Let’s make peace, do you?
[Minako/Kunzite]
Una folata di vento
freddo fece danzare alcune foglie al suolo, contorcendole e mischiandole alla
polvere.
Minako Aino le
calpestò incurante, mentre si poggiava ansante alle ginocchia per riprendere
fiato; i capelli le ricaddero scomposti sulle spalle e sul viso, il fiocco rosso
che sempre portava si era allentato con la corsa, rischiando quasi di cadere.
A quell’ora di sera
il parco era praticamente deserto.
Si sedette su una
panchina di legno, tenendo lo sguardo fisso sulle scarpe da ginnastica. Rivide
nella sua mente la serata appena trascorsa, concentrandosi in particolar modo
sui dettagli, che non sulla scena in generale. Ripercorse i gesti, le
espressioni, gli sguardi, senza prestare attenzione alle parole che le erano
state rivolte: era come guardare un film muto.
Senza andare oltre
a quella revisione interna, scoppiò a piangere in mille singhiozzi, piegando le
gambe al petto e nascondendo il viso tra le ginocchia. Non le importava di
essere rumorosa, non le importava di attirare gli sguardi di qualche curioso.
Voleva piangere e lo avrebbe fatto per bene, senza risparmiarsi
niente.
«Minako…» il suo
nome fu detto con un sospiro, con un tono caldo e pacato, di chi era
preoccupato. Non alzò nemmeno la testa, fece finta di non aver sentito
niente.
«Minako» si sentì
ripetere ancora, e questa volta il suo nome fu accompagnato da un tocco gentile
della mano, sulla sua spalla.
«Non mi rompere, va
via!» urlò arrabbiata, spalancando le sue pozze azzurre su un viso
familiare.
Kunzite la guardava
rassegnato, inginocchiato davanti a lei per essere alla sua stessa altezza.
Ritrasse la mano, sospirando.
«Torniamo a casa,
dai.»
«No! Lasciami in
pace!» urlò ancora lei battagliera, lasciando che il flusso di lacrime le
bagnasse ancora di più le guance e i pantaloni.
Il ragazzo rimase
per un secondo imbambolato a fissare la catasta di capelli biondi di Minako, che
nascondeva le spalle e il viso; non gli piaceva sentire i suoi singhiozzi. Non
gli piaceva sentire le persone piangere in generale, e quando lo faceva lei non
provava fastidio, ma solo dolore e una gran rabbia contro se stesso, perché
sapeva che era colpa sua.
«Minako, mi
dispiace. Non avrei dovuto alzare la voce prima. Scusa.» le disse
sincero.
«Sei solo un
idiota!» urlò in risposta Minako, con ancora il volto
nascosto.
«Lo
so.»
Per qualche minuto
la ragazza restò nella medesima posizione, aspettando che i singhiozzi
diminuissero. Poi, lentamente, alzò la testa, facendo mostra di una bella
candela al naso e due occhi gonfi e rossi.
«Sei uno splendore»
le disse Kunzite con un sorriso.
«Piantala, sono
ancora arrabbiata.» lo riprese, alzandosi dalla panchina e sistemandosi i
capelli. Lui la imitò, mettendosi le mani in tasca e aspettando che si fosse
ricomposta.
«E quando non sarai
più arrabbiata con me?»
Minako non si diede
pena di rispondergli, incamminandosi per la strada da dove era venuta,
allungando il passo come a voler rimarcare il suo cattivo
umore.
Kunzite si mise a
ridere, vedendo quella sua andatura goffa e che non le apparteneva,
raggiungendola in due falcate.
Il tempo di un
bacio ed era già pace fatta.
[496
parole]
Note
autrice:
E’ una cosuccia
piccola piccola, scritta senza pretese e col sorriso. Ho sempre amato gli
Shitennou e inserirli nella vita quotidiana delle Sailor mi fa sbrilluccicare
gli occhi. *O*
Spero che
apprezziate <3
Lee