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Autore: 96opal    29/08/2010    4 recensioni
“Mi chiamo Michael”, disse, “Sono un tuo amico, piccola. Sono venuto qua per volerti bene, per aiutarti...” […]
Mi guardò con dolcezza, nascondendo una lieve amarezza. Io abbassai lo sguardo sul libro aperto alle ultime pagine, poi i miei occhi ricaddero sui suoi, mentre la mia mente fabbricava un’idea magnifica.
Il 29 agosto 2010, Jamie Green ricorda i bei momenti passati con il vero uomo che era Michael Jackson, colui che l’ha aiutata e capita come lo spirito del suo libro di favole.
scritta a due mani da 96OPAL E S U N R I S E LIGHT
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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scritta da Ambra e Marta

Buon 52°compleanno, Michael

 

Spirito di luce dei boschi

 

 

 

Flashback anno 1991:

Mi trovavo distesa sul lettino dell’ospedale, bianco e candido, come ogni giorno.

Sbattei lentamente le palpebre, ascoltando con attenzione la favola che la mamma mi stava di nuovo raccontando, trattenendo le lacrime. Negli ultimi tempi piangeva sempre…

Con le poche forze che avevo nel fragile corpicino, ascoltare una fiaba era la mia attività preferita.

“Ma finalmente, lo spirito di luce trovò il piccolo cerbiatto accoccolato da solo, che lo guardava con meraviglia...”, disse mia madre, con gli occhi lucidi.

Accennai un debole sorriso, guardando le immagini del grande libro che la mamma teneva stretto fra le sue dita affusolate e rigide, così gentilmente esposte verso di me per farmi scrutare le figure come ogni volta che non io avevo abbastanza forza per tenerlo in mano da sola.

Era il mio preferito, e quella era la storia che più mi appassionava di tutto l’intero volume. La rileggevo e la rileggevo, non mi stancava mai!

La favola narrava di un piccolo cerbiatto, il quale viene abbandonato dalla madre in tenera età e perciò costretto ad affrontare una serie di avventure tutto da solo: periodi di caccia terribili, pericoli insormontabili, difficoltà e scontri con gli altri animali del bosco alla fine lo porteranno all’incontro con lo spirito di Luce dei boschi, un angelo della foresta che lo troverà proprio quando per il piccolo cerbiatto sembra tutto perduto. Esso lo salva e lo porta con sé nel suo mondo incantato...

Annuii leggermente, felice che finalmente eravamo arrivati al punto in cui il cerbiatto veniva ritrovato. Avevo poca energia ma quella che mi restava tentavo di usarla il più possibile.

Ero affetta di leucemia, una malattia che mi stava lentamente divorando.

Avevo poche speranze di guarire, avrei dovuto subire un trapianto di midollo osseo da una persona del mio stesso gruppo sanguigno per cavarmela, cosa abbastanza difficile visto che ne possedevo uno abbastanza raro.

Era una questione complicata e difficile da risolvere, per questo i medici mi ritenevano ormai spacciata.

“Il cerbiatto seguì a passi insicuri lo spirito, entrando nel suo mondo fatato…”

“Scusi, signora Green, possiamo parlarle in privato?”

Due medici erano entrati discretamente nella mia stanza, e subito mia madre lanciò loro un’occhiata attenta e contemporaneamente perplessa, chiudendo il libro che teneva sulle ginocchia. La pregai di darmelo, per provare a leggerlo da sola.

“Va bene, tesoro...” acconsentì mia mamma, intenerita e premurosa, dandomi una carezza e seguendo i dottori fuori dalla stanza.

Mi trovavo da sola in quella cameretta immacolata, leggendo lentamente una pagina del mio libro preferito. Sola, senza nemmeno un pupazzo a farmi compagnia, sebbene in realtà non mi sentivo affatto in solitudine. Con me c’era la mia immaginazione di bambina, che mi portava quando volevo in mondi fantastici e lontani, fatti di prati fioriti e animali fatati.

Cercai di immaginarmi come fosse lo spirito di Luce del mio libro. Una specie di fantasma? Oppure un essere bellissimo e incantevole, con un sorriso rassicurante…

Il mio sguardo cadde sulla finestra, al di fuori dell’ospedale. Proprio al di là della strada c’era un prato, con degli alberi verdi dove ci si poteva arrampicare. Un giorno lo farò anche io, mi promisi tristemente. Mi lisciai i lembi della mia camicia da notte azzurra, ammirandolo in modo distratto, troppo presa nei miei pensieri.

Era da tanto che non mi alzavo da quel lettino.

Sarebbe stato bello essere libera di correre, fare una ghirlanda di fiori…

Qualcuno bussò alla porta, entrando timidamente cercando di fare il minimo rumore. Pensai tranquillamente che fosse un dottore, così guardai quei grandi occhi scuri, senza muovere un muscolo del viso.

Quell’uomo mi salutò, sorridendo leggermente, per poi venire a sedersi accanto al mio lettino. Avevo ancora in mano il libro di favole, quando chiesi debolmente se era un altro medico.

“No, Jamie”, rispose con voce dolce.

Come fa a sapere il mio nome questo signore?, mi chiesi silenziosamente, con gli occhi curiosi, quando lui mi rispose prontamente, quasi mi avesse letto nella mente:

“Mi chiamo Michael”, disse, “Sono un tuo amico, piccola. Sono venuto qua per volerti bene, per aiutarti...”

“Nessuno era mai venuto in questa stanza a trovarmi, a parte i dottori e la mia mamma”, risposi stupita e, allo stesso tempo, aggrottando le sopracciglia. Quell’uomo era venuto apposta per una bambina come me?

Mi guardò con dolcezza, nascondendo una lieve amarezza. Io abbassai lo sguardo sul libro aperto alle ultime pagine, poi i miei occhi ricaddero sui suoi, mentre la mia mente fabbricava un’idea magnifica.

“Tu sei lo spirito di Luce dei boschi?” chiesi, eccitata da quell’illuminazione.

Michael mi guardò curioso, non capendo bene il significato delle mie parole. Così gli raccontai impettita la favola del mio libro, tralasciando particolari e gesticolando velocemente.

“Quindi io sono il cerbiatto del libro, nella storia, tu sei lo spirito di Luce, e…”

Accorgendomi di quanta confusione avevo fatto nel mio discorso mi sentii bruciare dentro, Michael di certo non aveva capito cosa volessi dire. Ero stata così rapida nell’esprimermi che probabilmente chissà quanto casino avevo fatto. Sentii gli occhi inumidirsi e bruciare, avevo improvvisamente voglia di piangere, perciò volsi i miei occhi lontani dal contatto con quelli di Michael; se avessi continuato a scrutarli probabilmente mi sarei messa a piangere di botto.

Stavo per versare la prima lacrima quando la grande mano di Michael si posò sulla mia, piccola e magra, accarezzandola con dolcezza. La sua pelle era morbida e calda.

“Jamie, se vuoi puoi leggermela, tranquilla. Hai tutto il tempo che vuoi”, disse, serio ma gentile.

Gli scoccai un’occhiata e sorrisi inconsapevolmente, colpita dallo sguardo profondo di quell’uomo così affabile e cortese. Era tanto sincero che riuscivo a leggergli dentro molto facilmente...

E lui non faceva resistenza al mio inconsapevole volere.

Michael appoggiò i gomiti sul bordo del letto e iniziai pian piano la lettura, mentre lui indicava sorridendo le figure del mio libro.

“Il cerbiatto era stanco... Non sapeva dove andare, e si rifugiò sotto... Sotto un albero...”, cominciai a farfugliare dopo un po’ che ebbi iniziato, affaticata già per quel poco che stavo compiendo.

Sentii una lieve carezza sul mio braccio e Michael continuò a leggere al mio posto, non chiedendomelo neppure, facendomi sospirare di sollievo. Leggeva così bene, con una voce straordinariamente profonda che mi immedesimavo e mi sembrava più che mai di essere il piccolo cerbiatto. Socchiusi per un attimo gli occhi e mi sembrò davvero di avere intorno creature incantate, magiche.

Quando Michael finì di leggere, lo guardai riconoscente e sorrisi.

“Sei molto più bravo di me... E della mia mamma a leggermi le storie. Lei… Lei alla fine piange sempre...”, dissi mentre lui mi rivolgeva un debole sorriso.

Abbassai un secondo lo sguardo e dopo un piccolo silenzio continuai: “Io lo so perché, lo fa perché i dottori dicono che morirò presto, e lei è tanto triste. Piange anche di notte, quando pensa che dormo, ma io la sento spesso...”

Lentamente Michael si sporse verso di me, abbracciandomi affettuosamente. La sua mano accarezzò i miei capelli mossi. Mi baciò la fronte, con estrema calma e dolcezza.

“Non ti devi preoccupare, Jamie. La tua mamma non piangerà più, anzi, sorriderà dei tuoi miglioramenti. Non devi badare a quello che i dottori dicono, non è finita qua”, mi disse con una fiducia incredibile.

“Ma,” mi rammentò, toccandomi la punta del nasino, “Sei tu che devi tenere duro. Sei tu che puoi cambiare il mondo se lo vuoi, ma lo devi volere davvero. I bambini sono il futuro, e tu devi lottare per questo futuro. Hai ancora così tante cose da fare nella tua vita…”

Annuii, capendo il significato d’amore in ogni frase che Michael diceva. Continuò a rassicurarmi per molto, dicendo che di sicuro sarei guarita presto. Sentivo il suo abbraccio nel cuore e nell’anima, e le speranze stavano emergendo dal profondo di me.

La porta della mia cameretta si aprì e silenziosamente i dottori e mia madre entrarono al suo interno, con le espressioni dei loro visi intenerite e commosse da quella scena.

“Michael, è tempo di andare”, comunicò un uomo che improvvisamente apparve sulla soglia della porta. Egli annuì, posando i suoi occhi nei miei.

Lo osservai angosciata, capendo che lui se ne sarebbe andato, forse per sempre. Non mi avrebbe portata nel suo mondo incantato? Questo voleva dire che non lo avrei più rivisto?

“Non… Non andare via...”, sussurrai, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime.

Per la prima volta sentii il mio cuore cominciare a frammentarsi, a ridursi in piccoli pezzi che, con la sua scomparsa, avrebbero cominciato a sgretolarsi in polvere. Perché tutto quello che mi stava intorno ora mi sembrava estremamente insignificante? Con la sua entrata nella mia vita era riuscito a portarmi gioia e nuove speranze per il futuro, e ora mi lasciava da sola? Se ne andava?

Lui sorrise di nuovo, dandomi un rassicurante abbraccio. Mi sporsi un po’ di più per sentire il suo profumo di buono, appoggiando il viso nell’incavo del suo collo. Lo sentii invadermi dentro e, come una improvvisa vampata di aria pulita che spazza via ogni traccia di perplessità e dubbio, per un istante desiderai non staccarmi più da quella posizione.

Rimanere lì, così, per sempre, sarebbe stata un’idea considerevole...

“Ci incontreremo molto, molto presto...”, mi sussurrò all’orecchio, e d’impeto il sollievo per quelle sincere parole guarì i possibili danni al cuore che quell’addio aveva cominciato a lasciare.

Michael mi diede un ultimo bacio sulla fronte mentre chiudevo gli occhi, prendendo ancora un po’ di tempo per noi. E premendo la sua mano sulla mia lasciò fra le mie dita un regalo. Un ciondolo a forma di cerbiatto, con un diamante che faceva da occhio al piccolo animale.

Non ci sono parole per descrivere quello che provai, perché quello che sentii è indescrivibile, proprio come Michael.

Forse ero troppo emozionata per dire qualsiasi parola sufficiente a ringraziarlo, a fargli capire la felicità che mi aveva regalato con quel suo speciale dono, a quanto gli volevo bene anche solo avendolo conosciuto da così poco tempo, ma lui sembrò percepire le mie emozioni comunque.

Lo guardai piena di gioia e gli feci un gran sorriso, trattenendo a fatica il luccichio di emozione che traspariva attraverso i miei occhi sognanti.

E lui rispose allo stesso modo, radioso, sparendo oltre la porta della mia stanza.

 

fine flashback anno 2010, 29 agosto:

Faccio qualche passo in avanti, guardando fisso davanti a me quel mausoleo del Forest Lawn, il posto dove riposa il corpo del mio amato salvatore.

Il sole splende nel cielo e i miei occhi d’impatto diventano vacui, si perdono alla ricerca di qualcosa che non riuscirò mai più a trovare. Nelle mie mani tengo un girasole, il suo fiore preferito.

So che Michael, l’uomo gentile che mi aveva salvata molti anni prima, non è di certo in una tomba, ma dentro il mio cuore. Il suo sorriso e quegli occhi profondi che avevano fatto nascere in me la speranza non se ne sarebbero mai andati. Era stata la mia ancora di salvezza, la mia via d’uscita in un mondo che riuscivo a malapena ad illuminare con la fantasia.

Era stato lui la mia cura, la mia guarigione, non le chemioterapie o il trapianto del midollo osseo.

L’intensa sensazione di pace e sicurezza che mi aveva fatto provare solo al suono della sua voce non se ne sarebbe mai andata, è ancora là, nel profondo della mia anima.

È stato proprio come diceva lui, come se sapesse già tutto. Sono migliorata sempre di più e mia madre ha ripreso a sorridere, pregando ogni sera e ringraziando per il miracolo avvenuto.

Sono guarita davvero, ho potuto ricominciare ad andare a scuola e pian piano anche a correre nei prati fioriti che stavano fuori dall’ospedale. Un giorno mi ero anche arrampicata sull’albero, ridendo di soddisfazione e facendo preoccupare la mamma.

Accarezzo i petali gialli del fiore, ripensando alla sua pelle liscia che accarezzava le mie mani.

Per mia fortuna l’avevo visto molte altre volte dopo il nostro primo incontro, prima e dopo il trapianto del midollo osseo, in seguito mi aveva invitato al Neverland Valley Ranch.

Ricordando le sue risa, i nostri giochi, i miei occhi non possono che diventare lucidi. Lui non vorrebbe che piangessi, così rivolgo lo sguardo verso il cielo limpido di agosto, pensando di rivedere una pallida immagine del suo viso.

Non piango per la tristezza della sua perdita, ma per la gioia dei momenti passati insieme.

Ho scoperto solo dopo la riabilitazione che Michael fosse un idolo internazionale. Ma non era quello che la gente pensava di conoscere. Michael Jackson non è una stella, non è un mostro, non è diverso, è semplicemente il mio spirito di Luce dei boschi.

Sono sicura che era un angelo mandato per aiutare la gente, tra cui anche me, e il suo compito principale fosse quello di lasciare a tutti un messaggio d’amore.

Mi asciugo velocemente una lacrima con il polso, non chiedendomi più il perché di niente. Quello che mi è successo è stato il dono più grande, ho conosciuto Michael e lui mi ha aiutata in tutta la mia vita - anche nella lontananza e nel dolore -, in quanto mio angelo di Luce e mia unica forza che mi spingeva ad andare avanti.

Una leggera folata di vento mi accarezza la schiena e mi scompiglia i capelli, procurandomi un brivido in tutto il corpo.

Sorrido con sincerità, col capo verso l’alto e stringendo con la mano libera il mio ciondolo a forma di cerbiatto. Appoggio il modesto girasole vicino a tantissimi altri fiori da parte di gente che lo ama e me ne vado, dando un bacio al ciondolino e mandando un bacio con la mano verso il cielo.

“Ti ringrazio, Michael. Ti ringrazio per essere sceso qua sulla terra ed aver aiutato tante persone, per avermi fatto credere che la luce c’è per tutti. Per avermi ridonato il sorriso, e per tutto l’amore che mi hai dato, in ogni piccolo gesto.”

Perché Michael è questo. Amore. Nient’altro.

E’ questa la sua vera essenza, è quella che ha acceso i cuori di molti cuori, milioni di cuori.

E allontanandomi, sussurro le ultime parole che avrei voluto dirgli, le più importanti:

“Ti amo, spirito di Luce dei boschi.”

 

 


The end

 

 

Angolo Autrici:

Questa storia è stata scritta unendo la penna di Ambra e Marta ; )

Due scrittrici/lettrici nonché grandi amiche che credono e amano quel figone di Orly xD

L’idea di scrivere insieme è partita da Marta, poi Ambra ha dato un gran contributo con una splendida trama ed insieme abbiamo sviluppato la storia!! Il disegno è di Marta, come al solito xD

Speriamo tanto che faccia capire a tutti i lettori la vera essenza di Michael, l’uomo che era. Una persona splendida che ha aiutato tantissimi bambini come Jamie e fatto nascere sorrisi.

Per questa data speciale, la dedichiamo a lui, BUON COMPLEANNO!

pubblicato alle 9:03, esattamente 10 minuti dalla nascita del nostro angelo...

  
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