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Autore: spetra    27/08/2010    3 recensioni
Un Hanamichi che scopre l'attrazione per il volpino, ma piuttosto che farsi le solite seghe mentali (non troppe almeno XD), preferisce agire. Una versione di Kaede diversa, forse quella che più si avvicina alla “realtà”, e mi ispira alquanto. Una storia senza troppe pretese.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un Hanamichi che scopre l'attrazione per il volpino, ma piuttosto che farsi le solite seghe mentali (non troppe almeno XD), preferisce agire.
Una versione di Kaede diversa, forse quella che più si avvicina alla “realtà”, e mi ispira alquanto.
Una storia senza troppe pretese.


Not so Easy


Hanamichi si era innamorato del ragazzo più bello e più ambito di tutto lo Shohoku.

Si era reso conto  di essere stupidamente, incondizionatamente, totalmente attratto dal quel suo compagno di squadra così freddo e impassibile con il quale aveva instaurato un rapporto ambiguo fin dal loro primo incontro.

Di certo non era stato facile accettare quei sentimenti così forti e insoliti.

Quando aveva capito ciò che gli stava succedendo, in un primo momento si era spaventato.

Lui che non batteva ciglio davanti a niente e nessuno, che non si tirava mai indietro, nemmeno nelle situazioni più disperate, lui che aveva spesso affrontato decine di teppisti alla volta uscendone sempre vincitore... era letteralmente sconvolto.

Mille pensieri confusi balenavano nella sua mente contraddicendosi a vicenda, facendogli scoppiare la testa.

Era tutto così irrazionale, assurdo, inaccettabile.

Sorvolando sul fatto che era un ragazzo, esattamente come la kitsune... perché proprio Rukawa Kaede, la volpe altezzosa?
Perché lui e non un altro membro della squadra, o addirittura Yohei? Sarebbe stato più logico, in qualche modo.

Forse si era fatto abbindolare dalla sua glaciale bellezza, come quelle ragazzine che gli sbavavo dietro senza un benché minimo contegno.
O può darsi che stesse attraversando quel famoso periodo dell'adolescenza in cui alcuni non erano del tutto sicuri del proprio orientamento sessuale.

Dubitava che fosse solo per l'aspetto fisico.
Rukawa possedeva senz'altro un fascino singolare, però ciò che attirava maggiormente il rossino era la sua determinazione, la forza che sprigionava quel corpo candido, quello sguardo di sfida a volte quasi arrogante, che rivolgeva ai propri avversari. Anche il suo carattere imperturbabile, purtroppo spesso fin troppo distaccato nei suoi confronti.
 
Quante volte si era domandato perché la kitsune occupasse perennemente i suoi pensieri.
Immaginarlo correre, palleggiare, smarcare degli avversari senza volto, saltare sinuoso, schiacciare con tutte le forze.

Era per studiare le sue mosse, si diceva.
Perché l'avrebbe battuto, dimostrando che non era da meno, anzi, che era il Tensai indiscusso del basket, si convinceva.

Ogni volta che afferrava quella sfera arancione percorsa da strisce nere, solo allora poteva sperare di catturare l'attenzione di quegli occhi color cobalto.

E quindi si era reso conto che desiderava con tutto se stesso la sua attenzione, a volte pretendendola a suon di cazzotti e insulti.

Ma cercava anche qualcos'altro, più intenso, più intimo, e ci aveva messo un po' prima di capire cosa fosse.

Poi la consapevolezza si fece largo nel suo cuore e allora capì.

Tuttavia non era uno sciocco, sapeva che le relazioni tra due persone dello stesso stesso non erano ben viste, gli bastava ricordare un episodio di quando era ancora un teppista attaccabrighe.

Una banda di bulli con la quale lui e il Guntai avevano un conto in sospeso, per passare il tempo si erano scagliati contro un ragazzino, solo perché accusato di essere un “finocchio”.  
Per fortuna il rossino e i suoi amici erano intervenuti in tempo, ma all'epoca non aveva dato troppa importanza alla vicenda.

Nel suo caso però non rischiava nulla: figurarsi che qualcuno avrebbe osato mettersi contro il tensai.
Quello era il suo ultimo problema.
L'arma più pericolosa erano i pettegolezzi, gli sguardi disgustati, le chiacchiere inopportune, la reazione degli amici, della famiglia, di tutti coloro che lo circondavano.

Si diede dell'imbecille.

Da quando gli interessavano i pareri della gente?
Già da tempo aveva imparato a convive con le occhiate di scherno che spesso gli lanciavano i passanti, i vicini di casa, e i compagni di scuola. Eppure non si era mai arreso né abbattuto.

Certo, lo facevano innervosire, ma non sarebbero mai riusciti a sottometterlo, a fargli perdere la propria sicurezza.

Solo una cosa gli metteva ansia: aveva il timore di deludere i suoi genitori, gli amici più cari... e  anche la squadra.
Negli ultimi mesi aveva capito che il basket ormai avrebbe fatto sempre parte della sua vita, ma se gli altri avessero saputo di quel suo piccolo segreto, quale sarebbe stata la loro reazione?

In ogni caso avrebbe accettato a testa alta tutte le conseguenze.

Come prima cosa aveva preso tutto il tempo necessario per chiarire le proprie idee, rendendosi conto che ciò che provava non era sbagliato, non era da rinnegare. Innamorarsi o essere attratti da un ragazzo era la cosa più naturale del mondo, esattamente come lo sarebbe stato se si fosse trattato di una ragazza.

Successivamente, aveva deciso finalmente di confidarsi con il suo migliore amico per togliersi quel peso, almeno in parte.
Era una cosa di vitale importanza per lui.
Yohei era sempre stato come un fratello, l'aveva spesso tirato fuori dai guai e dato buoni consigli, era la persona che sentiva più vicino e di cui si fidava ciecamente. Dunque era fondamentale che fosse proprio lui il primo a sapere.

Dopo un fiume di parole senza nemmeno una pausa per riprendere fiato e la faccia del colore dei suoi capelli, Hanamichi rimase in silenzio con il cuore in gola, non riuscendo a immaginare cosa passasse per la testa di Mito.

Quest'ultimo infatti non dava segni di vita: con gli occhi spalancati fissava quel gigante che si torturava le labbra con i denti, lo sguardo turbato, le braccia lungo i fianchi, impaziente attendeva una qualche reazione da parte sua.

Si vedeva che la notizia l'aveva lasciato completamente impreparato.

Sakuragi cominciò a pensare il peggio e un pizzico di paura lo colse all'improvviso.
Non voleva perdere Yohei.

Valutò la possibilità di far finta che non fosse successo nulla, che era tutta una presa in giro, ma prima che aprisse bocca per dire alcunché, l'amico lo precedette regalandogli un sorriso rassicurante che valeva più di mille parole.

Passarono tutto il pomeriggio a parlare, a raccontare, a confidare... a riporre tutta la fiducia l'uno nell'altro.
Il loro legame se possibile si rafforzò ancora di più.
Hanamichi gli rivelò ogni cosa: dei suoi dubbi, delle sue paure, i suoi sentimenti per Rukawa e l'amico l'ascoltò in silenzio, regalandogli qualche pacca incoraggiante, un paio di consigli e soprattutto tutto il suo appoggio.

Dunque il rossino acquisì una certa sicurezza e decise di farlo, di affrontare la fonte del suo problema.
Non avrebbe avuto senso tirare la cosa per le lunghe.

Era inutile continuare sulla stessa strada. I litigi con la kitsune, fare a botte, insultarsi... anche se tutto ciò era diventato una specie di rituale fra loro, un modo per comunicare... lui desiderava qualcosa di diverso... di... di più.

Anche se non aveva la minima idea di come attirare l'interesse di Rukawa in un altro modo.

Non poteva certo mettersi a corteggiarlo!!!

Figurarsi! Non sapeva nemmeno farsi notare dalle ragazze, come poteva pretendere che l'idolo della scuola accettasse certe attenzioni proprio da... da... lui, che aveva urlato ai quattro venti di odiarlo? Si maledì ancora una volta per averlo fatto, ma ormai non poteva cambiare il passato.

E poi, cosa più importante: come si corteggiava una persona?!

Zero: non ne sapeva niente di niente. Lui si era sempre limitato a dichiararsi, ottenendo il solito rifiuto.

E per quanto si sforzasse, non riusciva proprio ad immaginarsi con l'algida kitsune a un appuntamento.
A dir la verità, non riusciva soprattutto ad immaginare Kaede come suo eventuale fidanzato.  

Si fermò di scatto dando una testata alla parete della palestra per togliersi quei pensieri che lo inseguivano da giorni.

Due ragazze che passavano di lì strillarono spaventate, per poi allontanarsi velocemente borbottando qualcosa sui teppisti fuori di testa.

Hanamichi le fulminò con un'occhiataccia, per poi avviarsi a passo deciso verso l'entrata. Doveva avere la mente completamente sgombra se voleva combinare qualcosa!


Gli allenamenti stavano per cominciare e probabilmente sarebbero stati i più lunghi della sua vita.
Si impose di comportarsi come al solito e non fu difficile almeno non quando i suoi occhi si posavano sulla figura slanciata di Kaede.

Pensava che, ora che si era reso conto di ciò che provava per il numero undici, si sarebbe comportato in modo diverso, eppure il loro rapporto non era cambiato di una virgola. Per certi versi era una fortuna, non voleva insospettire i propri compagni.
Ma d'altro canto anche l'oggetto dei suoi “problemi” non sospettava nulla.

Ma non sarebbe stato così ancora a lungo.
Si sarebbe dichiarato, non aveva intenzione di scappare dai propri sentimenti.

Aveva il sostegno di Yohei che una volta gli aveva fatto notare che forse aveva qualche possibilità: non doveva arrendersi.

La difficoltà numero uno era la quasi certa eterosessualità di Rukawa.

Con quel pensiero scoraggiante Hanamichi si fece fregare la palla da sotto il naso proprio dal diretto interessato che, dopo un canestro impeccabile, gli diede dal doh'ao fulminandolo con lo sguardo.

Non ebbe il tempo di reagire che un pugno del capitano gli fece scordare tutte le elucubrazioni di poco fa.

“Sakuragi, ti sei fatto fregare come un deficiente, sei più distratto del solito!” lo sgridò Akagi interrompendo la partita d'allenamento. “Non pensare di fare le tue solite figuracce all'amichevole con il Kainan!” gli ricordò mettendolo in guardia.

“Stupido gorilla...” borbottò l'interpellato tenendosi la testa con le mani e premendo contro il bernoccolo.

“CHE COSA HAI DETTO?” si mise di fronte al numero dieci sovrastandolo con la propria altezza.

Subito un preoccupato Kogure si mise in mezzo ai due cercando di calmare il capitano che fumava dalle orecchie.

“Niente, niente, ho solo detto che sei così... meravigliosamente meraviglioso, Gori!” mentì spudoratamente il rossino mettendosi nella sua classica posizione da sbruffone, con le mani sui fianchi e ridendo sguaiatamente, ma si fece subito piccolo quando una vena cominciò a pulsare pericolosamente sulla tempia del capitano.

“Idiota.” fu il commento del ragazzo dai capelli neri e lisci che gli passò di fianco in direzione della palla abbandonata.

“Baka di una kitsune è colpa tua!” si infervorò subito il rossino dimentico già da un pezzo del fratello di Haruko che cominciò a tremare dalla rabbia facendo indietreggiare il povero vice capitano.   

“Come osi soffiare la palla a un genio come me?!” proseguì avvicinandosi alla sua nemesi.

“E chi sarebbe il genio?” il moretto rispose alla provocazione.

Tutti si aspettavano che a quel punto Sakuragi si lanciasse in una rissa, come d'altronde succedeva sempre. Ormai le scenate tra i due erano all'ordine del giorno.
In effetti Hanamichi fece un altro passo in direzione del ragazzo, ma si prese un mezzo secondo per osservarlo.

Aveva il respiro veloce, causa della partita appena interrotta, il suo petto si alza e si abbassava ritmicamente e piccole gocciole di sudore si posavano leggere sulla sua pelle diafana. La lunga frangia copriva distrattamente gli occhi sottili che lo guardavano attenti, in attesa della mossa dell'avversario.

Poi il rossino si fermò, piantando il proprio sguardo determinato in quello di Rukawa, il ragazzo che aveva scoperto di piacergli.

E si rese conto che gli piaceva davvero tanto. Aspetto fisico a parte, il suo carattere così diverso dagli altri lo affascinava da morire. Strano a dirsi, ma lo faceva arrabbiare e divertire al tempo stesso.

Etero o meno, non lo poteva sapere e sarebbe stato da vigliacchi tirarsi indietro proprio ora.
In fondo quegli occhi che si animavano solo quando vedevano una palla da basket non si erano mai posati su una ragazza.
E quel pensiero gli diede più forza.

Kaede alzò un sopracciglio non capendo. Cosa significava quello sguardo.? Sembrava che gli volesse dire qualcosa, che addirittura lo sfidasse.
Non sarebbe mai riuscito a capire quel ragazzo così rumoroso fino in fondo.

Akagi richiamò la situazione all'ordine con un altro pugno sulla testa rossa e gli allenamenti ripresero normalmente.


Hanamichi si trattene di proposito più degli altri aspettando che gli spogliatoi si svuotassero.
Per fortuna anche quel giorno il volpino era rimasto per i suoi soliti esercizi supplementari.

Il rossino fece un lungo sospiro soffermandosi dietro la porta che lo separava dalla kitsune.
Nelle sue orecchie mille voci si accavallavano l'una sull'altra.
Una lo ammoniva di tornare a casa e non perdere l'orgoglio, l'altra lo incoraggiava a farsi avanti e farla finita una volta per tutte, dimostrando di valere e conquistare quel volpino mezzo addormentato.

Si concentrò sul rumore della palla che rimbalzava con forza sul parquet, cambiando di tanto in tanto il ritmo, diventando sempre più veloce fino a tornare lento e regolare.

Spalancò la porta con forza facendo girare il moretto stupito, che aveva appena effettuato un perfetto tiro da tre punti.
 
Gli si avvicinò a lunghi passi e con un leggero rossore sulle guance, gli si mise davanti e parlò:

“Tu! Baka kits... Rukawa...! Mi piaci!”

Le ultime due parole furono quasi urlate come se in tal modo avesse voluto sottolineare la serietà e l'importanza di quella dichiarazione così stramba.

Cadde un lungo silenzio imbarazzato da parte di entrambi e sembrava che nessuno avesse intenzione di interromperlo. Hanamichi si spazientì non ottenendo alcuna risposta.

Il moretto era evidentemente scioccato, ma in pochi attimi aveva riacquistato l'espressione fredda e disinteressata, anche se continuava a fissarlo come se si aspettasse qualcosa, ad esempio che il rossino gli dicesse che la sua uscita non era altro che uno scherzo di pessimo gusto.

“Insomma, dì qualcosa!” sbottò facendo un altro passo verso colui che lo attirava come una calamita.
Non l'aveva rifiutato, o almeno non ancora. Forse aveva davvero qualche speranza.

“Sei impazzito?” chiese con la voce piatta, smentendo quelle poche speranze che alimentavano il ragazzo dai capelli rossi.

“Probabilmente sì, ma questo non cambia il fatto che io ti... cioè, ecco... non sto scherzando, tu mi piaci!” tuonò abbassando gli occhi sommersi dall'imbarazzo. “Può sembrare strano... no, è parecchio strano – si corresse – ma non posso cambiare ciò che provo!” disse osservando Kaede di sottecchi.

“E baka kitsune, per una volta cerca di sforzare le corde vocali e dammi una risposta!” aggiunse velocemente non sopportando quell'ansia che gli stringeva lo stomaco.

“Che cosa vuoi che ti dica?” nonostante la domanda che poteva sembrare sarcastica, la sua voce risuonò seria.
Hanamichi arrossì, boccheggiando a vuoto in cerca di parole, ma era come se il suo cervello rifiutasse di collaborare.
Intanto Kaede andò a recuperare la palla arancione che era rotolata in un angolo della palestra, poi come se niente fosse ritornò dal rossino e mettendo la sfera sotto il braccio gli rivolse uno sguardo eloquente.

“No.” disse il moretto “Vai a casa, Do'hao.” tagliò corto, considerando il discorso chiuso.

Hanamichi si riscosse colpito da quelle parole.

“Che diamine significa quel 'no'?!” gridò toccando per un braccio il volpino che stava per tornare ai propri tiri. Lo strattonò deciso, infuriato per quell'atteggiamento apatico, dimenticando per un attimo l'assurdità della faccenda.

La palla scivolò dalle mani dell'asso dello Shohoku e questi rivolse uno sguardo accigliato al proprio interlocutore così testardo.

“Tu sei un maschio.” gli fece notare come se la cosa non fosse già abbastanza evidente.

Sakuragi si staccò dal numero undici come se bruciasse e nei suoi occhi passò un lampo di tristezza.

Doveva aspettarselo.
Si era preparato più volte a quell'eventualità, ma mai si sarebbe immaginato che facesse così male.

“E così... preferisci le ragazze.” mormorò sopra pensiero e, costernato, abbassò il capo.

Mannaggia a lui e alle belle parole di Yohei che l'aveva incoraggiato dicendo che aveva una chance  con il volpino.

Rukawa era un tipo chiuso e poco loquace, ma tra loro si era instaurato un rapporto molto solido, così gli aveva ripetuto spesso l'amico, dandogli false speranze.
Il rossino era forse l'unico che veniva considerato da quella kitsune ibernata.
E a dir la verità, Rukawa era l'unico che lo spronava a migliorare nel basket.

Fin dall'inizio era sempre stato lui a farlo reagire sul campo nei momenti di difficoltà, anche se con modi non del tutto usuali.
Ma era pur sempre un inizio.
Se non gli importava davvero nulla, perché semplicemente non ignorarlo?

E quindi aveva sperato in qualcosa... ma si era illuso.

“No.” ripeté il moretto facendogli alzare la testa confuso “Sei tu che preferisci le ragazze.”

Hanamichi rimase interdetto, chiedendosi se aveva sentito male. Quel volpino non aveva capito niente!

“Volpe, non sei solo una baka, ma anche sorda! – si batté una la mano sulla fronte, scuotendo il capo – Io... io.. voglio te!” proclamò risoluto per poi rendersi conto che era la terza volta che esponeva i suoi sentimenti e quella creatura dagli occhi profondi era come se non l'ascoltasse.

“E da quando?” chiese sinceramente curioso, incrociando le braccia al petto.

Sakuragi avvampò trovando all'improvviso le sue scarpe molto interessanti.
Quanto avrebbe voluto possedere l'autocontrollo del numero undici in quel preciso istante. Era una tortura, se pensava che Rukawa lo stava vedendo in quello stato, sentiva la faccia andare ancor di più a fuoco.

“Da... da un paio di settimane.” ansimò e stufo di quella specie dell'interrogatorio decise di mostragli che era tutto vero. Tanto non aveva nulla da perdere e, se fosse stato comunque un 'no', almeno avrebbe rimediato qualcosa.
E presumibilmente anche un cazzotto, ma ne sarebbe valsa la pena.

Balzò in avanti cancellando in pochi secondi quella breve distanza che lo separava dal moretto. Il suo cervello gli urlava a gran voce di fermarsi immediatamente, ma il battito assordante del suo cuore copriva quella vocina esasperata.

Avanzò sicuro verso un volpino troppo sorpreso per reagire e senza attendere nemmeno un istante, appoggiò goffamente le proprie labbra sulla bocca sottile dell'altro, stringendo gli occhi con forza.

Fu un attimo, poi si allontanò di qualche passo, alzando piano una mano sfiorando leggermente le proprie labbra quasi meravigliato.

“E' stato... bello.” mormorò piacevolmente stupito, gli occhi lievemente spalancati.
Poi ricordandosi della presenza della persona a cui si stava dichiarando, alzò lo sguardo cercando la conferma da parte di Rukawa.

Kaede lo fissava sconcertato, non credeva ai suoi occhi.
Quel rossino casinista non solo gli si era dichiarato come se niente fosse, aspettandosi chissà cosa da lui, ma aveva osato baciarlo mormorando quel flebile “bello” con quella faccia maledettamente ingenua.

Tutta quella storia era così irreale da lasciarlo imbambolato sul posto come un manichino: il do'hao non l'avrebbe passata liscia.

Kaede non sapeva cosa gli fosse successo. Forse Akagi quella volta l'aveva colpito troppo forte perché era assurdo che le sue orecchie avessero sentito tutte quelle imbarazzanti parole proferite da quella testa calda.

Una parte di lui però lo ammirò per il coraggio: sicuramente non era stato facile esporsi in quel modo.
In fondo non poteva sapere quale sarebbe stata la sua reazione.

Rukawa avrebbe potuto anche deriderlo, raccontarlo in giro e sfotterlo, o magari ricattarlo.
Ma naturalmente non l'avrebbe fatto, non era da lui, ma soprattutto sarebbe stato un comportamento stupido e immaturo.

Non si soffermò più di tanto nemmeno sul fatto che il mister “cinquanta rifiuti” e “Harukina cara” fosse diventato all'improvviso dell'altra sponda e che fosse venuto a dirlo proprio a lui.

La cosa più scioccante era che aveva assistito alla dichiarazione più stravagante della sua vita e c'era stato un momento in cui gli era addirittura sembrato tenero.
STOP.
Sakuragi tenero???
Forse in qualche universo alternativo, realtà parallela, anche se ne dubitava, ma non il Do'hao che aveva di fronte.

In ogni caso, si era stancato di perdere tempo e ormai quel che era stato fatto era fatto.
Il contatto intimo appena condiviso era stato talmente breve che non lo si poteva neanche chiamare bacio, quindi non se ne preoccupò, nemmeno del fatto che non gli era dispiaciuto.

Lo sguardo sconsolato del rossino, le braccia abbandonate lungo i fianchi come in un combattimento perso, il capo chino come ad aspettare il colpo finale, fecero esitare Rukawa, ma solo per un attimo.

Decise di essere gentile, o almeno sforzarsi di rivolgergli parole e non troppo cattive.

“Senti, non sono interessato.” disse scostando una ciocca di capelli che gli era scivolata su un occhio, poi rendendosi conto che forse era stato un po' duro aggiunse piano: “Mi dispiace.”

Rivolse un ultimo sguardo al ragazzo dalla pelle bronzea e, non ricevendo alcuna reazione da parte sua, decise di lasciarlo solo.
Gli passò accanto silenziosamente e sparì dietro la stessa porta da cui solo pochi minuti prima si era precipitato Hana, con l'intenzione di conquistare l'algida kitsune.




   
 
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