“Teddy!”
Sempre la solita Jo. Le ore
trascorse insieme alla zia March non hanno cambiato nemmeno di una virgola il
suo meraviglioso carattere. Si getta tra le mie braccia come una moglie che
saluta il marito tornato dalla guerra, ma so di dovermi trattenere dal
baciarla.
“Jo! Come sta la mia sorellina?”
“Oh, annoiata e stanca di leggere
per quella vecchia befana della zia March. Non vedevo l’ora che tornassi,
Teddy. Mi sei mancato.”
“Anche tu mi sei mancata, Jo” sussurro.
Mi ritrovo ad accarezzarle il viso,
desiderando di farle quella domanda. Ma con Jo ci vuole tempo, bisogna prendere
le cose alla larga e pian piano avvicinarsi al nocciolo della questione. Mi
stacco da lei.
“Sai, il college era una vera noia.”
“Stai scherzando, spero. Con tutti
quei meravigliosi corsi da seguire, con tutte quelle cose da imparare…”
“Beh, senza di te a rallegrare le lezioni, era tutto maledettamente tedioso.”
“Dubito che i tuoi insegnanti avrebbero
gradito assistere alla mia lettura di una commedia di Molière” scherza.
Rido, immaginando quale espressione
potrebbero assumere i miei illustri docenti se Jo decidesse di interpretare al
loro cospetto Il malato immaginario.
“Anche qui è tutto tremendamente
pesante, da quando sei andato via. Insomma, Meg è tutta presa dalle faccende di
casa e dai gemelli, Amy è diventata la dama di compagnia di zia March, e senza
Beth…”
La voce le muore in gola. Sta cercando
di non piangere.
“Comunque sia, ti costringerò ad
insegnarmi tutto ciò che hai imparato in questi mesi al college. Altrimenti rimarrò
indietro e non capirò un accidente di ciò che dici.”
“Oh, Jo, non ho imparato niente che
valga la pena di insegnare. Erano cose talmente noiose che le ho già
dimenticate.”
“Oh, Teddy…” mi apostrofa, quasi
sorridendo, mentre i lunghi capelli le oscillano sulla schiena.
Improvvisamente mi abbandono ai
ricordi. “Non dimenticherò mai quando hai venduto i tuoi capelli per comprare a
tua madre il biglietto ferroviario per raggiungere tuo padre.”
Sorride. “Soltanto perché non volevo
andare da zia March a chiedere l’elemosina.”
“Tu e il tuo orgoglio.”
“L’orgoglio dei March.”
L’orgoglio di Jo, vorrei ribattere, ma qualcosa mi
trattiene. Nei suoi occhi vedo un’altra lacrima.
“Non so se tuo nonno te lo ha
telegrafato, ma mio padre…”
“Lo so. John mi ha scritto. Disse
che Meg era distrutta.”
“Per settimane non ha fatto altro
che sfornare torte” mi informa sorridendo. “Anche Amy non l’ha presa bene. Mamma
invece… insomma, non dico che fosse felice, ma era… serena. Ha detto che papà
aveva avuto una vita fantastica e una famiglia meravigliosa.”
“E’ vero.”
“Non mi sento una figlia
meravigliosa.”
“Lo sei stata. Lui era fiero di te.
Era fiero di tutte voi.”
“Come puoi esserne certo?”
“Si vedeva. Glielo si leggeva negli
occhi quando vi guardava, quando parlava di voi. Adorava tutte quante.”
Non risponde.
“Allora… chi ti accompagnerà all’altare,
quando arriverà il tuo grande giorno?”
Scrolla le spalle. “Nessuno. Però mi
taglierò i capelli e mi vestirò da maschio quando arriverà il momento di Amy,
così la accompagnerò io.”
“Ho sempre pensato che in qualità di
fratello maggiore, toccasse a me scortare Amy.”
“Ho sempre pensato che al matrimonio
di Amy saresti stato lo sposo.”
“Perché?”
“Perché Meg è troppo vecchia, e poi
è già sposata, e Beth non c’è più.”
“Resti sempre tu.”
“Io non mi sposerò mai. Tantomeno
con te, Teddy.”
Forse fare quella domanda non sarà
così difficile. “Perché no? Io e te siamo sempre andati d’accordo.”
“Perché sposarsi è una cosa seria.”
“Non pensi che noi potremmo essere
persone serie?”
“Io posso essere una persona seria, e tu anche. Ma non insieme.”
“Quindi, se io ti chiedessi di
diventare mia moglie, tu diresti di no perché non mi prenderesti sul serio?”
“Che discorsi sono, Teddy?”
“Dimmelo tu.”
“Oh, Teddy, non so nemmeno come
siamo arrivati a…”
“Rispondi alla mia domanda, Jo.”
“Ma…”
“Rispondi, Jo. Se ti chiedessi di
diventare mia moglie, che cosa penseresti?”
“Penserei che stai scherzando. Come
quella volta che…”
“Perché lo penseresti?”
“Perché tu ed io scherziamo su ogni cosa.”
“Va bene. Quindi se ti dicessi ‘Jo
March, vuoi sposarmi?’…”
“…scoppierei a ridere.”
Forse fare quella domanda sarà la
cosa più difficile mai fatta in vita mia. Mi appoggio alla balaustra e dal
ponte osservo l’acqua del fiume.
“Teddy?”
“Sì?”
“Perché mi hai fatto quella domanda?”
Faccio spallucce. “Non lo so. Era un
modo come un altro per conversare, credo.”
“Ti hanno insegnato anche questo, al
college? A fare conversazione con i vecchi amici?”
Il suo sorriso mi contagia. “Jo?”
“Sì?”
“Prima ho mentito. Al college ho imparato una cosa importante che mi piacerebbe
insegnarti.”
“Cioè?”
“Ho imparato che i fatti contano più
delle parole.”
“E che cosa…”
La sua voce si spegne quando le
nostre labbra si incontrano. Faccio scivolare le mie mani sulla sua schiena,
anche se non c’è alcun bisogno di trattenerla. Non mi sta rifiutando.
“Che cosa significa questo?” mormora,
quando tra noi si crea di nuovo un po’ di spazio.
“Se te lo dicessi, non mi
crederesti.”
La lascio andare e raccolgo una
margherita. Lo stelo è lungo e resistente, e riesco ad annodarlo attorno al suo
anulare sinistro.
“Teddy…”
“Jo, c’è un’altra cosa che ho
imparato al college.”
“Che… che cosa?”
“Che la mia vita ha un senso solo se
posso riderne con te.”
“Teddy…”
“Jo, non parlare. Se vuoi
rifiutarmi, strappa quel fiore e calpestalo fino a distruggerlo.”
“Teddy…”
“Jo, non…”
“Teddy, lasciami parlare.”
“Scusa.”
Guarda la margherita, la cui corolla
si restringe al sopraggiungere della notte, poi torna a fissare me. “Pensavo
che dovremmo rendere la cosa ufficiale, prima che uno dei due cambi idea.”