Che
cos’è l’impotenza
E
cosa la debolezza
Se
non una mente infinitamente potente
Di
creare
Infinitamente
capace
Di
sentire
In
un corpo infinitamente fragile?
Perché
tanta grandezza
Ci
fu data creandoci
Se
puoi entrare in una stanza
E
uscirne non essendo più?
Ricordati
che devi morire
Sicché
ti ricorderai di dover vivere
ANGOLO
DELL’AUTORE
Ancora una volta
una “poesia” di cui avrei fatto volentieri a meno vista la fonte di ispirazione.
Per me è la
seconda estate funestata da un lutto, improvviso e inspiegabile, inpensabile e
straziante.
La tristezza non
è però vana finché non è fine a sé stessa: deve farci pensare, riflettere, solo
così acquisterà un senso.
Poiché nei
momenti di grigiore che ci concede possiamo ragionare liberamente, interrogarci
su noi stessi e sulla vita in generale, finanche, si spera, a trovare un senso,
e da lì nuove motivazioni per ripartire.
“Ricordati che
devi morire”, parafrasando un noto film di Troisi, mi è sempre suonata lugubre
come frase, non adatta a me, demoralizzante, niente affatto ottimistica.
Mi sbagliavo.
Nulla come sentire
la morte vicina ti fa rammentare che il tempo è poco e anche quel che hai ti
può essere tolto.
Sogniamo,
amiamo, proviamo emozioni come nessun altra creatura vivente; eppure potremmo
scomparire in un attimo, senza avere il tempo di salutare nessuno.
Forse, nell’oltrevita,
si potrà ancora sognare, amare, emozionarsi, ma anche da lì non sarebbe
piacevole guardarsi indietro e rimpiangere.
Ama, e se hai
litigato fai pace.
Potresti non
avere altre occasioni.
Vivi.
Non sai mai se
da quella stanza in cui sei entrato, potresti uscire sui tuoi passi.