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Autore: francyrm21    27/08/2010    1 recensioni
Se potessi scegliere il posto in cui vivere a questo mondo sarebbe solo uno. New York. Se potessi scegliere di chi innamorarmi vorrei solo una persona. Michael Copon.
Questo è come ho visto nella mia mente entrambe le cose che desidero messe assieme. Fatemi sapere che ne pensate!!!
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco lo so, sono stata prolifica in questi giorni!

Così ho scritto qualcosina di nuovo! Una storia su come ho sognato di incontrare la mia cotta di attore... Michael Copon!!! LO ADORO!! SI SI!!

Ancora in questo capitolo non compare per riuscire a creare una storia plausibile. Ma non vi preoccupate... Un ragazzo potrebbe fare la corte alla me dell'universo parallelo nel quale Mike è follemente innamorato di me! U.U Ma nel secondo ci sarà sicuramente!!

buona lettura adesso! un bacio! ;)


 

 

Cercare di mettersi in ordine prima di una nuova serata al club le richiedeva sempre un enorme sforzo. Soprattutto quando aveva appena finito un turno alla caffetteria libreria che costituiva il suo primo lavoro. Come secondo lavoro invece, faceva la barista in un locale di New York dove era arrivata da all’incirca tre mesi e faceva i salti mortali per poter mettere da parte più soldi possibile. L’arrivo in una città straniera in un paese anzi, continente diverso dal suo, mettevano addosso a Francesca una sensazione di paura e eccitazione allo stesso tempo che le davano costantemente forza. Ogni giorno.

Francesca è vissuta da sempre in Italia ma dentro di sè aveva sempre coltivato le speranze di poter un giorno (almeno) visitare la Grande Mela, figurarsi la sua reazione quando era riuscita ad ottenere i permessi necessari per cominciare a trasferirsi in America. Il sogno di tutta una vita che si sarebbe realizzato. Certo non senza una consistente dose di sacrificio. Che praticamente poteva essere tradotto in due parole: Duro Lavoro. Ha lavorato tanto per potersi permettere il biglietto aereo, l’affitto per sei mesi di un appartamento a Brooklyn giusto il tempo per poter cercare un lavoro decente e poi continuare con le due paroline magice che le avrebbero permesso di restarci a New York. Non solo vederla per qualche mese.

Certo che la reazione dei genitori alla scoperta di cosa frullava in mente alla propria figlia non fu molto contenuta.

La madre, grande donna intelliggente e forte, cercò nei modi più efficaci possibili di dissuadere la propria figlia minore a desistere dal suo intento di trasferirsi così lontano. Aveva paura per lei, per le cose orribili che le sarebbero potute capitare senza il giusto supporto e le adeguate direttive di un genitore. E poi, sotto tutto quell’amore materno probabilmente esisteva anche un certo egoismo da parte della donna che sapeva che se la figlia fosse partita, non sarebbe più stata la persona sulla quale contare sempre nei momenti di bisogno. Non più come faceva prima della sua partenza. Voleva averla vicina, più vicina. Ma la ragazza fu gentilmente irremovibile sulla sua decisione anche se rammaricata per le emozioni che suscitava nella donna più importante della sua vita.

Un altro paio di maniche fu la reazione del padre che aveva tutte le intenzioni di diseredarla e di disconoscerla come figlia se si fosse permessa un tale gesto di estrema sconsideratezza ed esimia stupidità. Per lui, ogni cosa era giusta così com’era. Lei doveva stare al suo posto da segretaria nell’ufficio del padre perché era un buon lavoro e, Dio solo sa quanto sia importante di questi tempi. Forse qulche volta ci aveva provato, suo padre, a capirla ma non ci era mai riuscito ed è per questo che non sarebbe riuscito tanto presto a capire le ragioni del suo partire.

E poi ancora ci furono i parenti a metter bocca sulla sua decisione ma nonostante le male lingue o le preghiere di desistenza, Francesca non cambiò mai idea. Loro avevano solo paura di cose diverse. Chi paura per lei che non potesse farcela, che la metropoli l’avrebbe inghiottita e che forse l’avrebbero trovata impiccata ne suo appartamento per non aver retto alla pressione o che semplicemente sarebbe tornata dai genitori con la coda tra le gambe. E chi aveva paura che lei potesse avere in qualche modo successo, che potesse oscurare le loro esistenze con la sua brillante nuova carriera nella sognante New York che tutti in un modo o nell’altro avevano desiderato raggiungere. Anche se coloro che pensavano questo tenevano presente che la ragazza non si era laureata e perciò che con tutte le probabilità non sarebbe riuscita ad ottenere nient’altro che un posto da inserviente in un edificio pubblico. L’unica arte che conosceva era quella della musica che aveva ostinatamente perseguito nonostante avesse capito troppo tardi che quella doveva essere anche la strada dei suoi studi. E poi i libri, li adorava. Aveva scoperto il suo amore per le storie solo dopo essere stata sciolta dall’obbligo scolastico di aprirne uno. Più i racconti erano intricati e più il suo interesse veniva stuzzicato a dovere, intrappolandola in quel libro fino a che non lo avesse finito tutto. Ecco perché quando aveva trovato quel lavoro, alla caffetteria biblioteca, aveva pensato che lo avessero creato apposta per lei. Il profumo inebriate e corposo del caffè le riempie le narici tutte le volte che inizia il suo turno, dovendo andare nel retro a macinarne dell’altro per non trovarsi sfornita proprio in un momento di confusione. Poi, alla fine di quelle cinque ore, prendeva una tazza di caffè un buon libro comprato direttamente dalla libreria, ogni settimana uno nuovo, per potersi perdere in un libro diverso e per perfezionare ulteriormente il suo già lodevole inglese. Soprattutto con i classici.

Una sera si era trovata con le amiche in un locale molto carino, accogliente e con ottima musica suonata da un gruppo davvero talentuoso. Spesso suonavano roba scritta da loro ma assecondavano anche alcune delle ragionevoli richieste che i clienti erano soliti fare. Il loro genere spaziava parecchio in tutte le sfumarute del rock che erano abilmente riprodotte dal bravo bassista, il batterista scatenato e la voce calda e potente del leader. Francesca lo aveva trovato subito carino mentre cantava soprattutto le canzoni scritte da lui. Il trasporto che lo travolgeva durante l’esecuzione di quelle note era a dir poco ipnotizzante. Oltre a guardare il modo in cui si muoveva a ritmo, i suoi occhi che sembravano fissarla e carpirle il segreto della sua piccolissima infatuazione la facevano leggermente arrossire. Anche un po’ per lui aveva preso al volo l’opportunità di lavorare nel week-end per qualche ora che il bancone rischiava di rimanere scoperto. Il tizio che copriva dalle undici alle tre se n’era andato dopo aver avuto uno screzio con un cliente che aveva provato a palpargli la ragazza.

«Frankie, ci sei?». Francesca aveva constatato come il suo nome non era di facile pronuncia per gli americani e così invece di sentirselo stormiare nelle maniere più assurde, preferiva che la chiamassero con un diminutivo carino. Aveva chiesto Matt appena aveva notato un suo ritardo nel cambiarsi. «Stavo quasi per ritenerti una fuggitiva, forza su i clienti stanno arrivando». Era il bassista del gruppo, lui le era diventato subito amico grazie al suo carattere amichevole. «È tutto apposto? Sembri distratta stasera». Un amico troppo accorto.

«I miei hanno chiamato ma non è questo il problema. Mio padre non è contento di quello che faccio, dice che non dovrei. E come al solito il suo comportamento mi rovina l’umore per un bel po’». La punta di amarezza nella sua voce mise probabilmente in allarme Matt che l’aveva abbracciata stretta per un attimo per non sembrare troppo appiccicoso e le baciò la fronte per farle distogliere i pensieri da quel tizio che era solo capace di buttar giù così la propria figlia piuttosto che sostenerla anche solo a distanza.

«Questo è quello che hai sempre voluto, fa parte di ciò che sei. Se non accetta questo non è in grado di vedere realmente te come invece dovrebbe. Ed è un vero peccato, dico io». La guardava negli occhi adesso e le sue parole non le permettevano di avere dubbi su ciò che stava dicendo. E poi, lui credeva in quello che aveva detto, Frankie lo aveva capito dalle ondate di convinzione che il suo linguaggio del corpo le inviavano in quel preciso momento. Non avevano mai parlato esplicitamente di un uscita fra loro o qualcosa di altrettanto romantico. Ma il modo in cui Matt si comportava con lei, le faceva pensare che forse stava cercando solo il momento giusto per chiederle un appuntamento. E lei ne sarebbe stata felice. Lui non era davvero niente male con i suoi tratti decisi sugli zigomi e sul mento mentre gli occhi erano candidi e gentili proprio in quell’istante, in quello spogliatoio. E poi saette dorate gli attraversarono gli occhi verde quasi smeraldo e sembrò ricordarsi del resto del locale.

«Devo andare, il gruppo sta per cominciare senza di me». Frankie gli rispose prima che oltrepassasse la porta.

«Grazie, Matt, davvero». Il sorriso che le rivolse la riempì i pensieri solo di buon umore e di nuova rinnovata energia.

La serata passò frenetica come al solito. Tutti il venerdì e il sabato sera si davano alla pazza gioia andando nei vari locali e Frankie ne aveva due al mese. In pratica un week end si e uno no lavorava al club. Infatti aspettava il successivo fine settimana per potersi dedicare un po’ più a se stessa andando dall’estetista che le aveva consigliato Jenna, una sua nuova amica che lavorava assieme a lei alla caffetteria libreria. Poi magari fare un altro po’ la turista e gironzolare per la città ancora da scoprire dopo tre mesi di permanenza.

Per tutta la serata si era destreggiata fra ordinazioni assurdamente sovrapposte e una fan troppo scatenata di Ian, il cantante del gruppo, che faceva battere il cuore di un po’ tutte le ragazze che lo notavano e anche qualche ragazzo. Era preparata a tutto ma non a quello che Matt le aveva riservato. Lo shock le aveva bloccato il respiro e gelato il sangue nelle vene ma cercò di farsi coraggio visto che il pubblico aspettava e si spazientiva.

«E adesso, una chicca che forse non riusciremo ad avere un’altra volta per quanto è timida. Penso che mi pugnalerà con una cannuccia da cocktail ma schiverò il colpo. Ecco a voi, Frankie! Dall’Italia con amore!». Era stato Ian a chiamarla sul palco ma chiaramente fu una mossa suggerita da Matt che la guardava cercando di trattenersi dal prelevarla di peso dalla sua postazione.

«Dai Frankie! Ti ho sentita cantare e penso che lo vorranno anche il nostro pubblico! Non vorrai deluderli?». Me ne ricorderò Matt Stevenson, so dove abiti pensò Frankie. Cominciarono ad applaudirla non appena si mosse verso il lato del palco per poterci salire. Schivò con attenzione i cavi dell’acustica pensando che avrebbe potuto fare una figuraccia da un momento all’altro. Si avvicina a Ian con uno sguardo da cerbiatta pronta al sacrificio e come se lui fosse il cacciatore pronto a prendere la mira e a sparare. O forse, in un certo senso, lo aveva già fatto.

«E che cosa dovrei cantare?». Non riuscì a trattenere molto il tono seccato nella voce, in fondo la stavano spingendo all’umiliazione pubblica senza nemmeno un briciolo di rimorso sul viso. Lei era la prima a giudicare con eccessivo scrupolo e astio sia se stessa che gli altri.

«Io e te canteremo Hey, Soul Sister dei Train. Ti piace no?». Come diamine faceva a saperlo che le piaceva? Forse l’aveva canticchiata qualche volta. Le metteva allegria e l’unico che sapeva che aveva bisogno di allegria quella sera era solo Matt.

«Canteremo insieme, ok. Se vuoi proprio rovinarti la reputazione da rockstar…». Lui aveva riso della battuta e si era messo in posizione e le aveva passato un microfono. Le sudavano le mani ma afferrò l’oggetto più saldamente che poteva, per poi vedere se era acceso davvero o se era tutto uno scherzo. La spia rossa alla base del microfono le diceva di no. Ian la aiutò con l’attacco iniziale e poi la canzone filò da se senza intoppi. E alla fine di tutta quella faccenda, cioè della canzone, non era l’unica a essersi divertita. Il pubblico, Ian, Matt e anche il resto del gruppo erano piacevolmente sorpresi che non li avesse fatti sfigurare davanti alle loro fan trepidanti. Non sapeva che il palcoscenico potesse dare quel genere di sensazioni, e le piacquero. Il viso disteso di Matt quando l’aveva guardato le aveva fatto pensare seriamente a lui in senso romantico. Quello che aveva fatto per lei, le aveva fatto venir voglia di abbracciarlo. Subito dopo il gruppo si prese una pausa e ne ebbe la possibilità.

«Sei un pazzo, Matt!». Le venne comodo aggrapparsi al suo collo e parlargli all’orecchio mentre ancora ridacchiava per l’eccitazione e l’ebbrezza. Lui era alto ma si era abbassato apposta per permetterle di abbracciarlo come voleva.

«Ammettilo, ti è piaciuto! Non merito un premio? Dai offrimi da bere». Ma Frankie era di tutt’altro avviso. Non era molto sicura se fosse il modo giusto di continuare ma lui le piaceva, e non poco. Il primo contatto fu lento ma insoddisfacente per entrambi, solo che Frankie non era sicura che potesse piacergli. La mano di Matt dietro la sua nuca però la smentiva. E la forza con cui aveva aggredito le sue labbra dimostrava anche quanto l’aveva desiderato tanto quel bacio.

Quel momento sarebbe stato difficile da dimenticare. Il cuore le ronzava nelle orecchie e la pelle le formicolava dalle spalle in su. La profondità di quel bacio le si era concentrato nel mezzo del petto come un enorme fonte di calore che si diffondeva quasi dappertutto. Qualcosa in quel quasi la  confondeva. Sembrava che non fosse tutto al posto giusto. Mancava qualcosa d’importante ma non sapeva di preciso cosa.

«Wow, direi che come premio preferisco questo». Matt non voleva scostarsi troppo da lei perché voleva sentire ancora per un po’ quelle sensazioni che sembrava gli avessero rivoltato la pelle come un calzino e messo i brividi su tutto il corpo. Lei le piaceva tanto e sapere che anche lei doveva per forza provare qualcosa per lui, quel bacio non poteva essere senza sentimento, lo fece sentire meglio che sul palcoscenico.

«Sai che baci davvero bene?». Cos’altro poteva dire? Mi è piaciuto tantissimo ma ho sentito qualcosa di strano? Ripiegare sul lato più che positivo della faccenda in modo ironico, pensò.

«Mmm, davvero?». L’aveva stretta ai fianchi e dondolata leggermente di lato. «Ma sai con la pratica potrei migliorare sempre di più, tanto da diventare che so… bravissimo». L’aveva avvicinata al suo corpo e ormai gli era praticamente addosso mentre le sue braccia erano ancora avvinghiate al collo di lui.

«Direi che potremmo negoziare un accordo in tal senso». Frankie non era sicura di quello che aveva sentito durante il bacio e perciò decise che fosse meglio dare credito a ciò che sapeva con certezza e cioè che quel ragazzo, Matt, le piaceva davvero. Forse più di chiunque avesse incontrato. Tranne che per una persona sola che sapeva di aver amato e che non poteva essere sostituito da nessuno. Era nel suo cuore e non aveva mai più amato a quel modo ne in egual misura, ne di più. Il suo primo in tutto.

«Usciresti con me una di queste sere?». Gli si era fatta più vicino e gli aveva sussurrato la risposta a fior di labbra.

«Certo, mi piacerebbe tantissimo». Lo aveva stuzzicato da morire e se qualcuno non li avesse interrotti avrebbe ripreso a baciarla di nuovo.

«Matt dovremmo ricominciare». Taylor, il batterista del gruppo, era entrato nella loro bolla d’aria privata e gli aveva ricordato che esisteva qualcosa in più di quel semplice spazio occupato da due persone.

«Arrivo, Tay». Non gli era andata particolarmente bene che lo avessero disturbato ma sapeva che doveva tornare sul palco o Ian avrebbe rotto le scatole per una settimana o forse più.

«A proposito Frankie, sei stata grande stasera, sei piaciuta a tutti». Tay era sulla soglia e stava per togliere il disturbo ma voleva essere sicuro di far arrivare questo messaggio alla ragazza, in modo da prepararla alla proposta che Ian aveva da farle.

«Grazie Tay, sei troppo gentile». Era cosciente di essere ancora fra le braccia di Matt ma se a lui non importava di essere visto abbracciato a lei, perché doveva preoccuparsene? Stava così bene lì, così.

«Be’ è la verità. Fai presto Matt che Ian potrebbe cominciare a dare i numeri». E prima che Matt avesse il tempo di rispondergli, Tay si dileguò.

«Sei stata davvero grande, lo sai? Mmm, uscirò con una rockstar esordiente. Sarà meglio camuffarsi… per i paparazzi». Sorrideva di lei prendendola dolcemente in giro. Caspita se era cotto! E quel bacio aveva aiutato parecchio. Voleva baciarla ancora, per ore. Ma doveva andare.

«Ti piace troppo prendermi in giro così, Stevenson, te ne pentirai». Era una finta bella e buona, e il broncio che indossò fece solo ridere Matt ancora più forte.

«Vedremo cosa hai in serbo per me allora. Chi ti accompagna a casa?». Ora era Frankie a sorridere.

«Dovrebbe accompagnarmi Jenna, ma se ci fosse qualcun altro potrei dirle di andarsene prima. Domani inizia a lavorare presto». Lo sguardo di Matt era così innocente che nessuno, nemmeno Frankie, avrebbe potuto mai giurare che ci fosse qualcos’altro sotto.

«Posso accompagnarti io. Domani non ho lezione all’università e così potremmo parlare della nostra uscita». L’innocenza aveva dato spazio alla soddisfazione di un suo si.

«Allora vado a dire a Jenna che può andare. Stava per svenire dal divanetto prima». Aveva deliberatamente sorvolato sul riferimento alla loro uscita in modo da poter raffreddare un po’ le cose altrimenti l’avrebbe trattenuto in quello spogliatoio per molto tempo.

«Vai, vai. Ti avrò tutta per me dopo». Un brivido le percorse la schiena proprio in quel momento e la fece bloccare prima di uscire completamente dalla porta.

L’amica fu dispiaciuta ma grata a Matt per il suo gesto. Era a pezzi, erano già le due del mattino?

«Ma prima che te ne vai, devo dirti una cosa». L’entusiasmo di Frankie fece scattare Jenna sul posto e svegliare istantaneamente.

«Cosa, cosa, cosa!». Il gossip era fra i passatempi preferiti di Jenna e sentire che la nuova ragazza europea aveva qualcosa da dirle voleva dire che si trattava per forza di ragazzi. L’altro suo passatempo. E uno dei principali motivi per scegliere quel locale, oltre a Frankie, era che aveva un debole per Ian.

«Ho baciato Matt! È stato per l’emozione del palco e poi un bacetto innocente. Poi però ci siamo guardati e l’innocenza se n’è andata a quel paese e… ci siamo baciati davvero!». Quel gridolino che Jenna aveva fatto le fece ricordare quei film dove le amiche si fanno delle confidenze e ad un certo punto una delle due diceva qualcosa di sbalorditivo e l’altra gettava un urlo di felicità.

«Mi prendi in giro!?».

«E quando mi riaccompagnerà vuole parlare del nostro primo appuntamento». Un altro gridolino fece girare le persone nelle immediate vicinanze al tavolo e anche quelli un po’ più avanti. Ora Frankie era in imbarazzo.

«Appuntamento!?». Se avesse messo un annuncio sul giornale l’avrebbero saputo meno persone, pensò cupa.

«Jenna fai silenzio cazzo!». Esplose lei mentre notava Matt che si era sistemato di nuovo sul palco. E poi la musica coprì le loro voci e se Jenna avesse fatto un altro dei suoi gridi probabilmente non si sarebbe sentito stavolta.

«Scusami Frankie e che sono troppo contenta per te! Matt è un bravo ragazzo. Dai dammi qualche dettaglio». Di sicuro non le avrebbe detto dei suoi dubbi visto cosa era riuscita a fare.

«Oddio Jenna, bacia da Dio!». Cominciarono a ridacchiare senza controllo mentre Matt le guardava dal suo posto privilegiato dove poteva vedere quasi tutto il locale.

«Domani mi racconterai tutto! O aspetta tu hai il giorno libero domani. Ma ti prego chiamami e dimmi tutto! E dovrai descrivermi il bacio per filo e per segno». Si vedeva che era troppo assonnata per chiederle anche di quello appena avvenuto. Avrebbe rimediato la mattina dopo appena avrebbe avuto un momento libero.

«Certo! Adesso vado che devo tornare a lavoro. Ci sentiamo domani». Lasciò la zona VIP che ancora sorrideva. Dopo circa un’ora di concerto i ragazzi del gruppo erano sfiniti e suonarono la loro ultima canzone per quella domenica. Smontarono tutta l’attrezzatura e portarono via i loro strumenti mentre i clienti cominciavano ad andarsene.

«Mi daresti una birra?». Ian nonostante più di due ore di intrattenimento aveva ancora voglia di restare lì. «Ti andrebbe di cantare qualche altra volta con noi? Così senza impegno». Per un pelo non le era sfuggita la bottiglia di mano e quando la stappò ci mancò pochissimo che non lo colpisse.

«Sicuro che ti va di dividere la gloria con me?». Non era riuscita a togliere completamente l’ansia dalla sua voce quando invece voleva essere solo sarcastica. Lui non le aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno quando aveva preso una lunga sorsata che ridusse a metà il contenuto della bottiglia.

«Non ti sto chiedendo di entrare nella band infatti». Aveva sorriso furbescamente verso di lei. «Stasera abbiamo fatto faville e tu c’entri qualcosa perciò, voglio vedere cosa sai fare». Un altro sorso e la birra era finita. «E poi potresti passare più tempo con Matt, siete amici no?». Adesso era davvero imbarazzata, fin sopra ai capelli. Il rossore alle guance lo provava.

«Ci penserò, ok?». La proposta l’allettava ma non sapeva se sarebbe riuscita a liberarsi così tanto durante il lavoro al bancone. Lo sguardo interrogativo di Ian le fece aprir bocca essendo sincera. Forse troppo. «Devo vedere se riesco a non farmi licenziare perché mi assento dal bancone per cantare».

«Ci parlo io con Sam. Ti farà cantare se le diciamo che farà più affari con te la sopra piuttosto che quando sei al bancone». Lui conosceva Sam da più tempo di Frankie e sapeva come prenderla sicuramente. O forse voleva appellarsi semplicemente al suo istinto di manager.

«Allora per quanto mi riguarda, siamo d’accordo». Era quasi alla fine del suo turno e Frankie stava per togliersi il grembiule e dirigersi verso lo spogliatoio per prendere la giacca.

«Ci vediamo venerdì sera allora». Ian sapeva che nonostante la settimana dopo lei non fosse di turno, spesso veniva al locale per vedere Matt suonare. Dopo aver preso la bottiglia vuota ed averla gettata nei rifiuti, Frankie si diresse a recuperare la giacca e la borsa.

«Frankie sei pronta?». Prima che Matt potesse entrare, lei era già pronta ad andare.

«Si. Mamma mia che stanchezza». Non poté trattenere uno sbadiglio e si coprì subito la bocca.

«Devo portarti in braccio alla macchina o puoi camminare?». Sapeva che stava scherzando ma l’idea di essere presa in spalla da Matt non le dispiaceva affatto, anzi.

«Potrei usare la stanchezza come scusa per appoggiarmi, magari». La verità dentro la battuta. E Matt l’aveva capito.

«Fai pure ma non troppo o rischiamo di cadere tutti e due».

«Buonanotte a tutti!». Urlò Frankie mentre usciva dalla porta principale del locale e si dirigeva con Matt al parcheggio. Furono in silenzio finché non entrarono in auto e per quanto si sentisse un po’ a disagio, fu Matt a rompere il ghiaccio.

«Hai detto a Jenna cos’è successo stasera?». Non era un’accusa ma Frankie la sentiva come tale.

«Be’ si è un’amica. Non ti dispiace vero?». Anche se si era voltata per guardarlo lui non poteva fare lo stesso, stava guidando. E mentre lui le rispondeva, lei si perse nel come le luci della città mettessero in risalto il profilo del ragazzo.

«E cosa le hai detto di preciso?». Si vedeva che era curioso ma non arrabbiato e così evitò la sua domanda e lei gli rispose sinceramente.

«Era stanca perciò le ho detto solo il succo, diciamo». Ma da chi aveva imparato ad essere così evasiva? Però a Matt questo lato di mistero e di gioco in un certo senso lo intrigavano. Infatti cercò di non desistere.

«E il succo sarebbe?».

«Che ci siamo baciati e che mi hai chiesto di uscire… ah e che baci da Dio». Come mai non era più stanca? Era a causa di Matt probabilmente che non smetteva di stuzzicarla e lei di rispondere alle sue domande così dirette. La sua risata sommessa fece allargare il mezzo sorriso visibile di Matt alla sua sinistra.

«Non avevi detto solo “bene”?».

«Non volevo farti montare la testa, ma mi sa che i miei sforzi sono stati vani». Oramai si guardava solo le mani perché non era sicura avrebbe retto nel guardarlo negli occhi.

«Non credo di esserlo così tanto. Ho bisogno d’esercizio, tanto esercizio». Eravamo quasi arrivati e gli rispose quando parcheggiò davanti al piccolo condominio dove Frankie aveva affittato un appartamento.

«Allora dovrò aiutarti. Non ti posso lasciare così in difficoltà, mi si spezzerebbe il cuore». Frankie ebbe il coraggio di guardarlo finalmente e si accorse di come gli occhi di Matt fossero fissi su di lei. Sembrava emozionato ma combattuto. Non sapeva come reagire a tutto questo. Allora lei cercò di toglierlo dall’impiccio e scese dall’auto, incamminandosi verso il portone. Aveva sentito lo sportello del guidatore aprirsi e richiudersi e di conseguenza un’ombra che la seguiva. L’anello del portachiavi era infilato al suo dito medio e si era girata per salutarlo. Non immaginava fosse così vicino e che avesse in mente di baciarla senza lasciarle dire una parola. Le aveva preso il viso fra le mani per poterla catturare all’istante mentre le dita affondavano nei suoi capelli ricci. Le schiacciava il corpo contro l’enorme porta del palazzo e i loro respiri si fecero più affannati. Si capiva lontano un miglio che erano cotti tutti e due l’uno dell’altra. Quando Frankie lo strinse più vicino per le spalle, si sentirono le chiavi tintinnare e distrarre entrambi.

«Dai migliori film americani s’impara che non si fa salire un ragazzo al primo appuntamento se ti piace davvero». Un angolo della bocca di Matt si sollevò e ringraziò il cielo che il suo sentimento fosse ricambiato.

«Be’ questo non è un appuntamento, ricordi? Ancora dobbiamo decidere quando». Le mise i brividi quando aveva cominciato a baciarle delicatamente il collo.

«Domani siamo entrambi liberi». Lo aveva detto quasi balbettando dopo che le dita di Matt le accarezzarono la pelle alla base della schiena.

«È una bella idea in effetti. Andremo a cena da qualche parte e poi una passeggiata dove ancora non sei stata. Magari a Staten Island». Era da qualche settimana che voleva andare a Staten Island per visitare i parchi e lui lo sapeva da buon amico quale era. Lui la conosceva. E a lei venne di nuovo voglia di baciarlo, ma si trattenne per evitare di dargli segnali contrastanti.

«Mi piacerebbe tantissimo, Matt».

«Lo so. Voglio proprio conquistarti». Quando sorrideva piano a quel modo anche gli occhi rilucevano in maniera diversa. Aveva dovuto distogliere lo sguardo per un attimo perché Matt era più bravo a farla arrossire di quanto lo fosse Ian con le sue battute ultra-dirette.

«Cosa farai adesso?». Gli aveva chiesto per cercare di cambiare discorso e tornare a guardarlo.

«Penso che tornerò al dormitorio e mi metterò a letto e, tanto perché tu lo sappia, penserò molto a te». Gli piaceva vedere l’effetto delle sue parole sul viso di Frankie ma cercò comunque di far andare avanti il discorso prima che lo lasciasse fuori dal portone. «E tu che farai?».

«Un bel bagno rilassante e poi a nanna. Sono davvero stanca». Aveva fatto finta di niente per poi ricordarsi che doveva assestare un piccolo colpo anche lei o sarebbe stato lui a vincere per quella sera. «E, tanto perché tu lo sappia, mi sa che penserò anch’io tanto a te». Lo sentì trattenere per un secondo il respiro e poi ridere per la sconfitta, era davvero brava con le parole.

«Ti prego dammi la buona notte adesso o rischi seriamente che ti sfili le chiavi di mano e che ti porti in spalla fin dentro la tua camera da letto». La verità dentro lo scherzo, di nuovo. E questa verità le piaceva più del lecito.

«Buona notte allora. A domani». Non era riuscita del tutto a essere seria mentre parlava ancora elettrizzata dalla sua frase. Un tizio stava uscendo dall’enorme porta e aveva lasciato che il messanismo automatico la richiudesse. Era riuscita a sfuggirgli e ad entrare dentro il portone prima che si chiudesse, ma soprattutto, prima che Matt se ne rendesse conto. O almeno non credeva che lo avrebbe chiuso fuori davvero prima di avergli dato la buona notte come si deve. Per rimediare Frankie aveva baciato il vetro del portone e lui l’aveva seguita. Dopo averlo salutato con la mano si incamminò per le scale.

Prima di arrivare sul suo pianerottolo, le era arrivato un sms.

- Vederti salire le scale senza di me che ti accompagno è stato un tuffo al cuore. Spero di recuperare domani ;) – Frankie stava ancora ridendo mentre apriva la porta di casa e posava la borsa e la giacca sul tavolo della cucina.

- Te l’ho detto. Niente camera da letto al primo appuntamento. Dovrai aspettare un po’ caro mio e continuare a “pensarmi” prima di addormentarti ;) – Matt lesse l’sms prima di mettere in moto la macchina e fu meglio così altrimenti sarebbe potuto andare a sbattere da qualche parte.

- E tu mi penserai mentre ti farai quel bagno, e sono sicuro che non sarà più tanto “rilassante”. Anche se con il Matt originale sarebbe stato meglio :O – Aveva aspettato la risposta a quel sms mentre riempiva la vasca e ci versava il bagnoschiuma e appena aveva sentito che era arrivato, era quasi scivolata sul tappeto per prenderlo.

- Non è meglio che “pensi” a questo genere di cose mentre sei al sicuro nel tuo tenero lettino? xD Pensa a guidare adesso, ti prego. Sarò ancora qui quando sarai arrivato e parleremo ancora

- Sono già al dormitorio. Ho appena lasciato la macchina nel parcheggio. Mmm… vuoi parlare ancora con me. Non ti sarai mica presa una cotta per me, vero? *o* - Aveva parcheggiato alla velocità della luce e stava praticamente correndo per arrivare nella sua stanza.

- Sbaglio o eri tu che volevi essere qui mentre mi sto facendo il bagno... proprio adesso. Acqua tiepida e bagnoschiuma profumato. Ù.ù – Frankie posò il cellulare sul davanzale della vasca e si immerse per bene nell’acqua del bagno e pochi secondi dopo il cellulare suonò, un altro sms.

- Se vuoi che faccia dietrofront verso casa tua dillo che lo faccio! Ho appena avuto una visione di te nuda nella vasca da bagno. Potrei impazzire da un momento all’altro! La regola del primo appuntamento non vale visto che non era un appuntamento… - Ormai i pensieri di Matt avevano preso il volo e cominciò a immaginare come le sarebbe apparsa se l’avesse vista in quel bagno mentre si rilassava nella vasca e alzava platealmente una gamba per insaponarla meglio. La schiuma che le disegnava le forme. Sarebbe bastata una sua parola e Matt si sarebbe rivestito in un secondo per tornare di nuovo a Brooklyn, da Frankie.

- Non dirmi che ti sei preso una cotta per me! O.O – Perché ogni messaggio che rivelasse quanto Matt la desiderasse le accendeva dentro la voglia di farlo rivestire in un secondo e farlo tornare di nuovo da lei? E cosa la tratteneva dal farlo?

- Se non cambio argomento potrei scassinare casa tua per sequestrare la proprietaria e passare una lunga notte con lei... Che farai domani? – Che idea troppo allettante per Matt. Avrebbe voluto così tanto che Frankie gli avesse permesso di restare.

- Passerò la giornata a pensare a come presentarmi a un ragazzo con il quale devo uscire. Sono nervosa, hai qualche consiglio? Forse lo conosci… xD - Istintivamente si era mordicchiata il labbro quando aveva letto la prima parte del messaggio. Aveva già preventivato che sarebbe stato difficile tenere sotto controllo quel genere di desideri sia da parte di Matt, sia da parte sua.

- Gli sei piaciuta subito per quella che sei, bella intelligente e talentuosa, perciò cerca di essere te stessa e vedrai che lo stenderai. Ti do il permesso di prendermi in parola… magari su un letto ;)

- Sei già in un letto, il tuo! E forse sarebbe meglio che tu lo usassi… Cominci a dare i numeri! Buonanotte Matt… Voglio che sia già domani – Si stava sciacquando con cura la schiuma dal corpo per poi avvolgersi in un asciugamano per non far fuggire via il calore quando Matt le rispose.

- Sono sicuro che darò davvero i numeri domani sera, quando ti vedrò che ti sei fatta bella per me. Ho voglia di baciarti adesso. Buonanotte, se riuscirò a dormire. Non vedo l’ora di vederti domani. Sarai da infarto già lo so – Venne anche a lei voglia di baciarlo in maniera quasi irresistibile e per un secondo si pentì di non averlo lasciato salire.

Sia Matt che Frankie non riuscivano a dormire, pensavano l’uno all’altra e si giravano e rigiravano nel letto con la segreta speranza di non essere davvero soli nelle rispettive stanze. Lui voleva sentire il corpo di lei stretto al suo e, lei sperava di potersi sentire finalmente bene e al sicuro fra le sue braccia. Il sonno sopraggiunse per la stanchezza di entrambi, prima lei poi lui.

Matt fu svegliato dal baccano che il suo compagno di stanza faceva per essersi alzato ed essere in tremendo ritardo alla sua lezione di fisica applicata. Proprio lì dove il professore era uno stronzo. E Frankie era saltata per la sorpresa quando il suo telefonino squillò e pensò che potesse essere Matt che si era stancato degli sms e aveva deciso di chiamarla. Era Jenna. Volle sapere tutto e fu accontentata.

«Allora stasera farete sesso alla grande! Con tutta questa tensione, esploderete prima di scendere dalla macchina». Erano scoppiate a ridere tutte e due prima che Frankie si ricordasse che lei era in un luogo pubblico che veniva frequentato spesso dagli universitari e quindi anche da Matt.

«Ti prego dimmi che ti sei appartata e che non hai fatto sentire tutto all’intera libreria». E si, l’ansia che Matt potesse sentire che genere di confidenze si facessero fra loro avrebbe di certo pensato male e si sarebbe offeso, pensò.

«Sono nel retro con la porta aperta. È tutto deserto qui! Non ti preoccupare. O cacchio! Matt sta per entrare! Ci sentiamo dopo, tesorino. Ti tengo aggiornata». Meno male che per una volta era riuscita a essere discreta, proprio quando le era uscita una battuta come quella. E poi Matt era entrato e avrebbe semplicemente voluto essere lì per poterlo vedere. Chissà cosa voleva dire Jenna quando aveva detto che l’avrebbe tenuta aggiornata. Distrattamente, come ogni suo giorno libero, la prima cosa che faceva appena alzata era accendere il computer e effettuare l’accesso a Skype. Le persone che volevano parlare con lei potevano farlo da qualunque angolo del mondo ogni volta che era possibile senza dover spendere una fortuna. Poi le arrivò un sms di Jenna. 

-Il tuo bello ha appena preso un caffè e mi ha subito chiesto se ti avevo già sentita stamattina. Gli ho detto di no. Era un pochettino deluso. È troppo tenero quando mette il broncio. Ha preso dei muffin ed è appena uscito – Appena aveva finito di leggere l’sms che le era stato inviato una decina di minuti prima, una strana sensazione di premura prese il sopravvento su di lei e le mise in testa che quei muffin sarebbero dovuti andare da qualche parte. Forse stava prendendo l’iniziativa e voleva fare anche colazione con lei. Corse immediatamente in bagno a lavarsi i denti e a sistemarsi i capelli che sicuramente appena sveglia sembravano un casino, rimanendo sempre in attesa di sentire il citofono suonare. Matt lo aveva detto che era una tipa intelligente e a quanto pare anche intuitiva.

Cazzo era ancora in mutandine e canottiera!

Dio, ti prego, fai che non le siano ancora cresciuti i peli nelle gambe.

Corse incontro al citofono e si, era Matt che voleva fare colazione con lei. Il tempo che aprì il portone si catapultò in camera sua per potersi mettere un paio di pantaloni decenti e l’unica cosa che aveva trovato erano dei pantaloncini sbrindellati di un vecchio pigiama che usava solo quando aveva un po’ freddo. Li indossò e appena Matt suonò alla porta lei gliela aprì.

«Sembri avere il fiatone. Che è successo?». Poi la guardò bene e si rese conto di averla beccata ancora in pigiama. «Avrei dovuto avvertire, scusa. Non c’ho pensato».

«Non fa niente, è bello vederti». Aveva desiderato tanto averlo in casa sua la sera prima e adesso era lì, con un sacchetto pieno di muffin, solo per stare con lei. «Dai, entra. Preparo il caffè». A Matt era piaciuto il caffè così diverso della moka e lo beveva tutte le volte che era andato a casa di Frankie. Ma ora che le cose fra loro erano cambiate, anche le più normali abitudini che avevano quando erano solo amici sembrano assumere un diverso significato.

«Vorrei essere salutato prima. Per come mi hai lasciato ieri sera, dovrei essere offeso con te». Frankie era già in cucina a preparare la caffettiera e a metterla sul fuoco.

«Offeso? E perché mai? Mi pare che gli sms abbiano compensato in un certo senso». Non era riuscita a guardarlo in faccia o avrebbe rischiato di scoppiare a ridere. Si era allungata sullo stipetto in alto per poter prendere un piatto grande dove mettere i muffin e aveva sentito gli occhi di Matt che la seguivano. La canottiera si era alzata di poco e l’aveva fatta sentire allo scoperto per un secondo.

«Dormi sempre così leggera?». Quando si voltò a guardarlo, Matt aveva lo sguardo fisso sulla porta della stanza. Sul letto sfatto.

«Si, anche d’inverno. Anche se stanotte c’era troppo caldo per il pantaloncino». Frankie poggiò il piatto sul tavolo e cominciò a togliere i muffin dal sacchetto, uno per uno per non rovinarli. Le immagini più infuocate si dispiegarono davanti agli occhi di Matt che si tratteneva a stento sulla sedia.

«Non dovresti dire certe cose, non adesso almeno. Dai facciamo colazione». Aveva preso un muffin e svoltando l’orlo della carta gli aveva dato un morso. La caffettiera stava sobbollendo e Frankie si avvicinò ai fornelli per spegnerli e, dopo aver preso due tazzine, aveva versato il caffè.

«Ho solo risposto alla tua domanda. Se non volevi sentirti provocato, non dovevi chiedermi qualcosa di così intimo». Cercava di non guardarlo troppo negli occhi mentre prendeva un dolcetto e lo mordeva. Si coprì anche il viso con la tazzina quando aveva preso un sorso del caffè.

«Direi che è stata solo colpa mia allora. Non sarei dovuto venire così presto». Frankie fece un rumore sordo con la tazzina sul tavolo e, convinta che stesse per rovinare tutto con la sua freddezza si alzò e gli si avvicinò.

«È anche colpa mia, non avrei dovuto dirti una cosa così intima e sperare che non ti facesse effetto. Sono così contenta che tu sia qui a fare colazione con me». E per la prima volta da quando era arrivato, Matt ricevette il saluto che tanto aveva chiesto. Frankie prese il suo viso fra le mani e lo fece avvicinare al proprio guardandolo sempre negli occhi. A lui bastò poggiare le sue dita sui suoi fianchi e farli scorrere sulle gambe lisce per scatenare una sua reazione. Lei le si sedette sulle gambe, cercando di non stringersi troppo, e prese a baciarlo con più foga. Quando Matt stava quasi per avvicinarla a se, un trillo metallico si disperse nell’ambiente e lo schermo del computer sembrò essere posseduto per come lampeggiava cercando di dare segnali ai presenti della premente videochiamata.

«Devo rispondere». Era riuscita a dire a malapena. Un piccolo suono lamentoso venne fuori dalle labbra di Matt che fu accompagnato dall’espressione desolata ma rassegnata di Frankie. Il suono non accennava ad arrendersi e gettava un’atmosfera di premura sulla discussione che doveva avvenire prima che Frankie avesse accettato di stabilire il contatto.

«Ti prego non rispondere. Riprendiamo da dove siamo stati interrotti». Subito dopo aveva ripreso a baciarle il collo e a stringerle la vita, sempre più vicino. Le sarebbe tanto piaciuto non dare retta a quel dannato cicalino artificiale ma, ai suoi occhi e alle sue orecchie, era come un avvertimento come un segno che non fosse il momento giusto per tutto quello.

«Sarà mia madre. Devo rispondere o si preoccuperà». Matt sapeva quanto avesse ragione e, seppur con fatica, rilassò la presa attorno ai suoi fianchi.

«Vuoi che me ne vada?». Era decisamente triste. Lui invece percepiva tutte quelle posticipazioni, come delle interruzioni belle e buone. Ma se entrambi si desideravano tanto, sarebbe stata questione di tempo e sarebbero stati insieme no? O almeno era quello che si ripeteva di continuo.

«Io vorrei che restassi e che decidessi o di farti vedere o anche di ascoltare e basta. Non ho mica intenzione di stare appiccicata a Skype per tutto il giorno. Solo un saluto veloce e be’ poi ho le pulizie e la spesa da fare che tradotto significherebbe che proverei come posso a ricreare l’atmosfera di cinque minuti fa». Allora voleva combattere anche lei per poter avere un po’ di privacy. Sembrava che ovunque provassero a stare da soli ci fosse qualcuno pronto a dargli discorso.

«Parlerai in italiano?». Finalmente l’aveva visto sorridere di nuovo. Pensava non ne fosse più capace o che comunque non fosse dell’umore.

«Forse anche in dialetto, se sarai fortunato». Frankie si alzò dalle gambe di Matt e corse verso il computer per vedere chi fosse. Aveva azzeccato. Era la madre. «Vuoi farle un saluto o preferisci di no?».

«Starò in silenzio buono buono e aspetterò che tu finisca di parlare con tua madre, e ti stuzzicherò tutto il tempo». C’era lo sguardo di sfida nei suoi occhi e lei la colse.

«Vedremo che sai fare, Stevenson. E dopo toccherà a me allora». Si strinsero la mano e poi Frankie si sedette su una sedia e Matt di fronte a lei, la sbirciava da sopra lo schermo sottile del computer. Diresse il mouse sulla parola Accetto che venne sottolineata e che sembrava chiederle “Sei proprio sicura?”. Si, era sicura.

«Ciao mamy! Come va?». I soliti discorsi cominciarono a fluire spontaneamente nonostante una lieve ansia da parte di Frankie cercando di interpretare cosa mai poteva fare per provocarla mentre era in videochiamata con sua madre. Poi lo vide scomparire sotto il tavolo e cominciò a perdere colpi durante i discorsi. Si le avevano offerto di cantare e, ehm si forse le ore al bancone sarebbero state ridotte e stava per uscire con un ragazzo. Proprio quello che stava tramando qualcosa, proprio in quel momento, proprio sotto il suo tavolo. Sussultò quando dita leggere le accarezzarono i polpacci fin giù alle caviglie e pelle morbida e carnosa le disegnavano le forme del ginocchio. Baciava perfino la pelle dietro il ginocchio, quella tenera e delicata da farti venire il solletico anche senza dover essere necessariamente una persona ultra-sensibile.

«Il telefonino mi ha svegliata prima, un’amica mi ha mandato un sms e così mi sono alzata. Avrò oggi pomeriggio per dormire». Perché erano poche le possibilità che sarebbe riuscita a dormire con Matt nei paraggi. E come a confermare la sua teoria, lui cominciò ad avviarsi verso la coscia con baci più profondi ora. Mordicchiando di tanto in tanto e facendole scendere i brividi dappertutto. «Fra un po’ vado anche a fare la spesa, mi manca l’insalata e la carne e poi vedremo cos’altro mi andrà». Era pericolosamente vicino ai suoi punti davvero sensibili e così cominciò a chiudere il discorso più discretamente possibile.

«Fai attenzione, amore della mamma. Manda un bacio a Obama da parte mia». Si vedeva che cercava di sforzarsi ma che in realtà soffriva per la sua mancanza. Brutta la vita da genitore.

«Certo mamma. Lo faccio sempre. E Obama ne sarà contento». I saluti erano sempre tristi, ogni volta. Come se si salutassero dall’aeroporto tutti i lunedì e ogni due fine settimana. Quando chiuse la comunicazione con perizia per essere sicura di non essere vista, prese il volto di Matt fra le mani e lo portò più in alto spuntando tra le sue gambe.

«Non mi sono impegnato come volevo. Non mi sembrava giusto». Senza rispondergli lo baciò sulle labbra e lo spinse all’indietro sul pavimento. Il modo migliore per seppellire sgradevoli sensazioni è coprirle con sensazioni migliori. Erano sotto il tavolo e lei gli era sopra.

«Te l’avevo detto che toccava a me». Mentre aveva ripreso a baciarlo, Frankie cominciò a sbottonargli la camicia con sole tre dita. I bottoni erano facili da aprire. Come era stato possibile che quando le labbra di Frankie avevano sfiorato il petto esposto di Matt, lui avesse tremato al contatto? La desiderava troppo. Ecco la risposta. Le mani di Matt oltrepassarono con impudenza il limite dei pantaloncini e esultarono per ciò che erano riuscite a stringere. Sentiva però la stoffa leggera del tanga e sperava di poter vedere come le stava addosso, per poi toglierglielo. Allora abbassò i pantaloncini e cercò di buttare un occhio verso il basso. Non ci riusciva molto perché sotto il tavolo c’era troppa penombra per vedere con chiarezza. Gli sembrava verde scuro e con le dita aveva sentito dei merletti sul bordo superiore. E forse il reggiseno sarebbe stato in abbinato. Doveva vederlo a tutti i costi per bene o se ne sarebbe pentito.

«Non voglio farlo al buio. Voglio vederti per bene». Le aveva sussurrato quando gliene aveva dato la possibilità. Lei si scostò e si tolse dalle caviglie il pantaloncino che Matt le aveva abbassato. Poi si era spostata da sotto al tavolo per far uscire anche lui. E Matt adorò quello che era riuscito a vedere. Le curve piene e morbide risaltate da quel capo d’intimo lo avevano fatto andare in tilt per un secondo buono ma non era l’unico a essere piacevolmente sorpreso della bellezza dell’altro.

Gli aveva sbottonato la camicia ma non era riuscita a vedere davvero bene la pelle di Matt. L’aveva toccata, baciata e anche leggermente leccata con la punta della lingua ma non l’aveva vista ancora. Mentre lei si dirigeva verso il letto, lui la seguì non riuscendo a distogliere lo sguardo da quella canottiera che nascondeva ancora buona parte di quel corpo. Lui si era tolto la camicia facendola scivolare per terra. Frankie la notò con la coda dell’occhio prima di voltarsi di nuovo verso il suo viso.

Erano tutti e due uno di fronte all’altra senza sapere da dove ricominciare. Erano davanti a una vetrina indecisi su cosa allungare le mani prima perché desideravano tutto. Le mani di Frankie finirono sul bottone del jeans di Matt e lo sganciarono lentamente, ansiose. Facendo esporre la prova tangibile di quanto lui la desiderasse. Quando si era abbassato i pantaloni, Matt, invece di risollevarsi si soffermò su quel intimo che lo aveva maliziosamente incuriosito. I merletti che dietro erano solo un po’ accennati, sul davanti ricoprivano la stoffa per intero andando a finire in mezzo alle sue gambe. Senza più riuscire a resistere, li aveva abbassati e aveva baciato la pelle appena esposta. Quando si alzò fece per toglierle anche la canottiera scoprendo il reggiseno come lo aveva immaginato. Era un completo. Le si avvicinò come per abbracciarla per sganciarlo e a ogni centimetro di pelle che scopriva, lo ricopriva di baci. Proprio sulla pelle morbida come seta dei seni. E lei le aveva intrecciato le dita nei capelli e spinto dolcemente per averlo più vicino.

Ogni cosa andò nel verso giusto. Quel giorno fu la prima volta che si sarebbero conosciuti profondamente e con passione, ma non sarebbe stata l’ultima. Quella sera sarebbero usciti si, ma Matt non sarebbe tornato al dormitorio. Per molte sere non ci sarebbe tornato.

  
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