E' stata una frase dettata dall'incoscienza. Dall'esasperazione, forse. Ma era anche la più sbagliata che si potesse dire.
Probabilmente chi la disse non se ne curò, ma per lei era un'accusa troppo pesante, impossibile da ignorare. Mille coltelli affondarono nella sua carne all'altezza del cuore, penetrando in profondità e facendole troppo male. Cadde a terra in ginocchio, inerme, lo sguardo vacuo di fronte alle parole che avevano distrutto la sua vita, la sua esistenza, i suoi principi e ideali.
Due soli vocaboli intrisi di distruzione, di disprezzo e razzismo. Per un attimo e involontariamente lei provò quasi a seguire il fastidioso invito alla morte ordine implacabile. Si sforzò inutilmente di cambiare animo, di modificare minimamente la parte che la costringeva a mostrarsi in tutta la sua efferrata bellezza interiore ed esteriore.
Ma era troppo. E quando rilesse quell'esclamazione, si sentì mancare.
"Sii seria, Asfe"