What if …
La
prima parte della storia è una semplice trasposizione di alcune scene della 39°
puntata di Saiyuki dopo le quali, il racconto si modifica acquisendo un corso
diverso dalla serie televisiva.
A
questo proposito, dopo la prima parte, il racconto è da considerarsi quasi un
universo alternativo ( oltre ad un delirio completo ) dove accadono eventi
completamente indipendenti.
Questo
determina anche il titolo in quanto, le parole inglesi WHAT IF … vengono
tradotte E SE …
Normalmente,
questa dicitura è usata per segnalare racconti dove gli eventi, a un bivio
presente nelle serie regolare, prendono strade molto diverse ( Es. Lady Oscar,
al famoso ballo, invece di presentarsi in alta uniforme, asseconda i desideri
paterni e veste come una donna ).
Ovviamente,
i personaggi di Saiyuki non appartengono a me ma a Kazuya Minekura
Introduzione
( si ricorda che questa parte, tranne qualche licenza, ricalca
fedelmente l’episodio 39 )
Il monaco era seduto
scompostamente sulla lunga panca, la gamba destra piegata in modo da potervi
appoggiare distrattamente il braccio e l’altra a penzoloni giù dal legno.
La parte superiore della
veste cerimoniale, abbassata sino alla vita, permetteva di vedere il nero top
fasciare il busto del Venerabile Genjo Sanzo Hoshi.
Guardando, senza vedere, il
mondo al di fuori della finestra, l’uomo aveva la mente lontana … persa nel
tempo … persa a una distanza di quasi dieci anni … perso in una giornata di
pioggia come quella.
Il suo umore rispecchiava il
cielo, tetro e portatore dei ricordi che tanto avrebbe voluto cancellare …
ricordi del giorno in cui aveva perso per sempre la sua infanzia ed il suo
adorato maestro.
Aveva iniziato a piovere
durante la notte e, nonostante fossero trascorse parecchie ore, l’acqua non
sembrava intenzionata a smettere di cadere.
Sanzo aspirò l’ennesima
boccata di fumo dalla sigaretta che teneva fra le labbra: l’ultima di una lunga
serie i cui, mozziconi avevano ormai riempito il posacenere.
Era completamente solo nella
casa che avevano affittato per la notte: i suoi compagni lo avevano lasciato
con il pretesto di andare a fare provviste … una scusa patetica per uscire dal
suo raggio d’azione ma a cui lui si era
guardato bene dall’obbiettare.
Preferiva che si
allontanassero … che non potessero vederlo in procinto di leccarsi le ferite
come quel debole individuo che era … che non vedessero mentre si contemplava le
mani, nei suoi ricordi ancora sporche del sangue del Venerabile Komyo Sanzo
Hoshi.
L’uomo che era stato il suo
maestro … l’uomo che era stato padre … l’uomo che era morto per salvare la sua
inutile vita.
Goku era stato l’unico del
gruppo ad apparire titubante all’idea di lasciarlo solo.
Tzè, come se lui avesse
avuto bisogno della compagnia di qualcuno.
Assurdo che, dopo quattro
anni di convivenza, la scimmia non avesse ancora imparato ad allontanarsi
quando vedeva il cielo annuvolarsi.
Stupido animale!
Come evocata dai suoi
pensieri, la creatura eretica irruppe nella stanza:
“Sanzo, ti sei svegliato.
Ah, ma cosa fai? Perché non rimani sdraiato? … E smettila di fumare … Ah,
guarda cosa ti ho comprato: delle caramelle per la gola, una mascherina e anche
delle pesche sciroppate …”
Durante questo fiume di
parole, Goku era entrato in casa , aveva posato il sacchetto di carta che
teneva fra le mani ed aveva iniziato ad estrarne il contenuto per poi
aggiungere, dopo una breve pausa per riprendere fiato:
“Senti, vuoi mangiare
adesso?”
“Non ho il raffreddore”
puntualizzò freddamente il monaco senza nemmeno voltarsi verso il suo
interlocutore.
In quel momento l’unica cosa
che Sanzo desiderava era stare solo con il suo dolore, possibile che
quell’essere petulante non riuscisse a comprendere il suo stato d’animo?
Possibile che Goku dovesse
stargli sempre appiccicato?
Il diciottenne, sorpreso
dalla durezza nella voce del suo sole, alzò il capo per osservarlo con gli
immensi occhi dorati: il biondo monaco aveva gli occhi lucidi e la pelle era di
un pallore allarmante.
“Però non hai il colorito di
una persona sana” osò mormorare prima di accorgersi che l’altro stava accendendosi
l’ennesima sigaretta.
D’impulso, il demone si
avvicinò al bonzo strappandogliela di bocca: “Insomma, vuoi capirlo che non
devi fumare?” e poi, più dolcemente avvicinando la propria mano alla fronte
dell’uomo “Voglio sentire se hai la febbre …”
Questo era decisamente
troppo per il biondo monaco che scostò, in maniera violenta, la mano del
ragazzo.
Gli occhi viola dell’uomo,
lanciavano lampi di furia all’indirizzo di Goku:
“Ti ho già detto che non
sono malato”
“E all’ora cos’hai?” domandò
l’altro che, anche se conosceva gli effetti del maltempo sul suo mentore, non
era ancora riuscito a rassegnarsi a vederlo ogni volta ridotto in quello stato.
Quattro anni … avevano
vissuto insieme quattro anni eppure, la persona che per lui era più importante
non si era mai degnata di dargli la minima spiegazione sul motivo del suo
tormento.
“Non mangi niente, non parli
… Ti comporti in modo strano … Che cosa ti è successo? Se c’è un motivo parla
…” ora Goku si sentiva sul punto di scoppiare in lacrime ma, aveva imparato che
queste riuscivano solo ad irritare maggiormente l’uomo che adorava e che ora lo
guardava senza vederlo.
“A te non deve interessare”
la voce di Sanzo sembrava provenire da un luogo molto lontano, un luogo
distante dieci anni.
“Non è vero che non mi deve
interessare! Avanti, dimmi cosa c’è che non va? Ho forse fatto qualcosa che ti
ha fatto arrabbiare?” tornò alla carica.
Il tono petulante della
scimmia fece infuriare il monaco:
“Fai silenzio!”
“Oh, che ho detto …” mormorò
il giovane ma il suo compagno aveva già raggiunto il limite della sua
sopportazione.
Sanzo non era mai stato un
tipo molto paziente ed in quel momento, il suo umore che risentiva anche del
maltempo lo spinse a rovesciare, con un calcio, il tavolo e le cose su di esso
appoggiate.
Goku osservò, come ipnotizzato, il barattolo delle pesche rotolare
sino ad un angolo della stanza.
Il giovane dagli occhi
dorati sentiva una bruciante sensazione di sconfitta: non era la prima volta
che la rabbia di Sanzo si riversava su di lui ed avrebbe dovuto, ormai,
essersene abituato ma, ogni volta che pioveva, gli pareva che la situazione
fosse ancora peggiore della precedente.
“Ma … cosa ti prende … e
pensare che io mi stavo solo preoccupando per te …” mormorò il demone.
“Nessuno te l’ha chiesto” ribatté
l’altro dandogli il colpo di grazia.
L’essere eretico si irrigidì
rendendosi tristemente conto di quanto fosse vero, il monaco non aveva mai
chiesto di preoccuparsi per lui … erano le persone a cui si voleva bene a cui
si domandavano tali attenzioni e Sanzo non voleva certo impegolarsi con uno
sporco demone come Goku.
Il monaco non aveva mai
nascosto i suoi sentimenti verso gli youkai ( si scrive così demoni in giapponese?_Nd.Cassandra
)
Il suo
sole non aveva bisogno di lui e, anche le sue ultime parole rimarcavano questo
concetto:
“Mi sembra di averti detto
di andartene!”
Era decisamente troppo per
il ragazzo che corse fuori dalla costruzione quasi travolgendo Gojyo e Hakkai.
I due, che rientravano in
quel momento dalla spesa, lo osservarono allibiti.
“Che c’è Goku?” gli domandò
il demone gentile.
Il volto dell’essere eretico
appariva stravolto: gli occhi dorati, pieni di un’incommensurabile tristezza,
sembravano essere stati privati della loro luce e le labbra, serrate in
un’espressione desolata, tremavano leggermente
dimostrando quanto il giovane fosse sul punto di prorompere in una crisi
di pianto.
Le lacrime però non
arrivavano: un groppo alla gola di Seiten Taisei Son Goku impediva loro di
sgorgare e di attenuare il dolore del diciottenne.
Il demone scappò via
sottraendosi ai loro sguardi indagatori mentre la voce di Gojyo, gli risuonava
ancora nelle orecchie:
“Hey, scimmia, dove vai?”
Già, dove stava andando?
Nemmeno lui sapeva darsi una
risposta.
Semplicemente, non se la
sentiva di dare spiegazioni su un sentimento che nemmeno lui riusciva a
comprendere e quindi scappava.
Scappava incurante della
pioggia che cadeva incessante … incurante dei richiami dei compagni … incurante
del mondo intero che ancora una volta lo stava rifiutando.
Goku non avrebbe saputo dire
per quanto la sua folle corsa era durata, semplicemente, ad un certo punto, si
era ritrovato sulla riva di un fiume ingrossato dalla pioggia.
Poco distante, una cascata
si immetteva in esso rendendo ancora più suggestivo l’ambiente su cui, poco
distante, vegliava la gigantesca statua di un Budda.
Eppure, nonostante la
bellezza della scena fosse notevole, questa non riusciva a raggiungere il cuore
del demone su cui, implacabile, la pioggia continuava a scendere,
infradiciandogli gli abiti che gli si attaccavano alla pelle.
“C’era bisogno di parlarmi così? Io non …” mormorava tra sé,
ripensando alla scena di poco prima ed alla sua stupidità.
Sì, perché lui era uno
stupido se cercava ancora l’affetto di Sanzo …
Se sperava ancora di essere,
per lui, qualcosa di diverso da una seccatura … da una responsabilità che si
era accollato e da cui non si poteva liberare.
Anche sapendo che il suo
sole lo considerava, in base ai casi, una Bakasaru … un animale domestico … uno
sporco demone ... anche sapendo che mai, Sanzo lo avrebbe ritenuto una persona
da amare, Goku continuava ad adorarlo quanto la sua personale divinità.
Fino a poco tempo prima,
rimanergli accanto, anche subendo il suo disprezzo, gli era bastato … perché
ora si trovava a desiderare disperatamente qualcosa di diverso?
Forse la soluzione era
liberarlo della sua incomoda presenza, anche se l’idea di lasciare il suo sole
gli straziava il cuore.
Almeno Sanzo sarebbe stato
felice di non averlo più tra i piedi e lui era pronto a qualsiasi cosa pur di
non arrecargli ulteriori disagi.
Avrebbe dovuto farlo da
tempo … se non fosse stato tanto egoista, lo avrebbe fatto durante il secondo
anno trascorso a Cho’An.
Ricordava ancora il monaco
anziano che, sogghignando malignamente, gli aveva fatto notare che stava
crescendo velocemente e, molto presto, non essendo più bisognoso della
protezione del Venerabile Sanzo, questo lo avrebbe finalmente allontanato.
Temendo questa eventualità,
Goku aveva ripreso le abitudini che stava lentamente perdendo e che dipendevano
in gran parte dalla lunga prigionia: una volta uscito dalla grotta, infatti,
gli era difficile esprimere i propri pensieri a parole ed era quindi obbligato
a frasi semplici tipo ‘Ho fame’.
Dopo 500 anni di reclusione
doveva anche imparare a riconoscere nuovamente oggetti, luci e suoni tanto da
apparire, almeno mentalmente, come un bambino piccolo.
In seguito, ripresa
confidenza con il mondo esterno, questi atteggiamenti stavano lentamente
venendo meno ma, le parole del monaco lo avevano indotto a ‘fare marcia
indietro’ riprendendo nuovamente far ammattire il bonzo corrotto con le sue
petulanti richieste.
Non gli importava se Sanzo,
esasperato, lo picchiava: l’importante era che continuasse a considerarlo la
sua Stupida Scimmia.
Poi avevano iniziato quel
lungo viaggio e Goku, ogni tanto, aveva tentato di comportarsi da adulto ma,
quando questo accadeva, i suoi stessi compagni apparivano tanto preoccupati da
spingerlo a riprendere i soliti atteggiamenti.
Accidenti, persino quando
voleva semplicemente riflettere doveva fingere di dormire per non essere
subissato dalla loro apprensione … o almeno da quella di Hakkai e Gojyo dato
che Sanzo se ne fregava altamente.
Al monaco era mai importato
di lui?
Il demone non era in grado
di rispondere o, se fosse stato sincero con sé stesso, avrebbe ammesso di non
voler conoscere la risposta.
“Sei tutto solo, Son Goku?”
la voce, che aveva interrotto i pensieri del demone, apparteneva ad un giovane
uomo seduto a gambe incrociate sulla testa del Budda e che lo osservava con
un’espressione indolente.
Il ragazzino alzò il capo
per guardare Homura, il potente Dio della Guerra che più di una volta si era
trovato ad affrontare venendone miseramente sconfitto.
“Stà lontano … Ti consiglio
caldamente di non avvicinarti: sono di pessimo umore” gli fece notare il
castano giovane.
Homura sorrise in cuor sua a
quella bellicosa frase e per nulla impressionato, balzò dalla statua per poi
galleggiare dolcemente, sino a terra.
“Dico sul serio … non mi
prendo responsabilità” ripeté il demone con un tono che stranamente, indusse
Homura ad osservare meglio il suo avversario.
Improvvisamente, il dio si
era reso conto del tono stanco, sconfitto,
che il demone stava usando.
Chiaramente, doveva essergli
accaduto qualcosa di brutto e, i numerosi mesi che l’uomo aveva passato
osservando il quartetto di Konzen, lo spinsero a pensare che quest’ultimo,
nella sua stupidità, avesse nuovamente ferito il giovane.
Quel bastardo non si
meritava l’affetto ingiustificato che Son Goku riversava su di lui … non
meritava di essere il suo sole …
Nonostante questi
pensieri riempissero la mente
dell’uomo, ad alta voce si limitò a chiedere:
“Hai lo sguardo di chi sta
per piangere. Ti hanno trattato male?”
“Fa silenzio!” gli urlò
l’altro dandogli la conferma dei suoi sospetti e gettandosi sul dio con una
furia disperata.
Homura si limitò a scostarsi
prima di rispondere al colpo gettando il suo avversario nel fiume.
“Sei debole … troppo debole
…” constatò mentre Goku si rialzava e tornava ad attaccare.
“Sta zitto!” urlò durante l’assalto.
Homura avvertì nella sua
voce tutta la disperazione dell’essere eretico che parve lacerargli l’animo.
“Che ti succede, Son Goku?
La tua forza non dovrebbe essere tanto insignificante” disse mentre lo sbatteva
nuovamente in acqua.
Stavolta, tramortito, Goku
non si alzò dando il tempo a Homura di avvicinarsi ed afferrarlo per la
collottola.
“Avanti, devi ricordarti chi sei realmente, Seiten Taisei Son
Goku” gli disse rafforzando in cuor suo la decisione che, non molto tempo
prima, aveva preso.
Sarebbe diventato il sole di
Son Goku … avrebbe pensato lui a proteggerlo da tutto e da tutti.
Si sarebbero costruiti un
nuovo mondo … un mondo in cui gli esseri eretici come loro non avrebbero più
dovuto temere la prigionia ed il dolore.
In effetti, questo piano era
molto diverso da quello elaborato all’inizio … quello in cui, il demone sarebbe
dovuto diventare la causa della sua dipartita durante uno scontro all’ultimo
sangue …
Quello che aveva in mente
ora, non prevedeva più la ricerca di una morte onorevole bensì, della felicità
dovuta ad un mondo ed un amore perfetti … due cose che 500 anni prima gli erano
state negate.
Il dio si sentì invadere da
un prepotente istinto protettivo mentre osservava il fanciullo ormai svenuto.
Sebbene avesse diciotto anni
( senza contare i 500 di prigionia durante i quali, il tempo non era trascorso
per Son Goku ) non aveva raggiunto ancora l’apice della sua altezza, i tratti
infantili erano ancora ampiamente presenti sul suo volto e non vi era la minima
traccia di barba.
In pratica, si rendeva conto
il dio, il demone dagli occhi dorati aveva inconsciamente arrestato il suo
sviluppo, fisico e probabilmente mentale, per rimanere in eterno la stupida
scimmia di Konzen Doji.
Poco male, lontano dal suo mentore, il demone avrebbe
velocemente recuperato il tempo perduto.
Homura
abbassò quindi il giovane ( fino a quel momento trattenuto per la collottola )
facendogli adagiare il capo sulla sua spalla, sino a sfiorargli la morbida
guancia, per poi farlo semisdraiare fra le sue braccia.
Goku era così bello ed innocente nel sonno, le sue labbra socchiuse erano un chiaro invito che il dio accolse baciandolo.