-{Sadistic Myth.
«Acciaio, spara!»
Il tempo di un
battito di ciglia e l’atmosfera s’era fatta incredibilmente pesante. L’ossigeno
era semplicemente piombo, il solo respirare era diventato talmente doloroso che
Edward trattenne il respiro, preferendo soffocare.
Piano piano pure
quella sensazione divenne insopportabile e allora liberò lentamente l’ossigeno
incatenato ai polmoni, scarcerandoli; una volta svuotati dovette combattere
pure contro il dannato istinto di sopravvivenza che gli urlava di respirare,
mentre la mente si annebbiava e si faceva sempre più inconsistente, sempre più
priva di pensieri.
Alla fine cedette
all’istinto e prese una generosa boccata d’aria, annaspando un po’.
Non riuscì a
ricostruire con certezza la dinamica dei fatti che lo portarono ad avere in mano
una delle pistole del Tenente Hawkeye, eppure il braccio destro era teso e
l’indice era adagiato sul grilletto dell’arma, pronto a premerlo… eppure non lo
fece.
Con la coda
dell’occhio controllò ancora una volta la situazione: Riza era a pochi metri da
lui, priva di sensi e ricoperta di sangue; il Colonnello Mustang, invece, era
bloccato a terra contro un muro da una grossa colonna che non era sopravvissuta
allo scontro avvenuto in quel luogo.
«Acciaio, spara»
ripeté la voce affannosa e lievemente disperata di Roy.
Edward scosse
istintivamente la testa e arretrò di mezzo passo. Era Alphonse che il biondo
stava tenendo sotto mira con la pistola del Tenente.
«Quello non è
Alphonse!» urlò Mustang, intuendo i pensieri del sottoposto. «Lo sai bene che è
quel maledetto Homunculus, che ha solo preso l’aspetto di tuo fratello!».
Non era solo il
Colonnello a parlare, la sua testa si riempì di voci.
Spara!
Spara!
Spara!
Spara!
Da piombo che
era, l’aria divenne acido. Senza nemmeno rendersene conto cadde in ginocchio,
facendo sollevare attorno a lui un po’ di polvere.
Tossì, senza
smettere di tenere Envy o Alphonse sotto mira.
E se quello era
veramente Alphonse?
E se, e se, e se, e se.
E se tu stesso non fossi
altro che un sogno? Uno sbuffo di fumo pronto a sparire al primo soffio di
vento?
E se tua madre fosse ancora
viva?
E se tuo padre non fosse mai
scappato senza dare a nessuno uno straccio di spiegazione?
E se l’esistenza degli
Homunculus fosse veramente solo una leggenda per spaventare i bambini?
…E se tu sparassi veramente
ad Alphonse?
No, Edward, non si va avanti
con i “se”… dai, facci vedere un po’ d’azione.
Edward guardò
attentamente il sedicente Al, cercando nel suo sguardo una qualsiasi traccia di
Envy, un qualsiasi seppur misero fattore che gli dicesse senza ombra di dubbio
che quella era solo una blanda imitazione del suo adorato fratello.
Eppure… come si
fa a riconoscere un’armatura?
«F-fratellone»
mormorò Alphonse, supplichevole.
Envy o Alphonse?
Alphonse o Envy?
La mano di Edward
tremò e dovette reggersi il braccio con l’altra mano, per evitare di abbassare
la guardia.
Prima che potesse
rendersene conto, l’indice fece pressione sul grilletto, mandando a segno il colpo.
Elmo
dell’armatura saltò via ed Edward ebbe appena il tempo di vedere distrutto dal
proiettile il sigillo alchemico che aveva creato lui col suo stesso sangue per
tenere agganciata al mondo l’anima del fratello minore, prima che un paio di
mani bianche gli artigliassero il viso, tappandogli gli occhi.
«Indovina a chi
hai sparato?» gli sussurrò all’orecchio una voce così oscenamente lasciva da
risultargli disgustosa.
La voce di Envy.
Si divincolò, per
poi accorgersi che le mani dell’Homunculus erano già sparite, che era solo lui
a tenere gli occhi serrati.
Quando li riaprì
gli ci volle meno di un secondo per rendersi conto che qualcosa non andava. Era
sempre nello stesso luogo, ma il Colonnello ed il Tenente erano spariti, c’era
solo Alphonse… o meglio, c’era solo l’armatura di Alphonse, sotto la quale si
allargava sempre di più una pozza di sangue.
“Non ha senso…
Alphonse non può perdere sangue!” pensò.
Volle
allontanarsi, quando capì che la pozza scura non si stava solo allargando ma si
stava dirigendo senza dubbio verso di lui, ma le gambe non sembravano essere
più in grado di muoversi, nonostante tutti i suoi disperati sforzi. Abbassò lo
sguardo e scoprì di essere incatenato al terreno.
“Com’è
possibile?”
Si divincolò con
forza, cercò di trasmutare le catene, ma quando risollevò gli occhi per
controllare quanto distante fosse da lui il sangue, lo scenario era
completamente mutato.
Era di nuovo
nella casa della sua infanzia, era di nuovo la notte in cui era andato vicino a
perdere tutto.
Il cerchio alchemico.
Un semplice
mucchietto di polvere dove prima c’era Alphonse.
Quella carcassa
sanguinolenta che doveva essere la trasmutazione di Trishia .
Un moncherino
grondante sangue al posto della sua gamba.
Sgranò gli occhi
per l’orrore, non capiva cosa stesse succedendo. La paura s’impadronì di lui,
divorandolo così rapidamente che non rimase altro che un fitto alone di pazzia.
E se tu non fossi mai esistito
Basta, stai diventando
noioso, Edward Elric.
Finiamola con questo gioco,
vuoi?
E’ ora che tu capisca la tua
Esistenza…
O per meglio dire la tua
Non-Esistenza.
Si svegliò in un
luogo dal candore così accecante e freddo che ne rimase intontito diversi
secondi.
Ogni cosa attorno
a lui emanava un’aura di malvagio sadismo. Era la dimensione che lui conosceva
come Verità, ma c’era qualcosa di diverso…
«Sei stato quasi
divertente» disse una voce alle sue spalle. Edward si girò, ma non vide nulla;
il suo interlocutore era semplicemente tutto ciò che la vista riusciva ad
accarezzare.
«Cosa intendi?»
«Avanti, Edward,
non essere stupido. Vuoi farmi credere di non averlo capito, questa sera?».
La voce si
spostava così rapidamente che ad Elric venne un piccolo capogiro solo nel
cercare di starle dietro. Scosse la testa.
«Tu non esisti»
snocciolò la voce, malevola, «mi annoiavo e così ho creato un fantoccio a cui
far capitare le peggiori disgrazie solo per il mio divertimento; ora, però, sei
diventato noioso».
Gli mancò il
respiro. «No, non è vero, non può essere» boccheggiò, trovando tutto troppo
crudele per essere credibile.
Tutti gli orrori
che aveva passato creati solo per il divertimento di quella cosa.
In quel momento
fu come se uno specchio si fosse rotto, lasciando null’altro se non frammenti
di vetro privi di valore, troppo piccoli e troppo inutili anche solo per
riflettere l’unghia di un dito.
«Se non ci credi,
mettiti alla prova» suggerì la voce.
Solo in quel
momento Edward si accorse di avere ancora in mano la pistola. «La pistola del
Tenente Hawkeye» mormorò, stupito.
«Non esiste
nessuna Riza Hawkeye. Come te lo devo dire che tutto ciò che ti riguarda non
esiste? Perché non ti spari quel proiettile in testa? Se esisti sul serio come
sostieni tu, ci dovrebbe essere qualche conseguenza, no?»
«Acciaio, spara!»
Spara!
Spara!
Spara!
Spara!
Deglutì a vuoto e
osservò l’arma.
«Acciaio, spara!»
Lentamente la
portò di fronte a se, in modo da riuscire a guardare all’interno della canna
macchiata di polvere da sparo.
«Acciaio, spara!»
La poggiò sulla
fronte, giocando a trovare il centro perfetto.
Non sentì neanche
dolore. Tutto sparì quando l’indice pigiò per la seconda volta quel grilletto;
non ebbe neanche il tempo di vedere una sola misera goccia di sangue uscire da
quella mortale ferita.
La fine di ogni
cosa, esistente o meno.
Lo dicevo che eri noioso.
«Tu chi cosa sei?»
Di solito mi chiamano
Destino.