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Autore: Stregatta    20/08/2010    6 recensioni
Dominic e Matthew sono due piatti della stessa bilancia - una bilancia decisamente tarata male.
{A sort of BellDom}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hearts in a Cage'
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Disclaimer e premesse:non conosco i Muse, il che è davvero un peccato, e non ho intenzione di lucrare sopra la mia passione per la loro musica e l'affetto che mi ispirano come esseri umani. Su di loro imbastisco delle trame fittizie, questo sì. E mi ci diverto troppo. :D
Monologo interiore attraverso il punto di vista di Dominic fuori, riflessione che temo di aver reso in maniera contorta e pressoché insoddisfacente dentro XD Non so nemmeno se si tratti del prologo di qualcosa o di una one-shot… Solo che, boh. Spingeva tanto, l'ho dovuta scrivere. Vediamo se può risultare almeno godibile per qualcun altro.
Enjoy! :)
 
 

Ragionevole Dubbio
 
 

Non ho mai tenuto un diario. Questa è solo una pagina scritta per noia e per non uscire di testa durante un volo transcontinentale su cui qualcun altro ha voluto mettermi senza sentire ragioni diverse da quelle che mi ha imposto giorni fa per il mio - nostro - bene.

Per farsi perdonare, mi ha comprato un iPhone 4 di cui francamente non sentivo il bisogno e che al mio ritorno scaricherò a lui, perché con certi sfizi tecnologici ci si gingilla volentieri... Basti vedere come è innamorato di Twitter.
Per ora me lo tengo, invece... Si tratta sempre di un suo regalo e non me la sentivo di non accettarlo. Era il suo modo di dimostrarmi che continuava a tenere a me pur pretendendo che ci separassimo per un po'.
Io gli ho lasciato una maglietta, quella bianca con il disegno dorato sul davanti - nonostante la indossi praticamente solo lui, l'ho acquistata io.
Non l'ho neanche fatta lavare. Spero non ci siano macchie nascoste o aloni imbarazzanti... L'ho controllata, sembrava ok.
 
Credo che le nostre fans abbiano un'idea ben più romanzata, tragica, cosmica del... Che nome buffo. E poi perché chiamarlo BellDom? Non avrebbe avuto più senso "Bellward" o "Domatt?" La cacofonia avrebbe imperato, ma la logica avrebbe compensato le mancanze del suono.
Ad ogni modo, la realtà dei fatti è un tantino diversa da come ci si potrebbe immaginare che sia.
Tanto per cominciare, basti pensare al personaggio col quale mi ritrovo a condividere giornalmente la mia esistenza da undici anni di carriera nello show-business a questa parte.
Matthew James Bellamy. Trentadue anni, un metro e settanta arrotondato per eccesso di altezza e peso oscillante fra il "sul serio, fatti ricoverare perché ancora un po' ed i tuoi organi interni dovranno traslocare per mancanza di spazio" allo "scusa se lo chiedo, Matt, ma hai di nuovo esagerato con le penne all'arrabbiata di recente?" - e, per la cronaca, il più delle volte è così, erre moscia, piedi e mani lunghi, occhi azzurri e capelli castani sopravvissuti alle peggiori acconciature e colorazioni.
Matthew James Bellamy ama i carboidrati, andare in bicicletta, le banane, Jimi Hendrix, i funghi allucinogeni, Sergei Rachmaninoff ed il glitter. E, sono abbastanza certo di ciò, ama me.
Fin qui nulla di nuovo.
 
Ciò che Matt non ama invece che si sappia di lui è quanto sia oggettivamente intelligente.
Non parlo dell'intelligenza paranoica che mostra dissertando di politica, di saggi sulla casualità totale e quindi caotica che regola - per modo di dire - i meccanismi funzionali del mondo in cui viviamo, né dell'intelligenza musicale ed ironica che ama sfoggiare quando, per esempio, incastra Chopin, Brian May, Freddie Mercury e Lawrence d'Arabia in un carrozzone pomposo ed irresistibilmente ridicolo rispondente al titolo di United States of Eurasia.
No. L'intelligenza di cui parlo è di stampo prettamente pragmatico, e l'applica nei confronti della nostra relazione - cosa che ingiustamente talvolta gli rimprovero, pur accettando i suoi ragionamenti per quello che sono: sensati, nella più irritante delle maniere possibili. Ossia, quella che mi vede come la parte in torto della situazione.
 
Io lo amo molto e da molto tempo. Credo di portarmi dietro il seme di questo sentimento fin da quando, troppi anni fa, mi ha convinto di essere un chitarrista decisamente superiore rispetto a quello che militava assieme a me nei Gothic Plague - povero Dave, spero mi abbia perdonato e che non si stia mangiando i gomiti, a quest'ora - e gli ho concesso di prenderne il posto senza sapere che in realtà non sono gli altri che concedono ma lui che prende, sempre e comunque.
E poi ha preso me, sì. Passando prima per la mia fiducia, poi la mia ammirazione, il mio affetto, la mia curiosità in campo sessuale... Si è scavato un posto tutto suo dentro di me, e mi è piaciuto.
Mi piace averlo dentro. In tutti i sensi, già - mi sembra superfluo puntualizzarlo, ma lo faccio lo stesso.
Spesso e volentieri sono io a boicottare deliberatamente le sue motivazioni con tutte le armi che ho a disposizione - il mio senso dell'umorismo, i miei baci, la mia mousse al cioccolato... Qualunque cosa.
Odio l'idea che lui riesca ad essere pratico, riguardo tutto questo. Che riesca a mettere sul piatto della bilancia sempre quel qualcosa in più che la faccia pendere a suo favore.
Odio che delle volte debba per forza chiedermi "credi che fra noi sarebbe andata così, se i Muse non fossero esistiti? Se attorno a noi il mondo fosse stato concreto, come lo è quello dei nostri amici a Teignmouth? Sai, la rata del mutuo da pagare, la sveglia ogni mattina alla solita ora, lo stesso paesaggio fuori dalla finestra tutti i giorni, tutto l'anno, tutti gli anni? Non puoi negare quanto essere esclusi da ciò abbia influito su di noi. Non puoi negare che non avresti avuto così bisogno di me, se le nostre vite fossero state normali e sicure, Dom."
Odio che più che la reazione dei media, dei fans o delle nostre famiglie lui tema semplicemente che non ne valga la pena. Io nella sua realtà alternativa in cui sono perfettamente etero e lo considero solo un amico perché non ho bisogno che sia altro, per me, non mi ci rivedo e neanche mi interessa immaginarmici. A che serve? Non saremo mai così. Non lavorerò mai per il minimo sindacale e non chiederò mai mutui... Spero.
Ma lui è seriamente troppo intelligente, e io non posso risentirmi di quanto il suo raziocinio sia incorruttibile. Il mio se l'è mangiato l'amore, mi sa.
Eppure, nonostante ciò, non parlerei di anime gemelle, di amore sacro e maledetto ma di bisogni. Tipo mangiare, bere, dormire. Avere una casa, un rifugio di qualsiasi genere - delle volte si è abbastanza fortunati da averlo a portata di mano anche nella più disperata o fuori dall'ordinario delle situazioni.
Allora chiudi il becco e la porta della tua stanza d'albergo, stringi il tuo dannatissimo migliore amico-amante-marito-moglie-mammachioccia-fidanzata isterica a te e smetti persino di porti delle domande.
O ti lasci stringere, e ti senti allo stesso tempo mancare la terra sotto i piedi per la paura - o la felicità, mentre releghi chissà dove i fantasmi di cose che sarebbero potute essere... se noi fossimo stati...
 
E ora, a non so quanti piedi di distanza dalla terraferma e a quanti chilometri di distanza da lui, è come se tutti quei "se" fossero in procinto di avverarsi... E questo caffè è acqua sporca, vaffanculo.
Se fossi a Como, Matt me lo preparerebbe con la moka e sarebbe tutta un'altra storia.
Me lo porterebbe sul terrazzo, in una tazzina che è un quarto di mug e con un bicchiere d'acqua. Il tè continua a berlo all'inglese, ma il caffè è diventato una faccenda rigorosamente italiana per lui da quando si è trasferito sul lago.
Mi sto privando di quel piacere... Mi sta privando di quel piacere solo per essere sicuro di qualcosa in cui io non ho mai smesso di credere.
Il fatto è che lui non crede. Lui osserva, deduce, elabora strategie.
 
Io invece non so cosa fare, non so come andrà a finire e ho paura che come sempre lui abbia ragione su tutto.
 
Staremo a vedere.
 

   
 
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