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Autore: mery_wolf    23/08/2010    4 recensioni
Mi ricordo che papà mi portò al circo, da piccolo. Solo una volta. Sognavo di far nascere il sorriso sul viso di una persona triste con facilità inaudita.
Anche ora, non vorrei essere altro che un pagliaccio, con il sorriso indelebile letteralmente disegnato in faccia e vorrei ballare, fare un trucco con le carte e farti vedere com’è bella la luna vista anche da questo mondo.
[...]“Ho sognato te con un grosso naso rosso e del cerone bianco sulla faccia.”
“Un Clown, cioè?”
“...Non so cosa sia un clown, ma ti posso assicurare che mi facevi paura. Quasi.”

[Altra HeiEd. Che vi aspettavate? XD]-[Parallela a Un Superstizioso]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphons Heiderich, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Misfortune and Fortune of a "Ghost"'
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UN MAGO

(Amante del superstizioso)

 

 

 

One, two, three, four…

 

Mi ricordo che papà mi portò al circo, da piccolo. Solo una volta.

È bastata per farmi sognare, quando litigavo con mia madre o con entrambi i miei stupidi genitori, di prendere le mie cose, raccoglierle in un tovagliolo a quadretti gialli e fuggire per andare a vivere in quei tendoni giganteschi. Sognavo di avere una famiglia stramba e gigantesca, di divertirmi senza bisogno di prendere medicine due volte al giorno. Sognavo d’imparare a far apparire un mazzo di rose dal taschino della giaccia con un niente.

Sognavo di far nascere il sorriso sul viso di una persona triste con facilità inaudita.

Anche ora, non vorrei essere altro che un pagliaccio, con il sorriso indelebile letteralmente disegnato in faccia e vorrei ballare, fare un trucco con le carte e farti vedere com’è bella la luna vista anche da questo mondo.

Vorrei saper fare una smorfia e farti ridere, Edward.

Mi ritrovo a rimpiangere di non essere scappato al circo e non aver imparato come si fa a prendere in giro la vita che, ora, mi sta uccidendo.

 ***

“Insomma, si può sapere perché ti sei messo a correre a quel modo?”

Entrando in casa, aveva sbattuto la porta fortissimo. L’eco sorda che rimbombò per un decimo di secondo gli impedì di incolparlo come voleva. “Lascia perdere.”

“No, adesso me lo dici!” urlò accendendo le luci.

Togliendosi il cappotto, Alfons aveva guardato fuori dalla finestra quella Monaco buia e non le era sembrata tanto spaventosa.

“Vorrei sapere perché te la prendi tanto.”

“Perché non mi dici cosa ti prende!”

“E te lo dovrei dire?”

“Sì!” strepitò, per poi pensare e aggiungere. “Insomma, non ho capito cos’è successo. Eri così tranquillo, prima, e poi sei fuggito come se avessi visto un fantasma.”

Dirglielo? Non dirglielo?

Magari inventare una balla e chiudere il discorso, senza guardarlo negli occhi. Edward aveva una certa abilità a litigare per le cose più stupide.

“Il cane.” Disse, per spiegare tutto.

“Cosa? Che significa il cane? Non vuoi che io dia da mangiare ai randagi?”

“No, non è questo.” Edward sbuffò. “Sono allergico al pelo dei cani.”

Lo vide spalancare gli occhi, sorpreso, per poi scoppiare a ridere sempre più forte. “Sei incredibile!” urlò, tenendosi la pancia e piegandosi in avanti.

Alfons sentiva come un piccolo spillo, a punzecchiargli lo sterno. “Certo che hai la sensibilità di un bradipo, eh!” esordì, vagamente stizzito.

Subito l’altro smise di annaspare fra le risate e lo guardò truce. “Cosa?”

“Avrei potuto avere un attacco d’asma e tu non avresti potuto fare niente, per aiutarmi!”

“Figurati, trovo sempre un modo per risolvere le situazioni!”

Alfons rimase zitto, non avendo la minima voglia di rispondere. Edward avanzò, cercando di attirare il suo sguardo. “Eddai, ma cosa devo fare?”

“...Chiedermi scusa, no?”

“E per cosa?”

“Per essere così antipatico!”

Prese il fiato, prima di rispondere, e non gli diede nemmeno il tempo di tapparsi le orecchie. “SCORDATELO!”

 

Arrabbiarsi con lui equivaleva ad arrabbiarsi con la vita o con la Tubercolosi.

Non c’è battaglia. Non c’è modo di avere una rivincita.

 

Sentì i suoi passi avvicinarsi decisi, fermarsi davanti al suo letto. Sentì prendere un respiro, calmo.

“So che sei sveglio.”

Era indeciso se mandarlo a quel paese o fare finta di niente e continuare a tenere chiusi gli occhi.

Ma non resistette al desiderio di voler guardare i suoi, che al buio risplendevano come un oro antico.“Che vuoi?”

“Alfons.” Disse, facendo una lunga pausa. Probabilmente per svegliarlo abbastanza da tenerlo sulle spine. “Dormiamo insieme, stanotte.”

Mugolò, strofinando la guancia sul cuscino caldo. “...perché?”

“Perché ho intenzione di farmi perdonare.”

Certo, infilarsi in un letto già troppo piccolo, incastrandosi come un pezzo di puzzle era un bel modo di chiedere scusa. Alfons non esitò a scostare le coperte.

Quando si fu accucciato in posizione fetale tra le sue braccia, invece di dargli un po’ di pace iniziò a parlare. Era sempre così, quando si sentiva a disagio: vomitava fiumi di parole, qualche volta senza un senso compiuto.

Anche quando gli tappò la bocca, continuò ad esordire con “Sono uno stronzo.”

“È vero.”

Agitandosi fra le coperte, gli tirò un calcio. “Ma tu non dovresti negare, da gentil’uomo?”

Lui rise, provando a poggiare le labbra sulle sue senza risultato. “Non posso negarlo, direi una bugia.” Si accontentò della sua fronte.

Per punizione, intrecciò i suoi piedi – gelidi come ghiaccio – a quelli di Alfons, facendolo rabbrividire. Rispose sfregandoli tra loro, anche se non riusciva a dargli il calore che voleva.

Provò a sfuggirgli e agitarsi ancora, ma lo bloccò una volta per tutte, avvicinando i loro volti così tanto da poter avere il suo respiro sulla faccia. “Non è facile sentirsi a proprio agio quando dormi con un armadio vivente, sai?”

“Fattelo dire: l’attimo in cui dicevi di essere uno stronzo era purissima verità, mh?”

“l mio era solo un modo come un altro per darti l’occasione di assumere il ruolo di maschio dominante in questa casa.”

Alfons rimuginò a lungo su quello che gli aveva detto – ci fu persino un attimo in cui ne fu lusingato – per poi ridergli in faccia. “Oddio, ma cosa leggi sulle enciclopedie? Ti senti quando parli?, mica hai bevuto qualc---“

“E piantala, dai!”

Il tono di voce altissimo zittì entrambi. Alfons si decise a stringerlo a sé e premere le sue labbra sulla vena che pulsava sulla tempia di Edward, con quanta più forza poteva avere.

“Restiamo così, per favore.”

Annuì, mentre posava l’orecchio sul suo cuore che pompava sangue allo stesso ritmo delle sue vene.

Si addormentarono così.

Alfons cercava di entrare nella sua testa, Edward tentava di rifugiarsi nel suo petto.

 ***

Quella è stata la notte in cui li ho visti tutti.

Un uomo circondato da quattro uomini ed una donna, buffi e composti. Sorridevano. Sembravano disposti a farlo per sempre.

Una donna mingherlina ed un uomo gigantesco, l’uno l’antitesi dell’altra. Lei aveva uno sguardo profondo e deciso, con una mano sulla pancia, per proteggere qualcosa.

Un’anzianotta con la pipa fumante ed una ragazza bionda e di gran lunga più bella delle fate che popolano le fiabe: guardava davanti a sé la tranquillità immortale del verde che la circonda.

Una tua copia sbiadita.

Più slanciato, il suo viso più dolce del tuo. Nei suoi occhi c’era la stessa scintilla di magia che c’è nei tuoi.

Mi ha sorriso e mi ha teso la mano. “Fratellone.”

 ***

But I'm just a ghost
And still they echo me

 

Edward si era svegliato di prima mattina e si era già messo all’opera, lavando a mano tutti i piatti della cena della sera scorsa.

Alfons si era svegliato con un gran mal di testa. Rischiava seriamente di svenire, quando, entrando in cucina, il tintinnio fastidioso della ceramica gli trafiggeva il cervello.

“Bentornato nel mondo reale!” esclamò Edward, ma quando vide lo stato in cui era messo non ebbe il coraggio di alzare la voce. “Ehi, ma che brutta cera...” borbottò.

“Ho dormito male, tutto qui.”

“Lo vedo.” Gli si avvicinò e gli stampò a sorpresa un bacio umido sulla guancia. “Hai sognato qualcosa di brutto?”

Alfons lo guardò alienato, per un gesto che non era per niente da lui. “Sai che non mi ricordo bene? Credo... non lo so, un immenso spazio bianco... con... un grande portone sospeso in aria, sai, tipo quelli delle cattedrali.”

Lui annuì pensieroso e quando gli chiese cos’avesse sognato, Ed con un filo di voce, storcendo la bocca: “Ho sognato te con un grosso naso rosso e del cerone bianco sulla faccia.”

“Un Clown, cioè?”

“...Non so cosa sia un clown, ma ti posso assicurare che mi facevi paura.” Incrociò le braccia e aggiunse: “Quasi. Anzi, mi davi il voltastomaco.”

“Fammi capire, tu non sai cosa son—ok, basta, mi sento offeso.”

Prese un po’ di caffè e poi rimuginò a bassa voce: “Magari è Coulrofobico...” poi, arrivando ad una conclusione: “Edward.” Lo chiamò.

Il biondo si voltò verso di lui, non notando affatto la strana espressione che aveva l’altro. “Dimmi tutto.”

“Ricordami che ti devo portare al circo, qualche volta.”

 

They echo me in circles…


Note della pseudo-autrice della malora:

Ma non so cosa mi è saltato in mente quando l'ho scritta, chiedo venia, è stato più di due mesi fa. Io l'ho solo ritrovata e corretta e... sì, è il continuo (si può chiamare così?) di Un Superstizioso, da come si può intuire dal titolo. XDD

Anche se doveva essere dal punto di vista di Edward, visto che "mago" si riferisce a lui - "superstizioso" è per Alfons, ovviamente e_e - ma possiamo tranquillamente arrivare alla conclusione che sono stupida, quindi non l'ho fatto. Vabbè. Le strofe che ho usato all'interno della fic sono dei Paramore, Misguided Ghosts. Amo quella canzone. ;_;

La parola Clourofobico è il termine che viene usato, almeno così mi sono informata ;_;, per coloro che hanno una fobia verso i Clown. Nausea, fiato corto e una sensazione di terrore dovrebbero essere i sintomi che prendono alla vista di questi individui dal trucco eccessivo che non agiscono secondo le nostre normali regole sociali. Forse è idiota attribuire questa fobia proprio al famigerato Edward Elric, ma chissenefrega. Non tutti quelli che la soffrono la sopportano ugualmente: c'è chi sviluppa un vero e proprio terrore, altri solo una certa diffidenza.

Adesso la smetto di annoiarvi, vah. Lanciate i pomodori, se volete. ù_ù

...Sarò qui a pararli.

Wolf

  
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