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Autore: Melchan    19/08/2010    1 recensioni
Anche se è proprio da te fare il nome d'un morto a una stella candente, Subaru-kun.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seishiro Sakurazuka, Subaru Sumeragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per La notte di San Lorenzo della nee-san del 2009

E

per il mio set  della Daisuki (10_Clamp)
Prompt: 25. The sky falls and you feel like.

 




 



 Baby save up all your tears,
You might need them someday

(Save up all your tears, Bonnie Tyler)




 

 

 

 

 

 

Subaru non guardava mai il cielo volontariamente, tanto meno di notte.

Non gli faceva bene (gli faceva peggio).

 

La sua indole lo portava a perdersi tra tutto quel nulla assoluto nell’intervallo tra un battito di ciglia e un altro - un intervallo di quelli veloci e isterici che si fanno quando non credi a quello che vedi- e  finiva per sentirsi ancora più piccolo e ab- Ecco, di solito a questo sentimentale e patetico punto scuoteva la testa, senza neanche accorgersene, e riprendeva a guardare davanti a sé, lontano da qualsiasi cirro o astro lontano lontano o cose del genere.

 

Sarebbe stato così facile, così indolore, se solo fosse riuscito a lasciare ogni singola, stupida fugace visione fuori anche da tutto quel gran miscuglio di crampi e fitte maledette da cui era costituito il suo organismo (cercava di usare il meno possibile i termini più riconducibili al sentimentale –anestesia dei sensi mai riuscita).

 

Davanti al totale fallimento, la cosa migliore (la peggiore) che finiva per fare ogni volta era accendersi una sigaretta.

 

Quel giorno d’agosto, che lui sapeva essere tale solo perché pochi giorni prima sarebbe stato il compleanno di sua nonna, il cielo non l’aveva visto nemmeno per sbaglio.

Aveva fatto un esorcismo in un palazzo vicino nel tardo pomeriggio, e adesso si avviava verso casa cercando di non tirare su col naso in mezzo alla via.* A dispetto del clima era riuscito a prendere freddo (cose che capitano, a camminare sotto acquazzoni e temporali estivi con addosso maglie a maniche corte e il solito vecchio pastrano nero), e così doveva concentrarsi per ricordare la storia del camminare, quella che fa “un passo e poi un altro e di nuovo il piede uno e poi il piede due sempre dritto”.

Vagolava per il suo quartiere con l’idea di comprarsi le sigarette e poi andare a casa. Se fosse stato un po’ più in sé si sarebbe detto che aveva già una scorta pronta lì, ma la febbre lo annebbiava abbastanza da renderlo assolutamente determinato a fare una cosa inutile.

In fondo la maggior parte di quello che aveva fatto in vita sua lo era.

 

-*-

 

Pagò le sigarette, assopito in una specie di trance che ai suoi occhi rendeva tutto morbidamente sfocato, poi cercò di mettere a fuoco le case intorno a sé.

Non che si fosse perso, sapeva il nome del quartiere dove abitava e ricordava pure di esserci arrivato, solo che all’improvviso non vedeva più differenze tra i palazzi che lo circondavano: erano tutti completamente identici, nel loro dondolio lento da onde calme.


Quando capì di stare per perdere i sensi lì, sul marciapiede, proprio davanti al negozio di tabacchi dove il commesso anziano sembrava pronto a chiamare il pronto soccorso da quando lo aveva visto apparire barcollante e con gli occhi traslucidi sulla sua porta.

Fece qualche metro cercando di camminare diritto, e poi si aggrappò a un lampione scuro e un poco appiccicoso, cercando di non assecondare le gambe e il loro improvviso e maledetto cedimento.

Prese invece una gran boccata d’aria e smog, e alzò la testa più di scatto che poté per svegliarsi.

 

Fu allora che la vide.

Appoggiato a un lampione sporco in una viuzza di Tokyo, col fiato corto e la febbre a bruciarlo dall’interno, Subaru Sumeragi vide un grande palla di luce bianca sfrecciare per il nero del cielo sopra la sua testa pesantissima.

Fu una cosa di un secondo appena, che nel pieno delle vie illuminate sarebbe stato probabilmente impossibile scorgere con tanta subitanea nitidezza, ma fu, senza ombra di dubbio o di febbre.

Subaru vide una stella cadente sfrecciargli davanti e sparire come era arrivata: d’improvviso, e senza esitazione.

Quasi non se ne rese conto, però, quando pronunciò un nome a voce alta: era un’antica abitudine, quella del desiderio alle stelle cadenti, e gli sembrò di sentire la voce di Hokuto che concitata gli diceva di parlare più in fretta.

 

Il momento finì subito: Subaru si incamminò verso la direzione giusta, la nebbia nel suo cervello di poco diradata, e infine trovò il portone del palazzo alto dove viveva.

Dov’era la confusione di chi sta bruciando vivo, ora che ce n’era bisogno?

Non aveva nessuna intenzione di fermarsi a riflettere su ciò aveva appena (chiesto) detto. Sicuramente il giorno dopo, con la febbre calata, si sarebbe reso conto che quello era stato tutto un sogno, pure confuso, e che dopo aver comprato le sigarette era subito filato in casa e sul proprio letto.


Ignorò la voce che con tono sarcastico e palesemente divertito gli fece notare come fosse improbabile aprire una porta con la chiave di un’altra.

Ignorò la stessa voce che gli diceva che, Subaru-kun, hai imboccato la via sbagliata, la tua è quella accanto.

La ignorò anche mentre rideva smaliziata perché da quando nella tua via c’è una tabaccheria?

La ignorò pure mentre gli faceva notare che ignorarla non l’avrebbe fatta sparire, anche se era una cosa davvero graziosa da parte sua, Subaru-kun.

Subaru ignorò anche l’odore di Mild Seven, e quello altrettanto sottile e penetrante e assassino (pessima scelta di parole) di ciliegio in fiore*.

Ciò che invece non riuscì a ignorare, fu la porta che si apriva davanti a lui.

Aveva seguito le indicazioni della voce, quella voce maledetta e derisoria subito lì dietro di lui, che lo seguiva da prima ancora che muovesse un passo lontano dal lampione dove si era fermato.
Ma non se n'era accorto fino a quel momento.

 

Fece per entrare, tenendo tenacemente la testa vuota da ogni cosa e ogni pensiero, e una volta chiusa la porta e bloccato fuori tutto col chiavistello si trascinò fino al suo letto, senza nemmeno togliere il cappotto; ci si rannicchiò all’interno, invece, e strizzò forte le palpebre chiare, per addormentarsi prima di ricominciare a formulare quelle specie di suoi pseudo-pensieri traballanti e arsi.

 

Fu con stupidi occhi resi lucidi solo dallo stupido sonno che non arrivava nemmeno con quaranta di febbre, che socchiuse le ciglia al sentore di

Seishiro-san



La camera era totalmente buia e senza confine e minuscola, ma lui, che pure era ciò che di più nero ci fosse, era così fottutamente in contrasto con qualsiasi altra cosa.

Subaru lo vide proprio lì davanti, con gli occhiali il cappotto i capelli neri e il sorriso bastardo a bocca chiusa, mentre l’odore, quell’odore che gli perforava il cervello e lo faceva a pezzi come acido dall'eternità, scaturiva da tutta la sua persona.

No, non persona.

Seishiro non era mai stato una persona, figuriamoci adesso.

 

- È davvero il massimo dell’irresponsabilità girovagare in queste condizioni, sai? -

- Fo… ttiti. -

Lo sentì ridere.

- Ti conviene cercare di dormire, invece di balbettare. Ma ammetto che sei delizioso anche così, Subaru-kun. -

- Va…ttene. -

Le doppie erano impronunciabili.

Lo senti ridere di nuovo, della sua risata totalmente spaventosa e cristallina.

- È colpa tua, Subaru-kun. -

Subaru, con gli occhi socchiusi, ma che a chiudersi definitivamente nemmeno ci volevano pensare (ammesso che degli occhi pensassero), lo ascoltò dire con la sua voce di velluto impalpabile che eseguire certi rituali sentimentali era davvero da evitare.

- … anche se è proprio da te fare il nome d'un morto a una stella candente, Subaru-kun. -

 

Subaru non si mosse né commentò nulla. Restò immobile come una statua, invece.

 

Poi però Seishiro si accese una sigaretta nuova, seduto (da quanto? Subaru non lo sapeva, ma nemmeno gli interessava minimamente) sul suo letto, e sorrise. Di nuovo, e come sempre.

Fu lì che Subaru crollò.

Lasciò che la testa pesantepesantepesante gli affondasse nel cuscino e rimase lì a guardarlo e basta.


Seishiro.

Aveva davanti Seishiro, ma Seishiro era morto, e adesso invece era lì davanti a lui seduto sul suo letto e lui si sentiva male e aveva la febbre e aveva il cuore che sembrava volersi spegnere all'improvviso, da un momento all'altro, tanto gli pulsava in gola e

 

- Dormi, Subaru-kun. -

 

 

 

Il mattino dopo Subaru non avrebbe ricordato che la sensazione di una mano fresca sulla fronte ustionante, e sarebbe rimasto tutto il giorno a letto (con un preoccupato Kamui per casa a controllare e vegliarlo, dopo che aveva ricevuto solo gli squilli a vuoto del telefono per tutto il giorno prima –ma questo Subaru lo avrebbe scoperto solo il giorno dopo ancora), a dormire profondamente, immerso nell’odore di Mild Seven e ciliegio che impregnava la casa.

 

 

 

 

Far longer than forever,
As costant as a star,
Like no love ever known

(Far longer than forever, The Swan Princess)

 

 

 

 

 

 

 


___


NB:
* Soffiarsi il naso in mezzo alla strada in Giappone è considerata maleducazione. 

 

*ciliegio in fiore
Questa è una sottile ma indegna citazione a Shadow Zones di Juuhachi Go (la MERAVIGLIA intera sarebbe: 
-Sai di ciliegio in fiore.
Mea culpa. -

*piange lacrime d'amore*) 

 

 

Note di Mel-chan:

 

Scritta per il Ferragosto dell'anno scorso, finora rimasta nei reconditi angoli del mio lj, eccovela <3<3<3 Commentino, please?

 

  
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