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Autore: Danu    23/08/2010    6 recensioni
Lei vive da tutta la vita in un villaggio in mezzo alle montagne. Lui non è mai rimasto in un posto fisso.
Al villaggio ogni primavera arrivano i nomadi e Lydia sa che farebbe meglio a non avvicinarsi per nessun motivo a uno di loro. Ma trascinata dall'esuberanza e la spensieratezza di sua sorella, promesse e matrimoni segreti, attrazioni e nuove libertà, si troverà costretta a scegliere tra un matrimonio senza amore, ma con la certezza di un futuro sicuro, e un sentimento a cui per nulla al mondo vorrebbe rinunciare.
"“Vorrei proprio vedere come reagirebbero, o anche solo sentire cosa direbbero, se ti sapessero fuori la notte da sola nel bosco. Se ti sapessero qui sola. Con me.” Mi guardò con fare allusivo sapendo che avrei capito e che sarei diventata rossa.
“Non ho scelto di venire io qui.” ribattei sulla difensiva non sapendo bene come scusarmi.
“Sì, invece. Non sono io che ti ho chiesto di uscire la notte, anche perché non te l’avrei chiesto.” Lo guardai interrogativa e lui rispose guardandomi con aria accattivante e provocatoria: “Sarei direttamente venuto a prenderti."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrivarono in una delle prime giornate soleggiate dell’anno, precisamente a 

Marzo, la vigilia dell’equinozio. È ridicolo che ancora oggi ricordi perfettamente il giorno della loro venuta, ma quei momenti sono rimasti aggrappati alla mia memoria rifiutando di abbandonarmi. 

Era quel periodo dell’anno in cui il mondo sembra risvegliarsi dopo il suo lungo letargo invernale. Il sole risplendeva ogni giorno con più forza e illuminava le chiome bionde e ramate dei lavoratori nei campi, il clima sembrava impazzire mischiando il dolce tepore della primavera a burrascosi temporali e tutte noi potevamo finalmente passare i pomeriggi ad intrecciare corone di fiori.

I prati iniziavano a fiorire e nell’aria si respirava un aroma, o forse semplicemente una sensazione speciale, che rendeva ancora più allettante l’arrivo del calore dopo il gelo dell’inverno. Come ogni anno aspettavamo con trepidazione l’arrivo dell’equinozio per festeggiare la dipartita della triste stagione invernale. 

Tuttavia, non era solo quello che attendevamo. Volenti o nolenti, aspettavamo l’arrivo dei nomadi che, come ogni anno, attraversavano il fiume accampandosi nella parte opposta, come per evidenziare ancora di più la differenza tra noi e loro.

Ogni primavera arrivavano con i loro sorrisi, i loro vestiti sgargianti e la loro condotta assolutamente immorale, come diceva Padre Philip man mano che l’inverno ci abbandonava. Continuava ad inveire contro quel gruppo di “miscredenti” per tutto il tempo in cui rimanevano vicino al villaggio borbottando ogni volta che qualcuno di loro gli passava anche solo accanto.

“Sono fiori colorati e assai graziosi, certo, ma quelli che portano con loro sono i semi del male e, se non preghiamo abbastanza, investiranno tutto il villaggio con la loro eresia!”

Anche se molti erano divertiti dal suo atteggiamento, nessuno lo contraddiceva. 

Tutti, dai capisaldi del villaggio ai contadinelli in miseria concordavano che, nonostante fosse inevitabile, il loro arrivo non avrebbe mai potuto portare nulla di buono.

Credo che soprattutto gli adulti fossero spaventati: quei “miscredenti” avevano sorrisi smaglianti e maliziosi, comportamenti e libertà che potevano attirare facilmente l’attenzione delle loro figlie o distogliere i giovani uomini dai loro doveri. E se ciò fosse davvero successo, come avrebbero fatto a riportare l’ordine? A non rimanerne disonorati?

Per questo, l’atteggiamento della maggior parte dei miei compaesani era caratterizzato da brividi di disgusto o da ripetuti e frenetici segni di croce ogni volta che li si nominava.

A casa avevamo avuto una particolare conversazione a riguardo un mese prima. 

Mia madre stava rammendando qualche vecchio vestito seduta vicino al focolare per vedere meglio nonostante la fievole luce proveniente dalla finestra. 

Charlotte stava guardando fuori dalla finestra con la sua costante aria spensierata. Mi ha fatto sempre sorridere il suo modo di sognare ad occhi aperti, sinceramente credendo che un giorno sarebbe scappata e dopo numerose avventure avrebbe finalmente incontrato e sposato il suo principe. 

Stavo leggendo una fiaba ad Anne, ma subito fummo interrotte da mia sorella.

“Sapete che arriveranno anche quest’anno?” sussurrò cercando invano di non attirare l’attenzione di nostra madre.

Girò il busto verso di noi sorridendo entusiasta. All’istante capii a cosa, o meglio a chi, stava pensando.

“A cosa ti riferisci, cara?” le chiese nostra madre senza neanche alzare lo sguardo dal lavoro.

“I nomadi. Arriveranno questa primavera. Come ogni anno.”

Mia madre alzò finalmente lo sguardo e fissò Charlotte con i suoi occhi azzurri, una smorfia dipinta sul viso come se mia sorella stesse parlando di quando da piccola aveva cercato di mangiare uno scarafaggio.

“Il signor Beckett dovrebbe intervenire una buona volta ed evitare che vengano ad infestare il nostro villaggio ogni anno. Sono persone così sgradevoli!”

“Perché?” chiese Anne con la sua vocetta. Era in quella fase in cui i bambini chiedono spiegazioni su qualunque affermazione dei genitori.

“Perché non credono in Dio e giocano con il demonio.” le rispose con semplicità.

Charlotte sbuffò sonoramente guadagnandosi uno sguardo di rimprovero. “Stai solo attenta a non cadere nelle loro trappole come l’altro anno. È mancato solo un soffio al disonore.”

Mia sorella si girò interamente e con un’espressione offesa esclamò: “ Quelli non erano giochi, madre. Erano sentimenti pieni di amore!”

Fu il turno di mia madre a sbuffare. “Amore è cosa provi per tuo marito. Quella era solo sporca lussuria.”

Entrambe la guardammo a occhi spalancati, incredule di aver davvero sentito ciò che aveva detto. Era il primo accenno a ciò che avveniva tra un uomo e una donna che le avessi mai sentito pronunciare e le mie guance si imporporarono immediatamente. 

Ma prima che potessimo ribattere, mia madre dichiarò: “Non posso cacciarli via o impedire la loro venuta in alcun modo, ma non voglio vedere nessuna di voi vicino a uno di quegli uomini. L’alternativa è essere spedite in convento, vi avviso.”

Nessuna di noi disse qualcosa: sapevamo quando era ora di lasciar perdere. Nonostante tutto, scorsi però lo sguardo freddo che Charlotte le lanciò. 

Mia sorella aveva già diciannove anni e come dicevano ripetutamente i nostri genitori, avrebbe dovuto sposarsi presto. Certo, sempre se non voleva diventare una vecchia zitella per il resto della vita.

Nonostante fossi sicura che ne conoscesse il rischio, era convinta che un giorno o l’altro avrebbe sicuramente trovato il suo futuro.

E quando le chiedevo se c’era almeno qualcuno tra i giovani del villaggio che le poteva interessare, l’unica risposta che ricevevo era uno sbuffo divertito e una smorfia disgustata. Era come se nessuno lì fosse adatto a lei, come se lei fosse nettamente superiore a tutti noi e ciò non lo sopportavo.

Lei affermava sempre, in modo a volte anche troppo melodrammatico, che il solo che aveva mai preso il suo cuore era Aleksandr. Non vedeva l’ora di rincontrarlo quella primavera e sperava che l’avrebbe portata con sé.

Ero molto diversa da lei, essendo costantemente timida e silenziosa davanti agli estranei. Non aspiravo a vivere un’avventura, ma desideravo una vita tranquilla nella campagna. Sapevo chi sarebbe stato mio marito. John, il nostro vicino, mi aveva già chiesto la mano, anche se prima avrebbe dovuto parlarne con mio padre.

Era sempre stato un bravo ragazzo, simpatico, forse troppo semplice per i gusti di mia sorella, ma andava bene e ne ero soddisfatta. Non sapevo se i miei sentimenti per lui raggiungessero l’ amore, ma era pur sempre un amico, l’unico che avessi, ed ero sicura che con il tempo avrei imparato ad amarlo come marito.

Quella tarda mattinata di Marzo eravamo appena usciti dalla chiesa.

Padre Philip aveva in qualche modo saputo in anticipo di tutti noi del loro arrivo e aveva allungato il sermone di almeno un quarto d’ora. 

Quando uscimmo dalla chiesa, sul viso di Charlotte si aprì un grande sorriso. Katherine, la figlia del macellaio, si avvicinò e sussurrò: “Thomas mi ha detto qualcosa di importante questa mattina.”

La guardai ad occhi sgranati. “Si è dichiarato?”

Lei rise senza allegria. “No, sciocca, non ancora.” rispose evitando il mio sguardo. Sapeva che John me l’aveva già chiesto e davvero non capivo perché la cosa la imbarazzasse tanto. Forse era perché era più grande di me di almeno un anno o due.

Thomas era il figlio del boscaiolo ed era molto amico di John. Credo che il fatto che fossero rispettivamente figli di un  boscaiolo e di un falegname, li abbiamo portati a passare molto tempo insieme e a diventare quasi come fratelli.

“Mi ha detto che questa mattina nel bosco hanno incontrato i nomadi. Stavano piantando le tende e sistemandosi nell’altra riva del fiume come sempre.”

“Davvero?” esclamò Charlotte. 

Katherine annuì confusa dall’entusiasmo di mia sorella. “Sì, spero che quest’anno ci lascino in pace, però.”

“Perché? Ti danno fastidio?”

“A Thomas non piace che io debba parlarci assieme o anche solo camminarci accanto.”

Mia sorella fece una smorfia. “Potresti sempre farlo ingelosire. Forse allora ti chiederà la mano.”

Le lanciai un’ occhiataccia, ma lei sembrò non badarci mentre guardava con aria di innocenza la nostra amica. Katherine forzò un sorriso borbottando qualcosa di molto simile a “Ci proverò di certo.” e salutandoci raggiunse i genitori incamminandosi verso casa.

Lanciando a mia volta uno sguardo alla folla, mi accorsi degli sguardi severi di mia madre, ma anche dell’avanzare di John.

Mia sorella sbuffò alzando gli occhi al cielo meritandosi una mia gomitata.

“Signorina Dale.” la salutò con formalità. “Lydia.” sussurrò con un tono talmente intimo che arrossii. Mi porse il braccio e io ci appoggiai cautamente la mia mano.

Ci dirigemmo verso casa. 

Nostra madre e nostro padre camminavano dietro di noi lasciandoci un po’ di libertà e la possibilità di parlare senza essere uditi. Nonostante non li potessi vedere, sentivo i loro occhi osservarci e sapevo che le loro parole erano riferite a noi.

John camminava alla mia destra molto più vicino di quanto sarebbe stato lecito per evitare pettegolezzi, ma non sembrava preoccuparsene. Al contrario, sorrideva con innocenza a chiunque ci guardasse contrariato.

Charlotte era alla mia sinistra, ma non sembrava fare caso a noi. Sembrava nei suoi pensieri non preoccupandosi di tralasciare il suo dovere di chaperon.

“Questo pomeriggio ho intenzione di passare da casa tua.” disse determinato. “Ho deciso che è venuto il momento di parlare del nostro futuro con tuo padre. Voglio chiedergli la tua mano.”

Sorrisi imbarazzata abbassando lo sguardo a terra. “Oh.” risposi.

Si preoccupò immediatamente, anche se non avrebbe dovuto conoscendomi.“C’è qualcosa che non va, Lydia? Hai cambiato idea?”

“No, non impensierirti. Ne sono … contenta.”

“Acconsentirà?”

Mi voltai e lanciai uno sguardo veloce a mio padre. Ci stava osservando con un cipiglio impassibile e non sembrava gradire molto la vicinanza di John a me.

Mi scostai leggermente e gli risposi: “Sono sicura di sì.”

Mi sorrise. “Bene, spero di festeggiare presto il nostro fidanzamento.”

Risposi al suo sorriso cercando di mostrare almeno la metà del suo entusiasmo.

Non dovetti sforzarmi troppo, però. Infatti, la nostra attenzione fu presto catturata da ciò che stava avvenendo in piazza: un gran numero di persone erano raccolte in cerchio. Normalmente sarei andata avanti senza curarmene più di tanto, ma vidi il sorriso di mia sorella e prendendo la sua mano, la seguii mentre si dirigeva curiosa verso la folla.

Quando riuscii a passare attraverso la calca, li vidi. I nomadi, coloro che la maggior parte della gente temeva come la peste, ne disprezzava le gesta e in segreto ne ammirava la libertà.

C’era musica e alcuni di loro ballavano come se avessero il diavolo dentro, con una passione e spensieratezza che non avevo mai notato tra le persone del villaggio. Mi incantai ad osservarne i movimenti e le gesta. Riconobbi i visi di molti di loro, ma non tutti.

C’era un nuovo giovane. Stava suonando un violino. La sua pelle mi ricordava il colore del miele di castagno e bene si intonava con il bordeaux della sua camicia. 

Nei suoi occhi c’era qualcosa di così felice che sentii una fitta di gelosia.

Aggrottai per un attimo la fronte, contrariata, ma proprio quando stavo per distogliere il mio sguardo incontrai i suoi occhi e per un attimo dimenticai di abbassare lo sguardo. Poi venni spintonata da qualcuno e per poco non caddi a terra. 

Quando rialzai timidamente lo sguardo, non mi stava più guardando. I suoi occhi erano chiusi e così rimasero per tutto il tempo.

   
 
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