a terra gemente, mentre il sangue le abbandonava il corpo. Sara non si fermò lì. Ora il suo obiettivo era un altro. Il raptus violento che le aveva pervaso corpo e anima la conduceva alla ricerca di quel verme che l’aveva illusa, che l’aveva fatta star male per più di sei anni. Quella persona era lui. Grissom.

L’uomo non aveva sentito lo sparo, siccome la ragazza aveva utilizzato il silenziatore. Sara entrò come un uragano nella camera da letto. Le lenzuola a terra, i vestiti buttati qua e là, la coppa di fragole e lo champagne aumentarono la sua folle ira. Sparò un colpo. Grissom cadde a terra, ancora confuso da quello che stava accadendo. Sara udì la voce implorante di Sophia. La raggiunse e chiuse la porta. Negli occhi della vittima si leggeva il terrore. - Sara… ragiona... non farlo… io non voglio morire! -
- E' inutile che piangi, lurida puttana! TU mi hai portato via Gil! La pagherai per questo! - e a queste parole le scaricò addosso tutto il caricatore. Non contenta prese a torturare il corpo esanime di Sophia tirandole calci con tutta la forza che aveva. - Puttana! Puttana! Puttana! - solo questo riusciva a gridare, mentre intorno a lei si formava un’enorme pozza di sangue. Quando si sentì soddisfatta abbandonò il cadavere straziato della donna e raggiunse di nuovo Grissom, che riverso sul pavimento stava morendo dissanguato.

La ragazza vedendolo tornò in sé. Troppo tardi. Si chinò su di lui, che non poteva parlare, ma che si limitava a fissarla con quegli splendidi occhi blu. Non sembrava arrabbiato. Sara scoppiò in un pianto disperato. Terribile. - Gil, cos’ho fatto! Gil... non morire! Gil... io... io ti amo... ti ho sempre amato! Io... io non posso vivere senza di te... io... oh mio dio, Gil! -
Si sdraiò sul pavimento accanto a lui, appoggiandosi al suo petto oramai coperto dal sangue. Tra i singhiozzi potè sentire il braccio di lui muoversi alla ricerca della mano di lei. Gliela prese. Lei alzò la testa e vide quel desiderio di poco tempo prima riflesso nei suoi occhi. - S... s... Sara... io... io ti - ma il suo sguardo si spense. Il dolce sorriso della morte piombò sul suo volto. Grissom se n’era andato portandosi via anche l’ultima speranza di Sara.
Lei scoppiò a piangere di nuovo. l’aveva perso. E questa volta per sempre. Si chinò su di lui, sperando che quel bacio l’avrebbe risvegliato... ma le lacrime continuavano a scorrere e a rigarle il viso. Era inutile credere nelle favole. L’aveva ucciso. Sara si sdraiò di nuovo appoggiandosi a lui. non poteva più udire il suo respiro, il suo dolce cuoricino battere. Era finita. Non avrebbe mai più rivisto quel suo debole sorriso, non avrebbe mai più rivisto le sue labbra muoversi. Mai più. Non avrebbe mai più sentito la sua voce così incredibilmente calda e maschile, lui non avrebbe mai più potuto pronunciare il suo nome.

Brass la trovò così, distesa sul corpo esanime di Grissom.

Lei non aveva più pronunciato una parola da allora. Era caduta in un profondo silenzio, sola nell’angoscia dei suoi pensieri... quella frase in sospeso la tormentava più che mai.

Il giudice le aveva dato la pena massima. A lei non importava. Era quello che si meritava per aver ucciso Gil.

 

Sara riaprì gli occhi, in lacrime. I ricordi erano sfocati nella sua mente, la follia era stata talmente repentina da quasi non lasciare tracce nei suoi ricordi. L’unica immagine che la tormentava,che era così vivida nei suoi pensieri, era quella di Gil disteso in una pozza di sangue, e quei suoi occhioni blu. Non se lo sarebbe mai perdonato.

Il medico si avvicinò. Il momento della sua morte era arrivato. Sara si mise a piangere silenziosamente. Lo stesso medico provava un’enorme pena nel vedere quella ragazza così carina, così dolce e tenera distesa su quel lettino, consapevole di quello che stava per accadere. Sembrava quasi che il boia cercasse una scusa per non farlo, per andarsene. Ma il suo mestiere era quello. Non aveva scampo. Avrebbe giustiziato quella ragazza. Anche se gli faceva terribilmente pena. Anche se quelle lacrime trasparenti lo rattristavano sempre di più facendogli nascere dentro un terribile senso di colpa.

- Aspetti, la prego - sussurrò Sara. Il boia la guardò negli occhi. - La prego... io... io... io ho scritto le… le mie ultime... le mie ultime volontà in un foglietto… io... io... io vorrei che lo consegnaste ora alla donna bionda al di là del vetro… la prego… almeno morirò… morirò in pace -

Il boia non seppe dirle di no. Le sfilò il foglietto dalla tasca dalle vesti da carcerata e la consegnò al suo assistente che la portò a Cath.

- Grazie... ora... ora può procedere - Sara sorrise al suo assassino che con una fitta al cuore ricambiò il gesto. Poi iniziò la fine. Prese tra le mani la piccola siringa e lentamente perforò l’esile braccio della ragazza. Sara si voltò con la testa verso il vetro. Voleva vedere per l’ultima volta i suoi amici. Voleva lasciar loro la cosa più bella che aveva. Il suo sorriso. Il liquido letale iniziò a invaderle il corpo.

Catherine al di là del vetro, non appena ricevuto il foglietto lo aprì, in preda all’agitazione.


"Cara Cath, cari compagni, amici, la mia famiglia,

io so che non riuscirete mai a perdonarmi per quello che ho fatto… non vi biasimo. L’enorme dolore che mi accompagna è molto simile a quello che giace nei vostri cuori infranti. Io amavo Gil più di me stessa. E avergli tolto la vita… è… scusate non posso far altro che piangere. Piangere per quello che ho fatto. Io sono già morta quella sera, l’esecuzione non mi spaventa… io ho ucciso Gil e ho ucciso me stessa. Le uniche cose che mi hanno tenuta lontana dal suicidio in questo lungo, lunghissimo anno nel braccio della morte siete stati voi ragazzi. Voi. La mia famiglia. Se Gil era il mio uomo, Cath la mia mamma,Warr e Nicky i miei amici di sempre, il mio piccolo Greggo un fratello, e Brass, il caro Brass... una sorta di padre... 'Mi prendo cura di te', così mi avevi detto, Brass… e io non ti avevo creduto. Ho lasciato che l’alcol distruggesse la mia vita, i miei pensieri. E ora sono qui. A scrivere. In questa camera buia e grigia. Le sbarre. E a pochi metri la camera della morte…tra qualche minuto verrò giustiziata. E voi sarete lì, oltre il vetro. A osservarmi morire. Magari con odio. Ma sarete comunque lì con me. Un’altra volta accanto a me. E io non vi dimenticherò mai ragazzi. Cath io non dimenticherò mai il tuo aiuto, il tuo soccorso dopo la faccenda di Hank, non dimenticherò mai il tuo sorriso sempre pronto a consolarmi, i tuoi occhi celesti... le nostre litigate. Tu sei l’amica più cara che ho. Forse l’unica. E se anche ti ho deluso, tu rimarrai per sempre qui nel mio cuore, assieme a Gil. Addio Cath. Warrick… una spalla su cui piangere... sempre pronto ad ascoltare i miei problemi… scusa se ti ho criticato per i tuoi vizi… quando io stessa avevo un problema e non l’ho affrontato. Addio Warrick. Nicky… tenero Nicky… sempre pronto a scherzare… mi mancherai Nick. Addio. Greg… ti prego continua ad essere come sei. Ora tutti necessiteranno di un po' di allegria. Io ti amavo per com’eri… addio Greggo.

E ora è giunto il momento di lasciarvi… queste sono le mie ultime parole. Me ne andrò per sempre. Mi mancherete tantissimo e anche se vorrei dirvi tantissime cose, magari sciocchezze, devo andare. La morte mi aspetta. Ma non ho paura. Me lo merito. Spero che un giorno possiate perdonarmi. perché il vostro giudizio è quello più importante per me, e anche se non sarò più qui, tra voi, sappiate che vi starò sempre accanto. Nel bene e nel male.

Vi voglio bene e ve ne vorrò sempre.

Con amore

La vostra Sara"

 
Quando Sara stava ormai chiudendo gli occhi per cadere nel dolce sonno eterno, Cath si mise a urlare a prendere a pugni il vetro - Sara! Io ti ho perdonato! Sara! Sara! Sara!- le mani possenti di Warrick la trascinarono via dalla lastra di vetro e la racchiusero in un abbraccio pieno d’amore. E così, mentre Cath si abbandonava piangendo e tremando tra le braccia del suo Warrick, le lacrime sgorgavano dagli occhi dolci del tenero Nick, Greg osservava al di là del vetro tremando e singhiozzando, la nostra Sara abbandonò per sempre il nostro mondo, con un dolce sorriso stampato sulle labbra.

E chissà.

Magari un giorno Gil l’avrebbe perdonata.

 

 

 

 

Dedicata a willowsina e sheego

By glf
  
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