Le mie membra sono stanche dopo tutto quel marciare e camminare da un campo all’altro, i miei occhi sono sazi di quelle orribili immagini che mi scorrono davanti, le mie orecchie sono stufe delle grida strazianti di dolore del mio popolo che perisce sotto alle armi tedesche.
I cadaveri esangui della gente sono ormai ammassati ovunque, in attesa di essere bruciati nei forni crematori e le anime di quelli ancora in vita sono ormai svanite assieme alla debole speranza di libertà.
I generali tedeschi non fanno altro che picchiarci e uccidere coloro che, esausti, cadono faccia a terra, ci tolgono il misero rancio che non sazia nemmeno un quarto della fame che ci tormenta le viscere.
Da mesi, oramai anni, non vediamo più le nostre famiglie e i nostri bambini sono spariti dentro quelle strane docce che i nazisti fecero loro fare appena entrati nel campo.
Quando alzo lo sguardo vedo solo gli occhi assenti ed imbevuti di sofferenza dei miei compagni, i loro visi scheletrici, i loro vestiti lerci.
Credo sia meglio guardare il terreno, piuttosto che osservare quella lenta marcia verso la morte.
Ho ancora la capacità di pensare e questo mi dà quella forza che basta per sopravvivere ma ormai la mia umanità è svanita e con essa le mie aspettative.
Se le sono portate via i nazisti.
Si sono presi la mia vita, i miei sogni, le mie speranze e le hanno bruciate come i cadaveri, spargendone le ceneri ovunque nei cieli grigi sopra la mia testa.
Quanto dolore ancora dovrò patire? Quanta sofferenza ancora dovrò osservare prima di poter riassaporare il dolce sapore della libertà?
Nevica.
Il freddo mi punge il cuore ormai vuoto.
Mi trascino sui quei pezzi di ghiaccio che sono i miei piedi e ansimo ad ogni passo che faccio in avanti.
Una fitta al fianco.
Cado a terra e sento urlare –Alzati, viscido verme!-
Ma io non ne ho più la forza, non ce la faccio.
Sento il fiato venire meno e il mio corpo irrigidirsi sopra la nuda e fredda terra.
Piano, piano le mie palpebre si chiudono, diventa tutto buio, non sento, non vedo, non percepisco più niente, il dolore, la fame.
E’ forse questo il paradiso?