Salve a tutti
cari lettori. Mi presento sono Giulia e sono praticamente una novellina
nel
mondo delle fanfiction. Questa è la mia prima fanfiction
seria e cercherò di
rendevi partecipi alla storia che voglio raccontare. Per rendervi un
po’ più
curiosi voglio dirvi che di base è tratta da una storia vera
che ho arricchito
per renderla appetibile per la lettura. Lo scopo di questo racconto
è di farvi
entrare nella testa di una adolescenti come tutte le altre, cercare di
mostrarvi con può passare nella testa di una ragazzina. La
nostra protagonista,
Rebecca, è davvero un carattere misterioso e intrigante che
pian piano si
scoprirà lungo la fanfiction. Farà le sue
esperienze di vita e crescerà. Non voglio
annoiarvi. Buona lettura! =)
Giulietta.
Era
una giornata
tipica dell'inverno Vercellese. Freddo pungente, nebbia, nuvole,
asfalto
ghiacciato. Un paesino qualunque di campagna, immobilizzato dalle
temperature
polari e dallo scarso lavoro agricolo poiché “non
è tempo per il riso”. Tutto
il paesaggio sembra racchiuso in un mondo a parte, ovattato, dovuto
dalla
foschia che rende l’atmosfera quasi da film horror. In
realtà era solo
un’impressione...
Infatti,
la Signora
Mazzetti, rispettabile donna pensionata, era in giardino a curare le
sue piantine.
Se la prendeva con comodo perché considerata la stagione, ne
aveva poche da
guardare e annaffiare e ormai le conosceva benissimo forse aveva
addirittura
dato a ognuna un nome. Tutte le sue amiche la consideravano la fioraia
del
paese, perché il suo giardino era bellissimo, curatissimo e
oggetto d’invidia,
infatti tutte cercavano di imitarla. La Signora Mazzetti adorava questo
piccolo
paesino. Ogni qual volta che c’erano novità, non
serviva altro che recarsi al
bar per sapere la notizia completa e talvolta arricchita di dettagli
scandalosi. Dunque, annaffiando abbondantemente le sue adorate piante,
la S.
Mazzetti analizzava in silenzio la novità fresca di
mattinata. -Gioventù
bruciata!- commentava tra se e se perché la cameriera del
bar le aveva raccontato
delle scorribande notturne di una banda di ragazzini un po’
teppisti che la
sera prima, all’una di notte, vagavano per strada cantando a
squarciagola
–Gioventù d’oggi! Sono solo capaci a
fare chiasso!-.
Proprio
mentre era
intenta a fare i suoi soliti commenti e a curare le solite piantine, le
arrivò
“casualmente” all’orecchio una
conversazione fatta con toni un po’ troppo alti.
In casa dei vicini, la famiglia Costa, era in svolgimento una
discussione tra
madre e la figlia minore Rebecca. Cercando di non dare
nell’occhio (e senza
riuscirci!) si avvicinava pian piano alla finestra per origliare...
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-Mamma
piantala…-
Ero davvero esasperata –Rebecca… non mi piace il
tuo comportamento! È
sconsiderato e irresponsabile! Dici di essere matura per i tuoi quasi
16 anni!
Eppure trascuri le cose che sono veramente importanti come..- Ecco,
perfetto!
Mi mancava soltanto la ramanzina da “Manuale della mamma
perfetta”. Se pensa
ancora di convincermi con questo discorso si sbaglia di grosso, povera
mamma
illusa…- e bla bla, bla bla bla non va bene!- …Ma
ha finito?! Devo ancora
mettermi le scarpe e Ginevra mi starà già
spettando con le chiavi della
macchina in mano. Forse se adotto la tecnica >Sorridi e
annuisci< me la
cavo con poco da sto casino –Sisi mamma! Hai ragione! Ora
posso andare…?- Con
la tua solita faccia sconsolata e sull’orlo si una crisi di
nervi finalmente
disse le parole tanto amate..-Chiedi a tua sorella se ti accompagna!-
La mia
sorellona mi salva ogni volta. Proprio in quel momento stava scendendo
con un
maglione infilato per metà con i suoi boccoli castani che le
spuntavano
dappertutto –Bec aiutami cavolo!! Ahi no…
così mi fai male… comunque la porto
io mamma e mi… Ahi scema mi hai fatto male… e mi
fermo con lei!- Ginevra era
imbranata e impacciata, ma era la sorella più pazza e
più brava di questo
mondo. -Eh va bene! Non fate tardi! Ricordatevi che avete una casa.
-Certo
mamma- Rispondemmo in coro ormai sulla porta di casa x svignarcela il
prima
possibile.
Tirandomi
un
cazzotto sulla spalla con la sua solita finezza da camionista, Ginevra
mi
ricordava che le dovevo un favore. E come negarglielo?! Mi ha salvata
da una
situazione terribilmente fastidiosa, che ormai si ripeteva da mesi.
Salite in
macchina, notai la Signora Fiorellino (come la chiamavo io) che ci
guardava
perplessa. La nostra cara vicina aveva sicuramente ascoltato tutti e
domani
mattina, se non un ora dopo, tutto il paese aveva da discutere sulla
mia
disciplina. Si facessero una padellata di fatti di loro vecchie! Sempre
lì a
gufare e a osservarti come sciacalli! Ma onestamente era
l’ultimo dei miei
pensieri. Si perché stavamo andando in uno dei miei posti
preferiti. Dove il
divertimento era assicurato e, beh, c’era il ragazzo che mi
piaceva. Inutile
dire che per una adolescente è essenziale seguire gli ormoni.
Insomma
questo
posto era una specie di capannone dove assieme alla nostra compagnia
stavamo creando
il nostro carro di carnevale. Ah… Carnevale, la
festività più bella dell’anno!!
Lì per me era un mondo
a parte, perché
nessuno ti dava limiti e ridevo tutto il tempo. Peccato che questo tipo
di
svago, che in realtà si rivelava un impegno, mi portava via
tempo allo studio.
le mie prestazioni scolastiche erano nettamente calate e non potevo
negare che
era colpa del carro. Ma non era solo colpa di questo…
Lì avevo conosciuto
Alessandro. Non me ne ero invaghita subito, ma dopo mesi di chiacchere
e
cavolate dette insieme sono caduta nella trappola come una pera cotta.
Tempo
di fare tutte
queste belle considerazioni eravamo già arrivate al
capannone. –Ma ciau
Tope!!!- Ci salutava dall’entrata Gio. L’ amico di
trent’anni ancora fidanzato,
con un debole per le belle ragazze ma che alla fine non era pedofilo,
come
poteva apparire le prime volte. –Siete un po’ in
ritardo oggi!- diceva Gio con
aria da finto arrabbiato –Eh sia com’è!
Quando la mamma ti agguanta e ti fa la
ramanzina è difficile staccarsi!- le miei spiegazioni gli
bastavano per capire
che la situazione non migliorava e cercava di tirarmi su di morale
–Daaaaaaai!
C’è tanto di quel lavoro da fare che la mamma la
dimentichi!-. entrata lì
dentro tirai un sospiro di sollievo. Ed eccolo lì Ale, con
il suo viso carino e
il sorriso sghembo che aveva sempre stampato in faccia. Mamma mia che
batticuore. Mi dovevo avvicinare per salutarlo assolutamente, ma la mia
timidezza mi fotteva sempre tutti i piani per attaccare decentemente
bottone
con lui. Che nervoso! Dai Rebecca, devi farcela! Capelli? A posto.
Sorriso? Non
riesco. Magnifico, stavo deviando per andare a salutare gli altri e lo
ignoravo
completamente. Eh no… così non è farsi
desiderare, così è autolesionismo. –Wei
Bec! Sbaglio o ti sono cresciute? Se vieni qui controllo!- Oddio ce
l’aveva
proprio con me! L’inevitabile umorismo riferito al corpo e al
sesso, tipico dei
ragazzi. –Fottiti Ale, non sono fatti tuoi!- Magari lo
fossero… Nono! Niente
pensieri strani! –Dai non fare la difficile!- Mi guardava
malizioso con il
sorriso che solo lui riusciva a fare, e ogni volta mi
sciolglievo.-Coglione!
Ciao a tutti!-. Tutti si voltarono per salutare me e Gine e come ogni
volta ci
accoglievano a braccia aperte.- Le belle ragazze si accettimo
volentieri!-
frequente anche questa battuta, stava parlando Marco, il più
vecchio della
compagnia. –Marco non fare il cascamorto! Io ho quasi 16
anni..la Gine 19! Non
credi di essere un po’ troppo cresciuto?- Meglio se non davo
corda a lui… avevo
sempre una certa paura di attizzarlo. –We Gio!! Oggi arriva
un nuovo amico
dello scemo!- Diceva Chicco, il più piccolo (ma spesso tre
volte me) urlando
dall’altra parte del capannone… Vidi che Ale gli
lasciava i giornali e lo
insultava per avergli dato dello scemo, ma alla fine era davvero uno
scemo!
Amico?!
Mmm. Chissà
se è carino. Insomma anche se era in rapporti di amicizia
con il tipo che mi
piaceva, un’occhiata potevo sempre dargliela!
D’altronde agli ormoni non si
comanda. -Ehi Veline! Che fate di bello stasera?- Ci chiamavano Veline
me e la
Gine perché io ero bionda con gli occhioni azzurri, mentre
mia sorella mora con
gli occhi scuri.-Non abbiamo ancora sentito nessuno,
perché?- Disse Gine, il
sabato sera andavamo sempre per locali con gli amici di scuola.-State
con noi!
Mangiamo una pizza tutti assieme per dare il benvenuto alla nuova
recluta e
dopo cena spariamo quattro cazzate!- Bella! Mi piaceva questo
programma. Magari
sarei riuscita a stare da solo con Ale. -Va benissimo!!-. Avevo deciso
io. Mentre
mettevo i guanti per non sporcarmi le mani, stavo attenta a non
rovinarmi le
unghie, una delle mie fisse da ragazza. Adoravo tenere le unghie lunghe
per
decorarmele e abbinarle al vestito. Essendo una adolescente non potevo
rinunciare alla cosmesi così facilmente. Ale nel frattempo
si era avvicinato
–Dai Bec stasera ci divertiamo!- Alludeva a qualcosa di
più delle quattro
stronzate, ma non pensavo che lo intendesse veramente, poi era
così
carino…-Ihihihih sisi!- …Che risposta da oca!
Proprio mentre discutevamo sentii
una voce nuova alle mie spalle. Era arrivato al capannone il ragazzo
nuovo.
Tipico siciliano con i capelli e occhi scuri, magro con una camminata
da
presuntuoso. Si presentò agli altri poi venne verso me e
Ale. –Ciao Vale!- Si
diedero la mano e subito dopo un pugno sulla spalla, maschi!. Lo
sconosciuto si
chiamava Valerio. Mi ispirava… Astio! Proprio non mi andava
a genio come
camminava, la sua voce, i modi di fare. Basta avevo deciso! Non lo
sopportavo a
pelle. Si girò verso di me –E questa biondina?-
NO!! Così proprio non poteva
chiamarmi! –Rebecca! Grazie-. Mi squadrava dalla testa ai
piedi e non potevo
sopportarlo il suo atteggiamento, vicino c’era Ale e non
volevo che lui
pensasse male… Il nuovo non mi interessava! Si
girò senza dire nient’altro e
con un sorriso troppo furbo per i miei gusti stampato sul viso. Mi
irritava la
sua presenza anche se era lì da dieci minuti, e tutta
l’attenzione era rivolta
verso di lui. Scemi! Erano abbindolati da questo babbeo che si credeva
attraente e furbo più degli altri, con una risata
coinvolgente e sempre la
battuta pronta. Mi girai offesa, facendo muovere la mia morbida chioma
bionda e
facendo tintinnare gli orecchini. Cercavo di concentrarmi sulle mosse
che
dovevo fare per conquistare Ale e su come colorare i pezzi
già finiti del carro,
ma la mente era occupata dalla curiosità. Non riuscivo a
smettere di pensare…
Forse perché il mio carattere mi impediva di rimanere
indifferente alle cose
nuove, e vivere esperienze mai provate prima era l’esca a cui
abboccavo sempre
con una pesciolino tonto. E chi mi stava tirando l’esca,
sapeva che sarei
abboccata. I miei
occhi azzurri e
profondi come il mare non nascondevano l’immensa
curiosità che provavo verso
quel ragazzo così accattivante e insopportabile. La mia
immensa ingenuità si
vedeva, ed era il gioco preferito di molti. No! Non potevo caderci.
Forse
erano i miei
soliti castelli in aria, costruiti su sensazioni provate per un
millesimo di
secondo. Ma a me piaceva giocare…
Eccoci
alla
fine del prima capitolo. Spero vi sia piaciuto e continuate a seguirmi!
Recensite
per favore!!! =) sarò ben contenta anche di accettare
critiche! Un bacio.