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Autore: Bad A p p l e    27/08/2010    5 recensioni
«Acciaio, spara!»
Il tempo di un battito di ciglia e l’atmosfera s’era fatta incredibilmente pesante. L’ossigeno era semplicemente piombo, il solo respirare era diventato talmente doloroso che Edward trattenne il respiro, preferendo soffocare.
Genere: Dark, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-{Sadistic Myth

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«Acciaio, spara!»

Il tempo di un battito di ciglia e l’atmosfera s’era fatta incredibilmente pesante. L’ossigeno era semplicemente piombo, il solo respirare era diventato talmente doloroso che Edward trattenne il respiro, preferendo soffocare.

Piano piano pure quella sensazione divenne insopportabile e allora liberò lentamente l’ossigeno incatenato ai polmoni, scarcerandoli; una volta svuotati dovette combattere pure contro il dannato istinto di sopravvivenza che gli urlava di respirare, mentre la mente si annebbiava e si faceva sempre più inconsistente, sempre più priva di pensieri.

Alla fine cedette all’istinto e prese una generosa boccata d’aria, annaspando un po’.

Non riuscì a ricostruire con certezza la dinamica dei fatti che lo portarono ad avere in mano una delle pistole del Tenente Hawkeye, eppure il braccio destro era teso e l’indice era adagiato sul grilletto dell’arma, pronto a premerlo… eppure non lo fece.

Con la coda dell’occhio controllò ancora una volta la situazione: Riza era a pochi metri da lui, priva di sensi e ricoperta di sangue; il Colonnello Mustang, invece, era bloccato a terra contro un muro da una grossa colonna che non era sopravvissuta allo scontro avvenuto in quel luogo.

«Acciaio, spara» ripeté la voce affannosa e lievemente disperata di Roy.

Edward scosse istintivamente la testa e arretrò di mezzo passo. Era Alphonse che il biondo stava tenendo sotto mira con la pistola del Tenente.

«Quello non è Alphonse!» urlò Mustang, intuendo i pensieri del sottoposto. «Lo sai bene che è quel maledetto Homunculus, che ha solo preso l’aspetto di tuo fratello!».

Non era solo il Colonnello a parlare, la sua testa si riempì di voci.

Spara!

Spara!

Spara!

Spara!

Da piombo che era, l’aria divenne acido. Senza nemmeno rendersene conto cadde in ginocchio, facendo sollevare attorno a lui un po’ di polvere.

Tossì, senza smettere di tenere Envy o Alphonse sotto mira.

E se quello era veramente Alphonse?

E se, e se, e se, e se.

E se tu stesso non fossi altro che un sogno? Uno sbuffo di fumo pronto a sparire al primo soffio di vento?

E se tua madre fosse ancora viva?

E se tuo padre non fosse mai scappato senza dare a nessuno uno straccio di spiegazione?

E se l’esistenza degli Homunculus fosse veramente solo una leggenda per spaventare i bambini?

…E se tu sparassi veramente ad Alphonse?

No, Edward, non si va avanti con i “se”… dai, facci vedere un po’ d’azione.

Edward guardò attentamente il sedicente Al, cercando nel suo sguardo una qualsiasi traccia di Envy, un qualsiasi seppur misero fattore che gli dicesse senza ombra di dubbio che quella era solo una blanda imitazione del suo adorato fratello.

Eppure… come si fa a riconoscere un’armatura?

«F-fratellone» mormorò Alphonse, supplichevole.

Envy o Alphonse?

Alphonse o Envy?

La mano di Edward tremò e dovette reggersi il braccio con l’altra mano, per evitare di abbassare la guardia.

Prima che potesse rendersene conto, l’indice fece pressione sul grilletto, mandando a segno il colpo.

Elmo dell’armatura saltò via ed Edward ebbe appena il tempo di vedere distrutto dal proiettile il sigillo alchemico che aveva creato lui col suo stesso sangue per tenere agganciata al mondo l’anima del fratello minore, prima che un paio di mani bianche gli artigliassero il viso, tappandogli gli occhi.

«Indovina a chi hai sparato?» gli sussurrò all’orecchio una voce così oscenamente lasciva da risultargli disgustosa.

La voce di Envy.

Si divincolò, per poi accorgersi che le mani dell’Homunculus erano già sparite, che era solo lui a tenere gli occhi serrati.

Quando li riaprì gli ci volle meno di un secondo per rendersi conto che qualcosa non andava. Era sempre nello stesso luogo, ma il Colonnello ed il Tenente erano spariti, c’era solo Alphonse… o meglio, c’era solo l’armatura di Alphonse, sotto la quale si allargava sempre di più una pozza di sangue.

“Non ha senso… Alphonse non può perdere sangue!” pensò.

Volle allontanarsi, quando capì che la pozza scura non si stava solo allargando ma si stava dirigendo senza dubbio verso di lui, ma le gambe non sembravano essere più in grado di muoversi, nonostante tutti i suoi disperati sforzi. Abbassò lo sguardo e scoprì di essere incatenato al terreno.

“Com’è possibile?”

Si divincolò con forza, cercò di trasmutare le catene, ma quando risollevò gli occhi per controllare quanto distante fosse da lui il sangue, lo scenario era completamente mutato.

Era di nuovo nella casa della sua infanzia, era di nuovo la notte in cui era andato vicino a perdere tutto.

Il cerchio alchemico.

Un semplice mucchietto di polvere dove prima c’era Alphonse.

Quella carcassa sanguinolenta che doveva essere la trasmutazione di Trishia .

Un moncherino grondante sangue al posto della sua gamba.

Sgranò gli occhi per l’orrore, non capiva cosa stesse succedendo. La paura s’impadronì di lui, divorandolo così rapidamente che non rimase altro che un fitto alone di pazzia.

 

E se tu non fossi mai esistito

Basta, stai diventando noioso, Edward Elric.

Finiamola con questo gioco, vuoi?

E’ ora che tu capisca la tua Esistenza…

O per meglio dire la tua Non-Esistenza.

 

Si svegliò in un luogo dal candore così accecante e freddo che ne rimase intontito diversi secondi.

Ogni cosa attorno a lui emanava un’aura di malvagio sadismo. Era la dimensione che lui conosceva come Verità, ma c’era qualcosa di diverso…

«Sei stato quasi divertente» disse una voce alle sue spalle. Edward si girò, ma non vide nulla; il suo interlocutore era semplicemente tutto ciò che la vista riusciva ad accarezzare.

«Cosa intendi?»

«Avanti, Edward, non essere stupido. Vuoi farmi credere di non averlo capito, questa sera?».

La voce si spostava così rapidamente che ad Elric venne un piccolo capogiro solo nel cercare di starle dietro. Scosse la testa.

«Tu non esisti» snocciolò la voce, malevola, «mi annoiavo e così ho creato un fantoccio a cui far capitare le peggiori disgrazie solo per il mio divertimento; ora, però, sei diventato noioso».

Gli mancò il respiro. «No, non è vero, non può essere» boccheggiò, trovando tutto troppo crudele per essere credibile.

Tutti gli orrori che aveva passato creati solo per il divertimento di quella cosa.

In quel momento fu come se uno specchio si fosse rotto, lasciando null’altro se non frammenti di vetro privi di valore, troppo piccoli e troppo inutili anche solo per riflettere l’unghia di un dito.

«Se non ci credi, mettiti alla prova» suggerì la voce.

Solo in quel momento Edward si accorse di avere ancora in mano la pistola. «La pistola del Tenente Hawkeye» mormorò, stupito.

«Non esiste nessuna Riza Hawkeye. Come te lo devo dire che tutto ciò che ti riguarda non esiste? Perché non ti spari quel proiettile in testa? Se esisti sul serio come sostieni tu, ci dovrebbe essere qualche conseguenza, no?»

«Acciaio, spara!»

Spara!

Spara!

Spara!

Spara!

Deglutì a vuoto e osservò l’arma.

«Acciaio, spara!»

Lentamente la portò di fronte a se, in modo da riuscire a guardare all’interno della canna macchiata di polvere da sparo.

«Acciaio, spara!»

La poggiò sulla fronte, giocando a trovare il centro perfetto.

Non sentì neanche dolore. Tutto sparì quando l’indice pigiò per la seconda volta quel grilletto; non ebbe neanche il tempo di vedere una sola misera goccia di sangue uscire da quella mortale ferita.

La fine di ogni cosa, esistente o meno.

Lo dicevo che eri noioso.

«Tu chi cosa sei?»

Di solito mi chiamano Destino.

 

 

   
 
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