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Autore: pica    29/08/2010    2 recensioni
“Io ti amo..”, mormorò. “Ti amo, Robert, ti amo. Ti amo.” Lo sentii quasi perdere coscienza nel mio abbraccio. Guy ci guardò scuotendo la testa, sospirò, ed io gli lanciai un’occhiata di scuse – il massimo che l’imbarazzo mi consentì di fare. Non tanto per le parole di Jude, quanto per lo stato pietoso in cui si era ridotto sotto ai nostri occhi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le prime parole che mi colpirono davvero di Jude furono ti amo.

I miei ricordi riguardo a quella sera sono piuttosto vaghi, come di qualcosa che è accaduto troppo in fretta per essere assimilato come si deve; i suoi, invece, sono stati del tutto annullati dall’alcol e dalla sbronza. O almeno questo è ciò che mi ha detto tutte le volte che ho cercato di riportare la sua memoria alla notte dell’accaduto. Che mi abbia mentito o meno, sappiamo entrambi, senza bisogno di ammetterlo, che è stato quello il giorno in cui le cose fra noi hanno iniziato a complicarsi.

Le riprese erano iniziate da un paio di settimane al massimo, ma tutto quanto sembrava già essersi trasformato in un grande gioco ed ogni cosa veniva fatta con la massima serietà anche se nulla, alla fine, veniva preso troppo sul serio. Jude mi piaceva, schietto e sveglio, difficilmente si lamentava per i compiti che gli venivano affidati e partecipava con entusiasmo alle discussioni con l’illustre regista, per nulla intimorito dal mio essere Holmes e dal suo essere, invece, solo Watson. Anche io piacevo a Jude, e stare con lui rappresentava un’ottima occasione per farsi una risata e dimenticare tutto il resto; avevo con lui la stessa familiarità che potrei avere con un amico di vecchia data, e mi risultava quasi del tutto impossibile non andarci d’accordo. Guy, in tutto questo, non poteva essere più felice del lavoro che stavamo svolgendo.

Una sera che ci invitò fuori per cena decise di organizzare qualcosa di diverso dal solito. Il giorno seguente né io né Jude avremmo avuto scene da girare, quindi ci sembrò una buona occasione per fare casino in qualche pub londinese senza il rischio di compromettere il lavoro. Io, che da parte mia quella sera non contavo di esagerare – né con l’alcol né con altro – ebbi invece modo di notare quanto fosse facile per Jude perdere il conto dei propri bicchieri e con quale agevolezza, sorso dopo sorso, nuove ordinazioni scivolassero dalle sue labbra,  facendo risuonare la sua voce cristallina e vivace come al solito, solo un poco più euforica per effetto dell’alcol che stava iniziando a tingergli le guance di rosso e ad inumidirgli gli occhi. Continuava comunque a sorridere a tutti quanti, rifilandoci discorsi insensati con quel suo accento esageratamente inglese che, di solito, gli dava quell’aria da bravo ragazzo che capii non appartenergli affatto. Iniziò a delirare verso mezzanotte, quando il pub si stava ormai svuotando e solo gli ultimi – i più tenaci – rimanevano a rincorrere quel falso ultimo bicchiere. Io e Guy eravamo probabilmente gli unici le cui cellule cerebrali non fossero ancora state sterminate in massa da una goccia d’alcol di troppo. Osservammo in silenzio Jude mentre si strascicava sul bancone, già completamente andato, e non osammo nemmeno scambiarci un’occhiata di razionale, costernata commiserazione. Jude mormorava ormai parole incomprensibili, ridendo fra sé con la testa pesante ed abbandonata sul legno. Più di una volta si rianimò cercando di convincermi a buttare giù qualche sorso, ma con un sorriso imbarazzato ed una pacca sulla spalla rifiutai ad ogni occasione. Non seguivo più i suoi ragionamenti umidi da un pezzo, ma ci fu un momento in cui riuscì a riguadagnarsi la mia totale attenzione, mio malgrado; il momento, ad esser precisi, in cui si sporse qualche centimetro di troppo verso di me, emettendo una risata esausta prima di crollarmi sulla spalla.

“Robert, tu sei un vero dio”, farneticò, con la voce strascicata e la tipica, quasi sonnolente insolenza di chi ha perso ogni inibizione. “Un vero dio”, ripeté a voce più bassa, chiudendo gli occhi e poi ridendo di nuovo. Cercai di afferrarlo per le spalle e rimetterlo a sedere al suo posto, ma incontrai resistenza nel suo corpo; una protesta che, seppur debolissima e facilmente contrastabile, mi sorprese  in un momento del genere. Si avvicinò ancora, cercando il mio appoggio, quasi volesse accomodarsi su di me. “Lasciami stare qui ancora un po’, solo un po’, prometto che non darò fastidio..” Lanciai un’occhiata a Guy, una richiesta d’aiuto. “.. E, mmnh, non ti accorgerai neanche di me”, mugugnò Jude ignorandomi. Cercai nuovamente di scrollarmelo di dosso con tutta la gentilezza che potessi concedergli, ma finii solamente per ritrovarmi le sue dita aggrappate alla mia manica, pretendendo altra vicinanza.

“Jude, non credi sarebbe meglio chiudere qui la serata e tornare tutti in hotel?”

“Mmh, perché non mi vuoi, Robert?” si strusciò senza forze sulla mia spalla, “perché non puoi semplicemente accettare che io stia qui e.. e fare finta che ti stia bene?”

“Sei stanco. Dovremmo riportarti in camera”, rivolsi volutamente un’occhiata nervosa a Guy.

“Non sono stanco”, protestò immediatamente Jude. “Sto benone qui.”

“Jude.”

“Sai qual è il vero problema, Robert?”, riprese, “perché un problema c’è, che tu lo voglia ammettere o no.. e il problema..”, sollevò a fatica la testa, ciondolandola di fronte a me – con il suo comportamento e quelle continue, imprevedibili pause, mi stava innervosendo più di quanto dovesse. “.. il problema non sei tu, Robert. Ooh, no. Il problema..”, sospirò, e d’un tratto mi sembrò riprendere i sensi e tornare in sé, ma sapevo che non era così. “.. sono io.” Soffocò una risata amara.

“Ok”, lo bloccai, con un sorriso con cui volli incoraggiare me, prima di lui. “Ora io e il mio caro, vecchio Watson andiamo a prendere una boccata d’aria e ci togliamo quello sguardo triste dalla faccia, d’accordo?” intercettò le mie mani quando tentai di sollevarlo di peso. “No, no”, alzando la voce, allungò le sillabe in chiaro segno di protesta. “Non devi chiamarmi così, io non sono Watson, io sono Jude e tu sei Robert, e.. e io..”

Sentii la voce di Guy chiamarmi cauta alle mi spalle, il suo velato avvertimento inespresso, ma non riuscii a farci caso. Jude si lasciò crollare fra le mie braccia e fui costretto a stringerlo al petto per non farlo scivolare a terra.

“Io ti amo..”, mormorò. “Ti amo, Robert, ti amo. Ti amo.” Lo sentii quasi perdere coscienza nel mio abbraccio. Guy ci guardò scuotendo la testa, sospirò, ed io gli lanciai un’occhiata di scuse – il massimo che l’imbarazzo mi consentì di fare. Non tanto per le parole di Jude, quanto per lo stato pietoso in cui si era ridotto sotto ai nostri occhi.

“Ci penso io”, assicurai senza riflettere, ed un attimo dopo ero già in strada, trascinando a fatica il corpo semi cosciente di Jude fra le braccia, non avendo la più pallida idea di cosa fare con lui, anche una volta avessimo raggiunto l’hotel.

~~

Lo trascinai fuori dall’auto, attraversammo la hall uno aggrappato all’altro ed io cercai di ignorare gli sguardi dubbiosi che ci attiravamo addosso al nostro passaggio, poi l’ascensore ci accompagnò al terzo piano mentre sorreggevo Jude in silenzio, ed anche lui rimaneva senza parlare. Il corridoio fu attraversato in tutta fretta, e fra la mia camera e la sua scelsi quest’ultima, non volendo allarmare Susan con inutili scenate da parte del mio compagno. Frugai frettolosamente fra le sue tasche ricevendo in risposta un paio di mormorii assonati ed assenti e nessuna collaborazione, ma non mi ci volle molto per trovare ciò che stavo cercando.

“Robert”, mi chiamò senza voce.

“Sono qui. Siamo quasi arrivati, solo un paio di passi”, spinsi la porta con un piede e lasciai che si spalancasse sulla camera buia. “Eccoci a casa, sani e salvi”, lo abbandonai sul letto, lasciando che il suo peso finisse il lavoro che avevo iniziato al pub. Si rigirò lentamente sul materasso ad occhi chiusi, contraendosi come una larva e raccogliendo presto tutto il corpo in un abbraccio raggomitolato su se stesso. Non riuscivo a capire se si trattasse di dolore oppure del senso di colpa che annunciava la sua ripresa imminente di coscienza, ma intuii senza fatica che, qualsiasi pensiero gli stesse affollando la testa – se mai ce ne fossero – non dovesse essere dei migliori. Mi sedetti sul bordo del letto e ripetei a bassa voce il suo nome, cercando indeciso una sua spalla, temendo di disturbarlo.

“Robert, io..”

“Shh”, scossi il capo e sospirai. Non protestò e rimase in silenzio. “Jude”, ripresi, “ce la fai a rimanere da solo due minuti? Faccio subito se mi prometti che ti ritrovo così al mio ritorno”, mi sentivo uno stupido a parlargli in quel modo, ma mi costrinsi a sussurrargli parole che fossero il più possibile gentili, mosse da una calma che, con ogni probabilità, stava iniziando ad abbandonarlo. “Posso fidarmi?”, domandai alla sua schiena.

“Ti amo”, espresse in un lamento, prima di voltarsi verso di me e trattenermi per un polso. “Facciamolo, Robert. Facciamolo ora, senza pensare, ti prego, scopami..”

Rabbrividii. Sapevo che non era Jude, ma l’alcol a parlare, eppure mi fece lo stesso effetto che se quelle parole fossero state espresse in piena facoltà mentale, con senno e giudizio. Mi alzai dal letto. Mentre mi avvicinavo alla porta lo sentii bisbigliare alte parole che non volevo sentire, quindi chiusi gli occhi e cercai di non ascoltarlo, ma era impossibile. Riuscii a respirare solo quando la porta sbatté alle mi spalle ed il tonfo, seguito da un silenzio quasi mortificato, sostituì le sue insensate rivelazioni e richieste. Mentre camminavo verso la mia stanza, nel panico, trovai orrenda l’idea di dover tornare indietro, qualche minuto più tardi.

 

 

a/n: .. pare incredibile, lo so. ma sono tornata ò__ò credevate mi fossi dimenticata di voi, del fandom e di tutto il resto? be', no. sono ancora qui e, indovinate un po', scrivo ancora rdjude :> coomunque, dopo tutte queste vacanze torno al lavoro, e come bentornato vi porto questa fic divisa in tre parti, dedicata ad alice / izu che ha già letto, approvato e poi accettato di sposarmi. in ogni caso, non pensavo di tornare prima di settembre ( oh gosh, settembre è fra tre giorni, terrore çAç ), ma ho fatto un salto per postare questa fan fiction ANCHE per rassicura quei poveri cristi che seguivano Back Then che adesso torna anche lei, con calma. e mi scuso per il ritardissimo, ma davvero in vacanza non sono riuscita a concentrarmi abbastanza per quello, e questi ultimi giorni sono stati abbastanza movimentati qui in casa. come al solito, vi voglio bene e.. WOH, si ritorna a lavorare! *A*

   
 
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