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Autore: Ulissae    30/08/2010    2 recensioni
Fanfiction partecipante all'iniziativa "2010: a year together" indetta dal C.o.S.
Roma era una persona indolente per le cose futili. Poteva sopportare il più pesante attacco, le risse con Germania che si protraevano per intere notti, i battibecchi con quella vecchietta di Cartagine.
Ma il caldo no, proprio non ce la poteva fare.

[Antica Grecia/Roma]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sproloqui: oh, yep, vediamo di invadere il Fandom *o*
Altra storia, sempre Grecia/Roma -perché li amo tanto tanto.
Metto poche note, veloci veloci:
  • La fisica che trattano Grecia e Roma è quella puramente delle forze e dei pesi, fisica classica ed elementare.
  • Per quale motivo Roma è più esperto di Grecia? Perché è innegabile che i Romani furono insuperabili per urbanizzazione e in particolar modo nella costruzione di archi -aquedotti etc- e quindi nell'utilizzo della fisica più pratica.
  • Il titolo vuol dire Ponti e Baci (:
  • I nomi di Grecia e Roma sonos tati da me inventati, perché non ne ho trovati altri ._. Aspasia e Ottaviano (:
  • Il resto è licenza poetica.
  • La fanfiction partecipa all'iniziativa 2010: a year togheter indetta dal Collection of starlight, con il prompt 169. « Di sicuro non sei portata per la fisica, ma hai un fisico... »

Pontes et Oscula

Roma era una persona indolente per le cose futili. Poteva sopportare il più pesante attacco, le risse con Germania che si protraevano per intere notti, i battibecchi con quella vecchietta di Cartagine.
Ma il caldo no, proprio non ce la poteva fare.
Evitava di bere, di uscire al sole, cercava di stare il più fermo possibile. Ma niente. La città era un'enorme fornace e perfino andare a teatro o al circo diventava una tortura.
Così aveva deciso di scendere al Sud: avrebbe potuto incontrare Grecia e passare tempo guardando il magnifico mare della Sicilia, magari sotto un pergolato di viti.
Oh, sarebbe stato magnifico, per Giove!
Peccato che quando era giunto nella magnifica residenza di Aspasia si era ritrovato accolto da un cane pulcioso e accaldato quanto lui, senza che la donna si fosse degnata anche solo di venire a salutarlo.
Irritato era entrato in casa, facendo camera per camera, chiamandola a gran voce. Niente.
Alla fine la trovò sul balcone, seduta su un'elegante sedia, con la schiena china e i capelli completamente fuori posto.
Si avvicinò in silenzio e fece per sfiorarle una spalla nuda -il vestito le era scivolato e lei, stranamente, non si era curata di tirarlo su-, ma Aspasia girò di colpo la testa e lo inchiodò con occhi di fuoco.
Roma fece un balzo all'indietro terrorizzato: sembrava un'invasata.
Due profonde occhiaie le solcavano il viso, gli occhi erano piccoli e piccole venuzze rosse andavano verso le iridi, a causa della stanchezza; i capelli erano arruffati dalla brezza fresca, completamente selvaggi e c'era qualcosa nei suoi movimenti che inquietava l'uomo.
-Cosa c'è!?- ululò lei.
Odiava quei suoi cambi di umore, si ricordava ancora quando lo aveva quasi castrato perché aveva fatto una battuta su una sua scultura.
-Volevo... salutarti- balbettò lui. Lei grugnì qualcosa e si voltò nuovamente. Ottaviano ebbe quindi l'opportunità di avvicinarsi e vedere cosa stesse facendo.
Calcoli. Numeri su numeri. Geometria. Schizzi di una sottospecie di ponte che sulla carta sembrava magnifico. Fregi ovunque e una lunga sequenza di bassorilievi che mostravano un vecchio mito.
-Oh, un ponte- commentò allegro, facendo per sedersi vicino a lei. -Mi piacciono- disse, iniziando a sfiorare i progetti con fare esperto. -A cosa ti serve?-
Rapida come un fulmine Aspasia lo colpì sul dorso della mano con il righello, lasciando un bel segno rosso sulla pelle olivastra di Roma.
Questi ritrasse la mano imprecando e guardandola torvo, poi sbuffò e disse: -ah! Magnifico benvenuto!-
Stizzito andò a sedersi dalla parte opposta del balcone, cercando qualcosa con cui passare il tempo. La folte vite pendeva, carica dei primi grappoli, ancora acerbi. Ottaviano si accorse che non l'aveva curata per niente e che piccoli ramicelli spuntavano di qua e di là.
Annoiato iniziò a staccarli uno per uno, al suono degli sbuffi di Aspasia, che sembrava non raccapezzarsi in quel genere di cose.
Era un piccolo genietto, lo doveva ammettere, ma le cose pratiche erano la sua grande incognita. Poteva passare ore ed ore argomentando trattati di filosofia e di medicina, ma quando si parlava di fisica e di ingegneria sembrava cadere nella più totale incapacità.
Finito di potare molto grossolanamente il pergolato si ritrovò tra le mani tanti piccoli bastoncini. Sbuffando si sedette a terra e iniziò a lanciarne in aria uno e poi riprenderlo, contando le volte in cui lo riprendeva e compiacendosi di questi attimi da giocoliere esperto.
La conta, però, infastidiva i già labili nervi di Grecia, che lo intimò di zittirsi, lanciandogli dietro un sasso, con il quale teneva fermi le pergamene che altrimenti sarebbero volate via.
-Va bene! Va bene!- sbottò Roma, chiudendo gli occhi e sospirando. Cosa non avrebbe fatto per quella lì, si ripeteva in testa, eppure donando un tono dolce all'appellativo “quella lì”.
Quasi senza pensarci iniziò ad impilare i bastoncini, con fare svogliato, sbadigliando e poggiando un gomito sulle gambe conserte e usando il braccio come appoggio per la testa, che penzolava per la noia.
In pochi minuti aveva costruito in piccolo ponte in miniatura, che si reggeva senza problemi e che la brezza estiva proveniente dal mare non infastidiva né faceva traballare.
Compiaciuto sogghignò, orgoglioso del suo lavoro di ingegneria.
Aspasia si era messa a osservarlo curiosa, poi indispettita, infine strabiliata. Le labbra si erano assottigliate e gli occhi socchiusi, con un'espressione cupa e tetra.
-Invidiosa, eh- ghignò Roma strafottente, alzandosi e avvicinandosi a lei.
Questa non rispose, ma furiosa si alzò e mandò all'aria tutto il lavoro, battendo i piedi per terra e dicendo: -oh! Non è giusto!-
I fogli iniziarono a volteggiare, sospinti dal vento leggero che tirava. Ottaviano sorrise tra sé e le sfiorò un braccio, scuotendo la testa.
-Posso sempre aiutarti, sono qui per questo, lo sai- mormorò, stringendola in un abbraccio.
Erano quei momenti in cui Grecia non riusciva a capire chi aveva di fronte. Si aspettava che iniziasse a prenderla in giro, sbeffeggiandola e ridendo sadicamente. Invece la stava consolando e offrendole di nuovo il suo aiuto, nonostante lo avesse in precedenza rifiutato.
Le mano di Roma le sfiorarono il viso e le asciugarono le poche lacrime che erano scese per la rabbia, le baciò la fronte e sorrise.
Erano mani ruvide, sporche e callose, ma a Grecia piacevano, perché sapevano accarezzare come nessun altro.
Senza volerlo si ritrovò tra le braccia di Ottaviano, sdraiata su quel tavolo ingombro di strumenti e inutili pennini, con il suo viso estasiato in mezzo ai seni.

Sudati e ansanti stavano stesi sul mosaico che mostrava una scena di caccia, l'espressione beata di Roma era rivolta al piccolo sprazzo di cielo che si vedeva tra le viti. Grecia sospirò, fissando a sua volta il soffitto di tralci.
Si sentivano i loro respiri e il rumore del mare.
-Sai, di sicuro non sei portata né per la fisica né per l'ingegneria, Aspasia, ma hai un fisico...- scherzò Ottaviano, studiandola attentamente e soffermandosi sulle forme morbide dei seni e la linea piatta del ventre.
Lei avvampò e lo guardò sconvolta, inviperita gli diede un pugno tra le gambe, che gli tolse il fiato. Non sopportava essere ripresa, non da quello zotico da quattro soldi!
E poco importava se aveva sotto mano tutto il mondo, era stato uno zotico e uno zotico sarebbe rimasto!
Accartocciandosi su se stesso in posizione fetale, con le lacrime agli occhi, Roma trattenne il fiato.
-Che Giove mi dia la forza- mugugnò tra sé, rotolando a terra per il dolore, la voce leggermente più acuta.
-Ah! Giusto Zeus puoi invocare!- sibilante raccolse le sue cose e se ne andò.
Quando ritornò la sera -aveva passato l'intera giornata passeggiando sulla spiaggia- notò una nuova struttura che univa i due blocchi abitativi, un ponticello ben fatto, sulla base del disegno da lei effettuato.
Si avvicinò stupefatta e sfiorò i pilastri solidi; sul basso, proprio sul piede della prima colonna, c'era una minuscola incisione: “alla mia fisica
Aspasia rimase stupefatta, poi scoppiò a ridere. Una risata forte e sentita, piena di gioia e di amore.
Perfino nei campi Ottaviano la sentì, sorrise tra sé e guardò il cane che lo aveva seguito.
Poco da fare,- disse con fare confidenziale all'animale- con le donne sono proprio il migliore-


Angolo autrice:
nh, non ho molto da dire. Fa caldo ._."
   
 
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