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Autore: stud101    18/08/2010    2 recensioni
E se la storia non finisse con un epico confronto tra il bene e il male?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giusto una oneshottina depressiva fatta velocemente e non corretta, w lo stream of consciousness :p
Non è niente di particolare, stavo pensando a una storia complicata per un'altra fiction e ho pensato "e se rendessi le cose più semplici?". Poi arriverà anche la storia lunga. Forse. Con calma. Magari scritta con frasi più lunghe di due parole :)

Buio.

Nella sua testa.

Nel suo cuore.

Se l'era chiesto più volte.

Perché l'aveva salvata?

Perché non l'aveva lasciata morire? Si sarebbe liberato di un peso.

Ecco cos'era, un peso.

No!

Chi aveva parlato?

Affronta il tuo destino!

Destino. Beh, non era certo stata lei a scegliere la sua vita, in fondo.

Haibara!

Era vero. Aveva ritrovato in parte il piacere di vivere. Non doveva arrendersi.

Un vortice, più nero del buio in cui si trovava.

Un parco. Beika? Non lo sapeva.

La colpì come un fulmine a ciel sereno.

Erano lì.

Si girò, con le scarpe che slittarono sull'erba umida.

Un uomo alto, vestito di nero e con lunghi capelli biondi la fissava.

Gin fece scivolare la mano sinistra dentro una tasca interna del suo cappotto.

Haibara si girò e cominciò a correre.

Faceva una fatica enorme. Era come se pesasse duecento chili.

Voltò la testa indietro. Gin le stava puntando addosso una pistola, con un sorriso maligno stampato in volto.

Sherry!

La voce non proveniva da dietro di lei. Si girò sorpresa a destra.

Kudo-kun?

Conan le sorrise, mentre riponeva il farfallino nella tasca della felpa.

In un istante, Gin era dietro di lui. Lo afferrò per il collo.

Haibara! Scappa!


Si svegliò di soprassalto. Aveva il respiro affannato.

Un altro sogno. Ultimamente non le davano tregua.

Attese che il suo battito cardiaco tornasse alla normalità, si alzò e si diresse verso il salotto. Sentiva Agasa armeggiare in cucina.

«Buongiorno, professore.» lo salutò, mettendosi a sedere sul divano.

«Ai-kun! Dormito bene?»

«Si.» mentì. Non voleva preoccupare Agasa per degli stupidi incubi.


Passò la mezz'ora successiva a leggere, sorseggiando il the che il professore le aveva preparato.

Improvvisamente, sentirono suonare il campanello.

«Professore!» era Conan.

«Shinichi! Eccomi!» urlò Agasa, precipitandosi verso la porta.

Haibara tornò a concentrarsi sul libro. Biochimica, non certo qualcosa che avrebbe letto una normale bambina delle scuole elementari.

Udì la porta aprirsi.

Poi un suono ovattato e in qualche modo familiare.

Le si gelò il sangue nelle vene.

Un tonfo.

Haibara si girò, appena in tempo per vedere Gin buttare accanto al corpo del professore il farfallino cambia-voce di Conan.

«Ti sono mancato, Sherry?» esclamò, rivolgendo tutta la sua attenzione verso di lei.

Era pietrificata. Il cuore le batteva all'impazzata. Li avevano trovati. Shinichi era morto. Agasa era morto.

«Ti trovo in forma, sai. Ora mi è decisamente chiaro come hai fatto a scappare, anche se ancora stento a crederci...»

Le si avvicinò lentamente, gustandosi appieno il momento.

Con ogni suo passo, Haibara sentiva una parte della sua vita scivolarle via. Era davvero giunta la fine?

Gin alzò la pistola. «Buon viaggio.»

Le sparò al petto. Il sangue schizzò sul divano.

Haibara si sentì mancare il respiro. Cadde a terra. Alzò lo sguardo con le poche forze che aveva: vide Vodka armeggiare con una tanica. Volevano dare fuoco alla casa, per coprire le loro tracce.

Chiuse gli occhi, aspettando un secondo sparo che non arrivò. Sentì Gin allontanarsi. Riaprì le palpebre. Vodka aveva dato fuoco alla benzina, il fuoco si stava propagando rapidamente.

Uscirono dalla casa.

Haibara non poteva muoversi. Il proiettile le aveva perforato un polmone e riusciva a malapena a respirare. Udì il rombo di un motore allontanarsi, mentre le fiamme erano ormai giunte a un metro da lei.

Era tutto finito, senza preavviso. Cominciò a piangere, e non si fermò finché il rogo non ebbe inghiottito la casa.

E lei con essa.

  
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